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Introduzione allo Humanistic management Marco Minghetti Lezione 11 Pavia Ottobre – Novembre 2006

Introduzione allo Humanistic management Marco Minghetti Lezione 11 Pavia Ottobre – Novembre 2006. Dal solido al liquido.

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Introduzione allo Humanistic management Marco Minghetti Lezione 11 Pavia Ottobre – Novembre 2006

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Presentation Transcript


  1. Introduzione alloHumanistic managementMarco Minghetti Lezione 11PaviaOttobre – Novembre 2006

  2. Dal solido al liquido Bauman propone di opporre alla modernità solida e al capitalismo “pesante” del fordismo l’attuale modernità liquida, espressione del capitalismo leggero, dove contano soprattutto le risorse finanziarie e quelle intangibili della conoscenza, della creatività.

  3. La modernità liquida Interruzione, incoerenza, sorpresa “sono le normali condizioni della vita” • Notarnicola, Manifesto h. m., • Morace, Nulla due volte, • Baricco I barbari

  4. Il cambiamento non è più una fase dell’evoluzione d’azienda, è uno stato permanente delle organizzazioni chiamate ad essere “camaleonti” in mutamento continuo. Il cliente esige l’innovazione costante e il benchmark per ogni manager di ogni settore è Madonna: ogni anno nuovo look, nuovo prodotto, sempre “cool”, sempre diverso. I fattori critici di successo sono la ricerca e il coraggio. • Questa evoluzione senza sosta non può più poggiare sulla costante della metodologia organizzativa scientifica ma su fondamenta che sono culturali e di identità. In questo senso il paradigma scientifico è sfidato dal fatto che non sono più le tecnologie o determinate abilità “scientifiche” il fondamento della competizione strategica ma elementi di cultura interna da cui muovono continue innovazioni: la fabbrica delle idee. • Il capitale intellettuale è dunque al centro, ma mette in crisi il paradigma scientifico perché si fonda sulla creatività, sulla imprevedibilità, sulla sorpresa, sull’emozione. Andrea Notarnicola, dalle risposte date al questionario h.m.

  5. Le aziende hanno cercato di “addomesticare” gli uomini, privandoli della loro inevitabile e straordinaria unicità vitale. Si tratta di una vera e propria disumanizzazione dell’impresa, che in nome del controllo (sui colleghi, sul mercato, sui consumatori) tende a produrre squadre di animali “ammaestrati” come quelli tristi e melanconici dei vecchi circhi. Animali in gabbia costretti a ripetere un copione che non stupisce più nessuno. Ed è questo il punto. Perché ancora oggi la magia del circo sta proprio nella sorpresa. Nel mondo previsto e programmato che i manager cercano di costruire, la sorpresa e la meraviglia costituiscono invece componenti pericolose, che spaventano e che ad ogni costo si cerca di evitare. Eppure scopriamo che le persone e i consumatori adorano l’inaspettato, privilegiano la sorpresa e la meraviglia, come i bambini. Quindi c’è qualcosa che non torna. Le organizzazioni devono imparare a stimolare e poi gestire i contributi creativi e inaspettati. E poi imparare a valorizzarli. Trasformare la minaccia in opportunità, reagire creativamente all’imprevisto e all’imprevedibile, gestire l’organizzazione lasciando spazio ai talenti e alle vocazioni individuali, coordinare e valorizzare le storie di ognuno. (Morace)

  6. L’età dell’impermanenza • La natura della contemporaneità: incessantemente mutevole, rinnovata, imprevedibile. In una parola, “impermanente”. • Come nel fiume di Eraclito, le persone e le organizzazioni oggi sono immerse in processi che trasformano la loro vita attimo dopo attimo: devono così essere pronte a modificare in tempi rapidissimi abitudini quotidiane, metodi e strumenti di lavoro, modi di pensare e di agire. • Per questo motivo, le tradizionali scuole di management hanno proposto numerose teorie volte a produrre culture aziendali improntate alla mutazione istantanea, alla formazione continua, alla “distruzione creatrice”.

