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Teoria del federalismo fiscale

2. 1. INTRODUZIONE. Sulla base dell'origine dell'attribuzione delle funzioni, possiamo anche distinguere tra:Stato unitario: quando le funzioni degli enti di livello pi

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Teoria del federalismo fiscale

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    1. Teoria del federalismo fiscale

    2. 2 1. INTRODUZIONE Sulla base dell’origine dell’attribuzione delle funzioni, possiamo anche distinguere tra: Stato unitario: quando le funzioni degli enti di livello più basso sono assegnate da un governo di livello superiore; Stato federale: quando l’attribuzione delle funzioni è definita dalla Costituzione e le modifiche avvengono con il consenso degli enti coinvolti.

    3. 3 Una struttura federalista presenta un compromesso tra una struttura centralizzata, con politiche applicate uniformemente sul territorio nazionale, ed una struttura completamente decentrata con decisioni totalmente autonome delle giurisdizioni.

    4. 4 Principali obiettivi della teoria del federalismo fiscale Definire i vantaggi (soprattutto in termini di efficienza) di un sistema decentrato rispetto ad un sistema centralizzato, tenendo conto dei possibili interventi del governo centrale, diretti a correggere le eventuali inefficienze delle decisioni decentrate oppure a realizzare obiettivi perequativi; individuare quali funzioni attribuire al governo centrale e quali invece alle giurisdizioni locali; definire la dimensione ottimale delle giurisdizioni; esaminare gli effetti del decentramento sulla spesa pubblica.

    5. 5 N.B. Le prime tre categorie di analisi sono di tipo normativo, mentre l’ultima è, principalmente, di tipo positivo. La teoria tradizionale del federalismo fiscale ipotizza che i governi massimizzano il benessere collettivo. Per amministrazioni locali (jurisdictions) intendiamo aree geografiche definite, dotate di un governo eletto, responsabile di funzioni stabilite da una giurisdizione superiore, o tramite un patto costituzionale.

    6. 6 Principali vantaggi del decentramento Il decentramento tutela la libertà del popolo, favorendone il coinvolgimento nell’attività politica e la capacità di controllo sull’attività di governo, ed educa all’amministrazione pubblica ed al perseguimento di obiettivi pubblici (Jefferson, Madison, Montesquieu, de Tocqueville).   Migliora l’efficienza amministrativa, attraverso la divisione del lavoro e la specializzazione. Dà voce alle minoranze, a livello nazionale.

    7. 7 Permette la ‘sperimentazione’ di programmi diversi Rappresenta uno strumento di disciplina del settore pubblico, a causa: del confronto che può essere fatto con altre amministrazioni locali e che può avere influenza sulla probabilità di rielezione dell’amministrazione in esame; della mobilità residenziale e degli investimenti (in generale, della base imponibile) che può determinare uno spostamento verso giurisdizioni più efficienti. Permette la realizzazione di programmi di spesa differenziati secondo le preferenze locali con miglioramenti in termini di efficienza e di numero di persone soddisfatte rispetto alla soluzione centralizzata (teorema del decentramento di Oates).

    8. 8 Principali svantaggi del decentramento Difficoltà di realizzazione di politiche distributive (necessario un intervento perequativo da parte del governo centrale) Differenziazione delle giurisdizioni in base al reddito (‘fiscal zoning’ e stratificazione sociale). Mancata tutela delle minoranze e dei gruppi più deboli, a livello locale. Concorrenza fiscale eccessiva con conseguente riduzione della spesa pubblica.

    9. 9 Alla base del decentramento fiscale esiste un fondamentale trade-off: Il decentramento delle decisioni produce vantaggi derivanti dalla realizzazione di politiche ‘vicine’ alle diverse preferenze dei cittadini e dalla responsabilizzazione delle Amministrazioni locali (attraverso la concorrenza fiscale e la mobilità di residenti ed investimenti); ma, allo stesso tempo, esso indebolisce i sistemi redistributivi di ricchezza e potenzialmente introduce condizioni di ineguaglianza nell’offerta di servizi pubblici.

    10. 10 Attribuzione delle funzioni   Un tema centrale nella letteratura sul federalismo fiscale è quello dell’attribuzione delle funzioni. In Fiscal Federalism (1972), Oates afferma che un sistema federalista potrebbe rappresentare la forma di governo ottimale, che accomuna i vantaggi di una struttura di governo decentrata e di una struttura centralizzata, qualora sia in grado di assegnare in maniera ottimale le funzioni pubbliche ai governi di diverso livello.

    11. 11 Infatti, il decentramento decisionale permetterebbe un spesa coerente con le preferenze locali, mentre la mobilità residenziale garantirebbe un sistema competitivo di allocazione delle risorse. Si è cercato, quindi, di stabilire quali funzioni possono essere svolte efficientemente dal governo centrale e quali invece dovrebbero essere assegnate ai livelli di governo più bassi. Quale regola si può seguire nell’assegnamento efficiente delle funzioni ai governi di diverso livello?

    12. 12 Criterio guida: ottima corrispondenza (o criterio dell’equivalenza) Perché una funzione sia svolta a livello efficiente, l’area geografica entro la quale un’attività svolta da una giurisdizione manifesta i suoi effetti deve coincidere con i confini territoriali della giurisdizione stessa.

    13. 13 2. ATTRIBUZIONE DELLE FUNZIONI Secondo la classificazione tradizionale di Musgrave, le tre principali funzioni della finanza pubblica sono:   1.  Funzione allocativa   2.  Funzione redistributiva   3.  Funzione stabilizzatrice

    14. 14 2.1. Funzione allocativa Oates (1972) dimostra come sia desiderabile, sulla base del criterio di efficienza, che la funzione allocativa, indirizzata principalmente alla fornitura di beni e servizi, sia svolta ad un livello decisionale decentrato. Infatti, in presenza di beni pubblici locali, cioè di beni il cui beneficio marginale del consumo interessa solo quelli che risiedono in una data area (e la cui offerta ottimale soddisfa la regola di Samuelson), il decentramento decisionale permette di definire politiche modellate sulle preferenze della collettività locale.

    15. 15 D’altra parte, scelte centralizzate relative a beni pubblici locali devono tenere conto delle preferenze delle diverse collettività e, pertanto, queste non possono essere migliori di quelle realizzate dalle amministrazioni locali. Inoltre, se vi fosse incertezza, è probabile che queste amministrazioni locali abbiano informazioni relative alla preferenze ed esigenze della loro collettività non inferiori a quelle che avrebbe l’amministrazione centrale.

