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Université de Fribourg Faculté des Lettres Domaine d’Italien

Université de Fribourg Faculté des Lettres Domaine d’Italien. Anno Acc . 2013-2014 – SA 2013 Corso introduttivo Avviamento all’analisi del testo poetico Prof. Uberto Motta MIS 3028, mercoledì 17-19h. Bibliografia (1). Manuale di riferimento

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Presentation Transcript


  1. Université de FribourgFaculté des LettresDomaine d’Italien AnnoAcc. 2013-2014 – SA 2013 Corso introduttivo Avviamentoall’analisideltestopoetico Prof. Uberto Motta MIS 3028, mercoledì 17-19h

  2. Bibliografia (1) • Manuale di riferimento P. G. Beltrami, Gli strumenti della poesia, Bologna, Il Mulino, 2002.

  3. Bibliografia(2) • Opere di prima consultazione B. Mortara Garavelli, Il parlar figurato. Manualetto di figure retoriche, Roma-Bari, Laterza, 2010. A. Menichetti, Prima lezione di metrica, Roma-Bari, Laterza, 2013

  4. Bibliografia (3) Ulteriori strumenti (A) Teoria D’A. S. Avalle, L’analisi letteraria in Italia: formalismo, strutturalismo, semiologia, Milano-Napoli, Ricciardi, 1970. L. Renzi, Come leggere la poesia, con esercitazioni su poeti italiani del Novecento, Bologna, Il Mulino, 1985. C. Segre, Avviamento all’analisi del testo letterario, Torino, Einaudi, 1985. Il testo letterario. Istruzioni per l’uso, a cura di M. Lavagetto, Roma-Bari, Laterza, 1996. (B) Metrica M. Martelli – F. Bausi, La metrica italiana: teoria e storia, Firenze, Le Lettere, 1993. A. Menichetti, Metrica italiana. Fondamenti metrici, prosodia, rima, Padova, Antenore, 1993. G. Lavezzi, I numeri della poesia: guida alla metrica italiana, Roma, Carocci, 2002.

  5. (C) Retorica A. Marchese, Dizionario di retorica e stilistica, Milano, Mondadori, 1992. B. Mortara Garavelli, Manuale di retorica, Milano, Bompiani, 2006. B. Mortara Garavelli, Prima lezione di retorica, Roma-Bari, Laterza, 2011. (D) Linguistica e stilistica Dizionario di linguistica, a cura di G.L. Beccaria, Torino, Einaudi, 1994. P. V. Mengaldo, Prima lezione di stilistica, Roma-Bari, Laterza, 2001. L. Serianni, La lingua poetica italiana: grammatica e testi, Roma, Carocci, 2009. (E) Storia P. V. Mengaldo, Attraverso la poesia italiana: analisi di testi esemplari, Roma, Carocci, 2008. S. Bozzola, La lirica. Dalle origini a Leopardi, Bologna, Il Mulino, 2012. A. Afribo – A. Soldani, La poesia moderna. Dal secondo Ottocento a oggi, Bologna, Il Mulino, 2012.

  6. Calendario delle lezioni mercoledì 17-19h, MIS 3028 1) 18 settembre 2) 25 settembre 3) 2 ottobre 4) GIOVEDÌ 3 ottobre, 17-19h (recupero del 20 novembre) MIS 3028 5) 9 ottobre 6) 16 ottobre 7) 23 ottobre 8) 30 ottobre 9) 6 novembre: la lezioni si terrà a PER II, aula B 130 10) 13 novembre 11) GIOVEDÌ 14 novembre, 17-19 (recupero del 4 dicembre) MIS 3028 20 novembre: lezione sospesa – recupero: 3 ottobre 12) 27 novembre 4 dicembre: lezione sospesa – recupero: 14 novembre 13) 11 dicembre 14) 18 dicembre

