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Università degli studi di Padova Scuola di Agraria e Medicina Veterinaria Dipartimento di Agronomia Animali Alimenti Risorse Naturali e Ambiente Corso di laurea triennale in Scienze e Tecnologie Agrarie Elaborato finale PROCESSIONARIA DEL PINO E PROBLEMATICHE CONNESSE ALLA PRESENZA IN AREE URBANE Relatore: Prof. Andrea Battisti Laureando: Carlo Grigoletto Matricola n. 1054550 Anno Accademico 2016-2017
INDICE RIASSUNTO..................................................................................................pag. 3 ABSTRACT...................................................................................................pag. 3-4 1. INTRODUZIONE.....................................................................................pag. 5 2. DESCRIZIONE DELL’INSETTO …………………………………….pag. 6 2.1 Piante ospiti ........................................................pag. 6 2.2 Distribuzione geografica ....................................pag. 6-7 2.3 Danni ...................................................................pag. 8 2.4 Morfologia dell’insetto ......................................pag. 9-10 2.5 Ciclo Biologico ...................................................pag. 11-12 3. IMPATTO MEDICO-VETERINARIO DEL SISTEMA URTICANTE DELLA PROCESSIONARIA ……………………………………………. pag. 13 3.1Introduzione ........................................................pag. 13-17 3.2Manifestazioni cliniche sulle persone…………..pag. 17 3.2.1 Manifestazioni dermatologiche …….pag. 17-18 3.2.2 Manifestazioni oculari ………………pag. 18 3.2.3 Altre manifestazioni …………………pag. 19 3.3Effetti sugli animali……………………………..pag. 20 3.3.1 Introduzione …………………………pag. 20 3.3.2 Sintomi sugli animali domestici…….pag. 20-21 3.3.3 Sintomi sugli animali da allevamento pag. 22 3.3.3.1 Ruminanti ……………pag. 22 3.3.3.2 Cavalli ………………..pag. 22 3.4 Trattamento ………………………………………..pag. 23 3.5 Casi clinici di avvelenamento in Francia ………….pag. 23-24 4.MODALITA’ DI INTERVENTO ………………………………………..pag. 25 4.1 Riferimenti normativi …………………………….pag. 25 4.2 Classificazione degli interventi …………………..pag. 25-26 4.3 Lotta biologica …………………………………….pag. 26 1
4.3.1 Trappole a feromoni ………………..pag. 26-27 4.3.2 Nemici naturali ……………………...pag. 28-34 4.3.3 Lotta microbiologica ………………..pag. 35-37 4.4 Lotta selvicolturale ……………………...............pag. 37 4.5 Lotta meccanica …………………………………pag. 37 4.6 Endoterapia ……………………………………...pag. 38-39 4.7 Lotta chimica …………………………………….pag. 39 5. CONCLUSIONI......................................................................................pag. 40-41 BIBLIOGRAFIA.........................................................................................pag. 42-47 2
RIASSUNTO L'elaborato finale si propone di descrivere il fenomeno delle infestazioni causate da Thaumetopoea pityocampa, nome volgare processionaria del pino, insetto appartenente all'ordine dei Lepidotteri, in contesti urbani. Dopo aver preso visione dell'estensione geografica di questo Lepidottero, presente in Italia e largamente diffuso in tutti i paesi del bacino del Mediterraneo, descritta la morfologia e il ciclo biologico dell'insetto, sono stati illustrati i danni che questo insetto reca a tutte le specie di pino. Infatti, le larve di questo insetto si nutrono voracemente degli aghi di pino, causando defogliazioni, indebolimento e blocco dell'accrescimento della pianta. Inoltre è stato approfondito, un grave problema causato dalla processionaria, ovvero le reazioni al contatto con i peli urticanti delle sue larve. Questi, grazie alle loro minuscole dimensioni, sono facilmente veicolati dalle correnti d'aria, per cui in caso di infestazioni, si possono avere inconvenienti gravi non solo all'interno o in prossimità delle aree colpite, ma anche a distanze ragguardevoli, su persone e animali. Sono stati pertanto analizzati i problemi di ordine-medico sanitario che i peli urticanti, in caso di contatto, provocano sull’uomo e sugli animali, quali reazioni allergiche, con sintomi a carico della cute, degli occhi e del sistema respiratorio. Sì ricorda infine, come la lotta contro la processionaria del pino sia obbligatoria ai sensi del D.M. 17.04.1998, analizzando i principali mezzi di lotta attualmente utilizzati di tipo biologico, meccanico, endoterapico e chimico. ABSTRACT The final work aims to describe the phenomenon of outbreaks caused by Thaumetopoea pityocampa, common name the pine processionary moth, insect belonging to the order of Lepidoptera, and their consequences at urban level. After reviewing the geographical area of this moth, occurring in Italy and in all countries of the Mediterranean basin, the work describes the insect morphology and the biological cycle, the damage caused by this insect to all pine species. In fact, the larvae of this insect feed voraciously of pine needles, causing defoliation, weakening 3
and growth arrest of the plant. A very serious problem caused by the moth, i.e. the reactions following the contact with the stinging hairs produced by the larvae, is also analyzed. Due to their small size, these urticating setae are easily carried by air currents, so in case of infestation, they can have serious drawbacks not only within or near the affected areas, but also at considerable distances, on people and animals. The human and veterinary health problems associated with the urticating setae, have been considered. In case of contact, with humans and domestic animals, they cause allergic reactions, with symptoms affecting the skin, eyes and respiratory system.The control of the pine processionary is obligatory pursuant to D.M. 17.04.1998, and the main control means currently (biological, mechanical, endotherapic and chemical) are reviewed. 4
1. INTRODUZIONE L’obiettivo del presente elaborato è analizzare il fenomeno delle infestazioni dovute alla processionaria del pino, Thaumetopoea pityocampa con lo scopo di comprendere le problematiche connesse alla presenza in aree urbane. Si analizzeranno pertanto gli effetti che questo insetto, appartenente all’ordine dei Lepidotteri, può provocare agli alberi delle specie appartenenti al genere Pinus e come in caso di contatto i suoi peli urticanti, essendo velenosi allo stadio larvale, possano causare reazioni allergiche, cutanee, oculari e respiratorie anche molto gravi sia su persone che sugli animali e quali cure mediche adottare. Si illustreranno le disposizioni sulla lotta obbligatoria contro la processionaria del pino e in particolare gli aspetti normativi alla luce della revisione del Decreto 17.04.98. Al fine di limitare e contenere la presenza della processionaria del pino le modalità di intervento maggiormente utilizzate nelle aree urbane colpite dal problema delle infestazioni di processionaria del pino, sono: l’inserimento di predatori e parassitoidi naturali dell’insetto (lotta biologica), la lotta selvicolturale, la distruzione meccanica dei nidi invernali delle larve (lotta meccanica), le trappole a feromoni (lotta biologica), l’utilizzo di un bio-insetticida < Bacillus thuringiensis> (lotta microbiologica), l’uso di insetticidi (lotta chimica) e infine la lotta endoterapica. 5
