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Corso di Storia delle Relazioni Internazionali

Corso di Storia delle Relazioni Internazionali. A.A. 2013/2014 Giovanni Bernardini giovanni.bernardini2@unibo.it. L’inesorabile declino dell’URSS. L’URSS è l’attore mancante nel quadro dei mutamenti economici che abbiamo esaminato durante l’ultima lezione

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Corso di Storia delle Relazioni Internazionali

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Presentation Transcript


  1. Corso di Storia delle Relazioni Internazionali A.A. 2013/2014 Giovanni Bernardinigiovanni.bernardini2@unibo.it

  2. L’inesorabile declino dell’URSS • L’URSS è l’attore mancante nel quadro dei mutamenti economici che abbiamo esaminato durante l’ultima lezione • Il 15 agosto del 1971 (“Nixon shock”) viene accolto a Mosca come un sintomo di crisi definitiva del capitalismo • Nel bene e nel male, era invece l’inizio di un rinnovamento che avrebbe prodotto un capitalismo diverso

  3. L’inesorabile declino dell’URSS • certo meno “equo” e più “spietato” • ma che imprimeva un impulso impressionante alla ricerca di nuovi metodi di produzione, di distribuzione, di circolazione dei capitali • Il simbolo era la nuova rivoluzione tecnologica prodotta attorno all’informatica e ai mezzi di comunicazione • Nel frattempo, i sistemi di welfare resistono in quasi tutta Europa, fornendo ancora sicurezza ai cittadini anche durante la fase di grande rinnovamento

  4. L’inesorabile declino dell’URSS • Il sistema sovietico non regge il passo e, indipendentemente dai numeri, si rivela inadeguato a competere col nuovo “turbocapitalismo” • Dai primi anni ’70 il boom che pure l’est aveva conosciuto negli anni precedenti è ormai un lontano ricordo • Le ragioni: costi dell’ “espansione imperiale”, rigidità e inefficienze del sistema politico-economico, incapacità di riconversione verso settori non “esausti” o saturi, fallimento di ogni riforma economica, incapacità di migliorare l’offerta di beni di consumo.

  5. L’inesorabile declino dell’URSS • Crescente importazione di beni, capitali, e tecnologia dall’ovest (in particolare dall’Europa occidentale, come avevano previsto gli artefici della Ostpolitik). • Giudizi contrapposti: • si prolungò l’agonia (o peggio la tirannia) dei regimi dell’est • o si facilitò la loro dissoluzione in larga parte pacifica, e la successiva assimilazione di quei paesi all’ “Occidente”?

  6. L’inesorabile declino dell’URSS • Di sicuro, attraverso quei maggiori contatti passò l’influenza della diversificazione e liberalizzazione culturale che avrebbe reso ancora più evidente il grigiore e l’uniformità della vita nei paesi dell’est. Si tratta di nuove esigenze di “consumi” che i sistemi comunisti non riescono a esaudire. • Allo stesso tempo, dal 1968 il socialismo perde costantemente appeal presso i paesi del Terzo Mondo

  7. L’inesorabile declino dell’URSS • A Mosca non restava nulla della “vocazione rivoluzionaria” • ben presto sarebbe scomparsa anche ogni speranza di protrarre indefinitamente la Distensione, e con essa la “convivenza pacifica” tra i due sistemi

  8. Da Nixon a Carter

  9. L’interregno di Ford • Come conseguenza dello scandalo Watergate, Nixon si dimette nel 1974 • Sostituito dal Vicepresidente Ford • Parentesi di estrema debolezza: • Ridimensionamento dell’istituzione presidenziale a vantaggio del Congresso • Critica sempre più serrata e “bipartisan” alla Distensione, che era stato il tratto distintivo dell’amministrazione precedente

  10. L’interregno di Ford • Per quanto riguarda questo secondo punto (la Distensione), quando Ford e Breznev firmano il SALT II (novembre 1974) il clima negli Stati Uniti sta già cambiando considerevolmente • L’accordo codifica ulteriormente la parità strategica degli armamenti nucleari USA-URSS • Un anno dopo gli Stati Uniti sottoscrivono l’Atto Finale della Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa

  11. L’interregno di Ford • Accuse “da sinistra”: sacrificio dei popoli dell’est e accettazione della loro sottomissione a Mosca • Accuse “da destra”: impossibile accettare il principio di parità con l’ “Impero del Male”, la cui natura non era mai cambiata • Accuse di sottovalutazione del reale potenziale dei sovietici e della loro affidabilità • Tornano in campo persino alcuni estensori dell’NSC-68 a ribadire che non si poteva rinunciare al principio di superiorità strategica in virtù di una superiorità morale degli USA

  12. L’interregno di Ford

  13. L’interregno di Ford • Si forma una eterogenea coalizione di forze che avrebbe dato vita al neoconservatorismo • Diffondere l’idea che l’URSS stava approfittando della Distensione per estendere la propria influenza • Proprio in quella fase, cade il Vietnam del Nord • Decolonizzazione in Angola: scoppia una guerra civile che contrappone alleati degli USA e del Sudafrica e un movimento marxista aiutato da Cuba (soltanto secondariamente dall’URSS). Nel 1976 quest’ultimo dichiarerà la vittoria.

