1 / 49

L’educazione linguistica nella classe multilingue

L’educazione linguistica nella classe multilingue. Modena 2 maggio 2007 A cura di Antonella Ferrari. Per partire due citazioni.

harry
Download Presentation

L’educazione linguistica nella classe multilingue

An Image/Link below is provided (as is) to download presentation Download Policy: Content on the Website is provided to you AS IS for your information and personal use and may not be sold / licensed / shared on other websites without getting consent from its author. Content is provided to you AS IS for your information and personal use only. Download presentation by click this link. While downloading, if for some reason you are not able to download a presentation, the publisher may have deleted the file from their server. During download, if you can't get a presentation, the file might be deleted by the publisher.

E N D

Presentation Transcript


  1. L’educazione linguistica nella classe multilingue Modena 2 maggio 2007 A cura di Antonella Ferrari

  2. Per partire due citazioni Forse oggi i linguisti di professione sanno come stanno le cose, ma a scuola si continuano a insegnare sciocchezze: i bambini si sentono dire che il “sostantivo” è un “nome di persona, di luogo o di cosa”. E ricordiamo la noia mortale che ci procurava l’analisi grammaticale e la logica delle frasi. Oggi tutto ciò andrebbe cambiato: ai bambini si potrebbe dire che un sostantivo è una parola che sta in una certa relazione con un predicato, che un verbo sta in una certa relazione con un sostantivo, il suo soggetto e così via. Alla base della definizione potrebbe stare la relazione, e allora qualunque bambino sarebbe in grado di capire che nella frase” andare è un verbo” c’è qualcosa che non va. (…) Avrebbero dovuto dirci qualcosa sulla struttura che connette: che ogni comunicazione ha bisogno di un contesto, che senza contesto non c’è significato, che i contesti conferiscono significato perché c’è una classificazione dei contesti” Bateson

  3. 1.Lo sviluppo delle capacità verbali va promosso in stretto rapporto reciproco con una corretta socializzazione, con lo sviluppo psicomotorio con la maturazione ed estrinsecazione di tutte le capacità espressive e simboliche. • 2. Lo sviluppo e l'esercizio delle capacità linguistiche non vanno mai proposti e perseguiti come fini a se stessi, ma come strumenti di più ricca partecipazione alla vita sociale e intellettuale: lo specifico addestramento delle capacità verbali va sempre motivato entro le attività di studio, ricerca, discussione, partecipazione, produzione individuale e dì gruppo. • 3. La sollecitazione delle capacità linguistiche deve partire dall’individuazione del retroterra linguistico-culturale personale, familiare, ambientale dell'allievo, non per fissarlo e inchiodarlo a questo retroterra, ma, al contrario, per arricchire il patrimonio linguistico dell'allievo attraverso aggiunte e ampliamenti che, per essere efficaci, devono essere studiatamente graduali.

  4. 4. La scoperta della diversità dei retroterra linguistici individuali tra gli allievi dello stesso gruppo è il punto di partenza di ripetute e sempre più approfondite esperienze ed esplorazioni della varietà spaziale e temporale, geografica, sociale, storica, che caratterizza il patrimonio linguistico dei componenti di una stessa società: imparare a capire e apprezzare tale varietà è il primo passo per imparare a viverci in mezzo senza esserne succubi e senza calpestarla. • 5. Occorre sviluppare e tenere d'occhio non solo le capacità produttive, ma anche quelle ricettive, verificando il grado di comprensione di testi scritti o registrati e vagliando e stimolando la capacità di intendere un vocabolario sempre più esteso e una sempre più estesa varietà di tipi di frase. • 6. Nelle capacità sia produttive sia ricettive va sviluppato l'aspetto sia orale sia scritto, stimolando il senso delle diverse esigenze di formulazione inerenti al testo scritto in rapporto all'orale, creando situazioni in cui serva passare da formulazioni orali a formulazioni scritte di uno stesso argomento per uno stesso pubblico e viceversa.