    16. 16 Il Teorema del decentramento di Oates (1972) dimostra come la soluzione decentrata di fornitura di bene pubblico sarà preferibile alla soluzione centralizzata. Ipotesi Beni pubblici locali (assenza di effetti di traboccamento) Scelta centralizzata uniforme Rendimenti di scala costanti (assenza di risparmi dalla centralizzazione) Preferenze omogenee? Non necessariamente! (N.B.: le scelte non sono determinate dall’elettore mediano)

    17. 17 Immaginiamo due comunità, A e B, separate tra loro (senza effetti esterni reciproci). Le quantità ottimali, Pareto–efficienti, di bene o servizio pubblico locale sono pari a Xa e Xb. Scegliamo qualsiasi singolo livello uniforme di bene pubblico offerto da un’autorità centrale. Questo produrrà un livello di benessere, aggregato per le due comunità, non superiore a quello determinato con le scelta decentrate.

    18. 18 Immaginiamo che la quantità offerta in maniera centralizzata sia Xc. La perdita di benessere derivante dalla soluzione centralizzata, rispetto alle soluzioni decentrate, sarà pari alle aree tratteggiate. P Da=?iSMSia Db =?iSMSib CMgX Dc Xa Xc Xb X

    19. 19 Commenti L’ipotesi di uniformità della offerta centralizzata può sembrare eccessiva. In realtà, per dimostrare il teorema è sufficiente ipotizzare che l’amministrazione centrale non sia capace di ‘modellare’ la fornitura di bene pubblico in ogni località, allo stesso modo dell’amministrazione locale. Anche questa ipotesi è tuttavia difficile da giustificare nel caso in cui ci sia informazione perfetta.

    20. 20 D’altra parte ci possono essere informazioni incomplete che non permettono al governo centrale di avere la stessa quantità di informazione, e quindi di dettaglio, del governo locale. In questo modo, si avrebbe una maggiore uniformità con le scelte centralizzate. Questa maggiore uniformità può anche essere indotta da pressioni politiche o vincoli istituzionali (anche costituzionali) che impediscono al governo centrale di garantire diversi livelli di fornitura a comunità diverse.

    21. 21 2. La perdita di efficienza causata dalla soluzione centralizzata aumenta con la eterogeneità tra le giurisdizioni. 3. La stessa perdita di efficienza cresce al diminuire della elasticità delle domande locali rispetto al prezzo. Un ulteriore sostegno al decentramento deriva, pertanto, dai numerosi studi empirici che suggeriscono come tale elasticità sia piuttosto bassa.

    22. 22 I costi decisionali, che sarebbero notevoli in presenza di molteplici enti locali, potrebbero annullare i benefici derivanti dalle scelte decentrate. Il traboccamento, al di fuori dei confini della comunità, dei benefici derivanti dall’offerta di beni e servizi pubblici è difficile da evitare. Quindi la quantità offerta non sarà ottimale. Tuttavia si possono confrontare queste perdite di efficienza con quelli derivanti dalla scelta centralizzata (che crescono al crescere della eterogeneità tra le domande delle diverse comunità): soluzione di second-best. N.B. Gli effetti esterni possono anche essere negativi, come nel caso di esportazione delle imposte, analizzato più avanti.

    23. 23 I benefici in termini di efficienza derivano dal decentramento ed essi esistono anche in assenza di mobilità! Quindi, si può usufruire di questi anche in quei paesi con bassa mobilità di imprese e residenti. N.B. Nel caso in cui le scelte locali non fossero Pareto ottimali, ma quelle, per esempio, preferite dall’elettore mediano, e se le preferenze nelle comunità sono sufficientemente eterogenee, allora la soluzione centralizzata potrebbe essere superiore a quella decentrata (anche se quest’ultima garantisce la soddisfazione di un maggior numero di individui). In questo caso, si potrebbe ritenere che residenti potrebbero spostarsi in altre comunità che offrono una migliore combinazione di imposte e servizi. Così si giungerebbe a comunità con preferenze omogenee: la mobilità residenziale permette ai soggetti di esprimere le proprie preferenze votando con i piedi (Tiebout, 1956). N.N.B.B. La mobilità di persone ed imprese può avere effetti ambigui sull’efficienza, come vedremo con la concorrenza fiscale.

    24. 24 2.2. Funzione distributiva La funzione distribuzione del reddito dovrebbe essere centralizzata. La ragione principale risiede nella mobilità dei soggetti tra le varie comunità locali:   se una comunità proverà ad attuare una politica di redistributiva, essa attrarrà beneficiari (soggetti a basso reddito) da altre comunità; ciò rende la politica potenzialmente insostenibile e potrebbe anche favorire la fuoriuscita dei soggetti ad alto reddito.

    25. 25 Si può notare come la politica redistributiva è in grado di causare spostamenti tra aree anche quando la politica distributiva, per esempio un’imposta sul reddito, adottata dalle varie amministrazioni è la medesima. Infatti, anche in questo caso, le regioni più ricche sono in grado di finanziare una maggiore quantità di bene pubblico: i benefici netti fiscali (dati dalla differenza tra spesa pubblica pro-capite ed imposta pagata), anche denominati fiscal residuum da Buchanan, saranno più alti nelle comunità più ricche e quindi ci sarà un incentivo a spostarsi verso le comunità con un reddito medio più alto del proprio. N.B. Se i bilanci sono neutrali non vi sarà incentivo a muoversi, se regressivi vi è un incentivo a migrare nelle regioni a basso reddito.

    26. 26 L’inefficienza deriva dal fatto che le scelte di una amministrazione locale arrecano degli effetti esterni ad altre comunità per i quali la prima non è compensata; questi effetti, quindi, non sono tenuti in considerazione nelle scelte delle singole amministrazioni. Tuttavia, è difficile escludere che le amministrazione locali realizzino politiche che abbiano un effetto redistributivo. Le inefficienze conseguenti possono corrette da trasferimenti da parte del governo centrale.

    27. 27 Uno studio di Pauly (1973) evidenzia, tuttavia, come le scelte redistributive possano non essere efficienti se completamente centralizzate oppure decentrate, in presenza di mobilità tra le comunità. Nel primo caso infatti si avrebbero delle politiche uniformi che non sono ottimali per le diverse comunità; nel secondo caso, invece, le politiche locali producono degli effetti esterni. In casi come questo, si potrebbero realizzare politiche redistributive locali con correzioni adottate attraverso trasferimenti dal governo centrale. N.B. Esistono, tuttavia, risultati che dimostrano politiche redistributive locali efficienti.