  14. L’interregno di Ford • Sembra il crollo del paradigma kissingeriano: la Distensione come accettazione dello status quo nel Terzo Mondo per ridurre i costi e i rischi • La lente bipolare della Guerra Fredda conduce a un paradosso: l’URSS sembra più forte che mai, proprio mentre ha imboccato la strada del declino • Ford, sfidato da Reagan nel suo partito, abolisce il termine “Distensione” • La spaccatura favorisce la vittoria a sorpresa di Jimmy Carter

  15. “Jimmy who ???”

  16. Il “fenomeno” Carter Carter rappresenta una vittoria “contro l’establishment” dei partiti, contro i politici di lungo corso (l’establishment non glielo perdonerà). Un esempio di sogno americano (“A cinque anni vendevo noccioline”), di candor intriso di una religiosità semplice (pastore battista) di cui fa largo uso nel suo linguaggio politico. Ma rappresenta anche il sud non-segregazionista, raccogliendo in qualche modo anche l’eredità kennediana

  17. Il “fenomeno” Carter • Membro della Trilateral Commission, da cui selezionò buona parte della sua amministrazione • Politica estera: • Continua tensione tra il Segretario di Stato Cyrus Vance ed il Consigliere per la Sicurezza Nazionale Zbigniew Brzezinski: tra prosecuzione del dialogo con l’Unione Sovietica ed uso aggressivo e strumentale dei diritti umani e del “terzo cesto”

  18. Il “fenomeno” Carter • Sarà la seconda strategia a prevalere, e a creare tensioni crescenti con gli alleati europei

  19. Il “fenomeno” Carter • Carter è ancora oggi considerato, nel bene e nel male, paladino dei diritti umani; ma ancora di più, di un approccio meno “aggressivo” della politica estera statunitense alle relazioni internazionali. Esattamente agli antipodi della dottrina della “guerra preventiva”. Ha incontrato negli anni recenti alcuni dei peggiori “nemici” degli USA, ed ha scritto in particolare un libro che critica pesantemente la politica israeliana nei confronti della questione palestinese. Il premio Nobel per la Pace che gli è stato attribuito nel 2002 è stato percepito dall’amministrazione Bush come una esplicita critica alla sua condotta in politica internazionale.

  20. Il “fenomeno” Carter

  21. Jimmy Carter • Insistenza sui diritti umani per restituire dei criteri morali assoluti all’America, dopo la Realpolitik “immorale” di Kissinger e della Distensione • È anche lo specchio della crescita di organizzazioni non governative, e di attenzione dell’opinione pubblica, per il tema dei diritti umani • Ovviamente la realtà era ben diversa, e Carter fu accusato di molte incoerenze (sostegno al Sudafrica)

  22. Jimmy Carter • Il più grande successo di Carter fu probabilmente l’accordo di Camp David: riconoscimento reciproco tra Egitto e Israele (1978), che ribadiva la centralità statunitense nell’area • Ma a Mosca il tema dei diritti umani spaventa: dopo l’Atto Finale di Helsinki c’è una crescita esponenziale di gruppi di dissidenza in tutto l’est, sempre più difficili da reprimere a causa dell’attenzione internazionale (caso Sakharov)

  23. Jimmy Carter • Tentativi di ripresa del dialogo sul nucleare, ma da una posizione statunitense più rigida: l’accordo SALT II arriverà solo nel 1979, e non sarà ratificato (vedi oltre) • Cresce a Mosca l’impressione che gli Stati Uniti stiano cerando di mettere in difficoltà il potere sovietico, e che l’atmosfera di collaborazione della Distensione si svanita • Mutato il clima, qualunque occasione di incomprensione fa crescere lo scontro: il caso degli Euromissili. Un’operazione di routine per i sovietici, una nuova minaccia per l’Occidente

  24. Jimmy Carter

  25. Jimmy Carter • Crisi nel Corno d’Africa: ancora una volta, volenti o nolenti, USA e URSS sono trascinati dalla logica stessa della Guerra Fredda in un contesto del tutto periferico • La sostanziale vittoria dell’Etiopia, appoggiata da Cuba e dall’URSS, sulla Somalia (favorita dagli USA, ma più debolmente), persuade anche Carter che sia necessario un cambio di atteggiamento

