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Nuovi conflitti e guerra tra la gente

Nuovi conflitti e guerra tra la gente.

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Nuovi conflitti e guerra tra la gente

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Presentation Transcript


  1. Nuovi conflitti e guerra tra la gente Nel periodo post guerra fredda i conflitti si sono caratterizzati per la loro indeterminatezza e complessità. Gli aspetti politici, militari e culturali, appaiono confusamente interconnessi e la maggiore complessità viene dall’impossibilità di comprendere esattamente in quale livello cercare una possibile soluzione. La caratteristica fondamentale dell’uso della forza, l’applicazione effettiva o potenziale della violenza, si esplica nei conflitti contemporanei non in uno spazio fisico (politico, mediatico, economico, sociale, …) ben definito e confinato, ma ovunque: in mezzo alla popolazione civile come lungo ipotetiche linee del fronte, sia questo un territorio desertico o una metropoli; attraverso la diffusione di immagini dal formidabile valore mediatico-comunicazionale o nel contesto di strategie di carattere economico finanziario; nell’attacco “virtuale” di operazioni di guerriglia o terrorismo informatici o attraverso complesse azioni di psy ops.

  2. Nuovi conflitti e guerra tra la gente In questo contesto, muta necessariamente anche il rapporto più classico tra mondo militare e civile, nella misura in cui si potrebbe addirittura dire che, in tanta incertezza delle dinamiche belliche, l’unico “campo di battaglia” reale, sebbene di misura globale, è proprio il contesto civile. I civili non sono solo vittime casuali di qualcosa che accade attorno a loro, ma rappresentano il punto focale di qualsiasi azione. Essi possono diventare un’arma vera e propria, da utilizzare per scopi diversi, sfruttando, ad esempio, l’impatto logistico creato da masse di profughi in movimento da un territorio all’altro , o quello mediatico provocato dalla loro sofferenza, utilizzata come strumento di guerra psicologica. Non a caso l’elemento fondamentale cui mirano le nuove guerre è il potere di condizionare l’opinione pubblica (propria e dell’avversario) attraverso azioni di guerra psicologica, disinformazione, manipolazione dell’informazione e propaganda.

  3. Le “operazioni diverse dalla guerra” (OOTW) Con l’acronimo OOTW (Operations Other Than War) si intende l’insieme di tutte le operazioni che hanno il fine di evitare lo scoppio o il perpetuarsi di un conflitto, la promozione della pace e il supporto alle autorità civili in risposta a crisi di ordine interno. Vengono eseguite da parte di uno stato o di un’organizzazione di stati (generalmente sotto gli auspici delle Nazioni Unite) e comprendono il sostegno di governi locali (nel caso di perdita di controllo interno), l’assistenza a paesi in difficoltà per calamità naturali o indirettamente coinvolti in conflitti in paesi limitrofi, le operazioni di peace keeping, le operazioni di peace enforcement, l’appoggio a forze di insurrezione e controinsurrezione, l’evacuazione di personale non combattente. Si tratta per lo più di operazioni che individuano nello strumento militare una delle componenti necessarie per affrontare una situazione di crisi particolarmente grave, in stretta collaborazione con altri attori istituzionali quali le autorità locali, gli Enti internazionali, le ONG, le associazioni locali, parallelamente impegnati nell’obiettivo di stabilizzazione politico sociale

  4. Le “operazioni diverse dalla guerra” (OOTW) La fine della guerra fredda e degli equilibri conseguenti ha posto in evidenza, accanto al riaccendersi di tensioni locali prevalentemente fondate su questioni di carattere etnico-religioso, la presenza di nuovi soggetti “non istituzionali” sugli scenari internazionali, tra i quali signori della guerra locali, organizzazioni criminali, strutture parastatali e terroristiche. Di fronte a queste nuove forme di violenza, “l’ingerenza umanitaria” veniva a collegarsi al concetto della responsabilità legale degli stati nei confronti della comunità internazionale (diritto umanitario, responsabilità di fronte all’opinione pubblica, prevenzione e salvaguardia della stabilità locale e internazionale).