    28. 28 2.2. Funzione stabilizzatrice Questa funzione sarà esercitata efficientemente a livello centrale poiché, se esercitata da un governo locale, è prevedibile che i suoi effetti si manifesteranno, almeno in parte, al di fuori della giurisdizione. E ciò indebolisce l’efficacia della politica di stabilizzazione.

    29. 29 3. EFFICIENZA INDOTTA DALLA MOBILITÀ 3.1. Offerta efficiente di beni e servizi pubblici locali Il punto di partenza del fondamentale studio di Tiebout (“A pure theory of local expenditure”, JPE 1956) è la risoluzione del problema di rivelazione delle preferenze per i beni pubblici.

    30. 30 Samuelson (1954) aveva avvertito che, se gli individui percepiscono che il loro contributo al finanziamento di un bene pubblico puro dipende dalle rivelazioni delle proprie domande, il mercato non è in grado di fornire un meccanismo in grado di rivelare le preferenze individuali sulla quantità di bene/servizio da produrre e quindi di determinare la quantità efficiente di bene/servizio pubblico da fornire. Lo studio di Tiebout ha, quindi, lo scopo principale di disegnare un meccanismo di risoluzione del problema del free-riding.

    31. 31 Tiebout evidenzia come la mobilità residenziale produca una situazione di ‘quasi-mercato’ dove i residenti scelgono la giurisdizione che offre la migliore combinazione di imposte e servizi, come se questi fossero negozi che offrono diversi prodotti a diverso prezzo. In questo modo, il problema posto da Samuelson non si applica ai beni pubblici locali. Risultato: La mobilità residenziale garantirà un efficiente livello di beni/servizi pubblici locali

    32. 32 Ipotesi del modello: completa mobilità; reddito da dividendi (mobilità non influenzata da ricerca di reddito); conoscenza perfetta dell’offerta delle giurisdizioni; numero sufficientemente elevato di giurisdizioni; 5.    nessun effetto di traboccamento; 6. produzione a rendimenti di scala costanti.

    33. 33 Ulteriori ipotesi implicite nel modello sono che: Tutte le comunità finanziano i servizi pubblici locali attraverso imposte di capitazione. Tutte le comunità hanno una dimensione efficiente: la popolazione di ogni giurisdizione mantiene un livello di popolazione tale che ci si trovi al minimo della curva dei costi medi pro-capite di offerta dei beni pubblici (la cui forma è ad U)

    34. 34 Commenti Le ipotesi di base del modello spesso considerate troppo specifiche ed in contrasto con la realtà; in particolare, l’ipotesi che la mobilità degli individui sia completa e non influenzata dalla ricerca del lavoro sembra irrealistica a meno che non si tratti di piccoli spostamenti tra aree urbane. Inoltre, lo spostamento di un individuo creerà effetti esterni, se i servizi sono soggetti a congestione.

    35. 35 Le ipotesi, tuttavia, sono utili ad evidenziare come la semplice mobilità residenziale rappresenti un meccanismo di rivelazione sincera delle preferenze, diverso dal voto, che garantisce un’efficiente fornitura di beni/servizi pubblici locali. Questa analisi ha rilevanza anche per la teoria delle scelte collettive, in quanto introduce un sistema concorrenziale e dei vincoli per le decisioni politiche. Pur essendo possibile che vi siano delle inefficienze nel sistema, in seguito all’abbandono di una o più ipotesi, la mobilità residenziale rappresenta un importante fenomeno economico che influenza il valore di beni patrimoniali e le scelte pubbliche (imposte e spesa).

    36. 36 L’assetto politico-istituzionale non è descritto. Tiebout, inoltre, non specifica come è finanziata l’offerta di beni e servizi locali. Si deve supporre che ogni immigrante paghi il costo marginale per l’incremento di offerta del servizio. Con rendimenti di scala costanti, il costo è fisso. In realtà però, in un sistema decentrato, (negli Stati Uniti, per es.) i residenti sono tassati in base al patrimonio (criterio del beneficio) od al reddito. In questo caso, quali sono i risultati del modello?

    37. 37 Immaginiamo il caso in cui il gettito locale derivi da un’imposta sul patrimonio e proponendo due diverse ipotesi (Hamilton). (a)     Se una comunità applica un’imposta sulla proprietà, mentre le altre adottano un’imposta pari al costo marginale, allora ci sarà una domanda di locazioni nella prima comunità da parte di residenti esterni. Se il mercato è concorrenziale, i proprietari non saranno danneggiati in quanto potranno rifarsi sul prezzo di affitto. L’inefficienza è relativa alla scelta dei proprietari della dimensione della propria proprietà: a causa dell’imposta, verrà scelta una dimensione inefficientemente bassa di abitazioni.

    38. 38 (b) Se tutte le comunità applicano imposte sulla proprietà, allora avremo 2 inefficienze: nelle scelta della dimensione e della comunità. Infatti, le comunità omogenee con proprietà di elevata dimensione ‘sovvenzionano’ chi ha una piccola proprietà nella stessa comunità. Quindi, il valore di case con le stesse caratteristiche sarà diverso nelle diverse comunità (proprietà grandi in giurisdizioni con omogeneità di proprietà piccole avranno un valore inferiore a proprietà con le stesse dimensioni in giurisdizioni con omogeneità di proprietà grandi) a causa del fenomeno di capitalizzazione. Soluzione: introducendo una regolamentazione sulle dimensioni della proprietà (per es. fissando una dimensione minima -‘zoning’-), si separa l’onere fiscale dalla scelta della dimensione delle proprietà e abbiamo così giurisdizioni omogenee

    39. 39 Dal punto di vista normativo, il risultato di ‘fiscal zoning’, cioè di diversificazione di Enti territoriali per classi di reddito, è stato interpretato negativamente per le sue conseguenze distributive. La mobilità residenziale è sottovalutata in Europa, dove è bassa. Tuttavia, negli Stati Uniti, vi sono riscontri empirici a favore della tesi di Tiebout che i residenti si spostano sulla base del mix servizi-imposte offerto dalle diverse giurisdizioni.

