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Dott.ssa M. Cristina Manzini – Psicologa e psicoterapeuta Dott.ssa Clelia Ciccalè – Pedagogista

Emozioniamoci Giocando. Dott.ssa M. Cristina Manzini – Psicologa e psicoterapeuta Dott.ssa Clelia Ciccalè – Pedagogista. Che cos’è un’emozione.

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Presentation Transcript


  1. Emozioniamoci Giocando Dott.ssa M. Cristina Manzini – Psicologa e psicoterapeutaDott.ssa Clelia Ciccalè – Pedagogista

  2. Che cos’è un’emozione In ambito psicologico, le emozioni vengono considerate come reazioni ad uno stimolo ambientale, di breve durata, che provocano cambiamenti a tre livelli: • Fisiologico: modificazioni fisiche e fisiologiche (respirazione, pressione arteriosa, battito cardiaco, digestione, secrezioni, circolazione ecc.) • Comportamentale: cambiano le Espressioni Facciali, la postura, il tono della voce e le reazioni (attacco o fuga, per esempio); • Psicologico: si modifica la sensazione soggettiva, si altera il controllo di sé e delle proprie abilità cognitive

  3. Un bambino tanto più è piccolo, tanta meno esperienza ha del mondo e delle reazioni emotive ad esso

  4. Il bambino sta sperimentando per le prime volte, o addirittura per la prima volta, quello che si muove emotivamente dentro di lui, in quel momento

  5. Il bambino non sa dare un nome a quello che prova e questo fatto crea in lui un grande disagio

  6. Classificazionidelle emozioni EMOZIONI SEMPLICI: Hanno un chiaro corrispettivo neurofisiologico, sono presenti in tutte le culture. Essenziali perché permettono la sopravvivenza dell’individuo e della specie: • Gioia • Paura • Rabbia • Tristezza • (disgusto e sorpresa) EMOZIONI COMPLESSE: Compaiono dopo il secondo anno di vita e sono espressione dell’emergere della consapevolezza di sé . Sono definite anche come emozioni apprese o sociali: • Colpa, • Vergogna, • Orgoglio, • Gelosia.

  7. Le cinque fasi dell’allenamento emotivo FASE N.1: Essere consapevoli delle emozioni del bambino. Per essere consapevoli delle emozioni del bambino, l’adulto deve essere consapevole in primo luogo delle proprie emozioni. Consapevolezza emotiva è riconoscere il fatto di “provare” un’emozione, sapere identificare i propri sentimenti FASE N. 2: Riconoscere nell’emozione un opportunità di intimità e di insegnamento. Riconoscere le emozioni (in particolare quelle negative) dei bambini è un’occasione per stabilire un legame, per insegnare qualcosa

  8. Le cinque fasi dell’allenamento emotivo FASE N. 3: Ascoltare con empatia e convalidare i sentimenti del bambino. Ascoltare significa molto più che la semplice raccolta dati che giunge attraverso le orecchie. Gli occhi colgono le prove fisiche dell’emozione. L’immaginazione per vedere la situazione nella prospettiva del bambino. Uso delle parole per riflettere, in modo rilassato e non critico su quel che hanno ascoltato e per aiutare i bambini a dare un nome alle loro emozioni. Ma, cosa più importante, usare i cuori per sentire quel che i bambini sentono.

  9. Le cinque fasi dell’allenamento emotivo FASE N. 4 : Aiutare il bambino a trovare le parole per definire le emozioni che prova L’atto di dare un nome alle emozioni ha di per sé un effetto rasserenante sul sistema nervoso, e aiuta i bambini a recuperare più in fretta dalle situazioni di turbamento. FASE N. 5: Porre dei limiti, mentre si aiuta il bambino a risolvere il problema Dopo l’ascolto e l’aiuto dato a dare un nome ed a comprendere le sue emozioni, vi troverete naturalmente portati a intraprendere un processo di “soluzione del problema”. Questo processo può avere anch’esso cinque fasi: 1) porre dei limiti; 2)identificare degli obiettivi; 3) pensare alle possibili conclusioni; 49 valutare le soluzioni proposte alla luce dei valori dell’asilo nido; 5) aiutare il bambino a scegliere la soluzione. (tratto da J. Gottman – J. Declaire Intelligenza emotiva per un figlio)

  10. Conoscere • Riconoscere EMOZIONI • Controllarle • Gestirle Manifestiamo al meglio chi siamo. Scegliamo consapevolmente quali azioni agire (non solo re-agire). Accettare il nostro mondo emozionale ci mette in grado di comprendere ed accettare gli altri.

