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I polimeri

I polimeri. I polimeri generalità. La parola “polimero” deriva dal greco polimeres = dalle molte parti e fu introdotta per la prima volta dal chimico svedese Berzelius nell’800

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Presentation Transcript


  1. I polimeri

  2. I polimerigeneralità • La parola “polimero” deriva dal greco polimeres = dalle molte parti e fu introdotta per la prima volta dal chimico svedese Berzelius nell’800 • Il tedesco Staudinger nel 1920 teorizzò l’esistenza di sostanze ad altissimo peso molecolare (macromolecole) che avessero la stessa costituzione delle molecole semplici (monomeri) che le avevano originate

  3. I polimeriterminologia Il polimero è una sostanza formata dall’unione di un numero elevato di piccole molecole, i monomeri, che si ripetono lungo la catena. Quattro sono i termini da ricordare: • Monomero • Unità monomerica • Unità ripetente • Grado di polimerizzazione

  4. I polimericlassificazione I polimeri si dividono in • Naturali, identificati con nomi d’uso (cellulosa, amido, caseina,ecc.) • Artificiali (o semisintetici), per i quali si utilizza il nome d’uso del polimero naturale opportunamente modificato (acetato e nitrato di cellulosa, ecc.) • Sintetici, il cui nome è ottenuto usualmente premettendo il prefisso “poli” al nome del monomero o dell’unità ripetente (polietilene, polipropilene, polistirene, cloruro di polivinile, ecc.). Questi polimeri vengono spesso identificati con sigle (PC, PE, PET, PP, PS, PVC, ecc.)

  5. I polimeriprodotti I principali prodotti ottenuti dai polimeri sono • Materie plastiche (o resine sintetiche) suddivise in: • Termoplastiche • Termoindurenti • Fibre (poliammidi, poliesteri (PET), poliacrilonitrile, polipropilene) • Elastomeri (polimeri dell’1,3-butadiene, poliisobutene, copolimeri del butadiene con acrilonitrile o stirene)

  6. I polimeriadditivi I polimeri puri raramente possiedono quelle qualità tecnologiche desiderate per cui bisogna aggiungere degli opportuni additivi che si possono raggruppare nelle seguenti categorie: • Cariche e rinforzanti (fino all’80% del manufatto) suddivisibili in due classi: • Materiali a struttura particellare (sabbia, quarzo, farina fossile, argille, mica, talco, vetro in granuli, gesso calcare, polveri metalliche, farina di legno, segatura,ecc.) • Materiali fibrosi (cotone e derivati, nylon, poliesteri, acriliche, fibre di vetro, carbonio, ecc.) • Plastificanti • Coloranti • Ritardanti della combustione • Antiossidanti • Antistatici

  7. I polimeristatistiche La produzione mondiale di materie plastiche è cresciuta in maniera esponenziale: da 1.6 ml di tonnellate nel 1950 a 112 nel 1997. Ciò per 3 motivi: • Crescita popolazione mondiale (da 2.5 a 6 miliardi) • Sostituzione con polimeri di materie tradizionali • Aumento tenore di vita In Italia l’utilizzo delle materie plastiche riguarda principalmente i settori: • Imballaggi (44%) • Edilizia (12%) • Mobili e arredamento (5.5%) • Auto, elettrodomestici, agricoltura, calzature

  8. I polimeristruttura Si definisce omopolimero quello ottenuto da un solo monomero (es. polietilene, polipropilene, polistirene). Il copolimero è invece costituito da due o più monomeri; esso può essere: • Random • A blocchi • Alternato • Aggraffato

  9. I polimeristruttura Dal punto di vista della forma molecolare, i polimeri si possono classificare in: • Lineari • Ramificati • A ramificazioni casuali • A stella • A pettine • Dendrimetri • Reticolati Sia i polimeri lineari che ramificati possiedono una struttura a molecole discrete. Per i polimeri reticolati non si può più parlare di molecole. Se le reticolazioni non sono frequenti e la temperatura è superiore al punto di transizione vetrosa, il polimero reticolato si comporta come un elastomero, altrimenti sarà una resina termoindurente.

