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Schopenhauer (l’ascesi)

Schopenhauer (l’ascesi). Prof. Michele de Pasquale. quando l'uomo vive costantemente la sua dimensione morale è alla soglia della felicità perché è in grado di passare all' ascesi che, sola, permette di raggiungerla

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Schopenhauer (l’ascesi)

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Presentation Transcript


  1. Schopenhauer(l’ascesi) Prof. Michele de Pasquale

  2. quando l'uomo vive costantemente la sua dimensione morale è alla soglia della felicità perché è in grado di passare all'ascesiche, sola, permette di raggiungerla l’ascesi è l’esperienza attraverso cui l’uomo si propone di espiare il proprio desiderio di esistere, godere, volere essa è preparatoria allo stato di Nirvana, in cui i legami con il mondo sono completamente azzerati a questo punto la Volontà, vinta in un solo individuo, poiché unica, perisce tutta

  3. “ Intendo ora mostrare come dalla sorgente stessa da cui deriva ogni bontà, amore, virtù e nobiltà, abbia origine infine anche quella che io chiamo negazione della volontà di vivere. All'altruista nessun dolore è piú estraneo. Non è piú l'alternarsi del bene e del male nella sua persona ciò ch'egli tiene presente, come avviene degli uomini ancora prigionieri dell'egoismo: tutto invece gli è egualmente vicino. Egli conosce il tutto, ne comprende l'essenza e la trova sempre coinvolta in un perenne trapassare, in un vano aspirare, in un intimo conflitto e in un incessante dolore dovunque guardi, vede l'umanità sofferente e l'animalità sofferente, e un mondo che passa. Ora, come potrebbe egli, con questa conoscenza del mondo, affermare questa vita con continui atti di volontà e legarsi sempre piú strettamente alla vita e stringerla piú forte a sé? Se dunque chi è ancora prigioniero dell'egoismo conosce soltanto cose singole e il loro rapporto con la sua persona, ed esse diventano poi motivi sempre rinnovati del suo desiderio; per l'altro, al contrario, quella cognizione del tutto, dell'essenza delle cose in sé, diventa un quietivo della volontà in generale e in particolare. %

  4. La volontà si distoglie ormai dalla vita. L'uomo arriva allo stadio della volontaria rinuncia, della rassegnazione, della vera calma, della completa soppressione del volere. La sua volontà muta direzione, non afferma piú la propria essenza rispecchiandosi nel fenomeno, ma la rinnega. Il processo, con cui ciò si manifesta, e il passaggio dalla virtù all'ascesi. A quell'uomo non basta piú amare altri come se stesso e fare per loro quello che fa per sé, ma nasce in lui l'orrore per l'essere di cui è espressione il suo proprio fenomeno, per la volontà di vivere, per il nucleo e l'essenza di quel mondo da lui riconosciuto pieno di dolore. Egli rinnega appunto quest'essenza, che si manifesta in lui e si esprime mediante il suo corpo; il suo agire smentisce ora il suo fenomeno ed entra con esso in aperto conflitto. Egli, che non è se non fenomeno della volontà, cessa di volere, si guarda dall'attaccare il suo volere a qualsiasi cosa, cerca di conquistare in se stesso la massima indifferenza per ogni cosa.” (Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione)

  5. l'ascesi come rinnegamento del corpo si esprime, in primo grado, con la castitàvolontaria e perfetta: essa ha un alto significato, che supera quello individuale; se tutti gli uomini fossero casti, il genere umano si estinguerebbe, e scomparirebbe dalla terra la consapevolezza del dolore

  6. altra espressione dell'ascesi è la povertàvolontaria e meditata; povertà intenzionalmente conquistata, che è negazione della volontà nel senso che ogni soddisfazione di essa non è che un suo nuovo e piú intenso eccitamento l'uomo povero accetta in letizia e con pazienza ogni torto e ogni offesa, sopprimendo ogni passione, compresa l'ira; si dedica al digiuno e all'autoflagellazione fino alla morte, accolta come redenzione invocata, che, con la distruzione del corpo, distrugge l'ultimo vincolo che teneva legato il suo io alla volontà