  7. V. Sereni su E. Montale (e sulla poesia) Montale con i suoi primi versi precorreva in noi la presa di coscienza del mondo circostante e dei suoi stessi lineamenti fisici: nella misura in cui ci avvertiva che lo spazio immediatamente a noi vicino e nel quale stavamo già muovendoci con la nostra esistenza non solo poteva essere ma già era abitato dalla poesia. Ci avvertiva al punto di determinare i nostri passi e il nostro stesso sguardo? È probabile che sia stato così («Letteratura», 1966). Montale – il fenomeno sembra oggi irripetibile – ci aveva accostati alle sue poesie come a persone: quasi che ogni sua poesia fosse una persona viva. Questo è il vero debito (extraletterario, occorre dirlo?) che abbiamo nei suoi confronti: di averci, in tanto dubbio suo sulla vita, appassionati in gioventù alla vita («Epoca», 1975). Fin dentro gli anni della guerra la poesia di Montale ci aveva offerto la chiave più naturale per noi, non dirò per leggere l’universo, ma per affacciarsi sull’esistenza che era nostra, e viverla, in certi casi inventarla. Era come se Montale ci avesse tolto la parola di bocca ogni volta che stavamo per pronunciarla («Corriere della Sera», 1981).

  8. G. Steiner sulla critica letteraria (da Tolstoj e Dostoevskij, 1960)

  9. T. S. Eliot, Le frontieredellacritica, 1956 (I) Capire una poesia vuol dire gustarla pienamente per la ragione giusta. […] Capire una poesia travisandola significa compiacersi di una mera interpretazione della propria mente. […] È impossibile gustare appieno una poesia se non la si è capita; d’altro canto è ugualmente vero che non possiamo capirla fino in fondo se non la gustiamo.

  10. T. S. Eliot, Le frontiere della critica (II) Le fonti e i modelli “non offrono alcuna chiave per l’intendimento di qualsiasi poesia scritta da qualsiasi poeta”. Capire una poesia vuol dire afferrare la sua ragione d’essere e la sua ‘entelechia’.

  11. T. S. Eliot, Le frontiere della critica (III) Spiegazione causale: l’evento è il risultato di una causa → critica biografica e psicologica Spiegazione finalistica: l’evento è il suo effetto → critica ‘reader oriented’

  12. Eliot, The frontiers of criticism(IV) “In tutta la grande poesia c’è qualcosa che deve restare inesplicabile, per quanto completa possa essere la nostra conoscenza del poeta, e anzi è questo il più importante. Quando nasce una poesia è accaduta una cosa nuova che non può essere interamente spiegata da qualsivoglia cosa avvenuta prima. È questo, io credo, ciò che s’intende per creazione”.

  13. Eliot, The frontiers of criticism(V) • Di una poesia non c’è una sola interpretazione giusta. • Un’interpretazione non è giusta se e perché corrisponde a ciò che l’autore si proponeva di fare. • Nessuna interpretazione deve preclude al lettore la possibilità di continuare a gustare la poesia.

  14. Eliot, The frontiers of criticism (VI) Leggere una poesia non è solo un esercizio archeologico, un viaggio a ritroso nel tempo: è uno spalancamento su una scintilla.

  15. L’importante è capire? «La poesia non si può mai spiegare come tu vorresti. Altrimenti l’originale sarebbe la spiegazione non il testo, un doppione inutile anche se nato prima» (E. Montale, Lettera a S. Guarnieri, 4.III. 1975).

  16. A. Zanzotto, Dietro il paesaggio, 1951 ORMAI Ormai la primula e il calore ai piedi e il verde acume del mondo I tappeti scoperti le logge vibrate dal vento ed il sole tranquillo baco di spinosi boschi; il mio male lontano, la sete distinta come un’altra vita nel petto Qui non resta che cingersi intorno il paesaggio qui volgere le spalle.