  10. I polimeristruttura: isomeria configurazionazionale La configurazione è la disposizione spaziale degli atomi costituenti la molecola. Una molecola può presentare diverse configurazioni in funzione degli elementi di asimmetria presenti: • Concatenazione dei monomeri (testa-coda, testa-testa- coda-coda) • Presenza di ramificazioni • Atomi di carbonio asimmetrici • Doppi legami Tra tutte le configurazioni possibili ve ne sono alcune che presentano una regolarità, ossia una ripetitività del tipo di asimmetria da cui derivano, lungo la catena polimerica (es. tutte concatenazioni testa coda, atomi carbonio chirali tutti in configurazione R o S, configurazioni dei doppi legami tutte cis o trans, ecc.).

  11. I polimeristruttura: isomeria configurazionazionale Natta introdusse il termine tassia per descrivere tale tipo di isomeria. Se l’isomeria deriva dalla presenza di un solo carbonio asimmetrico nell’unità ripetente allora sono possibili i seguenti casi: • Isottattico, la configurazione è sempre la stessa lungo la catena • Sindiotattico, la configurazione si presenta in modo alternato • Atattico, le configurazioni si susseguono in modo casuale In pratica è impossibile ottenere macromolecole totalmente isotattiche o sindotattiche e quindi si parla di percentuale (indice) di isotatticità o sindiotatticità. La stereoregolarità di un polimero gioca un ruolo fondamentale nel determinarne le proprietà chimico-fisiche (es. Tfusione , viscosità del fuso, grado di cristallinità) e meccaniche. Ricordiamo che si definisce grado di cristallinità di un polimero il rapporto tra la massa della porzione cristallina, ossia quella in cui esiste una regolarità nella distribuzione spaziale delle macromolecole del polimero, e quella totale.

  12. I polimeristruttura: temperatura di transizione vetrosa Un solido amorfo, e tutti i polimeri in misura più o meno accentuata (a seconda del grado di critallinità) lo sono, si può considerare un solido sottoraffreddato in cui, a causa dell’elevata viscosità le molecole non sono in grado di disporsi in un reticolo ordinato. I solidi amorfi non possiedono una temperatura di fusione ben definita ma passano gradualmente dallo stato solido (vetroso) in cui essi sono rigidi e fragili come il vetro a quello liquido. Nella zona di transizione (stato plastico-gommoso) il polimero ha un comportamento intermedio tra quello dei due stati. Si definisce temperatura di transizione vetrosa Tg quella a cui inizia il passaggio dallo stato vetroso a quello plastico. Tale temperatura non corrisponde a brusche variazioni delle proprietà fisiche (come avviene con la fusione o con la condensazione) bensì a piccole variazioni della dipendenza dalla temperatura di parametri quali il volume specifico od il modulo di elasticità.

  13. I polimerimassa molare Dal punto di vista del grado di polimerizzazione, i polimeri si possono classificare in: • Monodispersi (stesso grado di polimerizzazione per tutte le macromolecole • Polidispersi (grado di polimer. variabile) Ad eccezione di alcuni biopolimeri (acidi nucleici) tutti i polimeri sono polidispersi.

  14. I polimerimassa molare Per i polimeri polidispersi si deve quindi parlare di massa molare media che è determinabile in due modi diversi: • Massa molare media numerica Mn • Massa molare media ponderale Mw

  15. I polimerimassa molare Analogamente alla massa molare, sono definibili il grado di polimerizzazione medio numerico DPn e medio ponderale DPw. Evidentemente tra grado di polimerizzazione medio e massa molare media esiste la relazione: Dove m è la massa molare dell’unità ripetente. All’aumentare del DP aumentano sia la resistenza a trazione che la durezza ma anche la viscosità del fuso e quindi peggiora la lavorabilità del polimero. Generalmente si opera in modo da avere le migliori caratteristiche meccaniche in relazione alla lavorabilità della materia plastica. Tipici valori per la massa molare media dei polimeri commerciali sono 104-105 g/mol.