    40. 40 Verifiche empiriche rilevano che il livello dei servizi e delle imposte (oltre ad altri fattori) sia capitalizzato nel valore del patrimonio (con correlazione negativa per le imposte e positiva per il livello di servizi). Questa capitalizzazione delle livello dei servizi e delle imposte sembra confermare la validità del modello, anche se sembra indicare una situazione di disequilibrio (in equilibrio non dovremmo avere mobilità e quindi capitalizzazione, ed alcuni risultati indicano una progressiva riduzione dell’impatto della capitalizzazione nel lungo periodo).  

    41. 41 3.2. Dimensione ottimale della comunità L’analisi di Tiebout indica quale è il livello efficiente di servizi o beni pubblici offerti dall’Ente locale, ma non dice nulla riguardo alla dimensione dell’Ente. Buchanan considera le giurisdizioni come dei club (An economic theory of clubs, 1965) che forniscono servizi collettivamente ai loro membri.

    42. 42 Due obiettivi: definire il livello di produzione dell’attività (cioè di offerta del servizio) definire la dimensione del club (cioè il no. di membri) Ipotesi I servizi offerti sono soggetti a congestione nel consumo che, quindi, cresce con l’ingresso di nuovi membri i quali, tuttavia, si addossano parte dei costi: quindi i nuovi arrivati provocheranno benefici e costi. Servizi pubblici locali (ristretti solo ai membri della comunità). Produzione con rendimenti di scala costanti.

    43. 43 Modello Indichiamo con: Ci il costo totale pro-capite di produzione, in funzione del livello di attività, per una data dimensione i. (N.B.: i costi decrescono al crescere della dimensione)   Bi il beneficio totale pro-capite, in funzione del livello di attività, per una data dimensione i. (N.B.: i benefici decrescono al crescere della dimensione per effetto della congestione)   Cxi il costo totale pro-capite di produzione in funzione della dimensione, per una data attività i. (N.B.: i costi crescono con l’attività)   Bxi il beneficio totale pro-capite, in funzione del livello di dimensione, per una data attività i. (N.B.: i benefici crescono al crescere dell’attività, ma solo inizialmente al crescere della dimensione).

    44. 44 Benefici e Costi individuali B1 C1 C2 B2 C3 B3 Livello di attività del club A1 A2 A3 Benefici e Costi individuali Bx3 Bx2 Cx3 Bx1 Cx1 Cx2 D1D2D3 Dimensione del club

    45. 45 Dimensione Dott Aott Livello di attività

    46. 46 Problemi Il modello non considera come gli individui si raggruppano. Gli individui si considerano con preferenze simili. Se le preferenze sono tante e differenti, abbiamo molteplici raggruppamenti, ma così si perde parte dei guadagni derivanti da un risparmio dei costi. La presenza di un numero elevato di club può portare ad un eccessivo frazionamento, tale che la dimensione ottima del club non verrà raggiunta, allora gli equilibri che si ottengono possono essere instabili.

    47. 47 Derivazione dei livelli ottimali di attività e dimensione del club Entrambi i livelli si ottengono attraverso l’attività di un pianificatore pubblico. Consideriamo una comunità che offre un servizio pubblico. Il costo pro-capite è C/N. Al crescere della dimensione N, i membri esistenti subiscono un costo di congestione pari a BM (beneficio marginale decrescente) e un guadagno pari alla riduzione di costo pro-capite pari in valore assoluto a C/N².  I benefici collettivi sono massimizzati quando:   -N(BM)=C/N   Questa equazione indica la dimensione ottimale

    48. 48 Per ottenere un ammontare di servizio prodotto efficiente dobbiamo fare riferimento alla condizione di Samuelson.    Per la produzione con costi marginali costanti, il costo totale di produzione del servizio G è: C=G(SMTGX), dove X è un bene privato utilizzato come numerario.   La condizione di Samuelson è: N(SMSGX)=SMTGX. Possiamo riscrivere questa condizione nella maniera seguente: GN(SMSGX)=G(SMTG,X); oppure: G(SMSGX)= G(SMTGX)/N=C/N. Quindi:  C/N = G(SMSGX) Il livello di attività ottimale si ha quando il contributo individuale eguaglia i benefici individuali derivanti dal consumo del servizio.

    49. 49 3.3. Altri vantaggi legati alla mobilità La mobilità residenziale può anche produrre dei vantaggi di tipo politico; per esempio, votando con i propri piedi si potrebbe evitare di continuare a fare parte di una minoranza. Inoltre, la presenza di amministrazioni con una composizione dell’elettorato omogenea potrebbe ridurre la lo scopo per l’esercizio di attività di lobbying.

    50. 50 4. IL FINANZIAMENTO DEGLI ENTI TERRITORIALI SUB-NAZIONALI 4.1. Introduzione Esistono tre diverse fonti di finanziamento degli Enti locali: tariffe pubbliche e tasse, imposte, trasferimenti da Enti di livello superiore.

    51. 51 Abbiamo visto come la mobilità di residenti possa fare ottenere risultati efficienti. Tuttavia, la mobilità delle persone come dei beni e servizi e delle risorse produttive (lavoratori e capitale) possono anche causare decisioni decentrate inefficienti. In particolare le scelte di un’amministrazione locale relative a spese ed imposte possono produrre distorsioni nell’economia ed effetti esterni fiscali che determinano scelte di localizzazione inefficienti.

    52. 52 Da un punto di vista normativo potremmo chiederci, quindi, quali imposte sarebbe desiderabile accentrate e quali no. 4.2. Attribuzione del potere d’imposta Secondo Musgrave: Alla responsabilità del governo centrale vanno attribuite le imposte con fini di stabilizzazione o con elevato impatto distributivo, o quelle su beni e fattori caratterizzati da forte mobilità (imposta personale sul reddito; imposta sui profitti delle società; imposte specifiche, di consumo e produzione; imposta sulle vendite, se pagate alla fase di produzione)

    53. 53 Al governo locale sono, invece, da attribuire le imposte su fattori immobili o le imposte basate sul criterio del beneficio (imposta sulle vendite, se al dettaglio e se le giurisdizioni non sono eccessivamente frazionate; imposta sulla terra e sugli immobili, specialmente se ad uso residenziale; tariffe/prezzi pubblici).

    54. 54 L’analisi su questo tema è tipicamente condotta ipotizzando immobilità internazionale e completa mobilità di beni e/o persone e/o risorse a livello locale. Si potrebbe ritenere che imposte applicate ad un livello decentrato su beni, persone, o fattori mobili dovrebbero essere evitate, poiché esse producono inefficienze dovute al mutamento delle scelte determinato dal tentativo di evitare l’imposta.

