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Teoria del federalismo Parte prima

Teoria del federalismo Parte prima. SPIEGAZIONI DEL DECENTRAMENTO. Non sono principalmente economiche, ma soprattutto politiche e ideologiche Le opinioni sono mutevoli nel corso del tempo. SPIEGAZIONI DEL DECENTRAMENTO.

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Teoria del federalismo Parte prima

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Presentation Transcript


  1. Teoria del federalismo Parte prima

  2. SPIEGAZIONI DEL DECENTRAMENTO • Non sono principalmente economiche, ma soprattuttopolitiche e ideologiche • Le opinioni sono mutevolinel corso del tempo

  3. SPIEGAZIONI DEL DECENTRAMENTO • La spiegazioni dell’intervento pubblico studiate nel corso di Scienza delle Finanze erano solo una prima approssimazione ai problemi • Oltretutto molto condizionata dal punto di vista economico assunto

  4. SPIEGAZIONI DEL DECENTRAMENTO La schema del ragionamento • Teoria del fallimento del mercato. • Beni pubblici e altre cause • Free riding • Meccanismi di rivelazione delle preferenze per i beni pubblici • I meccanismi di votazione.

  5. SPIEGAZIONI DEL DECENTRAMENTO Si fonda su ipotesi • I beni pubblici sono “nazionali” e non “locali” • Non esistono differenziazioni territoriali delle preferenze dei cittadini • I meccanismi politici sono uno strumento adeguato di rivelazione delle preferenze

  6. ALCUNI CONCETTI DI BASE BENE PUBBLICO PURO E’ un bene con le caratteristiche di non rivalità e non escludibilità Pochi rispondono a questo requisito Più spesso si tratta di beni misti

  7. ALCUNI CONCETTI DI BASE BENE PUBBLICO LOCALE E’ un bene le cui caratteristiche di non rivalità e non escludibilità sono limitate territorialmente (es. benefici di una diga, trasmettitore televisivo, servizio di illuminazione stradale, servizi antincendio)

  8. BENE PUBBLICO LOCALE E’ un bene le cui caratteristiche di non rivalità e non escludibilità sono limitate territorialmente (es. benefici di una diga, trasmettitore televisivo, servizio di illuminazione stradale, servizi antincendio)

  9. BENE PUBBLICO LOCALE In questo caso il meccanismo allocativo andrebbe differenziato luogo per luogo Rinvio alla Teoria della dimensione ottimale del governo locale (la teoria dei club di Buchanan)

  10. SPIEGAZIONI DEL DECENTRAMENTO • I meccanismi politici non sono uno strumento adeguato di rivelazione delle preferenze (la dittatura della maggioranza) • Per questo sono necessari meccanismi compensativi (bilanciamento dei poteri: ad es. esecutivo, legislativo, magistratura) • Ma anche presenza di più classi di governo (centrale e locale)

  11. SPIEGAZIONI DEL DECENTRAMENTO • Storicamente non esistono stati con un solo livello di governo • Anche se i modelli di decentramento sono molto diversi e mutevoli nel tempo

  12. PRINCIPI CONTRAPPOSTI A favore dell’accentramento • Esigenza di uniformità nella prestazione dei servizi pubblici A favore del decentramento • Responsabilizzazione delle amministrazioni locali • Rispetto delle diversità nelle preferenze dei cittadini

  13. MODELLI DI DECENTRAMENTO CRITERIO FUNZIONALE Articolazione territoriale di enti che svolgono una sola funzione su tutto il territorio, organizzati secondo una struttura gerarchica CRITERIO TERRITORIALE Separazione delle competenze tra diversi livelli di governo che hanno responsabilità di governo all’interno di una data area territoriale

  14. MODELLI DI DECENTRAMENTO Modello della torta a starti Separazione delle funzioni tra diversi livelli Modello della marmor-torte Interrelazione tra le funzioni

  15. MODELLI DI DECENTRAMENTO TERRITORIALE Centralista Regionalista Federale

  16. MODELLI DI DECENTRAMENTO TERRITORIALE Centralista • Funzioni dei livelli inferiori delegate e limitate. • Stretto controllo sulle modalità di offerta dei servizi e delle forme di finanziamento.

