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La lingua della politica in Italia

La lingua della politica in Italia. 7. La prima Repubblica (parte II). La sinistra extraparlamentare.

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Presentation Transcript


  1. La lingua della politica in Italia 7. La prima Repubblica (parte II)

  2. La sinistra extraparlamentare • Si tratta di formazioni politiche di sinistra che rifiutano la partecipazione al sistema politico e istituzionale. Diverso è il caso dei partiti che non ottengono seggi in Parlamento per il mancato raggiungimento della percentuale di voti che rappresenta la soglia minima per l’eleggibilità. • La sinistra extraparlamentare ha avuto un peso politico e sociale soprattutto tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta. Tra le formazioni più note e attive vanno ricordate almeno Potere operaio e Lotta continua che, almeno sul piano linguistico, si collocano agli antipodi.

  3. Potere operaio • Il linguaggio di questa formazione politica si caratterizza per la complessità (tematica, sintattica e lessicale) e per l’uso di tecniche del discorso didattico. • I temi trattati sono di norma quelli economici e rappresentano un esempio di comunicazione scientifica di ascendenza marxista (Il capitale è, per Potere operaio, il testo di riferimento). • La sintassi è basata prevalentemente sulla subordinazione e di conseguenza i periodi risultano molto lunghi e articolati. • Il lessico è ricercato e si fa ricorso a un gran numero di tecnicismi, anche quando i contenuti non lo richiedono.

  4. Lotta continua • Il linguaggio di questo movimento extraparlamentare si segnala per l’adozione delle tecniche di avvicinamento attanziale, tipiche del discorso polemico. • La sintassi è semplice, basata sulla coordinazione e su periodi brevi che prevedono anche l’uso del discorso diretto e di forme e stilemi del parlato. • Il lessico è caratterizzato dal rifiuto dei tecnicismi, ai quali vengono preferiti vocaboli e aggettivi coloriti ed espressivi, e dalle aperture ai regionalismi e al turpiloquio. • Lo stile appare quindi brillante, anche nella trattazione di temi legati all’economia.

  5. I giovani e le donne in movimento • Mentre il linguaggio dei partiti tradizionali appare sempre più un gergo oscuro e incomprensibile (il politichese), giovani e donne si organizzano in movimenti che adottano nuove forme di partecipazione (sit-in, cortei e assemblee in scuole, fabbriche, aule universitarie) e di comunicazione. • Il movimento giovanile deriva molto del suo lessico dall’esperienza del maggio francese e, grazie anche all’uso delle radio libere, riesce a portare avanti un’opera di svecchiamento della lingua. Inoltre, per la prima volta si rivendica il valore politico dell’esperienza personale e privata; un elemento, questo, che caratterizza anche il movimento femminile.

  6. I giovani e le donne in movimento • Al movimento femminista si deve la diffusione dei concetti di una cultura della differenza e dell’alterità rispetto alla guerra e al potere maschile. • Sul piano linguistico è rilevante l’uso ironico-polemico dello slogan in cui si propone l’identificazione tra donna e strega (tremate, tremate, le streghe son tornate) che convive con quello più poetico dell’immagine del mondo femminile come l’altra metà del cielo. • Con il femminismo, il pacifismo e il movimento giovanile si afferma la cosiddetta “politica povera”, quella delle manifestazioni spontanee, dei girotondi, dei cori e degli sberleffi (tipici soprattutto del movimento degli “indiani metropolitani” del 1977).

  7. I Verdi • È un movimento nato in Italia negli anni Ottanta, con un certo ritardo rispetto al resto d’Europa. Politicamente si colloca a sinistra e condivide alcune delle tendenze non violente della sinistra extraparlamentare. • Il linguaggio si adatta ai temi trattati: è colloquiale ed espressivo nell’esposizione degli argomenti generali della propaganda; assume toni più elevati e andamento didattico nella trattazione degli argomenti scientifici che vengono portati a supporto delle tesi ecologiste.