2. DESCRIZIONE DELL’INSETTO 2.1 Piante ospiti La Processionaria del Pino il cui nome scientifico Thaumetopoea pityocampa (Denis et Schiffermuller, 1775), e il cui termine Thaumetopoea significa (l’insetto) che ‘fa cose meravigliose’ (molto probabilmente originato dalle parole greche ‘miracolo’ e ‘fare’) come far splendere tende di seta sulla cima degli alberi o fare processioni testa-coda nel periodo della pupazione, da cui deriva il nome “processionaria”, è un fitofago appartenente all’ordine dei Lepidotteri, alla famiglia delle Notodontidae e alla sottofamiglia delle Thaumetopoeidae. Le larve defogliatrici con peli urticanti, di questo insetto, attaccano piante di conifere appartenenti al genere Pinus in particolare quello nero (Pinus nigra), silvestre (Pinus silvestre), il pino marittimo (Pinus pinaster), pino da pinoli (Pinus pinea) ed il pino d’aleppo (Pinus halepensis) e raramente alcune specie di cedro (Cedrus spp.) e di larice (Larix decidua), sia autoctone che introdotte, nelle zone boschive di collina e montagna ed in aree urbane come parchi. In rare occasioni si può trovare in altre specie conifere, incluse quelle del genere Pseudotsuga. E’ tipicamente presente su alberi isolati e ai limiti della vegetazione forestale, anche se le parti interne della vegetazione forestale possono essere colonizzate durante le infestazioni. 2.2 Distribuzione geografica L’estensione geografica di questo Lepidottero va dal nord Africa all’Europa meridionale , dalla costa atlantica alla parte occidentale della Turchia, dove il clima è caratterizzato da estati calde e secche (Battisti et al., 2005) (Fig. 1). Essendo un insetto attivo durante i mesi invernali, il suo areale, specialmente nel sud Europa, è limitato dalle temperature invernali. Durante l’inverno, infatti, se la temperatura scende al di sotto di -16°C si ha la morte di tutte le larve all’interno dei nidi; ma 6
anche una temperatura media mensile inferiore a -4°C risulta letale per la specie (Robinet et al., 2007). Recentemente la processionaria ha mostrato una tendenza ad allargare l’area di diffusione ad altitudini e latitudini elevate, tanto è vero che l’espansione altitudinale di questo insetto, sembra essere stimata intorno ai 110-230 m (Battisti et al., 2005), ciò dovuto all’effetto del cambiamento climatico. Infatti sono state notate pullulazioni in zone dove la specie era assente o poco presente come in Francia e nelle Alpi. Nella Penisola italiana la presenza di questa processionaria risulta documentata già dal 1500, quando il medico naturalista senese P.A. Mattioli indicava i bruchi dei pini come molto frequenti in Italia, in particolare in alcune vallate alpine. Fig. 1 - Areale della processionaria del pino e distribuzione di varie specie di Pinus. T. pityocampa, linea continua; T. wilkinsoni, linea tratteggiata; A = Pinus pinea, B = P. brutia, H = P. halepensis, M = P. mugo, N = P. nigra, P = P. pinaster, S = P. sylvestris. Ogni lettera si riferisce ad una unità di terra in cui la specie di pino indicato è dominante, ma non necessariamente esclusivo. 7
2.3 Danni Il danno è determinato dalle larve defogliatrici, che a seconda dell'età si comportano in modo diverso. Infatti le giovani larve delle prime età scheletrizzano le foglie, lasciando un "filo" centrale, corrispondente alla nervatura dell'ago; questo, che necrotizza e dissecca, viene inglobato all'interno del nido "estivo". Mentre le larve mature defogliano completamente i rametti, mangiando interamente gli aghi, producendo anche effetti disastrosi, in caso di forti attacchi. L'attacco, specialmente se massiccio, determina una riduzione dell’attività fotosintetica e nutritiva degli alberi colpiti e, oltre a rallentarne la crescita, causa un loro indebolimento, rendendoli vulnerabili; e questi inoltre, divengono una facile via di penetrazione da parte di altri fitofagi (Scolitidi) e recettivi a malattie fungine lignicole (Carie). Le infestazione sono considerate di forte entità, nelle aree boschive quando si hanno mediamente più di 5 nidi per pianta (Fig. 2), mentre in ambienti urbani sono sufficienti 1-2 nidi per pianta e oltre alla defogliazione, possono insorgere anche problemi di tipo sanitario. Fig. 2 –Nido di processionaria 8
2.4 Morfologia dell’insetto Le uova (Fig. 3.1) sono deposte in ovature cilindriche ed assumono una colorazione grigio-argentea, perché coperte di squame dell'addome delle femmine e sono avvolte a manicotto attorno agli aghi dei pini. Fig. 3.1 – Ammasso di uova di T. pityocampa Le larve (Fig. 3.2) presentano un capo di color nero con un apparato boccale masticatore, il corpo che nei primi stadi è di color giallo-verde e dalla 3 età diventa di color bruno che dorsalmente assume una colorazione grigiastra in cui sono presenti dei peli urticanti di color rosso ruggine. Il loro completo sviluppo corporeo passa attraverso 5 stadi intervallati da 4 mute ed hanno abitudini gregarie. Fig. 3.2 – Esemplare di larva di T. pityocampa 9
Le crisalidi (Fig. 3.3) sono di colore marrone ricoperte da un bozzolo biancastro che si imbrunisce col passare del tempo. Il periodo in cui rimangono interrate prima dello sfarfallamento è dipendente dalla temperatura del sito e può variare da 1 mese fino a 7 mesi nei luoghi più caldi (Battisti et al., 2000). Le crisalidi sono soggette ad un’interruzione dello sviluppo e non tutte quindi si schiuderanno nell’anno della loro formazione, ma in alcuni casi la diapausa può durare da uno a tre anni o più. Sembra che questo possa dipendere dalla temperatura e dalla qualità del cibo ingerito nel periodo larvale. Fig. 3.3 – Crisalide di T. pityocampa Gli adulti (Fig. 3.4) sono farfalle che presentano ali anteriori di colore grigiastro e ali posteriori biancastre tendenti al giallo, con striature trasversali brunastre, simili alla scorza delle piante ospiti, su cui si mimetizzano. Hanno abitudini notturne e durante il giorno si riposano in zone ombreggiate e riparate. Le femmine hanno maggiori dimensioni rispetto ai maschi ed entrambi hanno una durata della vita piuttosto breve (1-2 giorni), infatti immediatamente dopo aver deposto le uova muoiono rapidamente. Fig. 3.4 – Stadio adulto di T. pityocampa (Foto di Battisti A.) 10
2.5 Ciclo biologico Thaumetopoea pityocampa (spesso abbreviato con PPM, dall’anglosassone Pine Processionary Moth) è un insetto univoltino ovveropresenta un ciclo vitale annuale (Fig. 4), che è invertito se comparato ad altre specie dello stesso genere e alla maggior parte degli altri insetti defogliatori, perché le larve si nutrono durante l’inverno. Però sulle montagne della Corsica il ciclo dello sviluppo è semivoltino, ovvero presenta una generazione ogni due anni (Géri 1938a, 1938b). Questo insetto sverna come larva di III-IV età sui nidi costruiti in punta della pianta di pino esposti ai raggi solari oppure su qualche ramo laterale di alberi infestati con preferenza per quelli rivolti a sud. Le larve escono dal nido durante la notte ad inizio primavera eseguendo delle tipiche processioni testa-coda nutrendosi delle foglie. Le larve dal 3° al 5° stadio si nutrono quando la temperatura è superiore allo 0°C a condizione che il giorno prima la temperatura della colonia abbia raggiunto i 9°C all’interno della tenda (Battisti et al. 2005), sviluppando dei peli urticanti di lunghezza di 0.2 mm, situati in gruppi nella parte dorsale dell’addome. Quando le larve vengono disturbate, i peli vengono rilasciati, e possono causare gravi reazioni allergiche negli umani e negli animali. Una volta raggiunta la maturità in giugno le larve scendono lungo il tronco e arrivano fino ad una profondità di 10-15 cm sotto il suolo dove tessono il bozzolo e successivamente si incrisalidano. Però ci sono alcune crisalidi che entrano in diapausa prolungata per 7-9 anni, questa sembra essere una chiave per sopravvivere in condizioni ambientali estreme e può anche aumentare la probabilità di sopravvivenza della colonia. Da questo momento comincia la comparsa degli adulti che sfarfallano da giugno ad agosto. Questa comparsa è molto influenzata dalla temperatura (Démolin 1969a ; Huchon e Démolin 1971; Zamoum e Démolin 2005; Pimentel et al. 2010), infatti nei luoghi più freddi (alte quote o alte latitudini), gli adulti compaiono a giugno mentre nei luoghi più caldi, ovvero quando le temperature medie si mantengono stabilmente sopra i 14°C, la loro comparsa può essere ritardata fino a settembre. 11
Verso agosto si ha l’accoppiamento e l’ovodeposizione dalle 100 alle 300 uova da parte delle femmine sugli aghi di pino che scheletrizzano le foglie creando prima dei nidi estivi piccoli che poi diventeranno sempre più voluminosi, ben visibili nella parte alta degli alberi e in posizione soleggiata, in cui verso la fine di settembre le larve staranno all’interno e dove supereranno l’inverno. Fig. 4 - Ciclo biologico di T. pityocampa 12