  17. MODELLI DI DECENTRAMENTO TERRITORIALE Regionalista L’attribuzione delle funzioni ai diversi livelli di governo ha un supporto costituzionale • Autonomia fiscale, che solitamente non include la potestà di imporre a livello decentrato nuovi tributi.

  18. MODELLI DI DECENTRAMENTO TERRITORIALE Federale • Il governo centrale è emanazione degli stati o regioni federate. • Piena autonomia tributaria degli stati o regioni • La modificazione dei rapporti interstatuali richiede l’assenso degli stati

  19. LA TEORIA ECONOMICA DEL DECENTRAMENTO Quale è il ruolo degli enti decentrati rispetto alle tre grandi funzioni dello stato di Musgrave: Stabilizzazione, Distribuzione, Allocazione?

  20. GRANDI FUNZIONI DELLO STATO E DECENTRAMENTO Esistono ragioni per attribuire, in modo separato, le tre grandi funzioni dello stato a diversi livelli di governo? (modello della “torta a strati”)

  21. GRANDI FUNZIONI DELLO STATO E DECENTRAMENTO STABILIZZAZIONE Funzione centrale o addirittura sovranazionale Scarsa efficacia delle politiche di stabilizzazione a livello locale a causa dell’elevato grado di apertura delle economie locali

  22. Richiamo del concetto di moltiplicatore in economia aperta Y = C+ I + G + X – M C = cY M = mY 1 Y = (I+G+X) 1- c +m

  23. GRANDI FUNZIONI DELLO STATO E DECENTRAMENTO Ad esclusione dei beni pubblici puri, quasi tutti i servizi pubblici possono essere offerti efficientemente a livello decentrato ALLOCAZIONE E’ la funzione privilegiata per i livelli decentrati.

  24. GRANDI FUNZIONI DELLO STATO E DECENTRAMENTO GESTIONE DEL DEBITO PUBBLICO E’ di solito preferibile una gestione al livello di governo centrale che può offrire maggiori garanzie di solvibilità.

  25. GRANDI FUNZIONI DELLO STATO E DECENTRAMENTO GESTIONE DEL DEBITO PUBBLICO La costituzione (Titolo V) consente l’emissione di debito solo per le spese di investimento Per le Regioni (DLgs.76/2000) gli oneri di ammortamento (quota capitale e interessi ) non devono superare il 25% delle entrate tributarie non vincolate delle stesse Per i Comuni la legge impone limiti all’indebitamento: spese per interessi entro l 25% dei primi tre titoli delle entrate (tributi, trasferimenti, entarte extar tributarie)

  26. GRANDI FUNZIONI DELLO STATO E DECENTRAMENTO REDISTRIBUZIONE La tesi tradizionale attribuisce questa funzione al governo centrale

  27. REDISTRIBUZIONE Motivazioni tesi tradizionale 1) Uniformità dei criteri di equità distributiva rappresentati dal parametro, nazionale, dell’avversione sociale alla disuguaglianza. Per evitare conflitti tra diversi livelli, si toglie l’obiettivo al livello locale

  28. REDISTRIBUZIONE Motivazioni tesi tradizionale 2) Il modello di Tiebout (v.oltre) prevede un meccanismo allocativo in cui si formano comunità di individui simili. Ciò rende non necessarie politiche distributive a livello locale. Resta un’esigenza di redsitribuzione nazionale tra le comunità

  29. REDISTRIBUZIONE Motivazioni tesi tradizionale 3) Inefficienza da selezione avversa nelle politiche distributive locali. Attrazione dei poveri nelle comunità ricche. I ricchi se ne vanno. Effetti esterni sulle altre comunità. (Analogia con i temi della competizione fiscale Rischi di “race to bottom”)

  30. REDISTRIBUZIONE Critiche alla tesi tradizionale 1) La tesi spiega “troppo” in quanto presuppone perfetta informazione del governo centrale. Se così fosse verrebbe meno anche il teorema del decentramento di Oates (v.oltre) Si suggerisce quindi di ammettere l’esistenza di funzioni del benessere sociale regionali, sovraordinate alla funzione del benessere sociale nazionale.