  5. 7. Per le capacità sia ricettive sia produttive, sia orali sia scritte, occorre sviluppare e stimolare la capacità di passaggio dalle formulazioni più accentuatamente locali, colloquiali, immediate, informali, a quelle più generalmente usate, più meditate, riflesse e formali. • 8. Seguendo la regola precedente, si incontra la necessità di addestrare alla conoscenza e all'uso di modi istituzionalizzati d'uso della lingua comune (linguaggio giuridico, linguaggi letterari e poetici ecc.). • 9. Nella cornice complessiva delle varie capacità linguistiche, occorre curare e sviluppare in particolare, fin dalle prime esperienze scolari, la capacità, inerente al linguaggio verbale, di autodefinirsi e autodichiararsi e analizzarsi. Questa cura e questo sviluppo possono cominciare a realizzarsi fin dalle prime classi elementari arricchendo progressivamente le parti di vocabolario più specificamente destinate a parlare dei fatti linguistici, e innestando così in ciò, nelle scuole postelementari lo studio della realtà linguistica circostante, dei meccanismi della lingua e dei dialetti, del funzionamento del linguaggio verbale, del divenire storico delle lingue, sempre con particolare riferimento agli idiomi più largamente noti in Italia e insegnati nella scuola italiana.

  6. 10. In ogni caso e modo occorre sviluppare il senso della funzionalità di ogni possibile tipo di forme linguistiche note e ignote. La vecchia pedagogia linguistica era imitativa, prescrittiva ed esclusiva. Diceva: "Devi dire sempre e solo così. Il resto è errore". La nuova educazione linguistica (più ardua) dice: "Puoi dire così, e anche cosi e anche questo che pare errore o stranezza può dirsi e si dice; e questo è il risultato che ottieni nel dire così o così". La vecchia didattica linguistica era dittatoriale. Ma la nuova non è affatto anarchica: ha una regola fondamentale e una bussola; e la bussola è la funzionalità comunicativa di un testo parlato o scritto e delle sue parti a seconda degli interlocutori reali cui effettivamente lo si vuole destinare, ciò che implica il contemporaneo e parimenti adeguato rispetto sia per le parlate locali, di raggio più modesto, sia per le parlate di più larga circolazione. giscel

  7. Quale lingua Il repertorio linguistico di una comunità comprende l'insieme delle risorse linguistiche disponibili in quella data comunità linguistica. Tali risorse vanno considerate nei rapporti e nella distribuzione gerarchica che le lingue e le varietà di un repertorio presentano nei continui contatti tra di loro. Il repertorio dell'italiano contemporaneo comprenderà, indicando sinteticamente i sistemi principali, l'italiano standard, l'italiano comune, l'italiano regionale, l'italiano popolare, l'italiano L2, il dialetto e le sue varietà, le lingue di minoranza storica o di antico insediamento e le loro varietà, le lingue degli zingari, le lingue straniere e i dialetti presenti soprattutto fra gli immigrati, il misto tra due o più lingue o varietà.

  8. Uso della lingua vs riflessione sulla lingua • La conoscenza di una lingua comprende sia la conoscenza del sistema, detta “competenza linguistica”, sia la capacità di uso di tale competenza nei vari contesti, detta “competenza comunicativa”. Entrambe sono il prerequisito per l’effettiva produzione di atti linguistici, vale a dire, l’“esecuzione”. • In campo di didattica linguistica l’accento viene posto principalmente sull’esecuzione, concentrando le attività su esercizi di comprensione e di produzione finalizzati allo sviluppo delle abilità linguistiche di base. La didattica relativa alle strutture grammaticali è spesso proposta come l’apprendimento di una serie di regole avulse dal contesto d’uso, presentate con una terminologia spesso desueta o, se parzialmente aggiornata, in modo superficiale e senza il tessuto concettuale da cui è stato determinato. • Gli obiettivi formativi in campo linguistico non dovrebbero essere così settorializzati e statici. Si dovrebbe, infatti, tendere a sviluppare da un lato la capacità di uso concreto della lingua e, dall’altro, una competenza articolata e integrata che includa tutti i livelli di analisi necessari per la descrizione, fino alla riflessione sull’uso.

  9. Competenza linguistica La competenza [competence] indica quel sistema di regole, inteso come apparato di processi e di meccanismi di funzionamento specifico della mente umana, che permette all’individuo di comprendere e produrre un numero teoricamente illimitato di frasi, anche inedite. (Chomsky)

  10. Esecuzione L’esecuzione [performance], “l’uso effettivo della lingua in situazioni concrete” , cioè l’utilizzazione materiale che ogni parlante fa della propria lingua nelle diverse e molteplici circostanze comunicative (Chomsky)