3. IMPATTO MEDICO-VETERINARIO DEL SISTEMA URTICANTE DELLA PROCESSIONARIA 3.1 Introduzione I peli urticanti sono comuni nei Lepidotteri e agiscono come difesa contro i predatori vertebrati, ma sono anche una seria minaccia per la salute umana e animale, sia quando vengono a contatto con la pelle o altre parti del corpo, sia senza contatto diretto con le larve, in quanto i peli urticanti si liberano nell’aria a seguito dei movimenti della larva e possono essere aerotrasportati. I peli urticanti sono prodotti dal 3° stadio larvale al 4° stadio larvale, a seconda della specie, sulle aree del tegumento dei tergiti addominali, che vengono chiamati “specchi”, a causa della loro struttura di riflettere la luce. Questi specchi aumentano di numero con le mute larvali, fino all’ultimo stadio larvale: sono otto segmenti addominali interamente ricoperti di pelo urticante. Si stima che in questa fase ci sono circa 1.000.000 setole / larva in T. pityocampa, con una densità di 60.000 setole / mm2. I minuscoli peli lunghi tra 0.1 e 0.2 mm (Fig. 5.1), conformati come dei piccoli arpioni con apici, si attaccano facilmente ai tessuti (pelle e mucose). Il rilascio di peli dalle larve è stato esplorato da Demolin (1963), che ha mostrato che le larve posso aprire attivamente gli specchi del tegumento quando vengono disturbate. Fig. 5.1 - Peli urticanti di T. pityocampa visti al microscopio SEM 13
Le setole si rinnovano ad ogni muta, pertanto i loro nidi posti sui rami defogliati della pianta ospite ne sono colmi, cosi come sui loro siti di impupamento. Inoltre la larva al 5° stadio compie la muta nel bozzolo e residui di peli possono rimanere all’interno, per cui gli adulti che ne escono possono accidentalmente trasportarne una parte sul proprio corpo. Un fattore aggravante è la lunga persistenza delle setole nell’ambiente anche dopo l’esposizione a condizioni piuttosto estreme; Hase (1939) dimostra che gli insetti essiccati mantengono il loro potere irritante anche dopo 12 anni di conservazione e dopo un trattamento con temperatura alta come 110° C. Sono state fatte campionature dei peli urticanti di Thaumetopoea, per esplorare la lunghezza e il diametro dei peli, in quanto i dati dimostrano che i peli possono essere trasportati dal vento e quindi dispersi per chilometri dai luoghi infestati dalle larve o sotto gli alberi che ospitano i nidi, provocando disturbi fastidiosi, sia nell’uomo che negli animali, pur senza un contatto diretto con le larve. In T. pityocampa, la distribuzione di lunghezza delle setole, ha mostrato una distribuzione bimodale (Fig. 5.2). La distanza orizzontale ipotetica del percorso per una setola rilasciata a 20 m di altezza, in una giornata con una velocità del vento di 2 m/s è di 6,5 km per le setole corte e di 2,4 km per le setole lunghe, quindi le setole più piccole si diffondono molto oltre. L’importanza delle dimensioni delle setole, può essere utile per i responsabili di aree verdi nella pianificazione delle operazioni di controllo di questi parassiti. Fig. 5.2 – Distribuzione bimodale in T. pityocampa 14
La capacità della larva della processionaria del pino, a indurre lesioni cutanee è ben nota fin dalle prime descrizioni di Réamur nel 1736 e nel 1899 Fabre (descritti da Ducombs et al. 1981). Le larve di T. pityocampa inducono lesioni cutanee quali orticaria e dermatiti, congiuntiviti e raramente sintomi respiratori o addirittura shock anafilattico. Queste reazioni sono causate dai peli urticanti chiamate setole disposte su piastre cuticolari e dispersi in tutte le larve come meccanismo di difesa. E’ evidente che la lesione può essere di tipo meccanico, indotta dalla penetrazione di setole nell’ epidermide e sia tossica, dovuta alla liberazione di tossine presenti nelle setole. Il primo articolo che descrive gli antigeni e le proteine delle setole di T. pityocampa è stato pubblicato nel 1983 (Lamy et al. 1983). Essi hanno descritto il contenuto proteico delle setole come una miscela complessa di 16 proteine, in particolare hanno studiato una proteina 28 kDa (ulteriormente divisibile in due subunità di 13 e 15 kDa) e la chiamarono ‘thaumetopoein’ dimostrandone le sue proprietà urticanti nelle cavie. L’uso della biologia molecolare oggi, ha reso possibile lo studio di alcuni allergeni presenti nelle setole quali <Tha p 2> , un importante allergene delle setole di T. pityocampa, probabilmente corrisponde al <thaumetopein> descritto molti anni fa e il <Tha p 1> , un altro allergene estratto da larve intere. Pertanto, i peli separandosi facilmente dalla larva, devono essere considerati come fonte di allergeni e non solo come produttori di reazioni irritanti o tossiche. Gli allergeni presenti nelle larve raccolte in Spagna e nelle larve raccolte in Francia, hanno un contenuto proteico differente, al momento non si sa se questa scoperta possa avere alcun valore clinico. Studi recenti hanno dimostrato attraverso prove in vitro (con il metodo IgE- immunoblotting) ed in vivo (mediante Skin Prick Test con estratto intero della larva allo stadio 5), la presenza di un meccanismo IgE mediato responsabile della maggior parte dei casi di reazione occasionale. Pertanto la presenza di reazioni immunitarie agli allergeni della larva dovrebbero essere diagnosticate presto per evitare il progressivo aumento della sensibilizzazione. E’ anche vero che non tutti gli individui 15
mostrano sintomi dopo il contatto con le setole, mentre il meccanismo irritante normalmente influenza tutti i soggetti esposti. Ducombs ha calcolato che una sola larva porta dentro gli specchi circa 1 milione di setole (Ducombs et al. 1979). Ciò implica che un soggetto può essere esposto ad un elevato numero di setole dopo il contatto diretto con le larve e questo può succedere per esposizione professionale nei confronti di varie categorie di lavoratori (boscaioli, guardie forestali, agricoltori , etc.), per i lavoratori forestali, questo rischio è fino a 5 volte superiore. Ma può anche verificarsi, per le persone che vivono in prossimità di aree infestate, un’esposizione ad un basso numero di setole, trasportate dal vento, per lunghi periodi di tempo e questo potrebbe portare ad un elevato numero di persone sensibilizzate, come dimostrato da studi epidemiologici. La positività al prick test cutaneo, ha raggiunto il 12% nelle zone rurali, il 9,6% in aree semi-urbane con pinete vicine e 4,4% nelle aree urbane (Vega et al. 2011 a, b). Pochi dati epidemiologici sono stati però pubblicati sulle reazioni causate dal genere Thaumetopoea, probabilmente per scarsa conoscenza di questa patologia, o perché le reazioni sono lievi e transitorie, tuttavia gli studi confermano che queste reazioni sono comuni nelle zone endemiche. Interessante sapere come queste reazioni siano particolarmente comuni nei bambini provenienti da zone rurali, in quanto la loro curiosità li porta a toccare le larve o giocare con la sabbia o la vegetazione che può contenere resti di esse. Il rischio principale di reazioni cutanee a T. pityocampa è quindi direttamente correlato all’esposizione alle larve. Il rischio è significativamente più alto nelle persone con esposizione quotidiana (Vega et al. 2011 a, b). Le malattie legate a Thaumetopoea di solito sono stagionali. La maggior parte delle reazioni si verificano nei mesi corrispondenti agli stadi larvali urticanti (gennaio-aprile). All’interno di questi mesi, l’ultimo stadio larvale, ha il rischio più alto perché il numero di setole e la loro allergenicità è massima (Rebollo et al. 2002). Tuttavia un contatto con le setole fuori stagione può avvenire, in quanto le setole disperse dalle larve, può 16