  16. I polimerimassa molare La distribuzione delle masse molari delle varie specie si può rappresentare con diagrammi del tipo: Per un dato polimero la massa molare media numerica si ha in corrispondenza del massimo della curva. A seconda dei sistemi usati per la polimerizzazione si possono avere curve più o meno allargate. All’allargarsi della curva aumenta la differenza tra massa molare media ponderale e massa molare media numerica. Si definisce quindi indice di polidispersione il rapporto: Frazione molecole MnA MnB Massa molare

  17. I polimerireazioni Le reazioni di polimerizzazione possono essere suddivise in due grandi categorie: • Policondensazione, in cui i monomeri reagiscono tra loro con formazione generalmente di piccole molecole (H2O, HCl, ecc.) • Poliaddizione, in cui monomeri (contenenti in genere doppi legami) polimerizzano senza formazione di piccole molecole

  18. I polimerireazioni : policondensazione Le reazioni di policondensazione richiedono che i monomeri abbiano almeno due gruppi funzionali diversi. Tra gli esempi più importanti di monomeri di questo tipo: • Glicoli ed acidi dicarbossilici (poliesteri) • Glicoli e diisocianati (poliuretani) • Diammine e acidi dicarbossilici (poliammidi)

  19. I polimerireazioni : policondensazione Le reazioni di policondensazione possiedono alcune caratteristiche comuni: • Avvengono con una successione di stadi (per lo più di equilibrio) Quindi per aumentare il grado di conversione dei reagenti può essere utile allontanare dall’ambiente di reazione le piccole molecole man mano che si formano • Possono richiedere l’uso di un catalizzatore • Maggiore la conversione dei reagenti, maggiore sarà il grado di polimerizzazione Quindi DP elevati richiedono un rapporto stechiometrico dei reagenti (se questi hanno lo stesso numero di gruppi funzionali) • Per controllare il DP si può utilizzare un rapporto reagenti non stechiometrico o disattivare il catalizzatore • Sono generalmente esotermiche Quindi occorrono metodi efficienti per smaltire il calore di reazione

  20. I polimerireazioni : poliaddizione Le reazioni di poliaddizione possiedono a loro volta alcune caratteristiche comuni che le differenziano dalle precedenti: • Avvengono con un meccanismo a catena in cui si possono individuare 3 tipi diversi di reazioni • Reazioni di inizio (in cui si forma un portatore di catena, ione o radicale) • Reazioni di propagazione in cui si ha l’accrescimento della molecola • Reazioni di arresto • Il monomero non scompare subito fin dall’inizio (come nella policondensazione) ma lentamente lungo il decorso della reazione • Il grado di polimerizzazione non dipende dal tempo di reazione ma dal rapporto tra la velocità delle reazioni di propagazione e la somma delle velocità delle reazioni di arresto • Lunghi tempi di reazione permettono di aumentare la resa ma non influenzano la massa molare del prodotto

  21. I polimerireazioni : poliaddizione A seconda della natura del portatore di catena si hanno 4 tipi di reazioni di poliaddizione: • Radicalica • Cationica • Anionica • Anionica coordinata(caso particolare di addizione anionica in cui si utilizzano catalizzatori stereospecifici capaci cioè di orientare l’addizione del monomero alla catena in modo da ottenere strutture altamente regolari e quindi polimeri dotati di elevato grado di cristallinità)

  22. I polimerireazioni : poliaddizione radicalica Nella poliaddizione radicalicalica le reazioni di inizio portano tutte alla formazione di un radicale (portatore di catena) che, con il suo elettrone spaiato, attacca il monomero provocando la rottura omolitica del doppio legame. Tra i diversi sistemi per dare inizio Alla catena, molto comune è l’uso di iniziatori: • Perossidi (come il perossido di benzoile) • Diazocomposti (come l’azobisisobuttirronitrile) • Dichetoni (come il benzoino) • Sistemi redox (come Sali di Fe+2 ed H2O2)

  23. I polimerireazioni : poliaddizione radicalica L’iniziatore attacca il monomero e dà inizio alla catena. Seguono le reazioni di propagazione in cui il monomero si addiziona continuamente. Dopo un congruo numero di stadi di propagazione, si hanno le reazioni di arresto, le più comuni sono: • Accoppiamento (R· + R·→ R2) • Disproporzionamento (R· + R·→ RH + RCH=CH2 • Trasferimento, mediante opportuni agenti di trasferimento che possono essere (a seconda che la reattività del radicale formato sia inferiore, similare o superiore a quella del portatore di catena): • Ritardanti • Regolatori della massa molare • Acceleranti Tra i polimeri ottenibili mediante poliaddizione radicalica ricordiamo il polietilene, il polivinilcloruro, il polistirene, il polivinilacetato, il polimetilmetacrilato, il poliacrilonitrile.

