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Corso di Storia delle Relazioni Internazionali

Corso di Storia delle Relazioni Internazionali. A.A. 2013/2014 Giovanni Bernardini giovanni.bernardini2@unibo.it. La Distensione 1966-1975. Schizofrenia nei rapporti USA-URSS.

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Corso di Storia delle Relazioni Internazionali

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  1. Corso di Storia delle Relazioni Internazionali A.A. 2013/2014 Giovanni Bernardinigiovanni.bernardini2@unibo.it

  2. La Distensione 1966-1975

  3. Schizofrenia nei rapporti USA-URSS • Indipendentemente dalle crisi “periferiche”, dalla metà degli anni ‘60 negli Stati Uniti crescono spinte che favoriscono la Distensione con l’Unione Sovietica: • Ragioni interne: crisi del ‘Cold War consensus’ • Ragioni internazionali: crisi della leadership consensuale esercitata dagli Stati Uniti, e più in generale del prestigio morale di Washington nel mondo (soprattutto in conseguenza della Guerra in Vietnam)

  4. Schizofrenia nei rapporti USA-URSS • Europa occidentale: • Economia: declino relativo dell’egemonia statunitense • Vietnam: l’Europa ha una posizione ormai secondaria nei piani statunitensi • Cuba: rischi per l’Europa senza contropartita • Esclusione permanente dal ‘club atomico’ in seguito al TNP • Timore di un ‘condominio’ delle superpotenze

  5. Schizofrenia nei rapporti USA-URSS • Apice della crisi: ritiro della Francia di De Gaulle dalla NATO (non dal Patto Atlantico) • De Gaulle è convinto (o sembra esserlo) che l’Unione Sovietica sia cambiata e che si possa perseguire una distensione con l’est (URSS e Cina). Altri lo lo avrebbero seguito a breve • Nasce così l’idea di affermare la distensione come obiettivo dell’Alleanza, accanto alla difesa comune (1967). Da parte americana, è il tentativo di ricondurre entro la sede istituzionale esistente le divergenze con gli alleati

  6. Schizofrenia nei rapporti USA-URSS • Sullo sfondo, una crisi ben più grande rimane sul punto di esplodere: i mutati rapporti di forza economica tra Europa e USA rispetto alla fine della Seconda Guerra Mondiale • Inoltre: crisi sistemica dell’economia capitalista, che si aggraverà negli anni a venire per l’aumento del prezzo delle fonti di energia e la diminuzione della produttività

  7. Schizofrenia nei rapporti USA-URSS • Da parte di Washington è sempre più forte il desiderio di una tregua nella Guerra Fredda per ‘mettere ordine in casa’. Non a caso, una delle letture più convincenti della distensione parla più che altro di ricerca di ‘stabilizzazione’ • Se si giunge a qualche risultato, è perché dall’altra parte della cortina di ferro si vive una situazione con risvolti del tutto simili

  8. Schizofrenia nei rapporti USA-URSS • Unione Sovietica: • Dal 1964 c’è un cambio di leadership: dopo l’esito della crisi cubana, Krusciov viene progressivamente allontanato, a vantaggio di Breznev, personaggio ben più incline alla stabilizzazione rispetto a chi lo aveva preceduto • Tentativi di riforma economica, sia in URSS che nel COMECON: sostanziale fallimento, ritardo tecnologico (colmabile solo grazie all’ovest), problemi di credito e alimentari

  9. Gravi crisi all’interno della propria ‘sfera d’influenza: • Primavera di Praga – Dottrina Breznev della sovranità limitata: segnale di forza o debolezza ? • Conseguente perdita di prestigio presso i paesi di recente indipendenza: sempre più Mosca e Washington hanno problemi simili con i ‘non allineati’ e il Terzo Mondo: ne è un esempio la difficoltà sovietica di porre dei limiti alle attività dei comunisti vietnamiti • Cina: dalla tensione agli scontri

  10. Necessità di raffreddare almeno alcuni dei fronti ‘caldi’: rapporti con l’Europa, con gli Stati Uniti, corsa agli armamenti nucleari • Per questo, nonostante la crisi cecoslovacca e l’impressione che essa provoca in occidente, continuano le trattative per il Trattato di Non Proliferazione • L’episodio appare sempre meno come un caso isolato e limitato alla questione atomica, e sempre più come una logica di dialogo tra le Superpotenze, animate da desideri convergenti. Trovare un “codice di condotta” per la Guerra Fredda

  11. Nixon, Kissinger e la nuova politica estera

  12. Chi era Richard Milhous Nixon ? Il “Cold Warrior”… …il Vicepresidente… …l’anti-Kennedy… … il Presidente del “realismo”