persistere nell’ambiente per molti anni. Questo fatto spiega il motivo, per cui alcune persone hanno episodi di reazioni durante tutto l’anno. 3.2 Manifestazioni cliniche sulle persone 3.2.1 Manifestazioni dermatologiche Le reazioni cutanee sono la manifestazione clinica più frequente. Il sintomo principale è un prurito insopportabile a volte senza lesioni visibili. Le lesioni cutanee delle larve di Thaumetopoea sono di due tipi diversi: immediata con rigonfiamento e arrossamento (orticaria da contatto (Fig. 6.1)) o successiva con eruzione papulare (Fig. 6.2). D’altra parte può accadere una sovrapposizione di queste lesioni cutanee o una doppia reazione. La maggior parte dei soggetti con orticaria da contatto, sono allergici (igE-mediata) e l’eruzione compare entro 30-60 minuti e scompare entro 24 ore. Le reazioni possono essere strettamente limitate alla zona di contatto, ma possono apparire come orticaria generalizzata, edema facciale e, talvolta possono essere associate a sintomi extra-cutanei e a reazioni anafilattiche. Le reazioni ritardate non appaiono fino a 2-24 ore dopo l’esposizione e le papule infiltrate sono simili a punture di insetti e persistono per diversi giorni. Queste lesioni si trovano più frequentemente su aree esposte, in generale sul collo e sugli arti, e in particolare i polsi, avambracci, zone soggette a flessione e le caviglie, anche se le aree coperte del corpo possono essere colpite. I palmi delle mani e gli spazi interdigitali sono più 17
spesso colpiti nei bambini, probabilmente a causa di un contatto diretto con le larve, quando giocano sui luoghi infestati (Vega et al. 2003a, b). Fig. 6.1 - Orticaria da contatto Fig. 6.2 - Orticaria da contatto con successiva eruzione papulare 3.2.2 Manifestazioni oculari E’ pure frequente il coinvolgimento oculare, che può anche essere accompagnato da un coinvolgimento dermatologico. Le setole, in caso di contatto con gli occhi, possono causare diverse patologie oculari, come la congiuntivite, la cheratite. Come nel coinvolgimento dermatologico, una combinazione di fattori non-allergici e allergici può essere responsabile delle manifestazioni oculari. Le persone con ipersensibilità IgE-mediata, mostrano prurito oculare spesso con o senza arrossamento, che scompare spontaneamente o dopo il trattamento con antistaminici. 18
3.2.3 Altre manifestazioni Il coinvolgimento delle vie respiratorie è meno comune e le patologie respiratorie comprendono rinite, dispnea, tosse e respiro affannoso, occasionalmente associato a una reazione anafilattica. Altri sintomi, come febbre, vomito, salivazione e dolore addominale, che possono verificarsi in caso di ingestione, sono stati segnalati solo raramente. In generale, è chiaro che in condizioni non sperimentali non è possibile quantificare l’esposizione (il numero o la quantità di setole fisso) e quindi, vi è una mancanza di definizione nella grandezza delle diverse reazioni che potrebbe avere un soggetto normale (non ipersensibile) dopo l’esposizione alle setole. Ci sono casi praticamente privi di sintomi , ma altri presentano gravi reazioni (Vega et al. 2011a, b; Holm et al. 2009). Nelle aree endemiche, comunque, circa la metà degli adulti con reazioni dermatologiche dovute a T. pityocampa sono allergici (IgE-mediata) (Ruiz 2011). Una volta stabilita la diagnosi ecco alcune delle misure preventive per evitare reazioni a questi insetti. E’ necessario, in caso di contatto con le larve, il lavaggio del corpo con acqua e sapone, la rimozione dell’abbigliamento contaminato ed evitare di grattarsi. Una volta che sono apparsi i sintomi, la terapia si basa esclusivamente sulla utilizzazione di farmaci corticosteroidei e antistaminici, somministrati sia per via topica, che per via orale. Se si dovessero presentare, oltre a sintomi localizzati, reazioni anafilattiche, difficoltà alla deglutizione, aumento notevole della salivazione, vomito, prurito oculare persistente, ovvero problemi generalizzati è necessario recarsi al Pronto Soccorso dell’ospedale più vicino. 19
3.3 Effetti sugli animali 3.3.1 Introduzione La processionaria del pino Thaumetopoea pityocampa, provoca danni significativi forestali (defogliazione, indebolimento degli alberi), ma può anche indurre importanti conseguenze sanitarie, oltre che negli uomini, anche negli animali, sia in animali domestici (cani, gatti) e anche in animali da allevamento (cavalli, bovini, pecore, capre). Il contatto con i peli urticanti delle larve può provocare anche per gli animali danni orali, della pelle e degli occhi, ma a volte può portare a reazioni allergiche fino allo shock anafilattico. I danni possono derivare sia da contatto diretto (con le larve o con i loro nidi che possono contenere resti di peli urticanti) o da contatto indiretto (con peli urticanti che si staccano facilmente dal corpo della larve durante la processione) ed essendo estremamente piccoli possono essere trasportati dal vento. L’avvelenamento da larve di processionaria, può essere osservato sia in animali domestici e in animali da allevamento. I segni clinici compaiono rapidamente dopo l’esposizione ai peli urticanti, in media dopo pochi minuti, a qualche ora dopo. Sono quattro le principali vie di esposizione: contatto con la pelle, contatto con gli occhi, inalazione e ingestione. 3.3.2 Sintomi sugli animali domestici Il coinvolgimento più comune è quello del viso e della cavità orale, spiegato dal comportamento degli animali. Infatti i cani sono spesso contaminati dal naso e dalla bocca, a causa del loro annusare, o anche nel mangiare larve in processione, mentre i ruminanti sono contaminati quando pascolano sull’erba, dove le larve hanno perso i loro peli urticanti dopo la processione (Charmot 1987). Diversi studi riportano che il cane è di gran lunga la specie più colpita da avvelenamento (Charmot 1987; Darrasse 1991; Gleyze 1995; Pineaue Romanoff 1995; Pineau 1999; Scheiner 2003; Turpin 2006). Questo può essere spiegato, data la curiosità in generale del cane, al contrario del gatto che è molto più sospettoso e quindi entra raramente in contatto con le larve 20
(l’esplorazione orale è meno sviluppata nella specie felina), anche se i sintomi sono simili a quelli osservati nei cani. I sintomi che i cani presentano in questi casi sono variabili e spesso di natura grave. Il primo segnale che può far pensare a una reazione da ingestione o inalazione di peli di processionaria, può essere l’improvvisa ed eccessiva salivazione del cane, causata dalla potente risposta del sistema immunitario del cane che provoca un grave stato infiammatorio principalmente nell’area della bocca, ma anche nell’esofago e addirittura dello stomaco e un rigonfiamento della mucosa orale delle labbra e della lingua (Fig. 7). Proprio quest’ultimo fenomeno può rilevarsi letale, perché la lingua gonfiandosi in modo spropositato può ostruire le vie respiratorie e far decedere il cane per asfissia. Ma ciò non è tutto, infatti i peli urticanti della processionaria venuti a contatto con la lingua del cane, provocano la distruzione del tessuto cellulare, provocando la necrosi della stessa, con la conseguente perdita di porzioni di lingua, nei casi più gravi. Altri sintomi correlati al contatto con i peli urticanti della processionaria sono: febbre, inappetenza, perdita della vivacità, ma anche vomito e diarrea emorragica. Possono inoltre essere osservate lesioni cutanee, dove la pelle è più sottile come su labbra, palpebre e orecchie, mentre la compromissione oculare può essere osservata, ma meno comunemente. Fig. 7 - Necrosi e rigonfiamento della lingua di un cane 21