  5. Le PSO (Peace Support Operations) Le principali azioni di PSO supportate dallo strumento militare sono: • Peace Keeping: attività volte a contenere, moderare, porre fine alle ostilità tra nazioni o tra fazioni della stessa nazione. Normalmente dirette e predisposte da organizzazioni internazionali vengono messe in atto impiegando forze militari e civili. Prevedono lo schieramento (interposizione) sul terreno di contingenti militari che hanno lo scopo di controllare le linee di demarcazione, operare una supervisione degli accordi di cessate il fuoco, mettere in atto azioni di disarmo e controllare le frontiere. • Peace enforcement: attività volte a imporre la pace in un’area interessata da un conflitto. Contemplano un intervento diretto di reparti militari (anche senza il consenso delle parti e senza necessariamente l’imparzialità dell’intervento) al fine di sostenere le popolazioni colpite dagli sviluppi della situazione o per aiutare istituzioni internazionali che non siano più in grado di operare con efficacia in modo autonomo (ex. obbligare con la forza al rispetto del diritto internazionale)

  6. Le PSO (Peace Support Operations) Gli anni Novanta sono stati il periodo di transizione dal peace keeping tradizionale al peace enforcement. La stessa Guerra del Golfo (1990-1991), pur combattuta secondo i canoni dell’intervento militare tradizionale, è stata ricondotta al peace enforcement grazie alla legittimazione concessa dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU (autorizzazione ad usare tutti i mezzi necessari per restaurare l’integrità territoriale dell’Emirato del Kuwait occupato dall’esercito iracheno). Seguono Restore Hope (Somalia 1993), Balcani (1994-1995), Kosovo (1999-2000), Timor Est (1999) Kofi Annan, a proposito del Kosovo: “ Ci sono tempi nei quali l’uso della forza può essere legittimo allo scopo di ricercare la pace”. Concetto agostiniano di “guerra giusta”: usare la forza per correggere gli effetti di un atto malvagio e ripristinare il dominio del bene. Si ribadisce l’impossibilità per gli stati di muovere guerra autonomamente , perché solo la comunità internazionale, accertata una violazione al diritto delle genti, può assumersi tale onere.

  7. L’idea “classica” clausewitziana di guerra implica: Lo scontro tra due soggetti statuali (o coalizioni) Nell’ambito di uno scenario geograficamente definito (campo di battaglia) Attraverso l’impiego di strumenti convenzionali Col fine di costringere l’avversario a compiere la nostra volontà Distruggendone la forza militare Conquistandone il paese Domandone la volontà. Il concetto di “asimmetria” connesso alle nuove guerre implica: L’inserimento di soggetti non statuali L’impossibilità di definire un campo di battaglia, a fronte di uno scenario complesso, globale e pluridimensionale L’impiego di armi non convenzionali e di “non-armi” con funzione letale La difficoltà di definire obiettivi precisi e spesso l’impossibilità di assumerne di verosimili Conflitti tradizionali / Conflitti asimmetrici

  8. Gli elementi essenziali per definire la guerra La guerra, per sua stessa natura:  1) richiede un nemico preciso e identificabile, tant’è vero che quest’ultimo è sempre uno stato (attuale o futuro) e chi lo combatte è uno stato a sua volta; 2) ha bisogno di una base tellurica, e si svolge in qualche ben preciso spazio (per ampio che possa essere il campo di battaglia – nella seconda guerra mondiale comprendeva un’area che andava dall’Atlantico al Pacifico), comunque delimitato e delimitabile; 3) ha un suo punto finale, la vittoria e la sconfitta dichiarati sul terreno o di fronte al tavolo della pace.(Bonanate, La politica internazionale tra terrorismo e guerra, 2004)

  9. I soggetti dell’asimmetria “Le nuove guerre hanno luogo in un contesto di erosione dell’autonomia dello stato e, in alcuni casi estremi, in un contesto di disintegrazione d’esso. Più specificamente, esse hanno luogo in un contesto di erosione del monopolio della violenza legittima organizzata”(M.Kaldor,Le nuove guerre) I nuovi soggetti possono essere molteplici e possono assumere molte forme: gruppi di potere economico-finanziario, mafie, narcotraffico, lobby politiche, gruppi religiosi, gruppi millenaristi, club e gruppi di pensiero, servizi deviati, terrorismi locali e internazionali. “L’instabilità albanese della metà degli anni novanta è stata in buona parte la conseguenza della crescita di gruppi mafiosi ben collegati alle organizzazioni impegnate nel violare le sanzioni alla Serbia e nel portare armi in Bosnia-Erzegovina… il commercio illegale in dollari legato alla guerra in Sudan coinvolgeva “zairesi con oro che volevano beni d’importazione, cibo e carburante; sudanesi con dollari che volevano cibo, vestiti e caffè; ugandesi con beni d’importazione che volevano oro e dollari per i mercati paralleli di Kampla”. (M. Kaldor 1999)