  13. Critica superficiale…

  14. “Signor Presidente…”

  15. Le dimissioni di Nixon • Il caso “Watergate”: il termine diverrà proverbiale, assieme ad altri scandali dell’amministrazione Nixon • Shock per l’opinione pubblica americana • Il prestigio dell’istituzione presidenziale stessa è scossa all’interno come a livello internazionale: una questione di credibilità. Questo minerà il corso della distensione. • La difficile successione di Ford • Il potere del Congresso e di alcuni gruppi di pressione uscirà accresciuto dalla vicenda

  16. … critiche più profonde • Nixon rappresenta (almeno inizialmente) l’ultimo esponente di un repubblicanesimo da Guerra Fredda che aveva fatto propri i precetti economici del welfare state (“Siamo tutti keynesiani”) e la dottrina del containment. Prima di lui, la sfida di Barry Goldwater; dopo di lui, la “valanga” di Reagan • Fu un traghettatore, consapevole o meno ?

  17. … critiche più profonde • O tentò un’operazione “gattopardesca” (perché tutto rimanga com’è, che tutto cambi) ? • Di certo, il suo pensiero e la sua opera aveva molto a che vedere con la ridefinizione dell’ “egemonia consensuale” statunitense

  18. Certamente, Nixon era cosciente di: • Declino (quantomeno) relativo della potenza statunitense • Necessità di concludere la guerra del Vietnam: questo gli fa guadagnare l’elezione alla Presidenza. “Vietnamizzazione del conflitto”. • Esigenze di ridimensionamento dell’impegno diretto americano all’estero (discorso di Guam; dottrina Nixon) • Imprescindibile dialogo con l’Unione Sovietica e tattica “del bastone e della carota” per limitare gli effetti destabilizzanti della sua politica estera (“era di negoziato”)

  19. Henry Kissinger • “mente europea della politica americana” • Critica dei limiti concettuali della politica estera statunitense dalle origini • Messianesimo e crociata morale • Il compito dell’amministrazione Nixon: “educare il popolo americano alle necessità dell’equilibrio di potenza”. • Coscienza dei limiti di azione

  20. Henry Kissinger • MA: non si distacca dall’ “ossessione per la credibilità” • E soprattutto: la sua visione strategica bipolare finisce per azzerare le specificità nazionali e regionali, come altri “coldwarrior” prima di lui • Obiettivo: ricerca della stabilità e della legittimità del sistema di relazioni internazionali

  21. Da un sistema bipolare a uno multipolare. Equivoco: si tratta di una definizione descrittiva, prima ancora che prescrittiva. • Rimane una differenza tra le due Superpotenze, che hanno responsabilità e raggio d’influenza globale, e le altre medie potenze (Cina, Europa) regionali • Il dialogo bipolare è dunque esclusivo per sua stessa natura

  22. Il problema NON E’ la natura interna del regime sovietico, ma l’aggressività della sua politica estera • Quindi, l’obiettivo NON E’ trasformare l’Unione Sovietica, ma indurla (‘stick and carrot’) ad abbandonare i suoi progetti di destabilizzazione del sistema internazionale • Per questo, essa deve accettare la legittimità del sistema stesso e cooperare a costruire l’equilibrio e la stabilità

  23. Trattare con Mosca: • Diplomazia strettamente personale, sin dal febbraio 1969 • Massima segretezza

  24. “La distensione non può essere perseguita selettivamente (…), è indivisibile”: teoria e pratica del linkage, la capacità di legare gli eventi tra di loro • Esempio: senza progressi in Vietnam, stallo delle trattative SALT. Il 1970 verrà ricordato come un “anno perso” per le relazioni tra le due superpotenze, mentre altri facevano progressi nel dialogo con Mosca

  25. Inoltre, la riconduzione della politica estera al bipolarismo rende piatto il mondo della diplomazia statunitense ed impoverisce di contenuti il dialogo con gli altri paesi • Esempio: la Cina e i magri risultati oltre il breve termine • Altro esempio: Cile di Allende

  26. Esigenza imprescindibile: ottenere la collaborazione sovietica per risolvere la guerra in Vietnam • Il linkage si trasforma in una ‘prigione’ • Già alla fine di gennaio c’era un accordo sostanziale tra Nixon e Breznev sull’accettazione della parità strategica e sulla necessità di limitare gli armamenti strategici