  26. Jimmy Carter • Tornano a salire le spese militari nella NATO dopo un lungo declino • Critiche ad alcuni processi interni all’URSS contro alcuni dissidenti • Riconoscimento diplomatico della Cina Popolare da parte degli Stati Uniti, dopo anni di congelamento (toni decisamente antisovietici). Fondamentale il cambiamento di leadership: il nuovo leader cinese è Deng Xiaoping, che intende modernizzare il paese e aprire gradualmente all’economia di mercato (per questo è necessario un rapporto diverso con l’Occidente)

  27. La Rivoluzione in Iran • Il deterioramento del clima e del dialogo est-ovest sarebbe stato acuito da un evento di portata epocale proprio perché estraneo alla logica della Guerra Fredda

  28. La rivoluzione in Iran • L’Iran era il principale alleato degli Stati Uniti nella regione del Golfo Persico per ragioni strategiche ed economiche • Lo scià RezaPahlavi aveva promosso una forte modernizzazione di impronta occidentale e secolare • Ma ampie fasce della popolazione ne erano escluse, o si opponevano per ragioni morali e religiose

  29. La rivoluzione in Iran

  30. La rivoluzione in Iran • Si sviluppa un movimento estremamente eterogeneo: partecipano liberali, marxisti e varie forze religiose (clero incluso) • Repressione durissima e crisi economica: il paese precipita nel caos • Il rientro nel paese dell’Ayatollah Khomeini decretava la vittoria dei religiosi, avviava una repressione violentissima di ogni altra fazione, e faceva nascere la prima repubblica islamica, in cui il clero è forza egemone

  31. La rivoluzione in Iran • Era una sfida storica alla logica del bipolarismo che USA e URSS fecero fatica a comprendere, poiché non rientrava nelle categorie tradizionali • Il problema era “un vuoto di potere” che l’altra superpotenza avrebbe potuto occupare… • …mentre Khomeini dichiarava: “Respigete le infide superpotenze dai vostri paesi e dalle vostre abbondanti risorse… fate affidamento […] sulla vostra vera identità […] salvandovi dalla miserevole umiliazione ai piedi dell’Ovest e dell’Est”

  32. La rivoluzione in Iran • L’evento fa precipitare la popolarità di Carter: un leader titubante che non sa scegliere la linea del rigore • In America Latina, la rivoluzione sandinista in Nicaragua darà l’impressione che stanno nascendo “nuove Cuba” • Quando gli USA danno ospitalità allo scià, in Iran esplodono violenti scontri e giovani militanti fanno irruzione nell’ambasciata USA, prendendo in ostaggio molti funzionari

  33. La rivoluzione in Iran • Lunga crisi che Carter non seppe gestire: alla vigilia delle elezioni USA (1980), tentativo militare di liberare gli ostaggi che finisce nel sangue e senza risultati

  34. L’Afghanistan • Ma l’Iran costituisce un problema anche per i sovietici • L’Afghanistan era sotto un governo comunista dal 1978, ma con una durissima lotta tra fazioni e con forti rivolte della popolazione • Il rischio è l’estensione della rivoluzione islamica in Afghanistan, e da lì alle repubbliche sovietiche confinanti • Decisione di intervenire militarmente: il 25 dicembre 1979. Secondo i progetti doveva essere un’operazione di qualche settimana

  35. L’Afghanistan • Sarebbe stato l’ultimo disastro: 15mila morti sovietici, isolamento e ostilità del mondo islamico, disapprovazione mondiale e soprattutto del “Terzo Mondo”, fine di ogni possibilità di Distensione • All’Afghanistan sarebbe costata un milione di morti e cinque di milioni di rifugiati all’estero. La causa islamica sarebbe divenuta un elemento di mobilitazione mondiale, e in Afghanistan sarebbero accorsi combattenti da tutto il mondo islamico

  36. L’Afghanistan • A Washington si volle interpretare l’iniziativa come una nuova dimostrazione del rinnovato espansionismo sovietico • Embargo sulle vendite di beni alimentar e tecnologia • Boicottaggio delle Olimpiadi di Mosca • Aumento delle spese per la difesa • Aiuti militari al Pakistan e da lì all’Afghanistan • Questo non fu sufficiente a salvare Carter da una sconfitta devastante alle elezioni del 1980.