3.3.3 Sintomi sugli animali da allevamento 3.3.3.1 Ruminanti Nei ruminanti, i sintomi orali si manifestano con vescicole sull’apice della lingua, in quanto possono ingoiare foraggi contenenti peli urticanti e questo può succedere anche per molti altri animali al pascolo. Generalmente gli animali colpiti, diventano anoressici e si isolano dal resto della mandria. 3.3.3.2 Cavalli Nei cavalli invece, sono state segnalate coliche, estese orticarie e congestione della lingua. Secondo le osservazioni di Darrasse (1991), il prurito a volte è così intenso che può portare ad automutilazione. Anche la sudorazione può essere importante (Charmot 1987). Sono state inoltre osservate, ondate di aborti senza identificare nessun agente noto (microrganismi, piante tossiche), ma gli studi epidemiologici hanno rilevato la presenza di larve nell’ambiente, che le cavalle possono aver certamente consumato inavvertitamente (Cadwell-Smith et al 2009; McDowell et al. 2010; Stewart 2009; Tobin et al. 2004). Pertanto alcune specie di larve urticanti, possono essere considerate come potenziali agenti abortivi. Bisogna far attenzione a non confondere, l’avvelenamento dalla processionaria del pino, con l’ingestione di varie sostanze caustiche (prodotti irritanti), o con punture di insetti (vespe, api, calabroni). Infatti, in assenza di test specifico, la diagnosi di avvelenamento da larva di processionaria del pino, è principalmente una diagnosi di esclusione, in base a criteri clinici ed epidemiologici. 22
3.4 Trattamento Il successo del trattamento è legato a tre fattori principali (Demory 2004a, b): la precocità, la durata e la “non-rottura” di peli urticanti durante il trattamento, in modo da non favorire la diffusione della sostanza irritante. E’ spesso raccomandata un’associazione di corticosteroidi, antistaminici e diuretici, per sostenere o ripristinare lo stato generale dell’animale. Gli antibiotici possono essere prescritti se le lesioni sono già in fase avanzata (somministrazione orale di amoxicillina o spiramicina). E’ anche importante assicurare la buona alimentazione e la buona idratazione dell’animale. Dovrebbe essere fatto anche un lavaggio delicato senza strofinare le zone colpite, per evitare il rilascio di sostanze irritanti. Quando il trattamento viene implementato all’inizio, nelle prime ore dopo l’avvelenamento, la prognosi è generalmente buona e la vita dell’animale non è in pericolo. Quando invece il trattamento viene ritardato (più di 24 ore dopo l’avvelenamento) oppure il contatto con i peli urticanti è stato intenso, possono esserci dei casi mortali, per fortuna rari, e a volte l’eutanasia è l’unica via possibile ad esempio quando la necrosi linguale si estende alla gola (Gleyze 1995). 3.5 Casi clinici di avvelenamento in Francia Casi clinici di avvelenamento negli animali in Francia, hanno evidenziato le principali difficoltà diagnostiche che i veterinari possono incontrare, in particolare nei ruminanti, a causa di una potenziale confusione con altre malattie vescicolari e sottolineato l’importanza della stagionalità dei casi, come aiuto per la diagnosi. Tuttavia, la stagionalità è stata modificata dal riscaldamento globale negli ultimi anni, e questo potrebbe fare la diagnosi ancora più difficile in futuro. Pertanto l’espansione geografica della processionaria del pino continua dal sud al nord della Francia in concomitanza ai cambiamenti climatici. Sono stati così realizzati due opuscoli i informativi, in lingua francese, uno per i veterinari e l’altro per i proprietari di 23
animali per spiegare la biologia e la pericolosità della processionaria del pino, i segni clinici e le principali raccomandazioni per prevenirla. In generale le processionarie costituiscono un problema economico nei paesi colpiti, ma l’impatto sulla salute animale e umana sta diventando progressivamente chiaro. Una risposta immunitaria può comparire dopo il contatto diretto o indiretto con le setole e l’elevato numero di proteine presenti nelle setole rende la ricerca su nuovi antigeni / allergeni obbligatoria. Oltre le IgE, altri tipi di risposte immunitarie dovrebbero essere esplorate. La ricerca futura sugli animali e sugli esseri umani, sarà necessaria per lo sviluppo di metodi diagnostici affidabili. Approcci sierologici, potrebbero essere molto utili per la diagnosi clinica, nonché per gli studi epidemiologici. Speriamo che tutto ciò possa essere raggiunto in un prossimo futuro. 24
4. MODALITA’ DI INTERVENTO 4.1 Riferimenti normativi I problemi causati da questo defogliatore nei primi decenni del secolo, condussero già nel 1926 e nel 1938 all’emanazione di due Decreti di lotta, che obbligavano i proprietari delle piante attaccate ad intervenire nei riguardi del fitofago. La normativa vigente di riferimento per la processionaria del pino è il Decreto del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali del 30-10-2007, pubblicato nella G.U. n. 40 del 16/2/2008, che ha sostituito, abrogandolo, il DM 17-4-1998. La lotta è obbligatoria a questo insetto in tutto il territorio nazionale e in relazione all’ambito di interesse, vede come protagonisti il Servizio Fitosanitario Regionale e/o il Sindaco territorialmente competenti. In particolare l’articolo 1 dispone l’obbligatorietà della lotta solo nelle aree in cui i Servizi Fitosanitari Regionali, competenti per territorio, stabiliscono che la presenza dell’insetto minacci seriamente la produzione o la sopravvivenza del popolamento arboreo. Mentre l’articolo 4 prevede che nel caso di rischi per la salute delle persone e degli animali, gli interventi di profilassi siano disposti dall’Autorità sanitaria competente secondo le modalità stabilite dal Servizio Fitosanitario Regionale. Con il nuovo Decreto, pertanto, viene disgiunto l’aspetto fitosanitario, da quello legato alla prevenzione dei rischi sanitari per la salute delle persone e degli animali. 4.2 Classificazioni degli interventi La lotta alla processionaria del pino è mirata al controllo e al contenimento dell’abbondanza di insetti. È bene sottolineare che non esiste una tecnica che permetta la completa eradicazione della specie, che d’altra parte non sarebbe nemmeno auspicabile. L’obiettivo del controllo deve essere quindi il ripristino del naturale equilibrio bio-ecologico delle aree urbane e non solo. 25
Gli interventi da applicare possono essere suddivisi in due categorie: di tipo indiretto e di tipo diretto. Gli interventi di tipo indiretto (lotta biologica e selvicolturale) non agiscono direttamente sulla biomassa larvale ma influenzano i fattori ambientali legati alla dinamica degli insetti; si prevede quindi che il loro effetto si realizzi sul lungo periodo. Gli interventi di tipo diretto (lotta chimica, meccanica, microbiologica ed endoterapia), al contrario, agiscono direttamente sulla biomassa larvale presente ed hanno un effetto immediato di breve periodo, mentre a lungo termine non modificano in alcun modo l’andamento della biomassa larvale a meno di una loro nuova applicazione. Da qui consegue che i primi sono interventi considerati di prevenzione, che quindi devono essere messi in atto dopo un attento studio e con aspettative a lungo termine, mentre i secondi sono da intendersi come interventi di emergenza, atti al contenimento dell’infestazione e dei problemi ad essa associati, ma non sono efficaci a lungo termine se non riapplicati. 4.3 Lotta biologica 4.3.1 Trappole a feromoni Uno dei metodi più conosciuti ed utilizzati nella lotta biologica sono le trappole a feromoni (Fig. 8). Queste sono delle particolari trappole destinate alla cattura degli insetti, che contengono sostanze chimiche che fungono da messaggeri e sono emesse da particolari ghiandole presenti sul corpo degli insetti, generalmente dalle femmine, per attirare il maschio durante il periodo dell'accoppiamento. Disporre di trappole a feromoni può essere utile per monitorare la diffusione delle falene di processionaria e per confondere le farfalle maschio nella ricerca della femmina, in quanto si evita la fecondazione e quindi la formazione di una nuova generazione. Le trappole devono 26