    55. 55 Tuttavia questo problema esiste per le imposte su tali unità mobili che non sono legate al principio del beneficio. L’efficienza, invece, si ottiene se queste unità mobili sono tassate sulla base dei benefici che essi ricevono dalla fornitura di beni e servizi pubblici da parte dei governi locali. Abbiamo visto questo risultato per i residenti mobili nel modello di Tiebout, ma vale anche per i fattori produttivi mobili.

    56. 56 Al fine di esaminare il tipo di imposta che permette scelte di localizzazione efficienti, ipotizziamo: due enti territoriali (regioni, comuni,…) A, B beni pubblici locali assenza di congestione nel consumo e di effetti esterni perfetta mobilità della popolazione (lavoratrice) determinata dal differenziale di utilità tra le due regioni rendimenti di scala decrescenti nella produzione dei beni pubblici (la concentrazione in una regione è evitata dalla produttività marginale decrescente del lavoro e dalla disponibilità fissa del fattore immobile - per es. la terra - che accresce il prezzo dei beni di consumo - gli alloggi - all’aumentare dell’immigrazione);

    57. 57 In equilibrio, l’utilità che un soggetto ha dal risiedere in A deve essere uguale all’utilità che avrà dal risiedere in B, in assenza di costi di mobilità: UA=UB Vedremo come questa condizione implica o no un equilibrio efficiente sulla base del tipo di imposte necessarie adottate per finanziare il bene pubblico locale. Un’imposta capitaria commisurata al beneficio che si riceve andando a risiedere nell’ente territoriale è ottimale per ogni soggetto.

    58. 58 Questa imposta non sarebbe lump-sum perché si potrebbe evitare scegliendo una residenza diversa (esistono potenzialmente diverse imposte capitarie per le diverse entità locali). Potrebbe, quindi, essere una poll tax, se legata al diritto di voto. Tuttavia, questo tipo di imposta è assai raramente utilizzato. Si potrebbero considerare altre imposte che funzionino da ‘prezzo’ per l’acquisto di servizi pubblici locali.

    59. 59 4.3. Il finanziamento con i tributi locali Solo in alcuni casi, tuttavia, i servizi pubblici possono essere finanziati attraverso un pagamento di un corrispettivo ogni qual volta si fruisca di un servizio. Più in generale, si ricorre all’introduzione di tributi che coprono totalmente o parzialmente i costi della prestazione di un servizio pubblico ad un gruppo definito di beneficiari (come nel caso di alcuni servizi pubblici locali: raccolta di rifiuti, approvvigionamento idrico).

    60. 60 Inoltre, l’applicazione di tasse basate sul criterio del beneficio e, quindi, sulla domanda individuale, è ostacolata, per esempio, dai costi di gestione che implicherebbero, dalle lacune d’informazione, o dalla presenza di un obiettivo di equità (politiche redistributive). I servizi locali possono anche avere effetti esterni (sono almeno parzialmente a consumo collettivo) che non rendono efficienti tasse basate sul costo di fornitura. Altri beni/servizi pubblici, poi, non sono escludibili e devono essere finanziati con sistemi generali di entrata.

    61. 61 Queste imposte non basate sul beneficio possono essere applicate con difficoltà dai governi locali, in presenza di unità economiche mobili. Questo argomento suggerisce che, in questi casi, l’autorità centrale dovrebbe avere (almeno in linea di principio) il potere di prelievo fiscale. Pertanto, (come avviene anche in Italia) è più efficiente che il governo centrale prelevi risorse per conto dei governi locali, in eccesso del fabbisogno proprio, e poi le trasferisca a questi (trasferimenti intergovernativi). Questo processo è anche definito come compartecipazione delle entrate (revenue sharing).

    62. 62 Se, però, imposte devono essere prelevate a livello locale (per es. per garantire un’adeguata autonomia), allora queste scelte fiscali possono causare inefficienze, dovute, per esempio, all’esportazione delle imposte, ad effetti esterni di congestione o sulle entrate di altre amministrazioni.

    63. 63 A questo proposito, l’analisi teorica suggerisce che imposte basate sul criterio della residenza (o della destinazione) – cioè imposte su fattori produttivi legate alla residenza del proprietario, oppure su beni e servizi legate alla residenza del consumatore – hanno una maggiore difficoltà ad essere esportate delle imposte basate sul criterio della fonte (o di origine) – cioè imposte su fattori produttivi legate al luogo in cui essi sono utilizzati, oppure su beni e servizi legate al luogo di acquisto – anche se quest’ultime possono essere più semplici da amministrare.

    64. 64 Infatti, le imposte sulle vendite applicate da una regione possono gravare su acquirenti non residenti nella regione; imposte sui profitti societari possono finire col colpire investitori non residenti; imposte sulla proprietà possono essere essere pagate da proprietari non residenti. L’esportazione delle imposte indurrà quella regione ad eccedere nel livello delle imposte. N.B. L’esportazione delle imposte possono anche essere verticali. Per esempio, se le imposte locali sono deducibili dal pagamento delle imposte nazionali allora il governo centrale ‘sussidia’ i prelievi fiscali locali.

    65. 65 La teoria , inoltre, suggerisce l’utilizzo di imposte su unità economiche relativamente immobili. In questa prospettiva, sarebbe desiderabile tassare la proprietà terriera, poiché riguarda un fattore immobile, cioè offerto in maniera perfettamente inelastica. Queste imposte saranno ovviamente capitalizzate nel valore della terra e permetteranno di ridurre le imposte sui fattori più mobili.

    66. 66 Consideriamo l’esempio precedente e supponiamo che l’amministrazione A applichi un’imposta basata sul criterio della residenza TA (imposta capitaria od imposta sul reddito), mentre l’altra applica un’imposta dello tesso tipo TB. Pertanto, il beneficio sociale di un nuovo residente sarà pari al beneficio del soggetto entrante più la riduzione di costo per gli altri residenti. La condizione di efficienza generale richiede che: UA+ TA=UB+TB La condizione di equilibrio di uguaglianza di utilità per il soggetto coinciderà con la condizione di efficienza solo se TA=TB. Ma non vi è nessuna ragione perché questo sia realizzato. L’effetto esterno causa inefficienza.

