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Lo sviluppo locale integrato: Principi generali, strumenti ed un caso di studio

Lo sviluppo locale integrato: Principi generali, strumenti ed un caso di studio Roma 31 gennaio 2006 Mario Caputo. Il percorso della relazione. 1. Lo sviluppo locale sostenibile come orizzonte progettuale e come processo di apprendimento

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Lo sviluppo locale integrato: Principi generali, strumenti ed un caso di studio

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  1. Lo sviluppo locale integrato: Principi generali, strumenti ed un caso di studio Roma 31 gennaio 2006 Mario Caputo

  2. Il percorso della relazione 1. Lo sviluppo locale sostenibile come orizzonte progettuale e come processo di apprendimento 2.La riscoperta del territorio e della comunità locale 3.L’ibridazione dei saperi in un processo di apprendimento collettivo 4. Gli strumenti per lo sviluppo locale 5. Un caso innovativo

  3. Tra concetto e pratica: La “scoperta” dello sviluppo locale: • riflessioni e concettualizzazioni per una teoria dello sviluppo locale • la progressiva codifica e istituzionalizzazione dello sviluppo locale (es. Patti territoriali, Prog. Leader …) • la creazione di un lessico comune • la formazione di saperi tecnici sullo sviluppo locale • l’allestimento di arene operative

  4. Al crocevia di diversi percorsi di riflessione:lo Sviluppo Locale Sostenibile (SLS) • Pluridimensionalità delle dimensioni della sostenibilità (ambientale, sociale, economica, culturale, politica …) • Sostenibilità territoriale: sostenibilità riferita non soltanto ad un ambiente, ma ad un territorio in quanto ambiente trasformato dalla progettualità umana, e denso di valori e di relazioni.

  5. Al crocevia di diversi percorsi di riflessione:lo Sviluppo Locale Sostenibile (SLS) • SLS: non “semplice” articolazione locale di principi di sostenibilità globale • ma esplorazione e individuazione di innovativi e relativamente autonomi percorsi di sviluppo del territorio • in un quadro di relazioni sostenibili all’interno del sistema territoriale, con gli ecosistemi naturali e con gli altri sistemi territoriali

  6. Al crocevia di diversi percorsi di riflessione:lo Sviluppo Locale Sostenibile (SLS) • E’ un processo che va territorializzato: • riferito cioè a risorse, soggetti, modalità di regolazione locale delle relazioni società-ambiente, potenzialità e limiti che sono territorialmente specifici, • ma che devono riferirsi nel contempo a contesti più ampi, sia sotto il profilo economico-sociale, sia sotto quello ecosistemico.

  7. Al crocevia di diversi percorsi di riflessione:lo Sviluppo Locale Sostenibile (SLS) • E’ un processo, • di riflessione e apprendimento collettivo • da parte degli attori che agiscono nel e sul locale, • volto a esplorare possibilità e limiti di cambiamento del sistema territoriale di cui fanno parte, • nel quadro di relazioni sostenibili con gli altri sistemi territoriali e con gli ecosistemi naturali.

  8. Globalizzazione, locale e territorio • Nelle teorie e pratiche di sviluppo rinnovata attenzione al locale e centralità del territorio. • Globalizzazione e territorio: esito non scontato. Non appiattimento territoriale, ma intensificazione dell’interazione territoriale, coinvolgendo una pluralità di scale diverse • Ma come concettualizzare e studiare il “locale”?

  9. Comunità scientifica e comunità locale: due luoghi comuni • Insufficienza e limiti di una semplificazione, utile però per pensare a... • …quali soggetti e quali alleanze per allestire il luogocomune della riflessione e dell’apprendimento sullo sviluppo locale sostenibile … • … in un dialogo proficuo per le due comunità?

  10. Società locale e capitale sociale • Comunità locale: rischi di fraintedimenti localistici? • Società locale come prodotto di disomogeneità geo-socio-culturali che sono le criticità ma anche le ricchezze da affrontare nel percorso verso una sostenibilità territoriale • La sfida: incrementare il “capitale sociale territoriale” (il potenziale di azione del territorio che deriva da strutture di relazioni)

  11. Società locale e disembedding • disembeddingil prodursi, nelle nostre società, di relazioni sociali sempre più slegate dai contesti prossimi e azioni sempre più condizionate da fattori incontrollabili e sconosciuti (Giddens e Baumann) • sviluppo locale sostenibile in quanto opportunità dire-embedding, ovvero di ricostruzione di legami sociali e culturali e azioni ricollegate (anche) al contesto locale.