  24. I polimerireazioni : poliaddizione cationica • Nella poliaddizione cationica il portatore di catena è un carbocatione. Di conseguenza, i monomeri che polimerizzano con questo meccanismo sono quelli che hanno sostituenti elettrondonatori capaci di stabilizzare la carica del portatore di catena (gruppi fenilici, vinilici, alcossi, metilici, ecc.) • Per iniziare la reazione si utilizzano sia acidi di Bronsted (H2SO4, H3PO4, HClO4, ecc.) che di Lewis (AlCl3, BF3, SnCl4, ecc.) che però necessitano di un cocatalizzatore (es. H2O). • Per facilitare la formazione di questi ioni è utile stabilizzarli mediante solvatazione usando un solvente polare (ma non troppo altrimenti disattiverebbe il catalizzatore) come, ad es., idrocarburi clorurati. • La velocità di reazione è di alcuni ordini di grandezza superiore a quella della poliaddizione radicalica per cui si opera a temperature ben al di sotto di quella ambiente per migliorare il controllo della reazione. Questo tipo di meccanismo si verifica, ad esempio, per la polimerizzazione dell’isobutene (gomma butile) e per quella della formaldeide (resine acetaliche).

  25. I polimerireazioni : poliaddizione anionica • Nella poliaddizione anionica il portatore di catena è un carbanione. Di conseguenza, i monomeri che polimerizzano con questo meccanismo sono quelli che hanno sostituenti elettronattrattori capaci di stabilizzare la carica del portatore di catena (gruppi fenilici, vinilici, nitrile, carbossile, ecc.). • Il portatore di catena anionico è molto più stabile del cationico per cui si preferisce operare a T ambiente o superiore, dato che l’influenza della temperatura è molto minore rispetto alla poliaddizione cationica • Per iniziare la reazione si utilizzano basi forti, quali metalli alcalini come sodio e litio, metallo alchili come butil-litio, alcossidi come metossido ed etossido di sodio, sodio e potassio ammide, ecc. • La prima applicazione industriale della poliaddizione anionica è stata la polimerizzazione del butadiene con sodio metallico (IIa guerra mondiale in Germania). Le produzioni attuali riguardano le gomme stirene-butadiene (litio-alchili come iniziatori), le resine acetaliche, gli adesivi cianoacrilici come il cianoacrilato di metile che polimerizza istantaneamente anche con basi molto deboli coime l’umidità presente sulle superfici da incollare.

  26. I polimerireazioni : poliaddizione anionica coordinata • Nella poliaddizione ionica l’interazione tra il portatore di catena e il controione può fare in modo che tra gli orientamenti con cui il monomero si può addizionare alla catena, uno risulti più favorito degli altri, specie se sono presenti sostituenti ingrombanti sul doppio legame (es. metacrilati, eteri vinilici). • Negli anni ’53-’54 Ziegler e Natta, applicando catalizzatori a base di alluminio alchili più composti di metalli di transizione (titanio,vanadio, cobalto, cromo, ecc.) riescono ad ottenere il primo il polietilene lineare ed il secondo il polipropilene isotattico, polimero ad alta cristallinità dovuta alla stereoregolarità della sua struttura molecolare. • Altre applicazioni della poliaddizione anionica coordinata riguardano la produzione di polibutadiene (1,4-cistattico, 1,4-transtattico, 1,2-isottattico e 1,2-sindiotattico) poliisopreene e poli1-butene. • Il tipico catalizzatore per la sintesi del polipropilene isotattico è costituito da TiCl3 nella forma cristallina α in cui glio ioni Ti3+ sono attorniati da sei Cl- insieme ad alluminio alchili (es.Al(C2H5)3. Il catalizzatore è solido immerso nel mezzo di reazione fluido per cui si tratta di catalisi eterogenea.

  27. I polimerireazioni : termodinamica delle poliaddizioni • Tutte le reazioni di poliaddizione sono esotermiche e decorrono con diminuzione del numero di moli. • Poiché ΔH°<0 e ΔS°<0, le poliaddizioni risultano favorite a bassa T ed inoltre, trascurando la dipendenza da T di ΔH° e ΔS°, avremo: ΔG°= ΔH°-T·ΔS°<0 per T< Te=ΔH°/ΔS° • La Te limite alla quale ΔG°=0 viene chiamata temperatura limite di polimerizzazione ed è caratteristica di ogni polimero. Per T>Te la polimerizzazione non è più favorita ed il polimero può depolimerizzare. • Nelle polimerizzazioni è notevole anche l’effetto della pressione. Poiché la variazione di volume è generalmente negativa, un aumento di pressione favorisce la reazione, specie se si parte da monomeri gassosi. In alcuni processi si opera anche a pressioni di migliaia di bar. In questi casi si ha un effetto favorevole sia sulla termodinamica che sulla cinetica della reazione.