essere installate nella prima metà di giugno, appese a supporti in posizione medio- alta e sul lato sud ovest delle piante e nei punti dove c’è maggior infestazione della processionaria ovvero nei rami più esposti al sole. Si consiglia di installare dalle 6 alle 8 trappole per ettaro, distanti tra di loro 40-50 metri in base alle caratteristiche della zona e il grado d’infestazione, nel caso si tratti di parchi e giardini, invece nei boschi vengono collocate ogni 100 metri lungo le strade d’accesso. È necessario che le trappole siano installate prima dell’inizio dei voli, cosi da riuscire a catturare un numero maggiore di individui maschio che sfarfallano alcuni giorni prima delle femmine. Alla fine del periodo di cattura le trappole sono svuotate e possono essere riutilizzate l’anno successivo (Leblond et al., 2010). Vengono anche utilizzate delle trappole collose (sia acquistate da aziende, sia prodotte artigianalmente con pellicola trasparente e colla entomologica) per l’intercettazione delle larve durante la loro discesa a terra per incrisalidarsi (febbraio- aprile). Si tratta di un tipo di intervento relativamente economico che può essere consigliato per i giardini di privati e per pochi esemplari vegetali. Fig. 8 - Trappola a feromone 27
4.3.2 Nemici naturali Un altro metodo che viene utilizzato in lotta biologica è l’uso di antagonisti o nemici naturali che si possono suddividere in due principali categorie: i parassitoidi e i predatori (Tab. 1) I principali parassitoidi della Thaumetopoea pityocampa sono Baryscapus Servadeii (Fig. 9.1) e Ooencyrtus pityocampae (Fig. 9.2), che parassitizzano le uova, anche se qualche altra specie polifaga può presentarsi, queste due specie sono state esaminate per la prima volta da Biliotti (1958) e da quel momento sono state considerate in diversi studi. Baryscapus Servadeii è limitata alle specie di Thaumetopoea che si cibano di conifere, su cui sviluppa una generazione all’anno, la quale è molto ben sincronizzata con la disponibilità di uova ospiti (Battisti 1989). O. pityocampae è polifago e ha diverse generazioni all’anno su vari ospiti. Il parassitismo in totale può raggiungere localmente il 45% (Tsankov e altri 2006). Fig. 9.1 - Baryscapus Servadeii 28
Fig. 9.2 - Ooencyrtus pityocampae Invece le larve sono parassitizzate dopo il terzo stadio dalla mosca tachina Phryxe caudata (Fig. 9.3), che completa due generazioni all’anno, la cui prima compare in primavera dalle larve mature e la seconda in estate-autunno dalla pupa (Buxton 1990). La mortalità generata da predatori artropodi può essere localmente alta per esempio il sirfide Xanthandrus comtus (Fig. 9.4) e diversi predatori sono stati trovati all’interno delle tende larvali (Branco e altri 2008). Per contro, le larve sembrano essere molto ben protette dai vertebrati (Barbaro e Battisti 2011). Un certo numero di organismi patogeni sono stati trovati ad attaccare le larve, i più frequenti sotto forma di virus citoplasmatici e nucleari (Vago 1959) e nematodi entomopatogeni (Triggiani e Tarasco 2002). Altre specie di parassitoidi larvali e pupa-larvali come Ditteri ed Imenotteri sono state riportate a minori frequenze. Le pupe sono parassitizzate da un numero di insetti come il bombilide Villa Brunnea (Fig. 9.5), l’icneumonide Coelichneumon rudis (Fig. 9.6), e lo pteromalide Conomorium pityocampae, che possono interferire con il più comune predatore, l’upupa Upupa epops (Battisti et al. 2000; Barbaro et al. 2008). Queste sono spesso 29
contaminate da funghi entomopatogeni, tra cui il più comune è il Beauveria bassiana (Fig. 9.7). Fig. 9.3 - Phryxe caudata Fig. 9.4 - Xanthandrus comtus Fig. 9.5 - Villa brunnea Fig. 9.6 - Coelichneumon rudis 30
Fig. 9.7 - Beauveria bassiana I maggiori predatori di processionaria del pino sono per lo più uccelli che includono l’insetto nella loro dieta a seconda dello stadio evolutivo in cui si trova. Tra questi si ha, ad esempio, la cinciallegra (Parus major) (Fig. 9.8), un piccolo passero sedentario ampiamente diffuso in Europa. Generalmente la sua dieta è molto varia; tuttavia, durante la stagione riproduttiva nutre i suoi pulcini essenzialmente con larve di lepidottero. Si è osservato che in molti paesi Mediterranei si nutre sia di uova di processionaria sia di larve, indipendentemente dallo stadio in cui si trovano (quindi sia larve giovani nei primi stadi sia larve adulte). Il periodo in cui la predazione è massima è durante i mesi di febbraio-marzo quando si nutre praticando dei fori all’interno dei nidi invernali ed estraendo le larve al suo interno. Fig. 9.8 - Cinciallegra (Parus major) 31
Altre due specie di passeriformi quali la cincia dal ciuffo (Lophophanes cristatus) (Fig. 9.9) e la cincia mora (Periparus ater) (Fig. 9.10) sono in grado di nutrirsi di larve ai primi stadi evolutivi. Fig. 9.9 - Lophophanes cristatus Fig. 9.10 - Periparus ater Un altro uccello in grado di predare la processionaria, è il cuculo (Cuculus canorus) che è considerato specializzato nel nutrirsi di larve di lepidotteri provviste di peli urticanti, specialmente quelle negli stadi finali (Barbaro and Battisti, 2011). Un diverso organismo che si nutre di larve di processionaria è il sicofante (Calosoma 32
sycophanta L.) (Fig. 9.11), un insetto della famiglia dei coleotteri che a causa della sua voracità e dell’alta capacità riproduttiva è considerato come un importante agente di controllo sulle infestazioni di foreste e colture (Kanat and Mol, 2008). Fig. 9.11 - Calosoma sycophanta L’upupa (Upupa epops) (Fig. 9.12) è un uccello considerato come grande predatore della processionaria del pino e di altri insetti dannosi per le foreste e per le colture; le larve e le crisalidi di lepidottero, infatti, rappresentano oltre il 60% della sua dieta. Nelle piantagioni di pini dell’Europa del sud, soprattutto in Italia e Francia, l’upupa è specializzata nel nutrirsi di crisalidi di T. pityocampa benché queste siano al di sotto del terreno (Battisti et al., 2000, Barbaro and Battisti, 2011). Poiché le crisalidi possono presentare una diapausa prolungata e quindi rimanere interrate per più di anno, sono una risorsa sempre presente per l’upupa. Nelle piantagioni di pino nero del nord Italia oltre il 70% delle crisalidi può essere consumato da questo predatore, contribuendo alla prevenzione di esplosioni demografiche nella popolazione di processionaria del pino (Barbaro and Battisti, 2011). 33
Fig. 9.12 - Upupa (Upupa epops) Infine, esistono anche specie di uccelli che si nutrono delle farfalle di processionaria durante il periodo estivo, in cui queste sono presenti, come il caprimulgo europeo (Caprimulgus europaeus) (Biliotti, 1958). Ooencyrtus pityocampae Erigorgus fermorator Xanthandrus comtus Baryscapus servadei Ephippiger ephippiger Calosoma sycophanta Uova S t a d i o Larve Phryxe caudata Nidi invernali Parus major - Coelichneumon rudis - Crisalidi Upupa epops Villa brunnea Falene - - Tab. 1 - Nemici naturali della processionaria 34
4.3.3 Lotta microbiologica La lotta microbiologica si attua con un insetticida microbiologico il Bacillus thuringiensis subspecie Kurstaki (Btk), che viene irrorato sulla chioma attraverso l’utilizzo di mezzi aerei (elicotteri) o tramite atomizzatori sulle giovani larve agendo per ingestione, il quale attiva una tossina che paralizza la muscolatura intestinale e l’apparato boccale delle larve che smettendo di nutrirsi e muoiono entro 5 giorni. Questo insetticida deve essere applicato immediatamente nella fase di schiusura delle uova e su larve giovani, cioè tra fine agosto ed inizio settembre e il trattamento deve essere effettuato con piante asciutte, preferibilmente di sera e in assenza di vento e pericolo di precipitazioni, per evitare il dilavamento del prodotto. Le dosi d’impiego vanno da 5 a 40 gr per 100 mq di coltura, diluiti in 100 litri d’acqua a seconda dei ceppi utilizzati e della concentrazione dei formulati, questo fornisce ottimi risultati nei confronti delle larve di prima e seconda età, invece per le larve più grosse sono necessari 300-350 g/hl. Il Bacillus Thuringiensis, nonostante sia uno degli insetticidi più selettivi in commercio e quindi innocuo per gli insetti utili, per l’uomo e per i vertebrati, è un prodotto irritante, non miscibile con poltiglia bordolese o con altre sostanze a reazione alcalina. L’effetto di questo particolare bio-insetticida sulle larve di processionaria del pino è influenzato da molti fattori sia climatici sia legati al ciclo di sviluppo dell’insetto. Infatti, l’effetto è massimo se le larve si trovano nei primi stadi di sviluppo mentre risulta molto limitato negli stadi avanzati, in quanto l’attività di rimozione della biomassa è minore (Minerbi et al., 2001, Battisti et al., 1998). Inoltre, l‘efficacia è limitata anche dai fenomeni climatici che, combinati con la poca persistenza nell’ambiente del bio-insetticida, fanno sì che sia necessario avere condizioni meteorologiche molto particolari per massimizzare l’effetto (Roversi, 1997, Minerbi et al., 2001). In condizioni sfavorevoli come, ad esempio, un avanzato stadio larvale, si ottiene una mortalità che può essere anche inferiore al 10% (Tiberi and Panzavolta, 2001). 35