  12. Sviluppo locale e sviluppo sostenibile: la riscoperta dell’importanza dei saperi contestuali • Le riflessioni sullo sviluppo locale e sulla sostenibilità dello sviluppo hanno infatti posto in più ambiti (distretti industriali, milieu innovatori …) • la questione del rapporto tra • saperi globali e saperi contestuali, • tra conoscenza codificata, esplicita • e conoscenza implicita-tacita-contestuale.

  13. “Buone pratiche” e sviluppo locale sostenibile • Esistono “buone o migliori pratiche” in assoluto? • Il problema della decontestualizzazione, codifica e ricontestualizzazione • una “pratica migliore” consiste spesso in un insieme di conoscenze e capacità locali, in genere tacite” (Schon) • lo SLS: ovvero l’importanza del dialogo e della partecipazione come valorizzazione e recupero delle conoscenze locali, implicite e/o tradizionali da far interagire con i saperi generali, astratti

  14. Un caso di studio Il Progetto Integrato AGRI: AGro-alimentare, Ruralità, Innovazione Regione Basilicata

  15. I caratteri del comprensorio Aspetti geo-morfologici • 30 comuni • Superficie Territoriale Media : 71 kmq • Territorio prevalentemente montano (87% dei comuni classificati dall’ISTAT come “montagna interna”) • Struttura insediativa rarefatta e molteplicità di micro comuni • Rete infrastrutturale viaria carente

  16. Unità geo-morfologiche del Comprensorio

  17. I caratteri del comprensorio Aspetti socio-demografici • Popolazione complessiva: circa 69.000 (quasi 12 % della popolazione regionale) • Densità abitativa media: circa 36 abitanti per Kmq (media regionale 59,6) • Processo di senilizzazione avanzato • Fenomeno migratorio intenso • Comuni ad elevato disagio insediativo

  18. I caratteri del comprensorio Aspetti economico-istituzionali • Struttura produttiva frammentata in piccolissime unità • Sistema produttivo concentrato su settori tradizionali (edilizia ed artigianato tradizionale) • Vocazione produttiva agricola • 5 PIT, 5 Iniziativa Leader Plus, 1 Patto agricolo, 2 patti territoriali • 7 Comunità Montane coinvolte • 1 azione innovativa FESR di sperimentazione di un sistema di certificazione ambientale d'area (“Territorio d’eccellenza”) • Istituzione imminente del Parco Nazionale della Val d’Agri e del Lagonegrese

  19. L’analisi per sub-sistemi territoriali

  20. Rilevanza dei principali settori economici Per settori Per sub-sistemi

  21. La diagnosi e le opportunità di intervento • Eterogeneità morfologica, economica e socio-demografica del Comprensorio • Assenza di un progetto di sviluppo locale • Rilevanza del settore agro-alimentare in due sub-ambiti per almeno quattro ragioni: • La presenza locale di competenze forti • Le potenzialità inespresse di filiere tipiche e di condizioni climatiche favorevoli • Una buona densità di attività presente sul territorio • Un sistema di istituzioni di supporto e di cooperazione tra soggetti ben strutturato Il settore agro-alimentare non è mai stato considerato dal settore pubblico locale

  22. Le zone agrarie del comprensorio Collina interna CEREALICOLTURA, COLTIVAZIONI ARBOREE MEDITERRANEE, ZOOTECNIA Montagna interna ZOOTECNIA E CEREALICOLTURA NELLE PENDICI BASSE E SILVO PASTORALE NELLE AREE A QUOTE PIU’ ELEVATE Pianura fiume Agri dalla sorgente alla diga del Pertusillo ZOOTECNIA, ORTICOLTURA, FRUTTICOLTURA Pianura del Metapontino e fondovalli ORTICOLTURA, AGRUMICOLTURA, FRUTTICOLTURA