  37. Ronald Reagan • La vittoria di Reagan avveniva all’insegna di un ritorno a una strategia di più attivo contenimento dell’Unione Sovietica e di sfida che ne mettesse a nudo le debolezze • Era un ritorno ai più rigidi comandamenti dell’ NSC-68, nella convinzione che la dissoluzione dell’ “impero sovietico” non fosse poi troppo lontana

  38. Il grande comunicatore • In this present crisis, government is not the solution to our problem; government is the problem. From time to time we've been tempted to believe that society has become too complex to be managed by self-rule, that government by an elite group is superior to government for, by, and of the people. Well, if no one among us is capable of governing himself, then who among us has the capacity to govern someone else?

  39. Il grande comunicatore • We have every right to dream heroic dreams. Those who say that we're in a time when there are not heroes, they just don't know where to look. You can see heroes every day going in and out of factory gates. Others, a handful in number, produce enough food to feed all of us and then the world beyond. You meet heroes across a counter, and they're on both sides of that counter. There are entrepreneurs with faith in themselves and faith in an idea who create new jobs, new wealth and opportunity. They're individuals and families whose taxes support the government and whose voluntary gifts support church, charity, culture, art, and education. Their patriotism is quiet, but deep. Their values sustain our national life.

  40. Il grande comunicatore • Restituire un obiettivo alla politica estera americana, dopo la “ricerca dell’equilibrio” kissingeriana: lotta all’ “impero del male”. L’URSS non è “il male” soltanto per l’aggressività della sua politica estera, per la sua stessa natura, che è incompatibile con i valori fondanti del mondo libero • La parità strategica non basta: non è soltanto un errore, ma una perversione morale. Necessaria la superiorità nei confronti di un nemico inaffidabile • Distensione = Appeasement

  41. Il grande comunicatore • Un più attivo contrasto della diffusione del comunismo porterà in particolare ad una politica particolarmente dura nei confronti dell’America Latina e del Terzo Mondo in generale: uso della forza (diretta o per procura) e dell’ “arma economica” (istituzioni internazionali) • Durissime prese di posizione sugli eventi in Polonia e sul problema della dissidenza nei paesi dell’est

  42. Con una differenza fondamentale: gli europei occidentali non avrebbero seguito fedelmente come in passato, desiderosi i conservare i risultati che la LORO distensione aveva raggiunto

  43. Ronald Reagan • Rivoluzione negli affari interni: “Lo stato non è la soluzione dei nostri problemi, lo stato è il problema” • Associato a una politica estera che si fonda sul rigetto morale della parità con l’URSS (l’unico elemento che associa Reagan a Carter) • Non si tratta di trovare un modus vivendi con l’URSS, ma di vincere la Guerra Fredda

  44. Ronald Reagan • Restituire fiducia all’America nella sua “missione storica”. Percezione di una “unicità” ancora più accresciuta che in passato, visto che gli Europei sembrano non voler rinunciare alla loro “Distensione” (=Appeasement) • Forte offensiva retorica: “impero del male”, “pattumiera della storia” • Due strade convergenti: 1)Accrescere la forza degli Stati Uniti 2) Aggravare le difficoltà dell’Unione Sovietica

  45. Ronald Reagan 1) Vasto programma di modernizzazione delle forze armate e di miglioramento tecnologico degli armamenti. Il bilancio militare aumenta del 50% in 5 anni. Si tratta anche di un modo per rimettere in moto la produzione negli Usa e guadagnare così il favore della popolazione, colpita dalla deindustrializzazione di molti settori 2) Ma soprattutto è una sfida lanciata all’URSS e alla sua stagnazione economica. “Non riusciranno a starci dietro”. L’esempio emblematico è il progetto di “Scudo Spaziale”

  46. Ronald Reagan • Erano realmente coscienti dei limiti e dei problemi dell’URSS? • In certa misura sì, soprattutto per quanto riguardava le questioni interne dell’economia, la capacità di esaudire le richieste dei partner, e la capacità di proiezione dell’ideologia all’estero • Tuttavia: • Le lenti deformanti della contrapposizione sono sempre le stesse • Dal punto di vista USA, l’URSS continua a essere un colosso militare, e lo sarà fino all’ultimo momento (e oltre)

  47. Difficoltà di Mosca • Il baricentro della Guerra Fredda torna in Europa, dove era nata • La novità sostanziale è che si sono aperti canali di dialogo tra le due parti dal 1975, e che le società dei paesi dell’est acquisiscono un protagonismo che non avevano in precedenza. Agli occhi del mondo è un’ulteriore dimostrazione del fallimento del sistema sovietico

  48. Difficoltà di Mosca • Dalla fine degli anni ‘70 i regimi dell’est dipendono in modo strutturale dai crediti occidentali • Il rischio è l’eccessiva dipendenza o addirittura l’insolvenza • MA: ogni riduzione del debito avrebbe comportato drastiche riforme economiche (che non si voleva introdurre) o un contenimento delle importazioni e dei consumi (con conseguenti proteste della popolazione)

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