  11. Competenza comunicativa La competenza comunicativa [communicative competence], allarga a tutte le componenti pragmatico-comunicative umane l’accezione chomskiana di competenza linguistica. Infatti, “un bambino normale acquisisce una conoscenza delle frasi non soltanto in quanto grammaticali, ma anche in quanto appropriate. Lui o lei acquisiscono la competenza riguardo a quando parlare e quando tacere, e riguardo a che cosa dire, a chi, quando, dove, in che modo. In breve, un bambino diviene capace di compiere una repertorio di atti di linguaggio, di partecipare agli eventi discorsivi, e di valutarne l’adempimento da parte degli altri. Questa competenza, inoltre, si integra con gli atteggiamenti, i valori, e le motivazioni concernenti il linguaggio, le sue caratteristiche e usi, e si integra con la competenza per, e gli atteggiamenti verso, l’interrelazione del linguaggio con gli altri codici di condotta comunicativa” (Hymes, 1972 )

  12. Le abilità linguistiche Tradizionalmente si considerano le abilità linguistiche secondo due assi: ASCOLTARE PARLARE RICETTIVO PRODUTTIVO LEGGERE SCRIVERE ASCOLTARE LEGGERE ORALE SCRITTO PARLARE SCRIVERE

  13. E su tutto … la GRAMMATICA

  14. Quali abilità nel lavoro di classe Nelle attività di classe generalmente i bambini: Ascoltano Scrivono Leggono Parlano Noi insegnanti privilegiamo nella progettazione delle attività la lettura e la scrittura, dando poco spazio a quelle orali. Gli alunni stranieri, per cui gli input fondamentali per implementare la loro competenza linguistica, sono proprio quelli che provengono dalla lingua orale, sono penalizzati nelle nostre attività.

  15. Interloquire in classe Nell’ambito della pedagogia interculturale si utilizza spesso la parola “dialogo” in modo generico per indicare un’attitudine allo scambio. Occorre andare ad identificare quelle che sono le caratteristiche “tecniche” del dialogo, utilizzando gli esiti delle ricerche che hanno fornito un quadro sistematico dell’interazione in classe vista come ‘ambiente comunicativo’,e sull’insegnamento/ apprendimento intesi come processi linguistico - sociali.

  16. Interloquire in classe La comunicazione in classe è caratterizzata da un’asimmetria istituzionale che vede gli insegnanti in posizione “up” e gli studenti in posizione “down”. Aprirsi alla circolarità dei discorsi e ai percorsi di co-costruzione delle conoscenze, implica la consapevolezza dei nostri modi di interagire nella comunicazione, tanto nell’aspetto verbale, quanto in quello non verbale e quindi una nuova attenzione anche alla gestione dello spazio.

  17. La comunicazione dell’insegnante Ruolo istruttivo: - monologo espositivo - dialogo scolastico (finto dialogo) - dialogo esplorativo (discussione, dialogo euristico) Ruolo valutativo: - la tripletta - le domande imbeccata - le domande esame

  18. Ruolo istruttivo: il monologo espositivo • - contestualizzazione delle informazioni • - interventi sinonimici (ad esempio, sinonimi di termini ritenuti incomprensibili); • - parafrasi esplicative di concetti ritenuti troppo complessi; • - ripetizioni; • - espansioni.

  19. Ruolo istruttivo: il dialogo scolastico Il dialogo scolastico tende verso l’ideale del discorso pianificato, privilegiando, ad esempio, una formulazione accurata. Non si realizza cioè come parlato esplorativo, bensì come una sorta di ‘versione finale’, di discorso preparato. Tende verso forme espressive tipiche della lingua scritta, privilegiando la ‘formalità’ All’interno del dialogo scolastico gli alunni non intervengono liberamente, è l’insegnante che conduce l’interazione, cercando l’ approvazione e utilizzando domande valutative.

  20. Ruolo istruttivo: il dialogo esplorativo Il dialogo esplorativo, usato per apprendere, si presta al coinvolgimento di tutti gli allievi, compresi i più svantaggiati e quelli con maggiori difficoltà relazionali e comunicative. La discussione può riferirsi a qualunque contenuto disciplinare presentato dall’insegnante in modo problematico, per sollecitare gli alunni ad avvicinarsi progressivamente, con i loro interventi, a mettere a fuoco meglio il problema, a fare ipotesi - e dunque a porsi delle domande - entro percorsi di problem solving, ad esprimere (e mettere in comune) quanto ciascuno eventualmente sa già al riguardo, condividendo e costruendo conoscenze.