  23. Le esperienze pilota promosse dall’ALSIA in Val d’Agri Nell’area dei sub-ambiti dell’Alto Agri e Medio Agri-Alto Sauro molti operatori delle filiere tipiche hanno aderito e partecipato a progetti sperimentali di certificazione delle produzioni, adozioni di disciplinari, iter di riconoscimento di marchi europei. In particolare: • Pecorino Canestrato di Moliterno – Stagionato in Fondaco: Consorzio di Tutela, 4 caseifici e 18 produttori di latte ; • Olio extravergine di Oliva dell’Alto Sauro; • Vino a DOC “Terre dell’Alta Val d’Agri”: Consorzio di tutela, 8 soci; • Fagioli ad IGP di Sarconi: Consorzio di Tutela, 42 soci; • Mela Alto Agri”, Consorzio di Tutela, 6 aziende; • Settore lattiero caseario nell’Alta Val d’agri con 5 caseifici e 17 produttori di latte; • Olio extra-vergine di oliva di Montemurro: 13 olivicoltori; • Salumi dell’Alta Val d’Agri: 3 salumifici, 5 allevatori; • “Grottino di Roccanova” per il riconoscimento della DOC: 3 le cantine coinvolte.

  24. Il sistema agro-alimentare nell’opinione dei soggetti locali Principali elementi positivi • Forte specificità territoriale e presenza di produzioni tipiche rilevanti • Disponibilità potenziale di forti incentivi alla localizzazione • Dotazione ambientale e naturalistica rilevante • Possibilità offerte dal programma operativo Principali problemi • Disoccupazione elevata • Carenza di manodopera e di professioni consulenziali per l’impresa • Difficoltà di accesso al credito • Mancanza di cooperazione a tutti i livelli • Inefficacia della cooperazione pubblico-privato

  25. L’agro-alimentare nella programmazione regionale • Completamento delle filiere produttive e delle integrazioni settoriali; • Sostenere gli investimenti orientati all’innovazione tecnologica e qualità dei prodotti; • Promuovere la dotazione di servizi alle imprese agricole • Sostegno alla gestione di strategie integrate di sviluppo rurale da parte di partenariati rurali • Ammodernamento strutturale delle imprese agricole • Promozione integrata del settore agro-alimentare attraverso una serie di azioni di marketing e di promozione integrata dei prodotti e delle filiere agricole lucane sui mercati extraregionali • Ridefinizione degli strumenti di credito agrario attraverso riflessioni ed azioni con tutti i soggetti che hanno competenze e responsabilità in merito.

  26. Il territorio di riferimento dell’azione pilota • Area PIT Val d’Agri (19 Comuni) perchè • Il partenariato istituzionale già attivo per l’attuazione del PIT Val d’Agri è il “soggetto ideale” per dare avvio al processo di costruzione del progetto e già formalmente costituito • Esiste un ufficio comune dei 19 comuni, l’Ufficio di Coordinamento e Gestione del PIT, guidato da un project manager sensibile all’iniziativa • Esperienza già maturata da molti operatori in progetti di cooperazione

  27. Il territorio di riferimento dell’azione pilota (2)

  28. La metodologia di lavoro L’azione pilota si configura come un’ Azione organizzata In grado di attivare un Processo di apprendimento Attraverso Contesti di interazione situata Che generino Identificazione di soluzioni e costruzione di decisioni Attraverso Risorse tecniche, conoscitive, politiche, giuridiche Opportunamente organizzate per conseguire un Obiettivo di sviluppo razionale

  29. La metodologia dell’azione pilota ANALISI DELLE CONGRUENZE ORGANIZZATIVE Struttura Strategia ATTIVITÀ OBIETTIVI MEZZI RUOLI

  30. La metodologia dell’azione pilota • OBIETTIVI • Organizzazione delle filiere produttive dei prodotti tipici (di nicchia e orientati al mercato). • Rafforzamento del livello tecnologico e dei servizi al sistema agro-alimentare locale • Miglioramento del rapporto banche imprese del settore • Rafforzamento del mercato del lavoro, con un’attenzione alla formazione degli addetti nel settore agro-alimentare ed ai servizi avanzati • Attrazione di imprese operanti nel settore agro-industriale • Miglioramento dei caratteri di ruralità del territorio IL METAOBIETTIVO Costruire un progetto integrato di sviluppo e generare apprendimento