    67. 67 Supponiamo, invece, che sia adottata un’imposta che sia applicata sulla proprietà di un fattore immobile, la terra. Allora, non vi sarà più l’effetto esterno determinato dall’ingresso di un nuovo soggetto (anche nel caso in cui questo compri della terra al suo ingresso: infatti, l’imposta sarà capitalizzata nel prezzo della terra): la condizione di equilibrio di uguaglianza di utilità è anche la condizione di efficienza.

    68. 68 Distinguendo tra le due categorie d’imposte, fonte e destinazione, possiamo avere risultati radicalmente diversi se le spese sono tutte destinate al finanziamento di beni/servizi pubblici puri o di beni/servizi con benefici appropriabili. Nel primo caso, un’imposta basata sul criterio della residenza produrrà una inefficiente migrazione dei lavoratori. Nel secondo caso, invece, sarebbe inefficiente avere un’imposta basata sul criterio della fonte.  

    69. 69 Chiaramente, se la spesa pubblica è indirizzata all’offerta di beni pubblici puri ed impuri (soggetti a congestione) e privati, allora è preferibile utilizzare entrambe le forme d’imposta. Indichiamo con CCMI i costi marginali di congestione derivanti dall’entrata di un nuovo soggetto nella comunità I=A,B. Allora la condizione di efficienza sarà UA+ TA- CCMA=UB+TB- CCMB Gli effetti esterni ora saranno due.

    70. 70 Se le amministrazioni adottano imposte basate sul criterio della fonte, allora non vi saranno imposte sui residenti e l’equilibrio si otterrebbe solo se i costi marginali di congestione sarebbero casualmente uguali. Tuttavia si potrebbe adottare una combinazione di imposte, una basata sul criterio della residenza (imposta capitaria) che eguaglia CCMI, ed una sulla fonte (od origine), per esempio sul fattore immobile, che copre il fabbisogno locale.

    71. 71 Quindi la combinazione ottimale dei due principi sarebbe qui dipendente dalla natura dei beni e servizi pubblici locali. Questo schema impositivo misto è chiaramente difficile da implementare. Un caso specifico è rappresentato dalla presenza di beni pubblici completamente rivali. Immaginando rendimenti costanti di scala, il costo unitario sarebbe uguale al costo di congestione marginale. In questo caso, un’imposta capitaria che compensi l’effetto di congestione sarebbe sufficiente a coprire i costi.

    72. 72 Esempio di politiche distributive in presenza di mobilità Un noto studio di Epple e Romer (JPE, 1991) dimostra che una redistribuzione di reddito può essere endogenamente selezionata da governi locali anche in presenza di perfetta mobilità.   Ipotesi principali del modello: tre comunità a basso, medio ed alto reddito; due beni di consumo: abitazioni ed un paniere di beni (numerario), entrambi beni normali; imposta proporzionale sul valore dell’abitazione che finanzia una spesa lump-sum per ogni residente; perfetta mobilità; scelte fatte a maggioranza (elettore mediano) con condizione di single –crossing rispettata.

    73. 73 Risultati Ipotizzando una funzione di utilità Cobb-Douglas ed una distribuzione del reddito log-normale.   Comunità senza proprietari Se consideriamo la comunità con reddito medio, questa sceglierà un livello di trasferimenti positivo, peraltro piuttosto alto rispetto ai livelli generalmente osservati. I residenti comprendono che proponendo un maggior livello di trasferimenti attireranno residenti (non c’è ‘miopia’ dell’elettorato) e quindi faranno incrementare il prezzo delle abitazioni. Tuttavia, una parte dei trasferimenti saranno pagati dai proprietari che non potranno spostare la loro proprietà in un’altra comunità.

    74. 74 Comunità con soli proprietari Il risultato cambia drasticamente, ed il livello di redistribuzione sarà modesto. La perdita di valore del capitale limita i vantaggi delle redistribuzione per l’elettore mediano.   Comunità miste Se locatari e proprietari sono insieme nella comunità, sarà possibile una redistribuzione di reddito, anche se l’intensità di questi diminuirà al crescere della percentuale di proprietari nella comunità.   Indicazione importante dello studio: non è la perfetta mobilità a ridurre l’ampiezza delle politiche redistributive locali ma le differenze nelle preferenze dell’elettorato (dipendenti dai differenti costi della redistribuzione legati alla proprietà o meno dell’abitazione).

    75. 75 4.4.Vantaggi e svantaggi dell’autonomia impositiva locale Vantaggi Imposte basate sul criterio del beneficio sono desiderabili, quando sono applicabili. Disciplina finanziaria: il finanziamento dei servizi locali da parte del governo centrale non fornisce incentivi adeguati per un utilizzo efficiente delle risorse e può avere effetti esplosivi sulla spesa pubblica (free-riding): l’utilizzo di imposte locali limita la ‘tendenza’ ad inefficienze e spese eccessive.

    76. 76 Maggiore capacità di realizzazione di autonomi programmi locali. Svantaggi Esportazione delle imposte. Queste creano inefficienze: la differenza tra costi e benefici per i servizi locali potrebbe, per esempio, provocare una spesa eccessiva da parte delle giurisdizioni che esportano le imposte.   N.B. Ovviamente questi problemi si riducono d’intensità man mano che cresce il territorio di applicazione.

    77. 77 Concorrenza fiscale Gli Enti locali possono avere un incentivo a ridurre le imposte locali per attirare base imponibile, ottenendo un effetto netto positivo sul gettito.   Comportamenti concorrenziali da parte degli Enti locali, senza coordinamento, possono provocare una ‘corsa al ribasso’ delle spese sociali; inoltre si potrebbe avere un indirizzo di imposizione elevata sui contribuenti immobili (per es. proprietari di beni immobili, lavoratori) e ridotta sui contribuenti mobili (per es. imprese produttive) i quali potrebbero anche beneficiare di spesa dirette a loro servizio.

    78. 78 La concorrenza fiscale richiama una situazione di dilemma del prigioniero: ogni amministrazione vorrebbe essere l’unica a ridurre le proprie imposte. Poiché ciascuna ha lo stesso incentivo, in equilibrio concorrenziale tutte le amministrazioni riducono le imposte non riuscendo nell’intento di attrarre capitale. Questo problema può essere risolto attraverso la cooperazione o trasferimenti da parte di amministrazioni di livello superiore. Tuttavia, anche la cooperazione comporta dei problemi: Incrementa imposte non basate sul criterio del beneficio Toglie un vincolo alla crescita del settore pubblico (Leviatano)

    79. 79 La concorrenza tra le varie amministrazioni può anche portare ad una inefficiente allocazione dei fattori produttivi mobili. Per esempio, in assenza di imposte, il capitale sarebbe attratto dalle regioni con più alte prospettive di rendimento, portando ad una situazione di eguaglianza dei rendimenti nelle diverse regioni, in equilibrio. Con diverse imposte locali, il capitale sarà attratto dal rendimento netto e questo causerà un’inefficiente allocazione degli investimenti.