  28. I polimeritecniche di polimerizzazione • Le reazioni di polimerizzazione si possono condurre in modi diversi a seconda del tipo di reazione delle caratteristiche desiderate del polimero. • I problemi più comuni nella conduzione delle reazioni sono: • la esotermicità (specialmente nelle poliaddizioni) • la viscosità del polimero (che può divenire elevata in relazione alla concentrazione ed al grado di polimerizzazione)

  29. I polimeritecniche di polimerizzazione Il controllo della temperatura nel reattore è il parametro critico di tutti i processi di polimerizzazione. Si ricordi infatti che, per avere alte produzioni, occorre lavorare con reattori di grande volume e che la quantità oraria di calore sviluppata nel processo è data da: Dove Q è la potenza termica generata, r la velocità di reazione, V il volume del reattore e ΔHR il calore di reazione. D’altra parte il calore smaltito è dato da: Il termine di generazione è quindi proporzionale al volume del reattore mentre quello di consumo alla superficie di questo. Ricordiamo ,per concludere, che il rapporto A / V diviene sempre più piccolo (e quindi sfavorevole al controllo della T) all’aumentare del volume.

  30. I polimeritecniche di polimerizzazione Le tecniche di polimerizzazione sono diverse e possono così essere classificate: • Polimerizzazione in massa • Polimerizzazione in soluzione • Polimerizzazione in sospensione • Polimerizzazione in emulsione • Polimerizzazione interfacciale • Polimerizzazione con precipitazione • Polimerizzazione da monomeri gassosi

  31. I polimeritecniche di polimerizzazione La polimerizzazione in massa si verifica quando il polimero è solubile nel suo monomero e non vi è aggiunta di altre sostanze nel reattore. • Non può essere adoperata nel caso di reazioni fortemente esotermiche (poliaddizioni) per la difficoltà di controllare la temperatura nel reattore. Nel caso invece delle policondensazioni, reazioni solo moderatamente esotermiche, la presenza di composti a basso peso molecolare può consentire (tramite la loro evaporazione controllata) di abbassare la quantità di calore svolta. • Comunque esistono esempi si reazioni di poliaddizione condotte con questa tecnica (plexiglas o polimetilmetacrilato) e polistirene cristallo) in cui è necessario ottenere un prodotto finale esente da inquinanti. In tal caso si utizzano reattori a camicia privi di agitatore (data l’alta viscosità) in cui la massa reagente si muove per gravità dall’alto verso il basso. Data la difficoltà del controllo della temperatura non si può impedire che la velocità di reazione sia diversa da zona a zona nel reattore per cui il prodotto finale sarà caratterizzato da un alto indice di polidispersone.

  32. I polimeritecniche di polimerizzazione Nella polimerizzazione in soluzione al reagente si addiziona un solvente in cui sia il monomero che il polimero siano solubili. • L’aggiunta del solvente permette di controllare meglio il calore di reazione nonché di abbassare la viscosità della massa (fattore che consente di migliorare il coefficiente di scambio termico. • E’ la tecnica migliore quando il solvente dovrà poi partecipare a successive reazioni col polimero formatosi (tipico caso: la polimerizzazione dell’acetato di polivinile in alcol metilico cui segue l’alcolisi dell’acetato in alcol polivinilico) . • Altri esempi sono la polimerizzazione dello stirene in etilbenzene e quella dello stirene con butabiene (polistirene antiurto) in cui il copolimeo butadiene funge anche da solvente.

