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Corso di laurea triennale in Infermieristica

Corso di laurea triennale in Infermieristica Il Corso di Laurea in Infermieristica abilitante alla professione di infermiere ha durata triennale e forma operatori sanitari responsabili dell’assistenza infermieristica .

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Corso di laurea triennale in Infermieristica

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Presentation Transcript


  1. Corso di laurea triennale in Infermieristica Il Corso di Laurea in Infermieristica abilitante alla professione di infermiere ha durata triennale e forma operatori sanitari responsabili dell’assistenza infermieristica . Il laureato infermiere partecipa all’identificazione dei bisogni di salute della persona e della collettività; identifica i bisogni di assistenza infermieristica della persona e della collettività e formula i relativi obiettivi; pianifica, gestisce e valuta l’intervento assistenziale infermieristico; garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche; agisce sia individualmente che in colla- borazione con gli altri operatori sanitari e sociali, avvalendosi, ove necessario, dell’opera del personale di supporto. Il corso è strutturato con periodi di teoria e di tirocinio clinico e si conclude con un esame di laurea dal valore abilitante. Il profilo professionale dell’infermiere è definito dal D.M. del Ministero della Sanità del 14 settembre 1994, n. 739.

  2. Obiettivi Il corso di Laurea si propone di raggiungere gli obiettivi educativi indicati di seguito. A conclusione del triennio l’infermiere laureato è in grado di: · Identificare l’area di bisogni di salute di interesse per la professione infermieristica, considerando aspettative , fattori di rischio e malattie a livello individuale e collettivo · Valutare il livello di autonomia del soggetto nella cura di sé, in rapporto a possibili necessità di intervento infermieristico. · Scegliere percorsi di assistenza infermieristica coerenti con lo stato di salute e le capacità di autonomia del soggetto o gruppo. · Attuare interventi in ambito preventivo, educativo, curativo e palliativo a soggetti e gruppi a rischio, malati e disabili di tutte le età. · Monitorare e verificare i risultati del processo attuativo dell’assistenza infermieristica. · Valutare la qualità dei risultati e dei percorsi assistenziali. · Contribuire alla formazione e allo sviluppo della cultura e della professione. · Gestire risorse e processi organizzativi nell’ambito di programmi assis tenziali, contribuire allo sviluppo della qualità tecnico-professionale, percepita e organizzativo-manageriale. · Identificare aspetti comuni e specificità di vari approcci teorici dell’infermieristica in rapporto allo sviluppo di programmi di assistenza. · Partecipare allo sviluppo delle problematiche etiche in sanità.

  3. Obiettivi formativi A conclusione dell’insegnamento e del relativo studio individuale previsto per l’esame gli studenti dovranno essere in grado di: - conoscere le più importanti emergenze dei vari organi ed apparati di più frequente riscontro nella attività dei Servizi di emergenza e Pronto Soccorso, avendo acquisito informazioni sulla fisiopatologia, l’anatomia, la prognosi e la prevenzione del problema con conoscenza ed interpretazione di esame clinico, esami bioumorali e strumentali di prima scelta; - poter inquadrare nei suoi aspetti clinici l’assistenza di base nelle emergenze nel paziente domiciliare, in quello soccorso in ambulanza o che si presenta al Pronto Soccorso o nel paziente ricoverato in Reparto Ospedaliero; - saper effettuare una corretta anamnesi in condizioni di emergenza; - saper controllare le funzioni vitali e consentire il mantenimento in vita del paziente; - stabilire le priorità di trattamento in corso di emergenza (il sistema dei codici); - pianificare la disponibilità dei farmaci o degli strumenti nelle emergenze. Prerequisiti: (non vincolanti) aver superato con profitto gli esami del Corso integrato C7 = Medicina e chirurgia generale e farmacologia; C8 = infermieristica clinica applicata alla medicina e chirurgia generale; C13= infermieristica clinica in medicina e chirurgia specialistica.