  11. Tutte le emozioni sono, essenzialmente, impulsi ad agire, piani di azione di cui l’evoluzione ci ha dotato per gestire rapidamente le emergenze della vita. La radice stessa della parola emozione è il verbo latino MOVEO “muovere”, con l’aggiunta del prefisso “e” (“movimento da”), per indicare che in ogni emozione è implicita una tendenza ad agire. Queste inclinazioni biologiche a un certo tipo di azione vengono ulteriormente plasmate dall’esperienza personale e dalla cultura.

  12. Le famiglie delle emozioni Collera: furia sdegno,risentimento, ira, esasperazione, indignazione, irritazione, acrimonia, animosità, fastidio, irritabilità, ostilità, in grado estremo, odio e violenza. Tristezza: pena, dolore, mancanza d’allegria, cupezza, malinconia, autocommiserazione, solitudine, abbattimento, disperazione e, in casi patologici, grave depressione. Paura: ansia, timore, nervosismo, preoccupazione, apprensione, esitazione, tensione, spavento, terrore; come stato patologico, fobia e panico. Felicità: gioia, godimento, sollievo, contentezza, beatitudine, diletto, divertimento, fierezza, esaltazione, estasi, gratificazione, soddisfazione, euforia, capriccio, e, al limite entusiasmo maniacale.

  13. Le famiglie delle emozioni Disgusto: disprezzo, sdegno, aborrimento, avversione, ripugnanza, schifo. Vergogna: senso di colpa, imbarazzo, rammarico, rimorso, umiliazione, rimpianto, mortificazione, costrizione.

  14. Le cinque fasi dell’allenamento emotivo – Esercitazione FASE N.1: Essere consapevoli delle emozioni dell’educatrice (bambino). Per essere consapevoli delle emozioni del bambino, l’adulto deve essere consapevole in primo luogo delle proprie emozioni. Consapevolezza emotiva è riconoscere il fatto di “provare” un’emozione, sapere identificare i propri sentimenti. Primo passaggio:pensare ad un momento in cui avete provato un’emozione, riconoscerla e dargli un nome FASE N. 2: Riconoscere nell’emozione un opportunità di intimità e di insegnamento. Riconoscere le emozioni (in particolare quelle negative) dei bambini è un’occasione per stabilire un legame, per insegnare qualcosa. Secondo passaggio: la vicinanza fisica crea intimità, l’intimità crea un legame.

  15. FASE N. 3: Ascoltare con empatia e convalidare i sentimenti del bambino. Ascoltare significa molto più che la semplice raccolta dati che giunge attraverso le orecchie. Gli occhi colgono le prove fisiche dell’emozione. L’immaginazione per vedere la situazione nella prospettiva del bambino. Uso delle parole per riflettere, in modo rilassato e non critico su quel che hanno ascoltato e per aiutare i bambini a dare un nome alle loro emozioni. Ma, cosa più importante, usare i cuori per sentire quel che i bambini sentono. Terzo passaggio: Ascoltare cosa mi sta comunicando l’altra educatrice con i suo linguaggio non verbale, uscire per un attimo da me per incontrare l’altro

  16. FASE N. 4 : Aiutare il bambino a trovare le parole per definire le emozioni che prova: L’atto di dare un nome alle emozioni ha di per sé un effetto rasserenante sul sistema nervoso, e aiuta i bambini a recuperare più in fretta dalle situazioni di turbamento. Quarto passaggio: traduco l’emozione che ho sentito con una rappresentazione simbolica (condivisione emotiva) e poi le do il nome FASE N. 5: Porre dei limiti, mentre si aiuta il bambino a risolvere il problema: Dopo l’ascolto e l’aiuto dato a dare un nome ed a comprendere le sue emozioni, vi troverete naturalmente portati a intraprendere un processo di “soluzione del problema”. Questo processo può avere anch’esso cinque fasi: 1) porre dei limiti; 2)identificare degli obiettivi; 3) pensare alle possibili conclusioni; 4) valutare le soluzioni proposte alla luce dei valori dell’asilo nido; 5) aiutare il bambino a scegliere la soluzione.