  21. Ruolo istruttivo: il dialogo esplorativo La discussione non si realizza ‘naturalmente’ a scuola: è il risultato di condizioni che possiamo definire come ‘sperimentali’ o ‘quasi sperimentali’ in quanto definite a priori e introdotte nei contesti scolastici naturali. Tali condizioni specifiche sono: • a) un’esperienza comune, preliminare alla discussione, tale però da non comportare un’unica ‘lettura’ o soluzione; • b) un discorso che rielabora l’esperienza compiuta e che si struttura come situazione di problem solving collettivo, in cui sia possibile negoziare significati, condividere e confrontare differenti soluzioni o interpretazioni di uno stesso materiale (ad esempio un testo scritto) o di una stessa esperienza (ad esempio, un’osservazione o un ‘esperimento’ scientifico); • c) un cambiamento delle usuali regole di partecipazione al discorso scolastico: i turni di discorsi non debbono essere controllati dall’insegnante; le ‘usuali’ domande dell’insegnante sono in parte sostituite da riprese o rispecchiamenti degli interventi degli allievi, da richieste di spiegazioni e da interventi che sottolineano un’eventuale discordanza di posizioni. Pontecorvo Ajello Zucchermaglio

  22. Lo spazio e la comunicazione Configurazioni nelle quali i partecipanti si dispongono in cerchio sono probabilmente quelle nelle quali i diritti di partecipazione di tutti i membri sono definiti paritari. Nelle configurazioni dove uno o più membri sono differenziati spazialmente dagli altri, così che il modello si avvicina alla forma di un triangolo, di un semicerchio o di un parallelogramma, i diritti di partecipazione all’interazione non sono più paritari. Un tipo estremo di configurazione non-circolare potrebbe essere la conferenza/lezione nella quale c’è un membro al vertice di un triangolo, di fronte a tutti gli altri disposti in file parallele fino alla base del triangolo. Qui colui che si trova al vertice tipicamente ha il diritto (e l’obbligo) di parlare e mantenere il turno. Coloro che sono disposti parallelamente alla base del triangolo hanno il diritto di ascoltare soltanto. Disposizioni spaziali che hanno formati intermedi tra questo e il cerchio prevedono anche forme intermedie riguardo al grado di differenziazione del diritto a partecipare dei membri Kendon

  23. Dimensione culturale della competenza comunicativa Le regole che presiedono al comportamento nelle varie situazioni della vita quotidiana non sono fissate una volta per tutte, ma sono negoziate. L’interlocutore interpreta il comportamento dell’altro in base a ciò che avviene in quel preciso momento, e modella il suo comportamento successivo in base a tale interpretazione. La capacità di interpretare quello che sta avvenendo, per adeguarsi alla situazione in modo appropriato, è il risultato di una serie di conoscenze e capacità apprese all’interno della cultura di appartenenza di ciascun individuo. Saper partecipare in modo adeguato alle situazioni, e dunque anche alla vita della classe, è parte di ciò che viene definito competenza comunicativa, di cui la competenza sociale costituisce una componente. Anche le regole per un corretto comportamento in classe -come tutte quelle che regolano la vita sociale - sono dunque apprese in contesto.

  24. Dimensione culturale della competenza comunicativa Se pensiamo a uno studente straniero nel momento del suo ingresso in una classe della scuola italiana, possiamo prevedere che tenderà a interpretare il comportamento degli altri e le richieste che gli vengono fatte sulla base dei propri modelli culturali e degli stili discorsivi a lui familiari, appresi all’interno della sua cultura di origine. Egli porterà cioè con sé la conoscenza e la competenza comunicativa che ha appreso durante il processo di socializzazione a casa e, se precedentemente scolarizzato nel paese di origine, anche a scuola. Saper interpretare ciò che è rilevante, appropriato e adeguato in una situazione come quella della classe (ben definita e regolata nei comportamenti) diventa un’impresa di estrema importanza per un inserimento sereno e corretto. Il fallimento di questo processo può generare situazioni di fraintendimento e, a volte, persino di rottura della comunicazione Ciliberti

  25. Partecipare in classe: una competenza sociale Partecipare alle attività della classe richiede la capacità di interagire in modo corretto e adeguato con l’insegnante e con i compagni. In classe l’interazione è di tipo istituzionale; è orientata a svolgere compiti precisi, stabiliti da esigenze esterne. In questo senso, studenti e insegnanti partecipano ad un’”occasione sociale”. Secondo Goffman i partecipanti ad un’occasione sociale riconoscono l’esistenza di regole di comportamento e ad esse si orientano. Le occasioni sociali offrono il contesto nel quale i partecipanti tendono a “riconoscere uno schema di comportamento come lo schema corretto e (spesso) ufficiale o stabilito”