  7. “L'ascesi si rivela inoltre nella volontaria, meditata povertà, che […] è già scopo a se stessa, serve di permanente mortificazione della volontà, affinché l'appagamento dei desideri e la mollezza della vita non tornino ad eccitar la volontà, della quale ha concepito orrore la vera conoscenza. Chi è pervenuto a tal segno, sente ancor sempre, come corpo animato, come concreto fenomeno di volontà, la disposizione al volere in tutte le sue forme: ma meditatamente la soffoca, costringendosi a nulla fare di quanto vorrebbe, e viceversa a tutto fare quanto non vorrebbe, anche se non abbia altro fine, che quello di servire alla mortificazione della carne. Poiché egli medesimo rinnega la volontà palesantesi nella sua persona, non resisterà se altri fa lo stesso, ossia se gli fa un torto: ogni sofferenza, che a lui venga dall'esterno, sia per caso, sia per altrui malvagità, è la benvenuta; e così ogni danno, ogni smacco, ogni offesa. Tutto accoglie gioiosamente, come occasione di dare a se medesimo la certezza, ch'egli la volontà più non afferma, bensì lieto prende le parti di ciascun nemico sorto contro quel fenomeno di volontà, ch'è la sua propria persona. Tale onta e dolore sopporta quindi con inesauribile pazienza e dolcezza, paga senza ostentazione il male col bene, e non tollera che il fuoco dell'ira si risvegli in lui, più che non tolleri il fuoco della brama. Come mortifica la volontà, così mortifica la sua forma visibile, l'oggettità di lei: il corpo. Scarsamente lo nutre, affinché il suo rigoglioso fiorire e prosperare non torni a far più viva e forte la volontà, di cui esso è semplice espressione e specchio' Similmente pratica il digiuno, anzi la macerazione, l'autoflagellazione, per sempre più uccidere mediante perenne privazione e sofferenza la volontà, ch'egli conosce ed aborrisce qual sorgente del proprio doloroso essere come di quello del mondo. Viene finalmente la morte, a disciogliere questo fenomeno di quella volontà, la cui essenza qui, già da gran tempo, per libera negazione di se medesima, fuori del fioco resto che ne appariva in mantener vita al corpo, era spenta. E la morte, come invocata redenzione, á altamente benvenuta, e lietamente viene accolta. Con lei non termina in questo caso, com'è per gli altri, il solo fenomeno; bensì l'essenza medesima è soppressa, la quale qui ancor soltanto nel fenomeno, e per suo mezzo, aveva una pallida vita': ultimo fragile vincolo, ora anch'esso spezzato. Per quegli, che così finisce, è il mondo insieme finito”(Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione)

  8. l'uomo-asceta attinge la sua espressione sublime nella santità, in quella condizione che gli uomini che l'hanno vissuta hanno definito come estasi, rapimento, illuminazione, unione con Dio questa condizione di vita ha soppresso non solo la volontà di vivere, ma anche ogni rappresentazione del mondo: il mondo, per lui, non esiste piú; ha raggiunto il Nirvana, la pace, l'assoluta quiete dell'anima, il profondo riposo

  9. “ Davanti a noi non resta invero che il nulla. Ma quel che si ribella contro codesto dissolvimento nel nulla, la nostra natura, è anch'essa nient'altro che la volontà di vivere. Volontà di vivere siamo noi stessi, volontà di vivere è il nostro mondo. L'aver noi tanto orrore del nulla, non è se non un'altra manifestazione del come avidamente vogliamo la vita, e niente siamo se non questa volontà, e niente conosciamo se non lei. Ma rivolgiamo lo sguardo dalla nostra personale miseria e dal chiuso orizzonte verso coloro, che superarono il mondo; coloro, in cui la volontà, giunta alla piena conoscenza di sé, se medesima ritrovò in tutte le cose e quindi liberamente si rinnegò; coloro, che attendono di vedere svanire ancor solamente l'ultima traccia della volontà col corpo, cui ella dà vita. Allora, in luogo dell'incessante, agitato impulso; in luogo del perenne passar dal desiderio al timore e dalla gioia al dolore; in luogo della speranza mai appagata e mai spenta, ond'è formato il sogno di vita d'ogni uomo ancor volente: ci appare quella pace che sta più in alto di tutta la ragione, quell'assoluta quiete dell'animo pari alla calma del mare, quel profondo riposo, incrollabile fiducia e letizia, il cui semplice riflesso nel volto, come l'hanno rappresentato Raffaello e Correggio, è un completo e certo Vangelo. La conoscenza sola è rimasta, la volontà è svanita.” (Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione)

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