Al contrario ovvero in condizioni ottimali la mortalità che si produce è variabile ed assume valori compresi fra il 70% (Cebeci et al., 2010) fin anche al 100% (Cebeci et al., 2010, Minerbi et al., 2011). Il grande vantaggio di questo metodo, ed anche il motivo per cui è largamente impiegato, è la grande selettività dell’agente patogeno utilizzato, poiché attacca solamente le larve di lepidottero. La difficoltà sta nel trovare il giusto periodo di intervento, soprattutto dal punto di vista meteorologico (Leblond et al., 2010). Infatti, le condizioni climatiche devono essere in ogni caso buone mentre la scelta del periodo di applicazione presenta una serie di vantaggi e svantaggi (Battisti et al., 1998). Un trattamento autunnale potrebbe essere vantaggioso poiché si va ad agire sui primi stadi larvali, che sono più vulnerabili, quindi una minore dose di prodotto causa una maggiore mortalità ed inoltre, riducendo il numero di larve presenti, si va ad aumentare l’incidenza della mortalità invernale sulle processionarie (che dipende inversamente dalla densità delle larve) (Tiberi and Panzavolta, 2001). Tuttavia, in questo periodo i nidi provvisori delle larve non sono ancora visibili e quindi il trattamento deve essere estensivo su tutta l’ampiezza dell’area considerata (Minerbi et al., 2001, Battisti et al., 1998). Questa tempistica di trattamento è consigliata in foreste di alto valore ambientale, dove si cerca di evitare anche il minimo danno da defogliazione (Battisti et al., 1998). Un trattamento tardo invernale invece presenta, a parità di prodotto usato, una mortalità molto minore; ne consegue che la quantità di prodotto da usare per ottenere effetti importanti aumenta. Nonostante questo vi sono anche alcuni vantaggi, come la migliore possibilità di quantificare l’estensione ed l’entità dell’attacco e quindi circoscrivere il trattamento alle sole zone interessate; inoltre, l’impatto del prodotto su altri lepidotteri è praticamente nullo in quanto la maggior parte di essi non è attiva in questo periodo (Minerbi et al., 2001, Battisti et al., 1998). Questa tempistica di applicazione del prodotto è consigliata per aree dove un certo danno da defogliazione può comunque essere tollerato (Battisti et al., 1998). Inoltre, va sottolineato come il possibile uso di questa politica debba essere 36
subordinato ad un efficiente sistema di monitoraggio della popolazione larvale, per capire quando sia presente il pericolo di un’infestazione. 4.4 Lotta selvicolturale La lotta selvicolturale consiste nel sostituire, con opere di rimboschimento successive, i pini con alberi che non siano oggetto di attacchi da parte della processionaria del pino, come ad esempio alberi di latifoglie. Inoltre è necessario evitare di mettere a dimora pini, in particolare il pino nero, soprattutto a quote inferiori ai 500 m. s.l.m. ed in zone particolarmente colpite dal parassita. Alcune evidenze sperimentali, infatti, dimostrano che più il paesaggio è eterogeneo più sono rari i casi di infestazione (Hódar et al., 2002). L’efficacia è dovuta alla riduzione sia del numero che della disponibilità di piante ospiti di cui le larve possono nutrirsi (Leblond et al., 2010). 4.5 Lotta meccanica L’ intervento consiste nell’asportare manualmente e bruciare i nidi di processionaria, adottando tutte le necessarie misure di sicurezza. Il periodo migliore è l’inverno, preferibilmente nei mesi di dicembre e gennaio, nelle giornate in cui la temperatura sia inferiore ai 5°C, ovvero quando i nidi sono ben visibili sulla chioma e le larve si trovano tutte all’interno. Durante il prelievo dei nidi, che si effettua con l'ausilio di scale e forbici troncarami, è necessario vestirsi in modo adeguato per evitare il contatto con i peli urticanti. Tale metodo di intervento è uno dei più rispettosi dal punto di vista ecologico, nonché il più efficace in termini di bonifica di massa efficace, ma piuttosto costoso in termini economici e di tempo. Risulta, pertanto, conveniente se utilizzato su superfici limitate, quali possono essere come terreni di verde urbano, giardini privati e piccoli appezzamenti di terreno boschivo. 37
4.6 Endoterapia L’endoterapia nasce dall’esigenza di trovare metodi di lotta alternativi alle tradizionali irrorazioni in chioma spesso di difficile realizzazione che siano maggiormente rispettosi dell’ambiente e della salute degli umani ed abbiano contemporaneamente elevata efficacia combinata alla convenienza economica d’esecuzione. Per endoterapia (Fig. 10) si intende il trattamento fitosanitario eseguito attraverso l’immissione di sostanze ad azione insetticida e/o fungicida direttamente all’interno del sistema vascolare della pianta, che vengono traslocate all’intera chioma dove esplicheranno la loro azione di protezione. I principali metodi di lotta endoterapica possono essere suddivise in sistemi a pressione e micropressione o ad assorbimento naturale. I primi sfruttano una pressione attiva in grado di inserire il principio attivo nel flusso xilematico: in questo caso la velocità di assorbimento dipende dalle caratteristiche della pianta ma è poco influenzata dalle condizioni ambientali. Tra questi ricordiamo il metodo a pressione, il metodo Mauget ed il nuovo metodo Corradi. Il primo metodo sfrutta una pompa oleodinamica operante da 3 a 10 bar e richiede un foro di iniezione di 5-6 mm di diametro ogni 30-40 cm di circonferenza dell’albero. Il metodo Mauget, sviluppato in USA, che prevede una pressione di esercizio molto ridotta (0,5 bar) e utilizza capsule pressurizzate collegate al tronco tramite fori profondi 7 mm di diametro tra i 2,8 e 4,3 mm, il numero di capsule necessario varia in funzione della specie arborea e mediamente è pari ad una capsula ogni 24 cm di circonferenza. il Nuovo Metodo Corradi che utilizza una siringa manuale con un puntale usa e getta in grado di lavorare a pressioni intermedie associata ad un sistema di dissoluzione dei formulati commerciali tale da ridurre al minimo i volumi di iniezione, sfrutta fori da 1,5 a 3,5 mm di diametro profondi da 2,5 a 6 cm (in funzione della specie arborea e della dimensione del fusto) disposti ogni 25/30 cm di circonferenza del fusto. 38
I sistemi ad assorbimento naturale invece immettono il principio attivo nel flusso xilematico sfruttando la capacità assimilatoria della pianta, ed in tale situazione l’assorbimento è legato oltre alle caratteristiche della pianta, dalle condizioni ambientali. Tra questi, il primo metodo Corradi, permette di iniettare formulati diluiti in acqua tramite sacche flebo, con fori profondi 3-5 cm (uno ogni 35-40 cm di circonferenza) del diametro compreso tra 1,5 e 3,5 cm. Fig. 10 - Esecuzione dell’endoterapia 4.7 Lotta chimica La lotta chimica è un metodo poco impiegato e va effettuata solo in caso non sia possibile intervenire con gli altri mezzi e di solito viene effettuata sulle larve giovani, si usano dei larvicidi come il Diflubenzuron, il Carbaril e i piretroidi. Il Diflubenzuron (formulazione commerciale Dimilin®) è un regolatore di crescita che agisce sulle larve di prima generazione (agosto-settembre) inibendo il processo di sintesi della chitina, impedendo il processo di muta e provocandone la morte, che è caratterizzato da un ampio spettro d’azione e da una notevole persistenza. Quindi, nonostante la sua efficacia, l’uso è sconsigliato se non in casi molto particolari, in quanto nell’area trattata porterebbe alla morte una moltitudine di insetti fondamentali per la biodiversità dell’ecosistema (Leblond et al., 2010, Tiberi and Panzavolta, 2001). Il Carbaryl agisce per contatto e per ingestione ed un suo impiego continuo provoca la selezione di ceppi resistenti alla sua azione. I piretroidi agiscono per contatto sulle larve non riparate nei nidi (agosto-ottobre). 39