  7. La formula e la metafora • Nonostante le prediche (costose) loro impartire da schiere di consulenti, esperti, guru, i manager sembrano incapaci di andare oltre la gestione, spesso poco efficiente, dell’emergenza. • La ragione di questo fallimento è semplice. Va ricercata nel difetto d’origine del cosiddetto scientific management: la persistente ricerca di una formula in grado di dominare integralmente la complessità della vita e quindi delle imprese, mentre la realtà non consente più di essere regolata da un paradigma ordinatore dalla validità assoluta.

  8. La poesia all’opera Ha scritto Borges: “ Non possiamo definire la poesia proprio come non possiamo definire il gusto del caffè, il colore rosso o l’amore per il nostro paese. Sono cose così profonde dentro di noi, che possono essere espresse solo da quei simboli comuni che tutti condividiamo.”

  9. La poesia rivela o occulta? Opzioni per un poeta Dire la stessa cosa con altre parole, ma sempre la stessa. Con sempre le stesse parole dire una cosa tutta diversa o in modo diverso la stessa. Oppure tacere in modo eloquente. Hans Magnus Enzensberger

  10. AD ALCUNI PIACE LA POESIA Ad alcuni - cioè non a tutti. E neppure alla maggioranza, ma alla minoranza. Senza contare le scuole, dove è un obbligo, e i poeti stessi, ce ne saranno forse due su mille. Piace - ma piace anche la pasta in brodo, piacciono i complimenti e il colore azzurro, piace una vecchia sciarpa, piace averla vinta, piace accarezzare un cane. La poesia - ma cos'è mai la poesia? Più d'una risposta incerta è stata già data in proposito. Ma io non lo so, non lo so e mi aggrappo a questo come alla salvezza di un corrimano.

  11. Il vero poeta non accetta di ingabbiare l’esistente in un ordine dato: la poesia va alla ricerca degli infiniti percorsi che l’impermanenza della realtà rende possibile tracciare. Emily Dickinson così esprime questa idea: “Nella prosa mi chiudono come quando, bambina, mi chiudevano dentro lo stanzino, perché volevano stessi “tranquilla”. Tranquilla! Avessero potuto sbirciare, vedere la mia mente che frullava, tanto sarebbe valso rinchiudere un uccello, per tradimento, dietro uno steccato.”

  12. Oh, oh, la poesia in azienda non solo è inutile: è addirittura pericolosa! osserverà lo scientific manager dedito al culto della pianificazione burocratica e del controllo rigido - invece che alla riflessione sui fini da perseguire, all’esplorazione delle potenzialità dell’impresa e alla ricognizione dei mezzi necessari per tradurle in atto, al rafforzamento di una leadership flessibilmente disposta a percorrere le imprevedibili biforcazioni dei sentieri che si snodano nel giardino del futuro: culto dominante in un mondo pervaso da quella stupidità dei nostri tempi che purtroppo, come ha ben chiosato Wislawa Szymborska in un altro luogo, “non è ridicola” (così come “la saggezza non è allegra”).

  13. Risposta: certamente è così, se è la stabilità ciò che si vuole preservare, dei campioni della quale la nostra poetessa ha già scritto l’epitaffio: Ogni loro previsione è andata in modo totalmente diverso/o un po’ diverso, il che significa anche totalmente diverso (Le lettere dei morti) Ma se per caso è la creatività, l’innovazione, la capacità di svelare le ipocrisie dell’organizzazione presente, per edificarne una più forte e rivolta al futuro, fondata su trasparenza, fiducia e attenzione reciproca dell’uno per l’altro; se è questo ciò che serve, l’immissione di dosi massicce di poesia in azienda diviene forse l’unica salvezza.