  33. I polimeritecniche di polimerizzazione Nela polimerizzazione in sospensione il monomero è disperso all’interno di un liquido in cui non è solubile. Per impedire la separazione delle fasi, alla sospensione si aggiungono degli stabilizzanti. Gli iniziatori di catena, anch’essi insolubili nel non-solvente adoperato, sono presenti all’interno delle gocce di monomero che si comportano, a tutti gli effetti, come dei reattori di elevato rapporto A / V con tutti i vantaggi relativi al controllo della temperatura. Il prodotto finale (polimero) si otterrà quindi in granuli che non avranno bisogno di ulteriori lavorazioni prima della formatura finale del manufatto. E’ la tecnica più utilizzata nella produzione del PVC, ma si adopera anche per la sintesi del poliacrilonitrile, del polimetilmetacrilato, del polistirene nonché del polistirene espandibile, ottenuto quest’ultimo aggiungendo al monomero pentano che resta inglobato nei granuli di polimero e che, nel riscaldamento durante la formatura evaporerà facendoli espandere anche di 30-50 volte (polistirolo espanso)

  34. I polimeritecniche di polimerizzazione La polimerizzazione interfacciale si utilizza nelle policondensazioni in cui i monomeri siano solubili in solventi immiscibili tra loro. La reazione quindi avviene all’interfaccia di separazione delle due fasi. Per essere utilizzata richiede però una elevata velocità di reazione cosa che si verifica solo con alcuni tipi di monomeri (cloruri degli acidi con diammine o glicoli). E’ la tecnica più utilizzata nella sintesi dei policarbonati.

  35. I polimeritecniche di polimerizzazione La polimerizzazione con precipitazione del polimero si verifica allorquando il polimero è insolubile nel monomero (liquido nelle condizioni di reazione) o nel monomero addizionato di un opportuno solvente (qualora sia desiderabile la presenza del solvente perché il polimero è solubile nel monomero o per controllare il calore di reazione ecc.). E’ quindi un caso particolare della polimerizzazione in massa o in soluzione. L’applicazione più importante di questa tecnica è costituita da Spheripol per la produzione di polipropilene da propilene liquido. Il polimero si forma sulle particelle di catalizzatore solido introdotte nella massa di propilene, ottenendosi così un prodotto in granuli facilmente separabile dal monomero non reagito.

  36. I polimeritecniche di polimerizzazione Nella polimerizzazione da monomeri gassosi , il polimero allo stato solido si forma direttamente dal monomero che si trova in fase gas. E’ una tecnica adottata prevalentemente per la sintesi del polietilene utilizzando reattori a letto fluido nei quali si introduce una corrente di reagente gas che mantiene in sospensione i granuli di catalizzatore (Ziegler-Natta o di altro tipo) sui quali andrà a depositarsi il polimero durante la reazione di accrescimento. Oltre che il polietilene, i reattori a letto fluido si utilizzano anche per i propilene e per i copolimeri etilene-propilene.

  37. I polimeritecniche di lavorazione: materie plastiche Le varie tecnologie di lavorazione si differenziano principalmente per la fase di formatura del pezzo, fase che deve tener conto sia delle caratteristiche del materiale (termoplastico, termoindurente) sia di quelle del pezzo che si vuole produrre (film, lastre, corpi pieni, corpi cavi, fibre, elastomeri, ecc.). Esse possono così essere classificate: • compressione • stampaggio • A iniezione • A iniezione con reazione • A soffiaggio • rotazionale • estrusione • termoformatura • calandratura • colata

  38. I polimeritecniche di lavorazione: fibre Le operazioni essenziali per trasformare un polimero in fibra sono: • Filatura, con la quale il polimero viene fatto passare attraverso una filiera (piastra metallica munita di fori) attraverso cui viene estruso. Si ottengono così dei monofilamenti continui che, a seconda del diametro e del tipo di prodotto desiderato, possono essere mantenuti separati o uniti in un unico filo. La filatura può avvenire: • Per fusione • A secco • A umido • Stiro, operazione con cui si allunga il filo di circa 3-5 volte la lunghezza originaria. Le molecole così si orientano nella direzione di stiro e aumenta notevolmente la cristallinità del polimero.

  39. I polimeritecniche di lavorazione: elastomeri Gli elastomeri sono preparati da particolari polimeri caratterizzati da Una temperatura di transizione vetrosa molto bassa (e comunque ben inferiore a quella d’uso del polimero). La serie di lavorazioni cui bisogna sottoporre il materiale si possono così sintetizzare: • Mescolatura (per ottenere una massa plastica) • Incorporazione delle cariche (nerofumo, caolino, silice, ecc.) • Preparazione della mescola con aggiunta di vulcanizzanti, acceleranti, ecc. • Formatura del manufatto per stampaggio o estrusione • Vulcanizzazione per riscaldamento con conseguente reticolazione che impartisce al manufatto stabilità dimensionale e resistenza ai solventi Il tipico agente di vulcanizzazione è lo zolfo (0.5-5%) insieme ad altre Sostanze quali ZnO e acceleranti per abbreviare i tempi e ritardanti per non far iniziare prematuramente la reazione che porta alla formazione di ponti disolfuro fra le catene.