  27. Eppure: l’inizio ufficiale dei negoziati sarà soltanto a novembre • Delegazioni sovietiche e americane con esperti di massimo livello si incontrano alternativamente a Vienna ed Helsinki • Tre questioni in discussione: • Missili statunitensi collocati in Europa: da considerare strategici ? Si concluse con un rinvio • MIRV. Stessa conclusione • ABM. Compromesso • Firma dell’accordo il 26 maggio 1972, durante la visita di Nixon a Mosca: la prima di un presidente statunitense in URSS dai tempi della conferenza di Yalta

  28. Una valutazione: risultati commisurati alle aspettative ? Di certo non si interruppe la corsa agli armamenti nucleari • Sicuramente l’apertura alla Cina rese i sovietici inclini a raggiungere un compromesso

  29. Reazioni divergenti negli Stati Uniti e in Europa • Soprattutto: i progressi, se questi vi furono, coinvolsero quasi esclusivamente la componente militare della rivalità est-ovest. In una certa misura, la strategia kissingeriana non raggiunge lo scopo, e non sopravvivrà alla sua esperienza diretta di governo

  30. Ulteriori incontri al vertice: nel 1973 negli Stati Uniti e nel 1974 in Unione Sovietica • Risultati: • Convenzioni sulle armi biologiche • Trattato sui sistemi ABM • “Principi basilari delle relazioni” • “Accordo per la prevenzione della guerra nucleare” • Altri accordi di cooperazione bilaterale • Premesse per il SALT II

  31. MA: poteri ormai limitati di Nixon a causa dell’incedere dello scandalo Watergate • In più: il clima è cambiato, distensione diventa in breve tempo una “parolaccia” che Ford cercherà di evitare in ogni modo durante la campagna elettorale • Critiche da destra e da sinistra

  32. Non c’è stato un cambiamento di mentalità e di sensibilità popolare, proprio l’elemento che Kissinger sottostimava • Riemerge il tema dei diritti umani e della moralità della politica estera. “Détente=appeasement” • Il vero o apparente “nuovo espansionismo sovietico” sembra darne prova • L’Afghanistan è la “tomba” definitiva della distensione

  33. L’apertura alla Cina

  34. L’apertura alla Cina • Nixon e Kissinger ne valutano l’opportunità da prima di entrare in carica • Che senso ha fossilizzarsi in Vietnam in onore alla “dottrina del domino” quando si può raggiungere un accordo in funzione antisovietica col più grande paese del mondo? • L’elemento definitivo che li persuade all’azione è lo scontro armato tra Cina e URSS nel marzo del 1969 lungo il fiume Ussuri: è ormai impossibile non vedere che il campo comunista è diviso in due

  35. L’apertura alla Cina • Da parte cinese: necessità economiche e di stabilizzazione durante e dopo la Grande Rivoluzione culturale • “Assicurazione” contro i tentativi di Mosca di avere il predominio sull’Asia e di recuperare la centralità nella galassia comunista • USA e Cina condividono quindi un interesse strategico per bilanciare lo strapotere sovietico (anche se per gli Stati Uniti l’urgenza è sempre l’uscita dal Vietnam)

  36. L’apertura alla Cina • Nel luglio del 1971 Kissinger compie un viaggio a sorpresa in Cina per tre giorni • Un anno dopo Nixon è a Pechino: finiscono 25 anni di ostilità e non riconoscimento • Sui sovietici l’impatto della notizia è fortissimo • In realtà, gli incontri servono soprattutto a chiarire le fonti di disaccordo, che pure rimangono • Taiwan: la RPC si impegna a soluzioni pacifiche, ma gli Stati Uniti riconoscono che esiste UNA Cina

  37. L’apertura alla Cina • Impegno a lavorare per la normalizzazione delle relazioni reciproche • Accordo che né i due contraenti né “nessun altro paese” devono cercare l’egemonia sull’area Asia-Pacifico • Ufficiosamente, ai sovietici sarà fatto sapere che, in caso di attacco contro la Cina, gli Stati Uniti non sarebbero rimasti neutrali

  38. L’apertura alla Cina • Perché non si arrivarono a risultati più importanti? Persino il riconoscimento ufficiale arriverà soltanto nel 1979 • Di nuovo, la logica della Guerra Fredda: in quel momento tutte le trattative erano orientate in chiave anti-sovietica, e questo impedisce di cogliere ulteriori opportunità

  39. Il Vietnam di Nixon

  40. Jeffrey Kimball, “Nixon’s Vietnam War” • Keith L. Nelson, “The Making of Détente: soviet-american relations in the shadow of Vietnam”