  14. Il che non significa dimenticare il passato, tutt’altro. Scrive Kundera: “L' incessante attività dell'oblio conferisce a ciascuno dei nostri atti un carattere fantomatico, irreale, evanescente. Che cosa abbiamo mangiato l' altro ieri a pranzo? Che cosa mi ha raccontato ieri il mio amico? E persino: a che cosa ho pensato tre secondi fa?..... Contro il nostro mondo reale, che è per natura fugace, le opere d' arte si ergono come un altro mondo, dove tutto, ogni parola, ogni frase, merita di essere ricordato ed è stato concepito a questo scopo. Sotto questo profilo, la poesia è privilegiata. Chi legge un sonetto di Baudelaire non può saltare una sola parola. Se gli piace, lo leggerà più volte e, forse, ad alta voce. Se gli piace da impazzire, lo imparerà a memoria. La poesia è la roccaforte della memoria.”

  15. Ma, e questo è il paradosso, è memoria di una realtà che è continuamente mutevole, cangiante, imprevedibile come denuncia la struttura stessa, ad un primo sguardo semplicissima, quasi ingenua, di questa poesia in cui ci si domanda, come in un gioco di specchi o labirinto borgesiano, cosa sia la poesia. Di fatto l’articolazione tripartita adotta la stessa modalità con cui ci viene insegnato a fare l’analisi logica alle scuole medie. Cosa c’è di più banale? Eppure non appena solleviamo il della banalità facciamo una scoperta vertiginosa: ciascuno dei tre termini – soggetto, oggetto, complemento oggetto - che apparentemente rimandano a definizioni inequivocabili nel quadro di una frase scontata, di un vero e proprio luogo comune (ad alcuni piace la poesia), è invece carico di ambiguità, è passabile di interpretazioni molteplici. Alcuni non sono tutti, ma neanche pochi, non sono la maggioranza ma neppure la minoranza, e fra gli stessi cosiddetti poeti c’è ne sono (forse!) due su mille. Il verbo piacere? Ma cosa significa, piacere? Il piacere dato da una pasta in brodo non è quello offerto dalla visione estetica del colore azzurro. E la poesia, infine, chi può dire veramente che cosa è. Nessuno: perché anche la poesia, come la vita, è inafferrabile, se ci si illude di racchiuderla in una frase, in un significato precostituito o, come fa lo scientific manager, in una formula.

  16. I barbari di Baricco Qualcosa non mi torna. Potrebbe essere, me ne rendo conto, il normale duello fra generazioni, i vecchi che resistono all' invasione dei più giovani, il potere costituito che difende le sue posizioni accusando le forze emergenti di barbarie, e tutte quelle cose che sono sempre successe e abbiamo visto mille volte. Ma questa volta sembra diverso. E' così profondo, il duello, da sembrare diverso. Di solito si lotta per controllare i nodi strategici della mappa. Ma qui, più radicalmente, sembra che gli aggressori facciano qualcosa di molto più profondo: stanno cambiando la mappa. Forse l' hanno perfino già cambiata. Dovette succedere così negli anni benedetti in cui, per esempio, nacque l' illuminismo, o nei giorni in cui il mondo tutto si scoprì, d' improvviso, romantico. Non erano spostamenti di truppe, e nemmeno figli che uccidevano padri. Erano dei mutanti, che sostituivano un paesaggio a un altro e lì fondavano il loro habitat. Forse è un momento di quelli. E quelli che chiamiamo barbari sono una specie nuova, che ha le branchie dietro alle orecchie e ha deciso di vivere sott' acqua.