    80. 80 Esempio Consideriamo due regioni con mercato del capitale integrato. La perfetta mobilità del capitale causa: una convergenza dei rendimenti reali di capitale; un aumento della produzione complessiva delle regioni interessate; effetti redistributivi nelle regioni di origine e destinazione: nella regione di destinazione, si abbassa il prezzo del capitale e dei fattori sostituti, mentre aumenta il prezzo dei fattori complementari. Effetti opposti si verificano nella regione di origine. Per esempio, con funzione di produzione F(K,L) supponiamo che K1 sia l’ammontare di capitale nella regione 1 (K2 in 2)

    81. 81 1 2 r1* Fk1 Fk2   gettito perdita di efficienza   r1 r2   r1*(1-t) r2*   (1-t)Fk1 ? K2? B A ? K2  Al punto A i rendimenti sono eguagliati Se la regione 1 introduce un imposta sui rendimenti pari a t, capitale fuoriesce da 1 ed in equilibrio avremo: (1-t)Fk1 =Fk2; cioè: (1-t)r1* =r2 ? I rendimenti netti del capitale si sono ridotti in entrambe le regioni.

    82. 82 Se i rendimenti da capitale sono tassati attraverso imposte basate sul criterio di residenza, allora tutti i redditi dei residenti sono tassati allo stesso modo, indipendentemente da dove si originano. Quindi, se ogni regione adotta una residence based tax, il rendimento lordo è eguagliato nazionalmente, in equilibrio. Ciò implica che le produttività marginali del capitale sono eguagliate: efficiente allocazione degli investimenti.

    83. 83 Se ogni paese adotta una imposta basate sul criterio della fonte (source based tax) avremo un’inefficiente allocazione, in equilibrio. NB. La residence tax è difficile da implementare per problemi di informazione e cooperazione (free-riding). La cooperazione fiscale necessita la creazione di regolamentazione nazionale in grado di garantirne l’implementazione.

    84. 84 Il problema della concorrenza fiscale è considerato particolarmente rilevante e potrebbe avere implicazioni negative anche per la qualità dell’ambiente. Tuttavia, vi sono dei lavori che dimostrano come la concorrenza possa favorire l’efficienza. Infatti Oates e Schwab dimostrano che se i governi locali massimizzano il benessere collettivo, allora la concorrenza che si determinerà tra di loro porterà ad un risultato efficiente, con la scelta delle combinazioni ottimali di imposta e spese che ottimizza il trade-off tra benefici e costi di una variazione delle imposte. Inoltre, i servizi saranno prodotti in maniera efficiente. Infatti, la concorrenza farà in modo che le imprese ed i residenti sceglieranno le giurisdizioni che spenderanno meglio le risorse sottratte alla collettività. D’altra parte l’interazione strategica che si potrebbe sviluppare tra le regioni spesso produce risultati subottimali. La teoria sembra comunque suggerire livelli di subottimalità generalmente ben superiori a quelli riscontrati dalla verifica empirica.

    85. 85 4.5.Categorie di imposte locali Le tasse su servizi sono piuttosto rare. Hanno i vantaggi di poter essere commisurate sulla base del beneficio, di favorire il controllo dell’elettorato sulla spesa pubblica, di evitare che residenti paghino per servizi di cui usufruiscono anche i non residenti. D’altra parte è difficile attuare una perfetta discriminazione che tenga conto dei benefici e di aspetti perequativi; la presenza di effetti esterni complica la fissazione del prezzo; i costi amministrativi sono molto alti.

    86. 86 Le imposte locali più diffuse sono generalmente quelle sulla proprietà immobiliare. ‘Difficili’ da esportare, esse hanno il pregio di poter essere commisurate ai benefici derivanti dai servizi finanziati e, allo stesso tempo, di tenere conto anche della capacità contributiva. Le imposte sul reddito sono meno adatte ad essere gestite localmente perché possono causare ineguaglianze e concorrenza fiscale. Quest’ultimo problema esiste anche per le imposte sulle vendite al dettaglio, le quali potrebbero anche essere esportate.

    87. 87 N.B. Si può parlare di imposte locali solo quando gli Enti locali hanno il potere di decidere il tipo d’imposta e/o l’aliquota (il carico d’imposta). In questo caso, gli Enti locali godono di autonomia tributaria. Spesso, però, i governi locali non hanno un’autonomia tributaria piena. Con le imposte in sovrapposizione, la base imponibile è determinata a livello nazionale, mentre le aliquote sono determinate dal livello di governo inferiore e si applicano all’imponibile, nel caso delle sovrimposte, o al gettito nel caso delle addizionali.   Con la compartecipazione alle imposte, la base e le aliquote sono decise a livello nazionale; si verifica semplicemente una devoluzione di una quota di gettito da un governo di livello superiore ad uno di livello inferiore.

    88. 88 4.6. Trasferimenti intergovernativi Prof. W. Oates 4.7. Il finanziamento degli Enti Locali in Italia Nella prospettiva di una sempre maggiore razionalizzazione delle scelte e responsabilizzazione dei governi locali, ed alla luce delle modifiche apportate dalla legge costituzionale n.3 del 18/10/01 al Titolo V della parte seconda della Costituzione, diventa importante analizzare gli effetti delle imposte locali (intese come strumenti di programmazione), dal punto di vista dell’efficienza e della distribuzione del reddito.

    89. 89 La progressiva devoluzione di competenze e funzioni amministrative e l’assegnazione di fonti autonome di entrate addossa ai vari livelli di Governo nuove responsabilità di politica economica fiscale.    In Italia, i principali tributi locali sono: IRAP, ICI e addizionale IRPEF.