  41. Fallimento dei primi negoziati diretti nel 1968: lo zampino di Nixon ? • Promessa elettorale di concludere la guerra (la parola ‘vittoria’ di fatto scompare) • Nei primi sei mesi si chiarisce la strategia di Nixon e Kissinger: • Ricerca di collaborazione sovietica • Vietnamizzazione del conflitto (incontro delle Midway, Dottrina Nixon). È un’idea del Segretario della Difesa Laird, a Kissinger non piace perché limita il margine di manovra della diplomazia. • Trattative dirette con il Vietnam del Nord a Parigi

  42. Il “piano per il Vietnam” promesso da Nixon, in realtà non esisteva • Viene comunque mantenuto l’impegno a diminuire il numero di militari statunitensi impiegati: • 540.000 all’ingresso alla Casa Bianca • 139.000 alla fine del 1971 • 25.000 alla fine del 1972 • Nel 1973 abolita la leva obbligatoria • Le critiche di Kissinger: intaccata la “credibilità”

  43. Al contempo: gli sforzi diplomatici erano dedicati ad evitare l’umiliazione di una vittoria militare nord-vietnamita: neanche Nixon vuole essere “il primo presidente americano a perdere una guerra” • Prendono forma i termini del “patto con il diavolo”: ritiro delle forze statunitensi solo in cambio della solenne promessa di Hanoi di cessare la sua aggressione militare contro il sud e di accordare al governo di Saigon un’adeguata opportunità di sopravvivenza

  44. Contemporaneamente, ricerca del sostegno di Mosca (e poi Pechino) per tenere a freno il governo di Ho Chi Minh e spingerlo ad un atteggiamento più conciliante durante le trattative di Parigi. In realtà, la fine del monolitismo comunista rende le cose più complesse (concorrenza URSS-Cina) • Molto più ambigue sono le richieste statunitensi in merito al sostegno economico e militare che Mosca fornisce al Vietnam: atteggiamento “cinico”, si esprime “comprensione” perché non si può condannare il supporto di una superpotenza ad un alleato

  45. Per il momento, nessuna flessibilità da parte di Hanoi: le operazioni belliche continuano, e si chiede il ritiro incondizionato delle truppe statunitensi • Si realizza uno dei peggiori incubi di Kissinger: i nord vietnamiti hanno pochi incentivi al compromesso poiché sono coscienti che Nixon non avrebbe osato invertire il disimpegno statunitense già intrapreso, contro l’opinione pubblica e il Congresso.

  46. Di fronte allo stallo della diplomazia, Kissinger è favorevole ad innalzare il livello dello scontro militare. • Necessità di una “mossa a sorpresa” che dimostri la risolutezza della Casa Bianca nel perseguire i propri piani: la vittima designata è la Cambogia. Il paradosso: per terminare il conflitto si finirà per estenderne i confini.

  47. Nixon non era convinto fino in fondo, per ragioni di opinione pubblica. • La Cambogia era neutrale da anni, ma ormai il suo regime fondava la propria politica sulla convinzione che la vittoria dei comunisti in Vietnam fosse solo una questione di tempo

  48. Tacita approvazione della costruzione di “santuari” nord-vietnamiti, e soprattutto dell’utilizzo del proprio territorio per condurre operazioni militari (“sentiero di Ho Chi Minh”) • Il Presidente Johnson aveva espressamente rifiutato l’ipotesi che i suoi generali gli avevano prospettato: colpire le unità vietnamite in Cambogia • Nixon al contrario ordina nell’aprile del 1969 una campagna segreta di bombardamenti

  49. Il regime di Phnom Penh non reagisce, ma rifiuta categoricamente l’ingresso alle truppe statunitensi e sud vietnamite • Colpo di stato del generale LonNol, incoraggiato dall’intelligence statunitense • Il 30 aprile Nixon annuncia che forze di terra sono entrate in Cambogia con l’approvazione del nuovo regime. • Dal punto di vista militare l’intera operazione è un disastro senza appello. Ritiro in tempi brevi. Cosa più grave: se si cercava una prova che la vietnamizzazione stava funzionando, il risultato è del tutto controproducente.

  50. Da quello mediatico, il risultato se possibile è anche peggiore • In patria: accuse di bypassare il controllo del Congresso • Rinnovate proteste contro l’attacco ad un paese neutrale. Quattro studenti uccisi all’università di Kent, Ohio, il 4 maggio 1970 • Dimissioni di membri minori dell’amministrazione “disgustati” dal comportamento della Casa Bianca. Kissinger li definirà in modo sprezzante “bleedinghearts” • In Cambogia: dopo il ritiro delle truppe statunitensi, quelle sud vietnamite uccidono e saccheggiano, infiammando in senso antiamericano l’opinione pubblica locale

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