5. CONCLUSIONI Le analisi proposte sono state effettuate con l’obiettivo di comprendere le problematiche connesse alla presenza in aree urbane della processionaria del pino (Thaumetopoea pityocampa) e di studiare possibili politiche di controllo a riguardo della presenza dell’insetto fitofago, in quanto, come si è detto, questo lepidottero solleva problemi sia di ordine ecologico-selvicolturale, sia di natura igienico- sanitaria. Nei popolamenti forestali (piante, rimboschimenti, boschi misti) in base alla normativa vigente, la lotta a questo organismo nocivo è obbligatoria solo nelle aree in cui il Servizio fitosanitario ha stabilito che la presenza dell’insetto minaccia seriamente la sopravvivenza del popolamento arboreo. In questo caso viene considerato il rischio che le infestazioni di processionaria determinano sulle piante. In ambito urbano, (piante isolate poste in giardini pubblici o privati) il rischio principale legato alla presenza dell’insetto, riguarda la salute pubblica e non la sopravvivenza delle piante. Tra l’altro in quest’ultimo caso, i trattamenti possono essere difficili tecnicamente e/o impossibili, anche per la mancanza di principi attivi registrati per gli ambienti urbani e pubblici. La corretta impostazione della difesa fitosanitaria del verde urbano e in particolare la definizione di un protocollo di lotta contro questi insetti provvisti di peli urticanti, richiede una preliminare analisi, presso un centro specializzato, delle specie presenti, al fine di evitare errori di identificazione, fonte di allarmismi ingiustificati o di portare ad una sottovalutazione del problema. Un elemento irrinunciabile è dato dalla conoscenza approfondita dell’ecologia del fitofago e del suo ciclo biologico, particolarmente complesso per le capacità delle pupe di rimanere nel terreno per anni, allo scopo di definire la capacità di adattamento agli habitat urbani e periurbani, nonché di individuare le possibilità e i tempi di intervento. Al fine, invece, di limitare al massimo i rischi per la salute delle persone e degli animali, essendo le larve della processionaria del pino (Thaumetopoea pityocampa) la specie più importante per la sua ampia distribuzione territoriale, per l’esposizione professionale nei confronti di varie categorie di 40
lavoratori (boscaioli, guardie forestali, agricoltori, ecc..), e per quanti, animali compresi, entrassero in contatti anche non direttamente con l’insetto, ma con i suoi peli urticanti, visto che si liberano facilmente nell’aria e possono essere aerotrasportati, è necessario distinguere le situazioni in cui si manifestano essenzialmente reazioni cutanee con sensazioni di prurito, da casi con irritazioni molto forti o con coinvolgimento di organi di senso e mucose, per i quali è necessario recarsi presso la più vicina struttura sanitaria e/o dal veterinario di fiducia. Il contenimento delle infestazioni della processionaria rappresenta un problema a lungo studiato nei vari paesi compresi nell’areale di diffusione del Lepidottero, come testimonia la copiosa bibliografia disponibile sull’argomento, ma tra i diversi sistemi di intervento escogitati nessuno è risultato privo di inconvenienti, né applicabile alle varie situazioni. Gli interventi messi in atto contro la processionaria non possono evitare il ripresentarsi in futuro di nuove infestazioni, ma devono proseguire l’obiettivo di contenere per quanto possibile la diffusione del parassita e, di conseguenza, l’azione dannosa, in particolare sulla salute umana e animale, perché una diminuzione della popolazione della “falena”, sarebbe seguita in breve tempo da una diminuzione del numero di esseri umani ed animali sensibilizzati. 41
BIBLIOGRAFIA LIBRI CONSULTATI Battisti A., 1989. Thaumetopoea pityocampa: bio-ecologia e problemi di energetica in ecosistemi di pineta. Atti Convegno “Avversità del bosco e delle specie arboree da legno”, Firenze 15-16 Ottobre 1987: 223-234. Ahmed El Alaoui El Fels M., Avci M., Avtzis N. D., Battisti A., Ben Jamaa L. M., Berardi L., Berretima W. , Branco M., Chakali G., Frérot B., Hodar A. J., Ionescu- Malancus I., Ipekdal K., Larsson S., Manole T., Mendel Z., Meurisse N., Mirchev P., Nemer N., Paiva M.-R., Pino J., Protasov A., Rahim N., Rousselet J., Santos H., Sauvard D., Schopf A., Simonato M., Yart A. e Zamoum M. 2015. Natural history of the processionary moths (Thaumetopoea spp.): new insights in relation to climate change. Pp 15-80 in A. Roques (Editor), Processionary Moths and Climate Change: An Update. Springer-Quae, Dordrecht-Versailles. Masutti L., Battisti A., 1990. Thaumetopoea pityocampa (Den. & Schiff.) in Italy. Bionomics and perspectives of integrated control. Journal of Applied Entomology, 110: 229-234. Moneo I., Battisti A., Dufour B., Garcıa-Ortiz J.C., Gonzalez-Munoz M., Moutou F., Paolucci P., Petrucco-Toffolo E., Rivière J., Rodrıguez-Mahillo A-I., Roques A., Roques L., Vega J.M., Vega J. 2015. Medical and veterinary impact of the urticating processionary larvae. Pp. 359-410 in A. Roques (Editor), Processionary Moths and Climate Change: An Update. Springer-Quae, Dordrecht-Versailles. 42
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Fig. 3.1 - Ammasso di uova di T. pityocampa www.processionaria.it Fig. 3.2 - Esemplare di larva di T. pityocampa www.acremar.it FIG 3.3 - Crisalide di T. pityocampa www.processionaria.it Fig. 3.4 - Stadio adulto di T. pityocampa Fig. 4 - Ciclo biologico di T. pityocampa securityselfstorage.it/newseventi-43-la-processionaria-di-cosa-si-tratta-e-come- difende Fig. 5.1 - Peli urticanti di T. pityocampa visti al microscopio SEM https://www.researchgate.net/figure/259752349_fig4_Figure-4- Fig. 5.2 - Distribuzione bimodale in T. pityocampa https://www.researchgate.net/.../259752349_fig3_Figure-3-Len 44
Fig. 6.1- Orticaria da contatto Fig. 6.2 - Orticaria da contatto con successiva eruzione papulare www.actasdermo.org/.../skin-reactions-on-exposure-pine Fig. 7 - Necrosi e rigonfiamento della lingua di un cane www.amicobeagle.it › Salute Fig. 8 - Trappola a feromone www.biofarm.it/erogatore-di-feromone-per-processionaria.html Fig. 9.1 - Baryscapus Servadeii ponent.atspace.org › Índex › Sistemàtica › Eulophidae Fig. 9.2 - Ooencyrtus pityocampae ephytia.inra.fr/fr/C/20183/Agiir-Ses-ennemis-naturels Fig. 9.3 - Phryxe caudata home.utad.pt/~ltorres/parasitoides/taquinideos.htm 45
Fig. 9.4 - Xanthandrus comtus storianaturale.comune.fe.it/564/atlante-on-line-dei-ditteri-sirfidi-del-ferrarese Fig. 9.5 - Villa brunnea www.biodiversidadvirtual.org/.../Villa-cf.-brunnea- Fig. 9.6 - Coelichneumon rudis www.daapv.unipd.it/promoth/larval_parasitoids.htm Fig. 9.7 - Beauveria bassiana www.lagrotecnico.it/ita/beauveriabassiana.aspx Fig. 9.8 - Cinciallegra (Parus major) www.cristianomarini.biz › foto › fauna Fig. 9.9 - Lophophanes cristatus https://it.wikipedia.org/wiki/Lophophanes_cristatus 46
Fig. 9.10 - Periparus ater www.naturfoto.cz › Ptáci › Pěvci Fig. 9.11 - Calosoma sycophanta https://en.m.wikipedia.org/.../File:Calosoma_sycophanta_L Fig. 9.12 - Upupa (Upupa epops) https://it.wikipedia.org/wiki/File:Upupa_epops_Madrid_02.jpg Fig. 10 - Esecuzione dell’endoterapia www.processionaria.it 47