  17. CARATTERISTICHE DEI BARBARI 1: identita’ molteplice/….. • Epigrafe di un libro di Paul Auster: «L' uomo non ha una sola e identica vita; ne ha molte giustapposte, ed è la sua miseria». (Chateaubriand) • E’ quella che nel Manifesto viene definita “unità molteplice”

  18. CARATTERISTICHE DEI BARBARI 1: identita’ molteplice/mutante • Scrive Bauman: “la risposta alla domanda sulla nostra identità non è più «sono ingegnere della Fiat (o alla Pirelli)» o «faccio l’impiegato statale» o «il minatore» o «il gestore di un negozio Benetton», ma – in base al metodo usato di recente da uno spot pubblicitario per descrivere la persona che avrebbe indossato quella marca prestigiosa – sono uno che «ama i film dell’orrore, beve tequila, possiede un kilt, tifa per il Dundee United, ama la musica anni Ottanta e gli arredi anni Settanta, va pazzo per i Simpson, coltiva girasoli, preferisce il grigio scuro e parla con le piante»….I dettagli sono tutto”. Dettagli che cambiano e si rimescolano e si trasformano e si sovrappongono e si contraddicono e si dimenticano e a volte ritornano, ma non esattamente come prima: nulla due volte accade/ne accadrà…

  19. Lo stile di vita esperienziale “Il nuovo stile pone l’accento sull’individualismo, l’affermazione del sé, l’accettazione delle diversità e il desiderio di esperienze ricche e sfaccettate…spinti dell’ethos creativo fondiamo lavoro e stile di vita per costruirci una nuova identità…Una persona può essere al tempo stesso scrittore, ricercatore, consulente, ciclista, rocciatore, appassionato di musica elettronica/world music/acid jazz, cuoco o gourmet dilettante, enologo appassionato e microbirraio…Questo tipo di sintesi è essenziale per affermare una personalità creativa originale” Richard Florida L’ascesa della classe creativa

  20. Sesta Variazione • “Nel secolo scorso l’identità corrispondeva ad un uno immaginario. La vita stessa poteva essere monocorde o molto orchestrata e variata, ma comunque era una dentro una famiglia, dentro un luogo di lavoro, dentro una città. Il nuovo secolo è rappresentato dal desiderio dell’uomo di vivere non più una sola identità o una sola vita (cioè una sola storia) ma tante storie e tante vite insieme. E’ la metafora del telecomando. Negli USA la gente cerca una vita bicoastal, con una casa a New York e un lavoro a Los Angeles o magari due o tre: perché non lavorare il lunedì a Miami, il martedì a New York facendo ogni giorno una professione diversa? Perché non essere sposati con una donna a San Francisco, con un uomo a Chicago e avere due figli «artificiali» a Boston?”

  21. I barbari si sono inventati l'uomo orizzontale. Avevano davanti il modello del borghese colto, chino sul libro, nella penombra di un salotto con le finestre chiuse, e le pareti imbottite: l'hanno sostituito, istintivamente, con il surfer. Una specie di sensore che insegue il senso là dove è vivo in superficie, e lo segue ovunque nella geografia dell'esistente, temendo la profondità come un crepaccio che non porterebbe a nulla se non all'annientamento del movimento, e quindi della vita. Pensate che non sia faticosa una cosa del genere? Certo che lo è, ma di una fatica per cui i barbari sono costruiti: è un piacere, per loro. E' una fatica facile. Alessandro Baricco I barbari

  22. Il passato non esiste: è un materiale del presente. Sarà probabilmente vero, pensa il barbaro, che il brasato al barolo è più buono di questo orrendo hamburger: ma io ho fame qui e adesso, e se devo andare fino nelle Langhe per mangiare quello splendore, io là ci arrivo morto. Specie da quando la strada per le Langhe è diventata un viaggio lunghissimo, selettivo, sofisticato, elitario e pallosissimo. Quindi mi fermo qua. E mangio il mio hamburger, sentendo nel mio Ipod le quattro stagioni di Vivaldi versione rock, leggendo intanto un manga giapponese, e soprattutto mettendoci dieci minuti dieci, così me ne esco di nuovo fuori, e non ho più fame, e il mondo è lì, da attraversare. • Alessandro Baricco I barbari

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