  17. Contini, Filologia ed esegesi dantesca, 1965(I) Una apparente aporia nell’esperienza di ogni lettore • l’abbandono all’incanto dell’esecuzione; il godimento, la fruizione della poesia (B) l’acclaramento penetrante della lettera; lo studio, il giudizio culturale, la spiegazione sistematica

  18. Contini, Filologia ed esegesi (II) “Leggere e godere prima di avere capito tutto” (I) Consentire che sia la gioia della lettura a stimolare la ricerca e lo studio (e non viceversa) → dall’ispirazione alla tecnica (II) Passare dalla critica ideologica (delle idee e dei temi) alla critica verbale (della forma e dello stile): l’esecuzione del testo

  19. Contini, Filologia ed esegesi (III) Citazione da B. Croce, La poesia di Dante, 1921 “Proposizioni filosofiche, nomi di persone, accenni a casi storici, giudizi morali e politici e via dicendo, sono, in poesia, nient’altro che parole, identiche sostanzialmente, a tutte le altre parole, e vanno interpretate in questi limiti”.

  20. Contini, Filologia ed esegesi (IV) A proposito di critica verbale e intenzionalità: limitare il giudizio ai casi di flagrante intenzionalità è arbitrario, perché spesso la scrittura poetica ha una velocità che si sottrae alla coscienza dell’autore.

  21. V. Sereni, Il silenzio creativo, 1962 «Si convive per anni con sensazioni, impressioni, sentimenti, intuizioni, ricordi. Il senso di rarità o eccezionalità che a ragione o a torto si attribuisce ad essi, forse in relazione con l’intensità con cui l’esistenza li impose, è forse la prima fonte di insoddisfazione creativa, anzi di riluttanza di fronte alla messa in opera, che si traduce (peggio per chi non la prova) in nausea metrica, in disgusto per ogni modulo precedentemente sperimentato… Si convive con le proprie invenzioni, con spettri di poesie non scritte…»

  22. V. Sereni, Il silenzio creativo, II Non è prodotto del caso (e direi anche che è salutare) la rinunzia a chiedersi che cosa sia, in assoluto, la poesia. Molto più senso di una simile domanda mi pare abbia l’individuazione di un piano di sviluppo delle emozioni che porti a raffigurare sotto un angolo specifico il rapporto tra esperienza e invenzione: la ricerca d’un tale angolo e d’un tale rapporto segna il passaggio dalla fase negativa del silenzio di cui discorrevo alla fase per cui gli spettri dell’insoddisfazione prendono corpo. Ma ci sono tanti modi d’inventare e non s’inventa una volta per tutte. Al contrario, s’inventa volta per volta… Avere ben presenti queste cose significa evitare per quanto possibile di fare anche dell’invenzione, dei propri collaudati modi inventivi, una formula e un’abitudine, sapere sempre – a rischio d’altri silenzi – che l’angolo utile, il rapporto illuminante non è mai dato, ma è da trovare; e al tempo stesso mettersi in grado di aderire meglio a quanto ha di vario il moto dell’esistenza. E questo è il prezzo della comunicazione”.

  23. Due ‘ipotesi’ a confronto Gentile Ettore Serra poesia è il mondo l’umanità la propria vita fioriti dalla parola la limpida meraviglia di un delirante fermento Quando trovo in questo mio silenzio una parola scavata è nella mia vita come un abisso (G. Ungaretti, Commiato, 1916) «Secondo quale criterio linguistico si riconosce empiricamente la funzione poetica? In particolare, qual è l’elemento la cui presenza è indispensabile in ogni opera poetica? [...] La funzione poetica proietta il principio d’equivalenza dall’asse della selezione all’asse della combinazione. L’equivalenza è promossa al grado di elemento costitutivo della sequenza». (R. Jakobson, Linguistica e poetica, 1963)

  24. Gen|ti|le 3 Et|to|re | Ser|ra 5 po|e|si|a 4 è il | mon|do | l’u|ma|ni|tà 8 la | pro|pria | vi|ta5 fio|ri|ti | Dal|la | pa|ro|la8 la | lim|pi|Da | me|ra|vi|glia 8 di un | De|li|ran|te | fer|men|to 8 Quan|dO | trO|vO 4 in | que|stO | mi|O | si|len|ziO 8 u|nA | pA|ro|lA 5 scA|vA|tA è | nel|lA | mi|A |vi|tA 9 co|me un | a|bis|so 5