  40. I polimeripoliolefine Le poliolefine sono i polimeri più diffusi (circa 40% della produzione mondiale) questo perché: • Derivano da materie prime a basso costo e di facile reperibilità • Sono prodotte con processi poco costosi (sia dal punto di vista impiantistico che energetico) ed a basso impatto ambientale • Posseggono una grande variabilità di caratteristiche (in funzione del tipo di processo produttivo adottato) e quindi una grande versatilità di applicazioni • Sono assolutamente atossiche e possono essere facilmente riciclate o smaltite

  41. I polimeripolietilene Il polietilene, malgrado la semplicità della sua struttura, è un materiale molto complesso in quanto si presenta in una varietà di forme (con caratteristiche molto diverse) classificabili in base alla loro densità: • HDPE (polietile ad alta densità (ρ > 0.941) • MDPE (polietilene a media densità 0.926<ρ<0.940) • LDPE (polietilene a bassa densità 0.910<ρ<0.940) • VLDPE (polietilene a bassisima densità 0.880<ρ<0.915) L’appartenenza ad una delle classi indicate è legata alla maggiore o minore presenza nella macromolecola di ramificazioni (catene laterali) Esistono altre classi legate, oltre che al numero di ramificazioni, al grado di polimerizzazione: • UHMWPE (polietilene ad altissimo peso molecolare PM>106 g/mol, 0.930<ρ<0.935) Oppure legate sia al grado di polimerizzazione che alla lunghezza delle catene laterali : • LLDPE (polietilene lineare a bassa densità, con catene laterali corte ed basso IP, 0.915<ρ<0.925)

  42. I polimeripolietilene Storicamente la produzione del polietilene si è evoluta con processi: • Senza catalizzatore, ad altissima pressione (600-3500 bar) e ad alta temperatura (200-300 °C) che sfruttavano un meccanismo di addizione radicalico. Il prodotto ottenuto era amorfo, a bassa densità ed altamente ramificato (con ramificazioni complesse e regolari lungo la catena principale) • Con catalizzatori Phillips (a base di ossidi di Cromo) che lavoravano a pressioni moderate (30-40 bar) e temperature più basse (70-100 °C) • Con catalizzatori Ziegler (a base di alogenuri di Titanio) che hanno permesso di ottenere polietilene a pressioni prossime a quella ambiente (5-10 bar) e temperature ancora più basse (50-100 °C)

  43. I polimeripolietilene Oggi il polietilene viene prodotto mediante processi: • Ad alta pressione (LDPE) • Processo con autoclave o CSTR (ICI) • Processo con reattore tubolare o PFR (BASF) • In sospensione (slurry) • Con catalizatori Ziegler (HDPE, MDPE) • Con catalizzatori Phillips (HDPE, LLDPE) • A letto fluido (HDPE, LLDPE) • Processo Unipol (Union Carbide) • Processo Spherilene (Montedison) • In soluzione (LLDPE)

  44. I polimeripolietilene: processi ad alta pressione Processi senza catalizzatore per produzione di LDPE e copolimeri con acetato di vinile e acrilato di metile o butile. Processo ICI all’autoclave: • Volume utile del reattore 1-1.5 m3 (L/D= 4:1-18:1) • Pressione di esercizio 1500-2500 bar • Temperatura T~350 °C • Controllo della T mediante quench con etilene freddo • Resa di conversione per passaggio η = 9-22% in base al ΔT adiabatico adottato • Tempo di permanenza 30-60 sec Processo BASF con reattore tubolare: • Tubo incamiciato (L=1800 m, D= 30-60 mm) • Pressione 2000-4000 bar • Temperatura T~350 °C • Resa di conversione η = 25-40% • Tempo di permanenza 30-120 sec Nelle condizioni di reazione il polietilene è fuso mentre l’etilene è gassoso. All’uscita dal reattore il polimero viene separato dall’etilene non reagito, estruso e pellettizzato.