  17. Favole • Stimolano l’immaginazione • Sviluppano l’intelligenza • Chiariscono le emozioni, le ansie e le aspirazioni • Insegnano a riconoscere le difficoltà e le possibili soluzioni

  18. Favole ed Emozioni • Gli aspetti emotivi caratterizzano i personaggi delle favole polarizzandoli nel loro carattere (es. un personaggio è la paura = il cattivo, un personaggio rende felici = il buono….) • Il bambino grazie alle polarizzazioni del carattere dei personaggi riesce ad identificarsi facilmente con loro. • L’identificazione fa vivere al bambino le emozioni della fiaba, emozioni che appartengono anche al suo mondo interiore.

  19. Mondo emotivo e fiaba La realtà emotiva più profonda del bambino è caratterizzata da emozioni estremamente forti. La rabbia è distruzione, la tristezza è disperazione, la paura è terrore …. Queste emozioni sono sentite nei confronti di adulti e bambini. La favola presenta le stesse caratteristiche del mondo emotivo del bambino La favola parla ad una realtà emotiva cosciente e ad una realtà emotiva incosciente

  20. Favole ed Emozioni Le favole sono “terapeutiche” perché: • Normalizzano il vissuto emotivo del bambino; • Permettono in forma simbolica di affrontare i problemi esistenziali • Controllano il caos emotivo interno di ogni bambino

  21. La favola deve avere sempre un lieto fine

  22. Allenamento emotivo con le favole • Fase 1 : Essere consapevoli delle emozioni : Nella favola sono presenti tutte le emozioni. Impariamo e riconoscerle. • Fase 2: Riconoscere nell’emozione un opportunità di intimità e di insegnamento. : identifichiamoci con le emozioni dei personaggi, viviamo le emozioni. Questo processo avviene nell’educatrice nel momento in cui racconta la favola e nel bambino che ascolta la favola; • Fase 3/4: Ascoltare con empatia e convalidare i sentimenti del bambino. Aiutare il bambino a trovare le parole per definire le emozioni che prova: ascoltiamo cosa ci racconta di sé il bambino rispetto all’emozione vissuta nella favola, aiutiamolo a dare un nome alle emozioni che prova

  23. Fase 5: Porre dei limiti, mentre si aiuta il bambino a risolvere il problema:aiutiamo il bambino a vedere le possibili alternative emotive o possibili soluzioni rispetto a ciò che succede nella favola. Le situazioni si possono cambiare e quindi si può cambiare anche un’emozione

  24. Percorso con i bambini del nido • 1 Settimana: scegliere una favola, raccontarla. Attività di riconoscere le emozioni presenti nella favola. Si può associare ad ogni emozione una particolare musica. I bambini esprimono le emozioni e le nominano. I bambini drammatizzano la favola • 2 Settimana: il bambino riconosce le emozioni del personaggio e si inizia a chiedere quali sono le sue emozioni (es. a Biancaneve fa paura……a te cosa fa paura?) • 3 Settimana: le educatrici dopo aver raccolto le esperienze emotive dei bambini ci costruiscono una storia e la raccontano ai bambini con un bel lieto fine. • 4 Settimana: valutazione delle attività

  25. Emozioniamoci… giocando La relazione emotiva tra adulti e bambini e tra bambini

  26. Ascolto l’emozione o reagisco all’emozione? • Ascolto quando: Entro in empatia con l’altro. L’ascolto è fatto con le orecchie, con gli occhi e soprattutto con l’immaginazione. • Reagisco quando: la risposta emotiva è immediata e non ho cercato di capire cosa mi diceva l’altro

  27. Bambino è in rapporto costante con: mondo interiore + realtà esterna. L’interazione tra queste due realtà genera ilsuo vissuto emotivo Emozione Reazione emotiva tramite comportamento verbale e non verbale Educatrice in rapporto con propria realtà interiore + bambino + realtà esterna; Emozione Ascolta/Reagisce all’emozione del bambino Le reazioni alle emozioni bambino - adulto

  28. Le reazioni alle emozioni bambino - adulto • Reazione emotiva simmetrica: Il bambino ha comportamento di rabbia Educatrice si arrabbia Bambino si arrabbia di più Educatrice si arrabbia mettendo in atto comportamento di contenimento (punizione, sgridata…) Il bambino cambia comportamento, si è interrotta la circolarità dell’emozione. Oppure: il bambino va “in crisi” cambia la risposta emotiva dell’educatrice Oppure: il bambino ripresenta la stessa emozione trascorso un po’ di tempo l’educatrice ripropone la stessa risposta emotiva, l’educatrice risponde ignorando il bambino

  29. FASE N. 5: Porre dei limiti, mentre si aiuta il bambino a risolvere il problema: Dopo l’ascolto e l’aiuto dato a dare un nome ed a comprendere le sue emozioni, vi troverete naturalmente portati a intraprendere un processo di “soluzione del problema”. Questo processo può avere anch’esso cinque fasi: • porre dei limiti; • identificare il problema e gli obiettivi; • pensare alle possibili conclusioni; • valutare le soluzioni proposte alla luce dei valori dell’asilo nido; • aiutare il bambino a scegliere la soluzione.