  25. Il ‘verso’ • Ciascuna delle unità fondamentali di un testo poetico: • Un segmento di discorso organizzato secondo determinate regole; • Derivanti dall’incontro di uno schema metrico e di una sequenza ritmica Es. Leopardi, Il passero solitario, vv. 1 («D’in su la vetta della torre antica») e 59 («Ma sconsolato volgerommi indietro»)

  26. Versi liberi Montale, Forse un mattino, v. 8 tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto. Montale, Felicità raggiunta, v. 8 è dolce e turbatore come i nidi delle cimase. P.V. Mengaldo: metrica libera • Perdita di regolarità e valenza strutturale della rima • Libera mescolanza di versi canonici e non canonici • Assenza di isostrofismo

  27. Versi spezzati Montale, La bufera, 18-20 lo scalpicciare del fandango, e sopra qualche gesto che annaspa… Come quando ti rivolgesti e con la mano, sgombra

  28. La misura dei versi • «di retro da Maria, da quella costa» (Purg., X 50) • «L’amoroso pensero» (Petrarca, RVF, LXXI 91) • «Nel mezzo del cammin di nostra vita» (Inf., I 1) • «lo ciel perdei che per non aver fé» (Purg., VII 8) • «che noi possiam ne l’altra bolgia scendere» (Inf., XXIII 32)

  29. Sistole e diastole Né dolcezza di figlio, né la pièta del vecchio padre, né ’l debito amore lo qual doveaPenelopé far lieta (Inf. XXVI 94-6) E ’l duca disse a me: - Più non si desta di qua dal suon dell’angelica tromba, quando verrà la nimicapodèsta. (Inf.VI 94-6) Come quando la nebbia si dissipa, lo sguardo a poco a poco raffigura ciò che cela il vapor che l’aere stipa (Inf. XXXI 34-6)

  30. Versi piani, tronchi e sdruccioli • «Nel mezzo del cammin di nostra vita» (Inf., I 1) • «lo ciel perdei che per non aver fé» (Purg., VII 8) • «che noi possiam ne l’altra bolgia scendere» ( Inf., XXIII 32)

  31. I versi della poesia italiana Mono- e Bisillabo «Qui / non si sente / altro» (Ungaretti) Trisillabo (2)«Si tace» (Palazzeschi) Quadrisillabo (1,3) «sono priso» (Giacomo da Lentini); «vuoto e tondo» (Boito) Quinario (1/2,4) «ninfa gentile» (Pindemonte); «bandiera bianca» (Fusinato) Senario (2,5 o 1,3,5) «Dal core mi vene» (Giacomo da Lentini); «non voler soffrire» (Jacopone da Todi); «fantasma tu giungi» (Pascoli) Settenario (1-4,6) «Meravigliosamente» (Giacomo da Lentini); «Chiare, fresche et dolci acque» (Petrarca); «Ei fu. Siccome immobile» (Manzoni)

  32. I versi della poesia italiana Quinario doppio (4,9) «Dal mio cantuccio, ¦ donde non sento» (Pascoli) Senario doppio (2,5,8,11) «Dagli atri muscosi, ¦ dai Fori cadenti» (Manzoni) Settenario doppio (alessandrino o martelliano) (6,13) «Sui campi di Marengo | batte la luna; fosco» (Carducci) «tra la Bormida e il Tanaro |s’agita e mugge un bosco» (Carducci)

  33. I versi della poesia italiana Ottonario (3,7) «Quant’è bella | giovinezza» (Lorenzo de’ Medici) «Su ’l castello | di Verona» (Carducci) Novenario (2,5,8) «tremava | un sospiro | di vento» (Pascoli) Decasillabo (3,6,9) «Dilongato | mi son da la via» (Jacopone); «Soffermati | sull’arida sponda» (Manzoni) Endecasillabo (4/6,10) «Nel mezzo del cammin | di nostra vita» (2,6,10: endecasillabo a maiore, con accenti fissi di 6a e 10a); «mi ritrovai | per una selva oscura» (4,8,10: endecasillabo a minore, con accenti fissi di 4a e 10a)