  8. I Verdi • I Verdi si segnalano da sempre per l’uso originale degli slogan (a partire dal logo: il sole che ride, l’arcobaleno che si radica poi nella bandiera iridata pacifista) e per la capacità di creare neologismi grazie all’uso dei prefissi (il caso più evidente è quello di parole come ecoterrorismo ed ecomafia, ottenute con l’aggiunta del prefissoide eco- ‘ecologico’).

  9. Enrico Berlinguer • Enrico Berlinguer è stato il leader del partito comunista dal 1972 fino all’anno della sua morte, il 1984. • Il linguaggio di Berlinguer, molto diverso rispetto a quello di Moro (espressione dell’oscurità del politichese), è un perfetto esempio dello stile comunicativo teorico-didascalico e antiretorico della sinistra.

  10. Enrico Berlinguer e i padri del comunismo • I concetti ai quali Berlinguer si richiama nei suoi discorsi sono il rigore morale e la serietà intellettuale. Inoltre, è frequente il richiamo alle auctoritates fondatrici degli ideali della sinistra. L’argomento d’autorità (che si traduce in citazioni delle parole di Marx, Engels, Lenin, Gramsci e Togliatti) è usato per mettere in luce l’identità del partito e la continuità della sua azione politica senza trascurare, però, gli elementi di originalità del comunismo italiano.

  11. Enrico Berlinguer: sintassi e retorica • L’argomentazione procede in modo lineare e ordinato, è austera e ben concatenata grazie all’uso accorto dei coesivi, ovvero di tutti gli strumenti (pronomi personali e dimostrativi, sinonimi, iperonimi e nomi generali, riformulazioni ma anche anafore) che permettono di richiamare un elemento già espresso in precedenza. • Le figure retoriche sono poco sfruttate e le rare metafore adoperate da Berlinguer sono spaziali o meccaniche (panorama, spazio d’azione, leva). • L’uso dell’impersonale e della quarta persona contribuiscono a sottolineare l’andamento didattico dei discorsi di Berlinguer.

  12. Enrico Berlinguer: il lessico • Il lessico di Berlinguer è soprattutto quello didattico di matrice marxista: giusto/sbagliato, correggere, spiegare, lezione, dottrina, errore, deviazione (termine, quest’ultimo, che anticipa il riferimento ai compagni che hanno sbagliato strada). Deviazione e compagno di strada sono entrambi russismi. • Tra le parole chiave dei discorsi di Berlinguer spiccano inoltre eurocomunismo (neologismo del 1975), qualità della vita e questione morale (oggi di nuovo al centro del dibattito politico, soprattutto a sinistra).

  13. Bettino Craxi • Divenne leader del Psi nel 1974 (incarico che conservò fino ai primi anni Novanta) e fu il primo socialista a ricoprire la carica di presidente del Consiglio dei ministri (1983-1987). • Craxi rappresenta una parziale eccezione all’interno di un quadro politico in cui si faceva fatica a cogliere le potenzialità della televisione come strumento di comunicazione politica. Di fatto fu il primo politico in grado di adattare il proprio stile comunicativo alle aspettative della platea televisiva.

  14. Bettino Craxi • Craxi ha occupato lo spazio televisivo non solo nelle trasmissioni tradizionalmente riservate al dibattito politico (tribune elettorali e dirette delle sedute parlamentari) ma anche in programmi di altro genere (interviste e appelli, apparizioni in programmi di intrattenimento). • Craxi ha cioè intuito per primo il vento di novità della politica-spettacolo fatta di presenzialismo e di divismo protagonistico e ha saputo trarne vantaggio, grazie anche a un’inedita attenzione all’immagine e al target.

  15. Bettino Craxi • Il divismo craxiano risulta evidente anche nella costruzione dei suoi discorsi in cui si ha una costante rappresentazione del proprio io, anche per mezzo di autocitazioni. Questo approccio, inoltre, viene mantenuto anche al di fuori del medium televisivo, nelle piazze come nelle aule parlamentari. • Un altro elemento di novità nell’approccio craxiano alla comunicazione politica è l’esposizione di contenuti programmatici nel quadro di un accordo da stipulare con i cittadini elettori ai quali si chiede di instaurare un rapporto fiduciario che il politico s’impegna a rispettare con un’assunzione di responsabilità.