  31. REDISTRIBUZIONE Critiche alla tesi tradizionale 2) Tesi di Pauly. Se gli individui sono immobili e i ricchi sono interessati al benessere dei poveri loro vicini, la redistribuzione a livello locale è efficiente perché le preferenze altruistiche dei ricchi possono essere differenziate territorialmente (redistribuzione come local public good)

  32. GRANDI FUNZIONI DELLO STATO E DECENTRAMENTO Conclusione E’ molto difficile vedere realizzato il modello della torta a strati Anche se sembrerebbe a prima vista la soluzione più trasparente ed efficiente

  33. TEOREMA DEL DECENTRAMENTO DI OATES Fiscal federalism (1972) In presenza di preferenze territorialmente differenziate è sempre preferibile il decentramento dell’offerta

  34. TEOREMA DEL DECENTRAMENTO DI OATES Un richiamo del concetto di elettore mediano Si immagini l’offerta di un solo servizio. Si deve decidere la quantità da produrre del servizio. Si ordinino i membri della comunità in senso crescente per grado di valutazione del servizio. Si sottoponga a votazione a maggioranza la decisione. La quantità prodotto sarà quella desiderata dal soggetto che si trova nella posizione mediana, perché è quello che consente di realizzare una maggioranza.

  35. p Q2 Q3 0 Q1 Q

  36. Teorema del decentramento di Oates p F DA DB DC G E H D C 0 QC QA QB=Q* Q

  37. TEOREMA DEL DECENTRAMENTO DI OATES Ipotesi • Lo stato non è in grado di offrire quantità differenziate • Costo marginale costante, assenza di economie di scala • Assenza di effetti di traboccamento • Preferenze identiche all’interno di ciascuna comunità

  38. LA DIMENSIONE OTTIMALE DEI GOVERNI LOCALI Due aspetti da ricordare: Le economie di scala La teoria dei club di Buchanan

  39. LA DIMENSIONE OTTIMALE DEI GOVERNI LOCALI Le economie di scala Si pone attenzione ai costi di produzione dei servizi locali Si calcolano il costo pro-capite di un servizio al variare della dimensione degli enti locali, misurata dalla popolazione Si individuano generalmente curve ad U.

  40. Costo pro capite del servizio i-esimo S1 0 Dimensione ottima per S1 Dimensione del comune

  41. Costo pro capite del servizio i-esimo S1 S2 0 Dimensione ottima per S2 Dimensione ottima per S1 Dimensione del comune

  42. LA DIMENSIONE OTTIMALE DEI GOVERNI LOCALI La teoria dei club di Buchanan E’ una teoria più articolata che fa riferimento all’analogia tra l’economia di un Club e un ente locale (esempio: tennis club, ospedale)

  43. LA DIMENSIONE OTTIMALE DEI GOVERNI LOCALILa teoria dei club di Buchanan Variabili spiegate dal modello Popolazione del club Quantità del servizio prodotta

  44. LA DIMENSIONE OTTIMALE DEI GOVERNI LOCALILa teoria dei club di Buchanan Obiettivo Massimizzare il beneficio pro-capite netto Bn = B – C Pari alla differenza tra B, beneficio pro-capite C, costo pro-capite

  45. LA DIMENSIONE OTTIMALE DEI GOVERNI LOCALILa teoria dei club di Buchanan B, beneficio pro-capite B = B(N,Q) BN < 0 BQ > 0 BQQ < 0 Aumenta N, maggiore congestione Aumenta Q maggiore benessere, ma con saturazione

  46. LA DIMENSIONE OTTIMALE DEI GOVERNI LOCALILa teoria dei club di Buchanan C, costo pro-capite In assenza di economie di scale C = aQ/N Aumenta N, minore costo pro-capite Aumenta Q maggiori costi

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