  4. Contenuti • - L’insufficienza respiratoria acuta: aspetti fisio-patologici, classificazione, prima assistenza, l’embolia polmonare. • - La sindrome coronarica acuta. • - Il dolore toracico, aspetti fisio-patologici del dolore somatico e viscerale, classificazione, • patologie distinte per gravità e sede, aspetti pratici del soccorso nel dolore toracico dalla • ricezione della chiamata al rientro in P.S. • - Aritmie cardiache • - L’edema polmonare acuto. • - La crisi ipertensiva. • - Lo shock. • - I comi di origine non traumatica, conoscenze delle eziologie di più comune riscontro e • primo soccorso. • - Le emorragie digestive. • - L’insufficienza renale acuta. • - Crisi convulsiva ed epilettica. • L’ictus cerebrale. • Testi di riferimento • - A.A.V.V. Medicina pratica. Volume 3: EMERGENZE. Ed: UTET. • - Nancy M. Holloway, Piani di assistenza in medicina e chirurgia, Ed. Sorbona Milano • - Dispense delle lezioni.

  5. L’insufficienza respiratoria

  6. Anatomia funzionale del polmone - Il polmone dei vertebrati si sviluppa come un diverticolo del tubo digerente, è costituito da una complessa rete di tubi e sacchi, la cui struttura varia di specie in specie. - Passando da anfibi a rettili e ai mammiferi gli spazi aerei terminali hanno dimensioni sempre più piccole ed aumenta il loro numero totale per unità di volume polmonare, determinando un aumento della superficie totale di scambio; - Nei mammiferi l’area della superficie respiratoria aumenta con il peso corporeo e con l’assunzione di O2.

  7. Polmone dei mammiferi Il polmone dei mammiferi è costituito da milioni di sacchetti a fondo cieco intercomunicanti detti alveoli. I gas vengono trasferiti attraverso la sottile parete degli alveoli situati distalmente al bronchiolo terminale. Porzionerespiratoria: Acino costituito da alveoli, sacchi alveolari, dotto alveolare, bronchiolo respiratorio. Pori di Kohn: fori che collegano alveoli di acini contigui, facilitano distribuzione gas. I dotti aerei non respiratori sono costituiti da cartilagine e muscolo liscio; nelle parti respiratorie (non negli alveoli) la cartilagine è sostituita dal muscolo liscio che può esercitare un notevole effetto sulle dimensioni delle vie aeree polmonari. Nel polmone umano la > parte degli alveoli si sviluppa dopo la nascita. La barriera di diffusione è costituita, nei mammiferi: 1)     da un sottile velo di liquido; 2)     dalle cellule epiteliali dell’alveolo; 3)     dallo strato interstiziale; 4)     dalle cellule endoteliali dei capillari sanguigni; 5)     dal plasma e dalla parete del globulo rosso.

  8. Circolazione del sangue nel polmone Il polmone riceve il sangue da due vie: 1)     dall’arteria polmonare che perfonde il polmone assumendo O2 e cedendo CO2 (circolazione polmonare); 2)     dal circolo sistemico, tramite la circolazione bronchiale, rifornisce i tessuti del polmone di O2 e di altre sostanze. Per ridurre la filtrazione di liquido sulla superficie dei polmoni (con riduzione trasferimento gas respiratori) nei mammiferi come negli uccelli: 1)     il polmone è perfuso a basse pressioni; 2)     esiste un elevato drenaggio linfatico. La pressione media arteriosa nel polmone umano è appena sufficiente a far salire il sangue fino all’apice dell’organo: il flusso è minimo alla sommità ed aumenta progressivamente andando verso la base del polmone; -       I vasi alveolari, distensibili, vengono deformati dai movimenti respiratori; -       se la pressione alveolare > pressione sangue nei capillari questi si collassano ed il flusso del sangue cessa; ciò si può verificare all’apice del polmone; -       se la pressione arteriosa > della alveolare il flusso di sangue sarà regolato dalla differenza di pressione (metà superiore del polmone) -       se la pressione venosa > quella alveolare il flusso di sangue sarà correlato a differenze tra pressione arteriosa e venosa (metà inferiore del polmone); -  sia l’una che l’altra aumentano parallelamente andando verso la base del polmone; ciò provoca una dilatazione dei vasi (> flusso). -  La posizione dei polmoni intorno al cuore minimizza l’effetto della gravità sul flusso polmonare quando l’animale cambia posizione; -  L’abbassamento della pressione all’interno del torace durante l’ispirazione facilita il ritorno venoso del sangue al cuore. Microfotografia microscopio elettronico a scansione di un setto interalveolare di polmone di topo