  45. I polimeripolietilene: processi in sospensione Processo con catalizzatori Ziegler: • Autoclavi, singole od in serie, agitate ed incamiciate • Esano come diluente • Pressione di esercizio 5-.10 bar • Temperatura T = 80-90 °C • Concentrazione di polimero nella sospensione 15-45% in massa • Tempo di permanenza 2-3 h • Controllo del grado di polimerizzazione mediante aggiunta di idrogeno • Il catalizzatore viene preparato in continuo aggiungendo al diluente cloruro di Titanio e l’alluminio alchile prima dell’introduzione dell’etilene Processo con catalizzatori Phillips: • Tubo incamiciato ad anello ripiegato • Velocità di circolazione (mediante girante) 5-12 m/s • Pressione 30-45 bar • Temperatura T = 60-110 °C • Concentrazione del polimero = 20-25% (60% nel tratto di uscita) • Tempo di permanenza 1.5-3 h • Resa di conversione η = 96% • Possibiità, utilizzando come comonomeri α-olefine, di produrre LLDPE

  46. I polimeripolietilene: processi a letto fluido Si utilizzano catalizzatori suportati, sia di tipo Ziegler che ai metalloceni. Condizioni operative: • Pressione 7-25 bar • Temperatura 70-100 °C (poiché si opera a T prossime a quella di fusione del polimero occorre un accurato controllo della temperatura nel reattore per evitare agglomerazioni) • Tempo di permanenza 2-4 h • Resa per passaggio η~ 2% • Utilizzo di eccesso di etilene (rispetto alla quantità di catalizzatore adoperato) per controllare la T nel reattore • Utilizzo, insieme all’etilene, di un eventuale comonomero + idrogeno

  47. I polimeripolietilene: processi in soluzione Si opera in autoclavi agitate con: • Idrocarburi saturi C6-C10 come solvente • Pressioni di 20-200 bar • Temperatura 130-300 °C (il polietilene è solubile nel solvente a T>120 °C) • Concentrazione di polietilene 9-25% in massa • Resa per passaggio η > 90% • Tempo di permanenza t < 10 min Anche se possono produrre HDPE, questi processi sono utilizzati principalmente per ottenere LLDPE

  48. I polimeripolipropilene: la materia prima La materia prima, il propilene, si ottiene insieme all’etilene dal processo di steam cracking ma quote significative si recuperano anche dai gas di cracking sia termico che catalitico. Il propilene può essere prodotto anche per deidrogenazione del propano e per reazioni di metatesi tra etilene e buteni lineari:

  49. I polimeripolipropilene: il catalizzatore Col primo tipo di catalizzatore, a base di TiCl3, solo una piccola frazione degli atomi di titanio agiva da centri attivi, inoltre poiché il catalizzatore resta inglobato nel polimero, esso si consuma e deve essere continuamente rinnovato (quindi la bassa attività determinava alti costi di produzione). Si è successivamente passati a catalizzatori che utilizzano MgCl2 come supporto, attivato da sostanze elettron donatori come gli esteri (benzoati). Tale supporto è in grado (avendo una struttura cristallina simile) di legare bene i composti del titanio (TiCl4 con Al(C2H5)3) permettendo a tutti gli atomi di titanio dispersi di fungere da centri attivi. Ricerche successive hanno portato ad utilizzare attivatori elettron donatori migliori (eteri) e a controllare la granulometria e la porosità delle sferette di catalizzatore. I catalizzatori di ultima generazione permettono di modulare alcuni parametri indipendentemente dagli altri, in particolare: l’indice di isotatticità, la massa molare media, la granulometria.

  50. I polimeripolipropilene: il processo I primi processi utilizzavano la tecnica in sospensione (slurry) con l’impiego di un opportuno solvente idrocarburico. L’utilizzo di solventi implica però due limitazioni nella tecnologia produttiva: • Elevati volumi di reazione insieme a ridotta flessibilità operativa (ossia possibilità di far marciare l’impianto a diversi volumi di produzione); • Impossibilità di produrre copolimeri a causa della solubilità delle fasi non cristalline che fa si che il granulo di polimero si impregni di solvente e risulti appiccicoso con difficoltà di movimentazione. L’eliminazione del solvente dal processo produttivo è stata resa possibile utilizzando il monomero quale mezzo di reazione allo stato liquido oppure allo stato gassoso (reattori a letto fluido).

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