    90. 90 L’IRAP (Imposta regionale sulle attività produttive) È stata introdotta dal 1° gennaio 1998, contestualmente all’abolizione dei contributi sanitari. È un’imposta diretta avente come base imponibile il valore aggiunto netto (ottenuto come differenza tra valore della produzione e costo delle materie prime e dei beni intermedi) Presenta una larga base imponibile, anche se questa è erosa da recenti esenzioni. Il gettito è attribuito alle regioni. L’aliquota è pari al 4,25%. Alle regioni è attribuito il potere di maggiorare l’aliquota per un massimo di un punto percentuale. Tuttavia, le leggi finanziarie 2003 e 2004 hanno impedito l’applicazione delle leggi regionali.

    91. 91 L’ICI È un’imposta comunale sugli immobili, in vigore dal 1993. La base imponibile è il valore degli immobili. L’aliquota è compresa tra il 4 ed il 7 per mille. Ha il vantaggio di essere basata sul criterio del beneficio e di avere un imponibile ‘immobile’.  Altre entrate per i Comuni: imposte di registro, ipotecarie e catastali, tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, diritto sulle pubbliche affissioni; imposta comunale sulla pubblicità; tassa su occupazione di spazi in aree pubbliche; adizionale all’imposta sul consumo di energia elettrica.

    92. 92 Sovrimposte/addizionali e compartecipazioni Le leggi ‘Bassanini’ del 1997 hanno introdotto addizionali e compartecipazioni. Sovrimposta (detta addizionale) all’imponibile dell’IRPEF; per le Regioni fissata tra lo 0,9% e un massimo dell’ 1,4%. Le Regioni hanno anche una compartecipazione al gettito IVA, nella misura del 25,7% ed una compartecipazione all’accisa sulle benzine. Per i Comuni, per l’anno 2005, la quota di compartecipazione al gettito dell’IRPEF è stabilita nella misura di 6,5% delle entrate 2004. Per le Province, per l’anno 2004, è istituita una compartecipazione al gettito dell’IRPEF nella misura dell’1%.

    93. 93 Altri tributi regionali Tasse sulle concessioni regionali (tra cui la tassa di circolazione automobilistica); tassa per il diritto allo studio universitario; compartecipazione all’accisa sulla benzina (0,13 x litro); tasse su deposito rifiuti. Altri tributi provinciali Imposta su assicurazione RC; imposta prov. di trascrizione degli autoveicoli; addizionale all’imposta sul consumo di9 energia elettrica; contributo sulla concessione edilizia; tributo prov. per i servizi di tutela ambientale

    94. 94 TRASFERIMENTI Aboliti tutti i trasferimenti a favore delle regioni ordinarie, le minori entrate sono compensate dall’aumento dell’addizionale IRPEF e dall’introduzione della compartecipazione all’IVA (pari al 38,55%). Inoltre, è stato istituito un Fondo perequativo nazionale (introdotto dal decreto n.56/2000) per la realizzazione di obiettivi solidarietà interregionale. L’obiettivo è a consentire a tutte le Rso di svolgere le proprie funzioni e di erogare i servizi di loro competenza a livelli essenziali ed uniformi su tutto il territorio nazionale. Il fondo perequativo nazionale (introdotto dal decreto n.56/2000) è finanziato attingendo alla compartecipazione all’IVA ed eventualmente alla compartecipazione all’accisa sulla benzina.

    95. 95 La determinazione delle quote è effettuata in funzione di parametri riferiti alla popolazione residente ed alla capacità fiscale (le cui distanze rispetto alla media dovranno essere ridotte del 90%) ai fabbisogni sanitari e alla dimensione geografica di ciascuna regione. Esse sono fissate in modo tale da assicurare comunque la copertura del fabbisogno sanitario alle regioni con insufficiente capacità fiscale    

    96. 96 Altri trasferimenti sono concessi ai Comuni per finanziare i servizi indispensabili delegati dallo stato ai comuni. Le risorse sono distribuite tenendo conto delle risorse erariali e del fabbisogno standardizzato (costo standard dei servizi indispensabili), ed anche del degrado delle condizioni socioeconomiche, della presenza di insediamenti militari, delle dimensioni demografiche.

    97. 97 Inoltre, il Fondo perequativo per gli squilibri di fiscalità locale eroga trasferimenti ai comuni le cui basi o gettiti sono inferiori alla media della classe di appartenenza; il Fondo ordinario per gli investimenti eroga trasferimenti a Comuni e Province in funzione delle spese medie pro capite sostenute per lavori pubblici, mentre il Fondo nazionale speciale per gli investimenti trasferisce a favore di comuni in gravi condizioni di disagio economico-sociale o i cui consigli comunali sono stati sciolti per mafia. Il Fondo Consolidato, infine, fornisce contributi per finanziare attività specifiche che le municipalità dovrebbero realizzare.

    98. 98 5. STRUTTURA FEDERALE E CONDIVISIONE DI RISCHIO La raccolta centralizzata delle imposte e la loro distribuzione tra le diverse regioni, può permettere a queste di raggruppare i loro rischi specifici e, quindi, di assicurarsi.

    99. 99 Uno studio di Asdrubali, Sørensen e Yosha (QJE, 1996) esamina la condivisione di rischio negli Stati Uniti dal 1963 al 1990 e rileva che il 13% degli shock di produzione sopportati da singoli sono stati alleviati dal governo federale attraverso imposte, spese e trasferimenti federali (questi essendo responsabili dell’attenuazione di solo il 2,5% degli shock). Persson e Tabellini, in un interessante studio (Econometrica, 1996), esaminano il trade-off che in una federazione si ha con la centralizzazione delle scelte fiscali: i benefici assicurativi derivanti dalla condivisione di rischio vanno confrontati con le distorsioni nelle scelte locali legate al rischio morale generato dalla stessa condivisione del rischio.

    100. 100 I risultati mostrano che la soluzione di first-best con piena condivisione di rischio e livello ottimale di investimenti locali pubblici per la riduzione del rischio si ottiene nell’equilibrio cooperativo tra gli elettori mediani. In equilibrio non cooperativo, invece, la condivisione del rischio sarà completa ma gli investimenti saranno inferiori a quelli ottimali poiché gli elettori non ‘internalizzeranno’ gli effetti provocati alle altre regioni (third best). Tuttavia, se la condivisione dei rischi è scelta prima delle decisioni regionali sugli investimenti, la capacità di commitment del governo centrale induce un equilibrio di second-best dove la condivisone del rischio non è completa ma gli investimenti sono meno subottimali di quelli nell’equilibrio precedente (ciò è incentivato dalla assicurazione incompleta, legata al commitment)

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