  9. Arteria Polmonare sangue venoso Vena Polmonare sangue arterioso

  10. Trasporto e scambio della CO2

  11. Controllo del respiroCentri respiratori midollari • Centro inspiratorio (gruppo neuroni respiratori dorsali, PRG): • Localizzato vicino alla radice del IX nervo cranico • Pace-maker del respiro • Eccita i muscoli inspiratori (12-22 respiri/minuto) • Si inattiva durante l’espirazione • Il gruppo respiratorio ventrale (VRG) è coinvolto nell’inspirazione forzata e nell’espirazione

  12. Profondità e frequenza del respiroCentri respiratori centrali • L’ipotalamo controlla attraverso il sistema limbico la frequenza e la profondità del respiro. • Esempio: modificazioni del respiro nell’ansia • Un incremento della temperatura corporea incrementa la frequenza del respiro • La corteccia cerebrale invia segnali direttamente ai centri motori che by-passano i controlli midollari • Esempio: la modificazione volontaria del respiro

  13. Profondità e frequenza del respiro PCO2 • Le modificazioni della PCO2 sono monitorizzati da chemorecetori del SNC e periferici • La CO2 del sangue diffonde nel fluido cerebrospinale H+ incrementano pH diminuisce • Quando la PCO2 sale (ipercapnia) si ha un incremento della profondità e della frequenza del respiro

  14. Profondità e frequenza del respiro PO2 • I livelli di O2 plasmatici sono monitorizzati da recettori periferici e centrali • Un calo della PO2 arteriosa (fino a 60 mm Hg) sono necessari per l’attivazione di questi recettori  aumento della frequenza e profondità del respiro • Se la CO2 non viene eliminata, (enfisema, bronchite cronica), i chemorecettori diventano non responsivi alla PCO2 quale stimolo chimico • In tali casi i livelli di PO2 diventano il principale stimolo respiratorio

  15. Profondità e frequenza del respiropH Arterioso • Cambiamenti del pH arterioso possono modificare la frequenza respiratoria anche se la PO2 e la PCO2 sono normali. • L’incremento della ventilazione in risposta alla diminuzione del pH è mediato da chemocettori periferici.

  16. Profondità e frequenza del respiropH Arterioso • L’acidosi può riflettere: • Ritenzione di CO2 • Accumulo di acido lattico • I centri respiratori cercano di incrementare il pH stimolando la frequenza e la profondità del respiro

  17. INSUFFICIENZA RESPIRATORIA 1. DEFINIZIONE 2. DIAGNOSI 3. MECCANISMI FISIOPATOLOGICI 4. CLASSIFICAZIONE 5. TERAPIA

  18. 1. DEFINIZIONE • “Si parla di insufficienza respiratoria (IR) quando il polmone non è in grado di procedere ad un’adeguata ossigenazione del sangue arterioso o non è in grado di prevenire la ritenzione di CO2”.

  19. 2. DIAGNOSI • “Una discussione sulla possibilità di identificare l’ipossiemia sulla base dei segni clinici è puramente accademica, in quanto la misurazione della PaO2 del sangue arterioso è indispensabile per determinare il grado di ipossiemia nel paziente con insufficienza respiratoria.” CRITERI EMOGASANALITICI DI I.R. PaO2 < 55 mmHg IPOSSIEMIA PaCO2 > 45 mmHg IPERCAPNIA pH < 7.35 ACIDOSI RESPIRATORIA

  20. Emogasanalisi Si effettua tramite un prelievo di sangue arterioso attraverso il quale si analizzano alcuni parametri utili nello studio della respirazione e dell'equilibrio acido-base. I parametri esaminati possono essere indice di alterazioni respiratorie o metaboliche. Occorrono pochi ml di sangue per aver dati su: pH, pCO2, pO2, eccesso basi e bicarbonato, SAT%. È l'unico esame valido per valutare la necessità di ossigenoterapia e richiederne prescrizione utile ai fini regionali (ASL).

  21. CURVA DI DISSOCIAZIONE DELL’Hb • Il valore della PaO2(< 55 mm Hg) è stato scelto perché è il punto critico sotto il quale la curva diventa più ripida e piccoli cambiamenti di PaO2 sono associati a grandi variazioni nella saturazione dell’Hb.