  26. Partecipare in classe: una competenza sociale Partecipare alle attività della classe richiede la capacità di interagire in modo corretto e adeguato con l’insegnante e con i compagni. In classe l’interazione è di tipo istituzionale; è orientata a svolgere compiti precisi, stabiliti da esigenze esterne. In questo senso, studenti e insegnanti partecipano ad un’”occasione sociale”. Secondo Goffman i partecipanti ad un’occasione sociale riconoscono l’esistenza di regole di comportamento e ad esse si orientano. Le occasioni sociali offrono il contesto nel quale i partecipanti tendono a “riconoscere uno schema di comportamento come lo schema corretto e (spesso) ufficiale o stabilito”

  27. Pratiche di gestione della classe e comunicazione nella classe multiculturale Il processo di insegnamento/apprendimento si compie attraverso una vasta gamma di attività, in ognuna delle quali variano le modalità partecipative in base ai fini che si intendono raggiungere: • modello di interazione tradizionale insegnante - gruppo classe - adatta a spiegazioni, somministrazione di prove di verifica collettiva, lettura di un testo, correzione di un compito • modello di interazione insegnante – gruppo classe nelle attività di discussione • modello di interazione tra pari semi-strutturata: attività diapprendimento cooperativo, la lettura selettiva, le forme esercitative in lingua straniera, la scrittura di testi in cooperazione, le attività di role play … • modello di interazione alunno - gruppo classe: interrogazioni, esercitazioni alla lavagna • Durante attività di gioco o altre situazioni non direttamente scolastiche l’interazione sarà tra pari spontanea o insegnante – alunno spontanea.

  28. Alcuni elementi di facilitazione della comunicazione in classe • Esplicitare le regole comunicazionali e partecipative • Ritualizzare, contrassegnare i passaggi delle diverse forme di comunicazione in classe • All’interno del monologo espositivo: -controllare la rapidità dell’eloquio e i fenomeni di ipoarticolazione -controllare gli impliciti culturali nell’attività di contestualizzazione -organizzare l’ordine delle informazioni o dei concetti da comunicare -supportare l’orale con lo scritto -ripetere, parafrasare, esemplificare -soffermarsi su una parola o un concetto difficile con una glossa • All’interno del dialogo scolastico: -fornire una trascrizione che fissi non soltanto i concetti, ma anche la forma linguistica

  29. Alcuni elementi di facilitazione della comunicazione in classe • All’interno del dialogo esplorativo: -operare riformulazioni e rispecchiamenti, usare spesso domande di chiarificazione -supportare l’orale con lo scritto, trascrivendo le idee, i concetti, le parole chiave • In interazioni fra pari semi-strutturata: -privilegiare gruppi eterogenei dal punto di vista della competenza linguistica e comunicativa -richiedere che l’oralizzazione dell’esperienza sia negoziata all’interno della coppia o del gruppo -organizzare momenti di “allenamento”all’esposizione orale • In interazioni alunno-gruppo classe: -operare chiarificazioni, rispecchiamenti e riformulazioni -lasciare supporti scritti per l’esposizione • Interazioni spontanee: -riconoscerne il valore -offrire occasioni per

  30. La riflessione sulla lingua la riflessione sulla lingua come sistema: • rappresenta la possibilità di utilizzare un metodo scientifico su dati diversi e complessi quali sono i dati linguistici, favorendo così lo sviluppo di capacità cognitive di base come la descrizione, la classificazione, la generalizzazione, ecc.; • offre l’opportunità di riflettere a livello metalinguistico sugli strumenti di analisi utilizzati e sul metodo adottato.