  31. OBIETTIVI DEL PROGETTO INTEGRATO AGRI interdipendenze Filiere agro-alimentari tipiche Fagioli – Olio - Vino - Orticoli - Formaggio pecorino – Carne podolica Temi trasversali Formazione Innovazione Credito Azioni di sistema Attrazione investimenti Beni pubblici ARTICOLAZIONE DEGLI OBIETTIVI SU TRE LIVELLI La metodologia dell’azione pilota

  32. La metodologia dell’azione pilota I MEZZI IN RELAZIONE AGLI OBIETTIVI - Conoscenza dell’oggetto • Individuazione di un driver istituzionale • Funzionamento del processo decisionale • Partenariato di progetto • Gestione e animazione dei gruppi • Competenze giuridico-amministrative • Competenze specifiche di settore/filiera • Creazione di contesti di interazione situata • Costituzione di laboratori di apprendimento • Creazione di esperienze di cooperazione condizionale • Esemplificare in concreto una pratica modello che resti di riferimento in sede locale • Governo delle interdipendenze sequenziali e reciproche

  33. La strategia dell’azione pilota è coerente? COERENZA MEZZI – FINI Tutti i mezzi individuati sono competenze: capacità, conoscenze, know how. Una parte di questo sapere (competenze specifiche) consiste in una adeguata conoscenza tecnica degli oggetti di cui si tratta. Un’altra parte del sapere necessario (competenze metodologiche) consiste nel sapere-come organizzare e rendere produttivo un contesto di confronto di tipo partenariale; sapere-come agire in un contesto decisionale; sapere-come gestire e animare gruppi di lavoro; o, in sintesi, disporre di un know how di aiuto alla decisione.

  34. La metodologia dell’azione pilota Attività sequenzialmente interdipendenti • Censimento dei progetti ed approfondimento dell’analisi delle filiere • Costituzione di un network locale di progetto • Definizione degli obiettivi del progetto integrato • Ricognizione ed individuazione delle competenze istituzionali e tecniche e delle risorse necessarie al conseguimento degli obiettivi • Attivazione aree di riflessione, organizzazione gruppi di lavoro tematici, governo delle interdipendenze reciproche • Organizzazione della Struttura per l’attuazione del progetto • Definizione del documento progettuale e degli indicatori • Approvazione del progetto integrato da parte della PLI del PIT Val d’Agri • Attuazione del progetto integrato • Monitoraggio dell’implementazione • Governo del processo

  35. La metodologia dell’azione pilota I SOGGETTI • Struttura di progetto P.O. Val d’Agri • Nucleo Regionale di Valutazione e Verifica degli investimenti Pubblici • Studiare Sviluppo • UCG PIT Val d’Agri • ALSIA • GAL AKIRIS • Associazioni di Categoria (CIA, Coldiretti, Confcoop., Confagricoltura, Legacoop, Confesercenti) • COFIDI – FIDAGRI • Banche • Camera di commercio di Potenza • Unione Industriali provincia di PZ • Consorzi di Tutela (olio, fagioli, pecorino di Moliterno, Vino) • Sviluppo Italia Basilicata

  36. La metodologia dell’azione pilota Modalità di coinvolgimento dei soggetti • Ruolo istituzionale • Competenze specifiche di settore • Competenze metodologiche • Detenzione di risorse • Congruenza tra obiettivi del progetto ed obiettivi individuali, nonché analizzando il sistema di incentivi intrinseci ed estrinseci di ciascun soggetto (esempi: PIT Manager, ALSIA)

  37. Team Studiare Sviluppo PLI Struttura Regionale di Progetto Val d’Agri N.R.V.V.I.P. UCG Network locale di progetto (PCL) La metodologia dell’azione pilota Il governo del processo istituzionale Comitato di coordinamento e monitoraggio Comitato di concertazione e coordinamento

  38. La metodologia dell’azione pilota La scheda di descrizione rispetto al meta-obiettivo

  39. A che punto si è arrivati L’azione pilota sta concludendo le attività di: • Organizzazione delle attività ed esiti dei gruppi • Rapporto con la Regione sul tema dell’attivazione di strumenti ad hoc o mix di strumenti che costituiscono il momento di massima complessità con problemi di coordinamento “micro” per il governo delle interdipendenze reciproche