  34. L’accentometrico • Regolagenerale: accentometrico = accento grammaticale • Atoni: articoli, preposizioni, congiunzioni; pron. pers. di unasillabaseguiti da verbo non in posizione non enfatica; agg. poss. in posizionedebole (miavita); agg. di unasill. + sost.; verbiausiliarimonosill. + part. (èstato); verbiausiliari di 2 sill. + accentodel part. (aveafatto >< abbiaperduto); es. (6,10) «che di lagrimesonfattiuscio e varco» (Rvf 3,11)

  35. Ipermetria e ipometria • Boccaccio, Teseida, I 38 I denti batte e rugghia e gli spediti sen¦tie¦ri a¦ sua¦ sa¦lu¦te¦ cer¦ca e¦ pe’ ¦ro¦mo¦ri ch’egli ha in qua in là in giù e su uditi, non sa qua’ vie per lui sien migliori. • Saba, Canzoniere, A mamma, v. 108 Sugli ultimi mari i naviganti [1948] < Di su gli ultimi mari i naviganti [1911 e 1921]

  36. Figure metriche (1) Sinalefe«Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono» (RVF I 1) Dialefe«O anima cortese mantoana» (Inf. II 58) Sinèresi«di quei sospiri ond’ionudriva il core» (RVF I 2) Dieresi«Sì travïato è ’l folle mi’ desio» (RVF VI 1) «La gola e ’l sonno e l’ozïose piume» (RVF VII 1); «Glorïosacolunna in cui s’appoggia» (RVF X 1)

  37. Figure metriche (2) • «e come albero in nave si levò» (Dante, Inf., XXXI 145) • «che fece me a me uscir di mente» (Dante, Purg., VIII 14) • «Io venia pien d’angoscia a rimirarti» (Leopardi, Alla luna, v. 3) • «O grazïosa luna, io mi rammento» (Leopardi, Alla luna, v. 1)

  38. Testo “Spesso il male di vivere ho incontrato: era il rivostrozzato che gorgoglia”. Parafrasi di I grado Dal verso (due endecasillabi a maiore) alla prosa Dal termine raro o desueto a quello comune Ridisposizionedelle parole Ho incontrato spesso il male di vivere: era come un corso d’acqua che, bloccato da un ostacolo, ribolle. Parafrasi di II grado Risoluzione e scioglimento delle figure retoriche Io ho sperimentato spesso il male di vivere, e ne ho trovato l’equivalente metaforico, per esempio, in un corso d’acqua che, impedito nel suo scorrere naturale, ribolle.

  39. Spes|so^il |ma|le| di |vi|ve|re ^ho^ in|con|tra|to: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 e|ra ^il |ri|vo |stroz|za|to| che| gor|go|glia. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 Cfr. Dante, Inf. VII 125, “quest’inno si gorgoglian nella strozza”

  40. La rima (1) La rima può essere piana (amore : dolore), tronca (sentì : compì) o sdrucciola (cantano : piantano). Si parla di assonanza se coincidono solo le vocali, mentre sono diverse le consonanti (campane : celare), e di consonanza nel caso di uguaglianza delle consonanti (ardo : morde).

  41. La rima (2) baciate (AA, es. valore : signore) alternate (ABAB, es. bella : oro : stella : lavoro) incrociate (ABBA, es. colore : morta : porta : valore) invertite (ABC.CBA, es. piagenza : vertute : mostra : nostra : salute : conoscenza, in Cavalcanti) replicate (ABC.ABC, es. tutto : sovente : vergogno : frutto : chiaramente : sogno, in Petrarca)

  42. La rima (3) Facili campare : andare : parlare in Inf. II 68-72 Difficili Inf., XXIX 74-78, con la serie tegghia-stregghia-vegghia Ricche regi :dispregi, in Inf. VIII e Par. XIX Derivative parte : sparte, degna : indegna, in Inf. III Inclusiveassente : sente Desinenzialicantando : osando; dirò : farò Suffissaliamoroso : doloroso Antinonimichegioia : noia Paranomastichestrazio: spazio : sazio Equivoche porta : porta, in Inf. XXIV 37-39