  16. Bettino Craxi • Craxi ha uno stile comunicativo sempre diretto e polemico e, di conseguenza, ricorre costantemente alle tecniche dell’avvicinamento attanziale, proprie del discorso politico polemico. • Importanti sono inoltre le strategie linguistiche di riuso: citazioni provenienti da testi e discorsi di personaggi illustri di indiscussa autorità anche per un pubblico non necessariamente socialista.

  17. Bettino Craxi: sintassi e retorica • Il periodare è molto semplice, procede per frasi brevi, perlopiù coordinate tra loro. • La subordinazione riguarda soprattutto le frasi relative, le temporali e le causali. • La scansione del discorso è affidata principalmente alle ripetizioni e alle riformulazioni di quanto già espresso. • Sono molto frequenti gli usi metaforici che richiamano i campi semantici più disparati. • Costante è infine l’uso di coppie e terne nominali, aggettivali e sintagmatiche.

  18. Bettino Craxi: lessico e fraseologia • Il lessico è brillante, infarcito di esotismi (per esempio nell’espressione giri di lambada che attualizza il già esistente giri di valzer) ma anche di latinismi (come il fumus persecutionis recentemente rientrato nel lessico politico con riferimento alle vicende giudiziarie di Berlusconi). • Craxi è ricordato anche per la sua capacità di inventare a caldo battute sferzanti e slogans efficaci. • Notevole è poi il richiamo a modi di dire, proverbi, luoghi comuni e inoltre a citazioni e locuzioni di sapore popolare: tutti elementi che chiamano in causa un patrimonio condiviso che agevola l’identificazione del destinatario con l’emittente del messaggio.

  19. Marco Pannella • Tra i fondatori del Partito radicale, è deputato dal 1976 ed è tuttora uno dei protagonisti della scena politica. • Anche se la sua attività non è confinata nella prima Repubblica, la portata innovativa della sua azione politica e del suo linguaggio si è manifestata soprattutto negli anni delle battaglie per i referendum sul divorzio e sull’aborto (quindi prima dell’avvento della seconda Repubblica).

  20. Marco Pannella • Pannella è noto al grande pubblico anche per le scelte innovative di protesta politica non violenta: sit-in, scioperi della fame e della sete, disobbedienza civile e azioni simboliche. • Gran parte della sua attività politica riguarda da sempre la promozione delle campagne referendarie (dalla raccolta delle firme all’affissione di manifesti e così via). • Pannella è quindi, insieme a Craxi, uno dei primi politici in grado di sfruttare le potenzialità del medium televisivo come catalizzatore dell’attenzione e del consenso e di applicare le tecniche comunicative della pubblicità al messaggio politico.

  21. Marco Pannella • L’esempio più eclatante delle sue capacità di comunicatore originale e incisivo è rappresentato dalla sua partecipazione a una tribuna politica del 1978. In quell’occasione Pannella rimase muto e con il suo silenzio infranse la prima regola di ogni situazione comunicativa, quella della produzione di un messaggio.

  22. Marco Pannella • Il tratto fondamentale del linguaggio di Pannella e degli esponenti del suo partito è la capacità di attribuire alle parole nuovi significati accrescendone gli ambiti d’uso o caricandole di una vis polemica che originariamente non presentavano (basti il caso del sostantivo partitocrazia e dell’aggettivo derivato partitocratico). • Del resto l’impostazione generale dei discorsi di Pannella e dei suoi compagni di partito è quella del discorso polemico, come risulta evidente dall’uso insistito dell’opposizione noi/loro che rimarca la distanza dal restante quadro politico. • Pannella inoltre non disdegna il ricorso al turpiloquio, soprattutto nella comunicazione diretta con la piazza.

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