  31. La riflessione sulla lingua • consente lo sviluppo di percorsi didattici che, a partire da un qualsiasi punto o aspetto, porti ad una riflessione organica e sistematica su tutti i livelli di analisi possibili del sistema-lingua; • ha ricadute positive sulla capacità d’uso strumentale della lingua, cioè nello sviluppo delle abilità linguistiche

  32. L’analisi della lingua • Fonologia: ortografia • Grammatica: morfologia e sintassi • Semantica: lessico e pragmatica

  33. Alcuni percorsi possibili

  34. Alcuni percorsi possibili

  35. Alcuni percorsi possibili Da una competenza fonologica si può attivare un percorso che copra tutte le aree di analisi della lingua Ortografia: -analizziamo la struttura delle due parole presentate (usando la simbologia classica o i gettoni) CVCV CVCCV; -troviamo altre parole che “funzionano nello stesso modo” PERA, VELA … PALLA, MAMMA … Morfologia: -analizziamo le parole e scopriamo che una parte cambia. La parte che cambia modifica il significato -aggiungiamo l’articolo e vediamo che anche l’articolo cambia, classifichiamo gli articoli a seconda dei cambiamenti osservati ( se gatta è una e femmina e l’articolo è LA, allora LA si usa davanti ai nomi singolari e femminili)

  36. Alcuni percorsi possibili Sintassi: -Costruiamo frasi con le parole date e osserviamo tutti i cambiamenti (la mela è matura, le mele sono mature; il melo è fiorito, i meli sono fioriti) -Confrontiamo le frasi con altre costruite con aggettivi in e/i (la mela è verde, le mele sono verdi; il melo è verde, i meli sono verdi) Lessico: -analizziamo come cambia il significato nel passaggio dal maschile al femminile (maschio, femmina; albero, frutto) -cerchiamo all’interno degli stessi campi semantici parole che possano permettere la generalizzazione della regola (pera, arancia, banana, susina, pesca …; cavalla, asina …) -troviamo parole che invece non soddisfano questa regola o ne possono generare altre.

  37. Alcuni percorsi possibili Pragmatica: -con il supporto di immagini identificare il significato diversa della parola-frase MELA ( mi dai una mela? Vuoi una mela? Ancora mela?), identificare le forme complete, con uso delle forme di cortesia (Mi daresti una mela? Grazie! Ti va una mela?...) -analizzare la parola MELE detta con diverse intonazioni e provare a individuare il contesto (al mercato, la mamma che fa una torta …) La stessa pista può essere ripresa per il secondo esempio (arancia- asina) con un approfondimento diverso in campo ortografico (il plurale dei nomi in cia …

  38. Alcuni percorsi possibili Nelle classi più alte si può osservare il funzionamento delle lingue di provenienza degli alunni e magari della Ls per un confronto che aiuti ad operare generalizzazioni e ad utilizzare un metodo di ricerca sulla lingua. La lingua diviene oggetto di ricerca e ciò dà senso alla competenza metalinguistica

  39. Alcuni percorsi possibili

  40. Alcuni percorsi possibili

  41. Alcuni percorsi possibili

  42. Alcuni percorsi possibili Parlo sono io che parlo Parli sei tu che parli Parla è lui (lei) che parla Anche affrontando i verbi è bene partire da materiale autentico e lavorare: -analizzando il materiale, -cercando altri verbi che permettono la generalizzazione della regola, -cercando altri verbi che si sottraggono alla regola o generano altre regolarità ( finire, pulire, capire al presente indicativo fanno finisco, pulisco, capisco piacere, nascere, tacere  al passato remoto fanno piacque nacque tacque …)

  43. Alcuni percorsi possibili Una delle maggiori difficoltà incontrate dagli alunni stranieri ( e non solo) è il comprendere il diverso significato delle parole polisemiche, soprattutto quando alcune di esse vengono usate nei linguaggi disciplinari con significati precisi. Sarebbe compito di tutti gli insegnanti fare molta attenzione e lavorare sui differenti significati nei diversi contesti disciplinari.

  44. Alcuni percorsi possibili Coda del cane coda di cavallo coda della cometa Mettersi in coda fare la coda Coda pianoforte a coda giacca a coda di rondine farsi la coda

  45. Alcuni percorsi possibili Uno dei modi più produttivi per lavorare sul lessico è lavorare sulla forma delle parole, focalizzare l’attenzione sul sistema di affissazione e suffissazione, poiché in questo modo è possibile indicare possibili “vie” di generalizzazione che permettono la costruzione di un sistema di regole.

  46. Alcuni percorsi possibili -A - OSO - E - IERE -ONE -UTO BARB

  47. Alcuni percorsi possibili CASS INFERM - IERE BARB CAMER

  48. Alcuni percorsi possibili BARB PANCI - UTO RICCI BAFF

  49. La presentazione ha utilizzato materiali rielaborati da: Ciliberti Desideri Puglielli

More Related