  43. F. Petrarca, R.v.f. XVIII Quand’io son tuttovòlto in quella parte ove ’l bel viso di madonnaluce, et m’é rimasanelpensier la luce che m’arde et struggedentro a parte a parte, 4 i’ chetemodel cor che mi si parte, et veggio presso il fin de la mialuce, vommene in guisa d’orbo, senzaluce, che non sa ove si vada et pur si parte. 8 Cosìdavanti ai colpi de la morte fuggo: ma non sìrattoche ’l desio meco non venga come venir sòle. Tacito vo’, ché le parole morte 12 farianpianger la gente; et i’ desio che le lagrime mie si spargan sole.

  44. La rima (4) Frantein Inf. XXVIII 119-123, la serie come-chiome-Oh me; in Inf. XXX 83-87, la serie oncia-sconcia-non ci ha Ripetute o identiche «Qui vince la memoria mia lo ’ngegno; / ché quella croce lampeggiava Cristo, / sì ch’io non so trovare essempro degno; / ma chi prende sua croce e segue Cristo, / ancor mi scuserà di quel ch’io lasso, / vedendo in quell’albor balenar Cristo» (Par. XIV 103-108)

  45. La rima (5) Rima ipermetra o eccedente tempesta : resta(no) «che ti lessi negli occhi, ch’erano / pieni di pianto, che sono / pieni di terra, la preghiera / di vivere e d’essere buono!» (Pascoli) «Ah l’uomo che se ne va sicuro, / agli altri ed a se stesso amico, / e l’ombra sua non cura che la canicola / stampa sopra uno scalcinato muro!» (Montale)

  46. G. Pascoli, La voce, in Canti di Castelvecchio (vv. 33-36 e 77-80) Non far piangere piangerepiangere (ancora!) chi tanto soffrì! il tuo pane, prega il tuo angelo che te lo porti... Zvanî... - che ti lessi negli occhi, ch’erano pieni di pianto, che sono pieni di terra, la preghiera di vivere e d’essere buono!»

  47. G. Pascoli, Agonia di madre, vv. 17-20 - Dormi, o angelo – o angelo, déstati, Déstati – mormora il cuore. Tra la culla e una bara s’arresta La mano sua rigida. Muore. • Dor¦mi,^o ¦˅an¦ge¦lo–^o ¦ ˅an¦ge¦lo, ¦ dé¦sta¦ti, 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 Dé¦sta¦ti ¦ – mor¦mo¦ra^il ¦ cuo¦re. 1 2 3 4 5 6 7 8 Tra ¦ la ¦ cul¦la^e^u¦na ¦ ba¦ ra ¦ s’ar¦re¦sta 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 La ¦ ma¦no ¦ sua ¦ ri¦gi¦da. ¦ Muo¦re. 1 2 3 4 5 6 7 8 9

  48. A che cosa serve la rima • Funzione strutturante o demarcativa in relazione alla forma del testo • Funzione musicale: valorizzazione della componente eufonica del segno • Funzione semantica: attivazione di rapporti produttori di senso

  49. La rima Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono ABBA di quei sospiri ond’io nudriva ’l core in sul mio primo giovenileerrore quand’era in parte altr’uom da quel ch’i’ sono: 4 del vario stile in ch’io piango et ragiono, ABBA fra le vane speranze, e ’l vandolore, ove sia chi per prova intenda amore, spero trovar pietà, nonché perdono. 8 Ma ben veggio or sì come al popoltuttoCDE favola fui gran tempo, onde sovente di me medesmo meco mi vergogno; et del mio vaneggiar vergogna è ’l frutto, 12 CDE e ’l pentérsi, e ’l conoscer chiaramente che quanto piace al mondo è breve sogno.

  50. La rima Arso completamente dalla vita io vivo in essa felice e dissolto. La mia pena d’amore non ascolto più di quanto non curi la ferita. (S. Penna)

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