  40. Incontro Fase di discussione Obiettivi da raggiungere/domande 1 Introduttiva/analisi attori chiave Metodologia di lavoro, aspettative, motivazioni 2 Analisi dei problemi e degli obiettivi Situazione attuale e situazione desiderata in futuro Identificazione degli ambiti di intervento Esplicitare gli ambiti (dell’intero progetto) in cui la tematica ricade 3 Scelta degli ambiti di intervento e definizione della logica di intervento Identificare azioni concrete rispetto al tema trattato Fase conclusiva Riflessioni comuni sui risultati raggiunti A che punto siamo? • Organizzazione delle attività dei gruppi

  41. A che punto siamo? I 5 Gruppi attivati e loro composizione Filiere tipiche: ALSIA, Operatori selezionati, Consorzi di tutela, Associazioni agricole, UCG PIT, Studiare Sviluppo Credito: 8 banche operanti sul territorio (rimaste in 3), Cofidi Basilicata, UCG PIT, Studiare Sviluppo Innovazione: ALSIA, Studiare Sviluppo, UCG PIT, CSQA, Veneto Agricoltura Formazione: Centro per l’impiego, GAL Akiris, Associazioni di categoria (Coldiretti, Confesercenti), Studiare Sviluppo Attrazione investimenti: Camera di Commercio PZ, Associazione degli industriali PZ, Sviluppo Italia Basilicata, UCG PIT, Studiare Sviluppo

  42. A che punto siamo? La gestione dei gruppi: il caso filiera lattiero-casearia La logica della discussione

  43. A che punto siamo? L’esito dei gruppi: il caso filiera lattiero-casearia

  44. A che punto siamo? L’esito dei gruppi: il caso filiera lattiero-casearia

  45. A che punto siamo? L’esito dei gruppi: il caso filiera lattiero-casearia

  46. A che punto siamo? Come sono state governate le interdipendenze reciproche Un esempio: • Il gruppo di lavoro sulle filiere tipiche ha influenzato notevolmente il gruppo credito • L’analisi è partita dalle esigenze degli operatori e si è incrociata con le esigenze delle banche • Il risultato è stato la proposta di tre strumenti: fondo di garanzia “classico”, fondo “help” per le immobilizzazioni degli stagionatori, chek-up finanziario svolto da un organismo pubblico (Camera di Commercio)

  47. A che punto siamo? Il processo in corso sta dando la possibilità di: • Quantificare in modo molto più preciso il fabbisogno di sostegno pubblico • Orientare efficacemente le risorse • Suscitare impegno e creatività • Soddisfare esigenze ignorate Che si traducono anche in un diverso rapporto con la Regione in relazione alla possibilità concreta di attivare un mix di strumenti adatti a risolvere i problemi rilevati

  48. E’ possibile la modellizzazione dell’esperienza: il kit minimo progettuale • Profilo territoriale della proposta (efficacia dell’analisi preliminare) • Neutralità della proposta rispetto agli interessi pubblici locali prevalenti • Costruzione di una partnership progettuale basata sulla conoscenza e non consultiva • Assegnare un ruolo ai privati e rilevanza al sistema produttivo • Capacità di lettura e interpretazione delle scelte regionali e della possibilità di influenzarle • Dotarsi delle competenze necessarie per il raggiungimento degli obiettivi

  49. "Per esprimere una domanda genuinamente collettiva, lo Stato, dunque, dovrà sviluppare al proprio interno non le capacità per progettare e neanche per scegliere in solitudine gli obiettivi, ma la capacità di vagliare gli obiettivi che la società civile, il partenariato sociale ed economico, formulano, e di far dialogare questi soggetti, per assegnare poi, in modo concorrenziale a soggetti privati la formulazione di progetti che meglio conseguano gli obiettivi prescelti.” (Barca, 2004) L’esperienza della Val d’Agri ci consegna un quadro nel quale la società civile ed il partenariato socio-economico non sono in grado di formulare obiettivi. Una importante parte dell’attività è stata rivolta alla focalizzazione della conoscenza, interagendo successivamente con il partenariato socio-economico per far emergere la conoscenza dispersa ed accompagnando la capacità di formulazione degli obiettivi, la cui articolazione, nel caso dell’agro-alimentare è risultata essere abbastanza complessa.

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