  10. Gli scenari dell’asimmetria Gli elementi fisico e geografico sono sostanziali, in quanto solo attraverso una evidente identificazione del proprio avversario e del terreno di scontro si può determinare la tipologia delle azioni da intraprendere, lo spazio dove queste hanno luogo, la ragione tangibile del contendere e, fatto certo non insignificante, l’obiettivo da raggiungere. Non a caso fin dalla nascita della società così come la intendiamo oggi, vale a dire con il passaggio dalla preistoria alla storia, la guerra propriamente detta ha superato la fase della “razzia”, quello che oggi definiremmo “raid”, nel nome della conquista di territori e dell’imposizione di una supremazia su altre nazioni. Una delle principali caratteristiche delle nuove guerre, che è anche tra i fondamenti del concetto di asimmetria, risulta proprio dal radicale mutamento del luogo dove si svolge il conflitto. Certo l’iconografia classica del soldato che parte per il fronte non è cambiata, e le immagini dei conflitti attualmente in corso contribuiscono ad alimentarla.

  11. Gli scenari dell’asimmetria Tuttavia è cambiato lo scenario, e nel mondo globalizzato non può che assumere dimensioni globali, ma non solo dal punto di vista meramente geografico. I nuovi campi di battaglia vanno ben al di là delle tre dimensioni classiche, per scivolare in altri settori assai meno quantizzabili. La globalizzazione dell’informazione, ad esempio, ha conferito all’elemento psicologico un potere enorme.. L’elettronica ha definito un nuovo “spazio non naturale”, uno “spazio tecnologico” nel quale “I concetti di lunghezza, larghezza e altezza, o anche di terra, mare, aria e spazio esterno, hanno tutti perso significato, e ciò in ragione delle specifiche proprietà dei segnali elettromagnetici, proprietà in virtù delle quali essi possono permeare e controllare lo spazio convenzionale senza occuparlo” (Liang – Xiangsui, Guerra senza limiti, 2001) Uno spazio nel quale le reti occupano una parte rilevante con il loro portato in termini di trasferimento di informazioni in tutti gli ambiti, da quello specificamente militare a quello economico-finanziario, da quello della informazione-controinformazione a quello della pirateria informatica.

  12. Gli scenari dell’asimmetria In quella che Qiao Liang e Wang Xiangsui definiscono “guerra senza limiti” Il crollo progressivo della distinzione tra tecnologia militare e tecnologia civile, e tra soldato professionista e combattente non professionista, lo spazio di battaglia si sovrapporrà sempre più al non spazio di battaglia, contribuendo anche a rendere sempre meno chiara la linea di demarcazione tra le due entità. Campi prima isolati uno dall’altro ora sono collegati. L’umanità sta praticamente attribuendo ad ogni spazio il significato di campo di battaglia. […] Il campo di battaglia è dunque onnipresente e non possiamo non chiederci, visto che è possibile ingaggiare una guerra persino in una sala di computer o in una Borsa condannando un paese nemico ad un triste destino, quale sia il non spazio di battaglia. Se oggi un giovane richiamato in guerra dovesse chiedere: “Dov’è il campo di battaglia?”, la risposta sarebbe: “Ovunque”. (Liang – Xiangsui 2001)

  13. Armi e strumenti dell’asimmetria Strettamente connessa alla questione dei luoghi diventa allora quella dei mezzi impiegati, proprio perché in uno spettro d’azione “senza limiti”, e pur a fronte degli incredibili progressi raggiunti dalla tecnologia militare, ogni strumento può trasformarsi in arma in grado di contrapporsi anche alle più sofisticate tecnologie ed alle più rigorose misure di sicurezza. La “asimmetria” nei mezzi si muove sostanzialmente su tre binari: l’utilizzo di procedure e strumenti che trascendono l’ambito militare in senso stretto; il ricorso a teorie, strategie e tecniche proprie della “guerra rivoluzionaria” e del terrorismo; un approccio etico che poco concede agli ideali largamente assimilati, almeno in Occidente, dalla gran parte dell’opinione pubblica. L’unione di questi elementi è ciò che sposta il piano della guerra dal campo militare a quello civile, trasformando l’intero pianeta in uno scenario di guerra potenziale e, per conseguenza, ogni uomo in una potenziale vittima, lesa nella sua sicurezza dalla presenza di minacce latenti, immanenti e sempre più avvertite come reali.