  30. Fase n.1 - Porre dei limiti: contenere l’espressione dello stato emotivo; Fase n.2 - Identificare il problema e degli obiettivi: chiedere o cercare di capire cosa sta succedendo; individuare uno o due obiettivi per risolvere il problema; Fase n.3 - Pensare alle possibili conclusioni: in base agli obiettivi scelti, immaginare e valutare le possibili reazioni e/o conseguenze; Fase n.4 - Valutare le soluzioni proposte alla luce dei valori dell’asilo nido: preferire le soluzioni che rispettano le regole del nido; Fase n.5 - Aiutare il bambino a scegliere la soluzione: al bambino si propongono alcune soluzioni accettabili e gli si permette di scegliere.

  31. Esempio: un bambino sta picchiando un suo compagno Fase n.1 - Porre dei limiti: fermare verbalmente e fisicamente il bambino; Fase n. 2 - Identificare il problema e degli obiettivi: chiedere al bambino perché ha picchiato il compagno (“Ha preso il mio gioco”) e chiedere al compagno il perché del suo comportamento (“Lo volevo io”); verbalizzare ai bambini il motivo della loro rabbia, per dar comprensione ai bambini di ciò che sta succedendo e verificare se abbiamo capito bene; Fase n.3 - Pensare alle possibili conclusioni: l’educatrice valuta quali conseguenze possono avere le possibili soluzioni immaginate (“Se ridò il gioco al bambino che l’aveva inizialmente, l’altro piangerà”);

  32. Esempio: un bambino sta picchiando un suo compagno Fase n.4 - Valutare le soluzioni proposte alla luce dei valori dell’asilo nido: l’educatrice avrà cura di non scegliere soluzioni che contrastano con le regole del nido, né con le modalità di gestione condivise in equipe(“La regola è che non si portano i giochi da casa, quindi sarà meglio non lasciare il gioco ai bambini”); Fase n.5 - Aiutare il bambino a scegliere la soluzione: proporre ai bambini due opzioni di comportamento e lasciare che siano loro a scegliere. Aiutarli a trovare una soluzione comune e portare avanti la scelta effettuata.

  33. Emozioni tra bambini • I bambini nelle relazioni tra loro vivono tutte le emozioni: felicità, rabbia, paura, tristezza • I bambini manifestano le emozioni a livello comportamentale o somatico • I bambini reagiscono e non ascoltano • I bambini si trasmettono le emozioni • I bambini se educati possono chiedere aiuto all’adulto • I bambini che non esprimono emozioni sono bloccati emotivamente

  34. I bambini che non esprimono emozioni Winnicott: AUTOCONTENIMENTO: affrontano le emozioni più dolorose o difficili da soli (l’atteggiamento contrario del chiedere aiuto) Bambini che si autocontengono sono quelli che hanno rinunciato, o non hanno mai iniziato, a chiedere aiuto

  35. PERCHE’ Alcuni bambini (con genitori depressi o emotivamente instabili) pensano che raccontare le proprie emozioni potrebbe ferire le persone che li ascoltano

  36. Le emozioni nascoste diventano sempre più forti e più grandi per la pressione che serve per tenerle nascoste. La pressione interna, può essere percepita come qualcosa di orribile. • Le emozioni represse ricompaiono sotto forma di sintomi (agitazione, ansia, incidenti, comportamenti compulsivi, scoppi d’ira ingiustificati……). • Il mondo emotivo non condiviso fa sentire molto soli e spaventati. • Non prestare attenzione alle emozioni difficili o distrarsi per non sentirle non le fa andar via.

  37. I gesti che piacciono e danno emozioni belle • Una carezza • Un abbraccio • Un sorriso • Un regalo • Un gioco insieme • Una parola gentile • Ogni gesto di consolazione

  38. I gesti che non piacciono e danno emozioni sgradevoli • Le sgridate • Le spinte • I pizzicotti • I calci • Togliere un gioco • Non avere un amico con cui giocare • Non avere accanto qualcuno in grado di dare consolazione

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