  22. VARIAZIONI DELLA PaO2 CON L’ETA’ PaO2corr = 109 – (0.43 x età) mmHg

  23. 2. SEGNI E SINTOMI DI IPOSSIEMIA • Cianosi (Hb desaturata > 5 gr/dl) • Tachicardia (per aumentare la portata cardiaca) • Dispnea con tachipnea • Turbe neurologiche (attenzione, umore, incoordinazione motoria, agitazione psicomotoria, insonnia) • Aumento onda P (polmonare) nell’ECG • Poliglobulia (nell’ipossiemia cronica) • Cuore polmonare cronico (nell’ipossiemia cronica)

  24. 2. SEGNI E SINTOMI DI IPERCAPNIA • Encefalopatia ipercapnica: quadro neurologico che si instaura in corso di insufficienza respiratoria, causato dalla sofferenza dell’encefalo a causa dell’ipossia, ma soprattutto dell’ipercapnia. Consiste in: • Turbe della coscienza (attenzione,orientamento, comprensione, percezione, vigilanza) • Turbe motorie (tremori, asterixis, mioclono multifocale) • Stupor • Coma

  25. 2. PROGRESSIONE CLINICA DELL’IR

  26. 2. PROGRESSIONE CLINICA DELL’IR

  27. MECCANISMI FISIOPATOLOGICI DELL’IPOSSIEMIA • IPOVENTILAZIONE • ALTERAZIONE DELLA DIFFUSIONE • SHUNT • SQUILIBRIO VENTILAZIONE/PERFUSIONE

  28. IPOVENTILAZIONE ALVEOLARE Il volume di aria inspirata che arriva agli alveoli nell’unità di tempo (ventilazione alveolare) risulta diminuito.

  29. ALTERAZIONE DELLA DIFFUSIONE Non si raggiunge l’equilibrio tra la PaO2 dei capillari polmonari ed il gas alveolare. • In condizioni normali a riposo la PO2 dei capillari polmonari raggiunge quasi quella alveolare dopo circa 1/3 del tempo totale di contatto (3/4 di secondo). • In alcune patologie la membrana può essere ispessita e la diffusione ne risulta così rallentata, contribuendo all’instaurarsi dell’ipossiemia. • Patologie: asbestosi,sarcoidosi,fibrosi polmonare idiopatica, polmonite interstiziale, sclerodermia, artrite reumatoide, Wegener.

  30. SHUNT Una certa quota di sangue raggiunge il circolo arterioso dopo aver attraversato regioni alveolari non ventilate

  31. SHUNT • Shunt intrapolmonari: possono essere dovuti a fistole artero-venose, sebbene piuttosto rare • Anche un’area polmonare non ventilata ma perfusa, come un lobo in fase di consolidamento polmonitico, costituisce uno shunt • Shunt extrapolmonari: cardiopatie congenite gravi per difetti del setto interatriale o interventricolare

  32. SQUILIBRIO Ventilazione/Perfusione • Ventilazione e perfusione non sono accoppiate in diverse regioni polmonari, con il risultato che la diffusione gassosa diventa inefficace

  33. SQUILIBRIO Ventilazione/Perfusione • Questo meccanismo di ipossiemia è responsabile della maggior parte, se non di tutta, l’ipossiemia che si determina nelle patologie croniche ostruttive, nelle malattie interstiziali del polmone e in turbe vascolari come l’embolia polmonare. • Tutti i polmoni presentano un certo squilibrio tra ventilazione e perfusione. Nel polmone normale, di un soggetto in posizione eretta, il rapporto ventilazione-perfusione decresce dall’apice verso la base. Nel soggetto con patologia si osserva una ingravescente e progressiva disorganizzazione di tale profilo.

  34. 4. Classificazione delle Insufficienze respiratorie L’IR può essere causata da un danno che intervenga a livello di qualsiasi anello della catena

  35. 4. CLASSIFICAZIONE

  36. IR ACUTA • Si instaura in tempi molto brevi, con quadri di severa entità • Può essere ipossiemica o ipossiemica ed ipercapnica: in questo caso si associa sempre il quadro dell’acidosi respiratoriascompensata, in quanto i meccanismi di compenso renale richiedono tempi prolungati per instaurarsi. • PaO2 < 55mmHg • PaCO2 > 50mmHg • pH < 7.35