  14. Armi e strumenti dell’asimmetria (Guerra senza limiti) “La guerra, nell’epoca dell’integrazione tecnologica e della globalizzazione, ha privato le armi del diritto di caratterizzare la guerra e, introducendo un nuovo punto di partenza, ha riallineato il rapporto tra armi e guerra, mentre la comparsa di armi di nuova concezione e, in particolare, la comparsa di nuovi concetti di armi, ha gradualmente reso indistinto il volto della guerra. L’attacco di un solo “pirata informatico” va considerato come un atto ostile o no? L’uso di strumenti finanziari per distruggere l’economia di un paese va visto come una battaglia? E’ stata la trasmissione da parte della Cnn delle crude immagini del cadavere di un soldato americano per le strade di Mogadiscio a scuotere la determinazione degli americani a fungere da gendarmi del mondo, modificandone così la situazione strategica? E una valutazione delle azioni intraprese in tempo di guerra dovrebbe guardare ai mezzi o ai risultati? Ovviamente, se procedessimo tenendo presente la definizione tradizionale di guerra, non vi sarebbe più modo di dare una risposta a questi interrogativi”.

  15. Armi e strumenti dell’asimmetria (Guerra senza limiti) “ Nel momento in cui ci rendiamo conto che tutte queste azioni di non guerra possono essere i nuovi fattori costitutivi dello scenario di guerra del futuro, dobbiamo inevitabilmente trovare un nuovo nome per questa nuova forma di guerra, uno scenario che trascende qualsiasi confine e limite. In poche parole: una guerra senza limiti. E, se accettassimo tale definizione, ciò significherebbe che, nel contesto di questa guerra, tutti i mezzi sarebbero sempre pronti, le informazioni sarebbero onnipresenti e il campo di battaglia sarebbe ovunque, ma significherebbe anche che tutte le armi e la tecnologia potrebbero essere sovrapposte a piacimento, tutti i confini tracciati tra i due mondi, quello della guerra e quello della non guerra, quello del militare e quello del non militare, sarebbero completamente annientati e molti dei principi che attualmente presiedono al combattimento verrebbero modificati, tanto da dover forse persino riscrivere le regole della guerra”.

  16. Armi e strumenti dell’asimmetria (Guerra senza limiti) “Provocherà nella gente comune, come anche nei militari, grande stupore nel constatare che le cose ordinarie, quelle a loro più vicine, possono anch’esse diventare armi con le quali ingaggiare una guerra. Siamo persuasi che alcune persone si sveglieranno di buon’ora scoprendo con stupore che diverse cose apparentemente innocue e comuni hanno iniziato ad assumere caratteristiche offensive e letali”. (Liang – Xiangsui Guerra senza limiti, 2001)

  17. Il problema degli obiettivi Per gli strateghi e i condottieri del passato, così come per la “politica” in genere, l’obiettivo di un conflitto poteva essere quantificato in modo ragionevole e misurabile: “con lo sviluppo delle civiltà stanziali, alla guerra non verrà più attribuito il semplice compito di conquistare pascoli, donne o materie prime, ma quello di esercitare un dominio “internazionale”(diremmo oggi) su altri popoli, su altre regioni. […] almeno a partire dalle guerre persiane (VI sec. a.C.), la guerra diventa lo strumento di grandi progetti imperiali intesi non più all’occupazione territoriale, ma all’egemonia politico-economica, determinando una grande svolta che trasforma la guerra da fatto privato o prevalentemente socio-economico a problema pubblico e collettivo”. (Bonanate, La guerra 1998). Assai più complesso risulta individuare gli obiettivi di un conflitto asimmetrico, tanto più laddove se ne assuma a paradigma la cosiddetta “guerra al terrorismo”.

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