  37. IR CRONICA • A lenta insorgenza, con minore severità del quadro clinico • Può essere ipossiemica o ipossiemica ed ipercapnica: in questo caso si osserva in genere un aumento dei bicarbonati plasmatici e un pH vicino alla norma (per il compenso renale) • PaO2 < 55 mmHg • PaCO2 > 50mmHg • pH > 7.35

  38. IR CRONICA RIACUTIZZATA • Se ad un certo punto, in un paziente con IR cronica, interviene un aumento rapido della PaCO2, che non riesca ad essere compensato da meccanismi cronicamente già impegnati, si ha riduzione del pH e compare il quadro dell’IR cronica riacutizzata. • L’ IR cronica riacutizzata differisce dall’ IR acuta perché, una volta risolta la riacutizzazione, si ripristina il quadro dell’insufficienza respiratoria cronica compensata.

  39. CAUSE DI IR • TIPO 1 (non-ventilatoria o parziale) associata ipocapnia o normocapnia. In genere è dovuta ad patologia del parenchima polmonare. • TIPO 2 (ventilatoria o globale) associata ad ipercapnia. In genere dovuta ad alterazioni della capacità ventilatoria polmonare.

  40. CAUSE DI IR • Alcune cause però determinano solo IR di Tipo 2 (ipercapnica o globale): • Cerebrali: incidenti cerebrovascolari, poliomielite bulbare, overdose (narcotici, sedativi), depressione postoperatoria da anestetici. • Midollo spinale: SLA, poliomielite, traumi • Sistema neuromuscolare: SM, miastenia, tetano, avvelenamento (insetticidi organofosforici) • Torace e pleura: cifoscoliosi, obesità, pneumotorace, distrofia muscolare

  41. CAUSE DI IR • Altre patologie invece, possono determinare sia IR di Tipo 1 sia IR di Tipo 2, a seconda del meccanismo fisiopatologico che risulti predominante. • Alte vie: ostruzione tracheale • Basse vie e alveoli: ARDS, asma, BPCO, fibrosi cistica, patologie interstiziali, polmonite bilaterale . • Sistema cardiovascolare: edema polmonare cardiogeno.

  42. 5. TERAPIA • IPOSSIEMIA • Terapia farmacologica (broncodilatazione, diuretica) • Ossigenoterapia (con maschera Venturi e cannula nasale) • Ventilazione meccanica (se l’ossigenoterapia risulti inefficace) • IPERCAPNIA • Terapia farmacologica • Ventilazione meccanica

  43. Terapia con ossigeno in corso di IR • E’ un trattamento essenziale • Monitorare PaO2, PaCO2, saturazione Hb • Scopo evitare ipossia tessuti periferici che avviene quando: • PaO2 venosa < 20 mmHg o SaO2 < 40% • PaO2 arteriosa < 38 mmHg or SaO2 < 70% • Portare la PaO2 arteriosa > 60 mmHg(SaO2 > 90%) o la SaO2 venosa > 60%

  44. SISTEMI DI SOMMINISTRAZIONE DELL’O2 • Cannule nasali: due tubuli che vengono inseriti nella parte anteriore delle narici, sostenuti da un leggero supporto. • Vantaggi: risparmiano al paziente il fastidio della maschera, possono essere tenute in situ per lunghi periodi. • Svantaggi: basse concentrazioni massimali di O2 disponibili per l’inspirazione e imprevedibilità di tali concentrazioni, specie se respira a bocca aperta.

  45. SISTEMI DI SOMMINISTRAZIONE DELL’O2 • Maschere semplici: coprono il viso e la bocca. Si somministra O2 in concentrazioni fino al 60%, quando la velocità di flusso è pari a 6L/min. • Svantaggio: nella maschera si accumula CO2, quindi sono da evitare in pazienti che tendono ad accumulare la CO2.

  46. SISTEMI DI SOMMINISTRAZIONE DELL’O2 • Maschera di Venturi: l’O2 entrando nella maschera attraverso un getto sottile, induce un flusso costante di aria che entra attraverso i fori circostanti. Con un flusso dell’O2 di 4L/min si somministra al paziente un flusso totale (O2+aria) di circa 40L/min. In questo modo la reinspirazione di gas espirato diventa trascurabile, per cui non si ha accumulo di CO2. • Disponibili maschere che somministrano concentrazioni inspiratorie di O2 del 24, 28 e 35%.

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