html5-img
1 / 104

Catania, 21 Maggio 2009

Catania, 21 Maggio 2009. GASCROMATOGRAFIA. Introduzione ai Metodi Analitici Strumentali. Autori Fabio Siracusano Andrea Candura Salvatore Bellardita. Che cosa è la cromatografia?.

gali
Download Presentation

Catania, 21 Maggio 2009

An Image/Link below is provided (as is) to download presentation Download Policy: Content on the Website is provided to you AS IS for your information and personal use and may not be sold / licensed / shared on other websites without getting consent from its author. Content is provided to you AS IS for your information and personal use only. Download presentation by click this link. While downloading, if for some reason you are not able to download a presentation, the publisher may have deleted the file from their server. During download, if you can't get a presentation, the file might be deleted by the publisher.

E N D

Presentation Transcript


  1. Catania, 21 Maggio 2009 GASCROMATOGRAFIA Introduzione ai Metodi Analitici Strumentali Autori Fabio Siracusano Andrea Candura Salvatore Bellardita

  2. Che cosa è la cromatografia? • La cromatografia é una tecnica di separazione di vari componenti di una miscela, al pari di una distillazione frazionata, di una cristallizzazione e una estrazione con solvente.... .... è però molto, molto, più efficace! • Fu ideata nel 1906 dal russo Tswett... • la sua tecnica sperimentale, su una soluzione di clorofille, evidenziò la separazione dei vari pigmenti utilizzando una colonna impaccata con carbonato di calcio, ed eluendo con etere di petrolio, dando luogo alla formazione di strati di diverso colore (da cui il nome: 'cromos'-colore).

  3. La tecnica cromatografica consiste nello sfruttare in modo • particolarmente efficiente la diversa attitudine che ogni • molecola o ione possiede nel distribuirsi tra due differenti • fasi (una stazionaria e una mobile). • Nel caso della tecnica di estrazione con solvente, per ottenere un’efficiente separazione, può essere necessario un numero molto elevato di estrazioni separate, con relativi problemi di perdita di campione e impossibilità di operare con microcampioni. • Se invece una fase viene immobilizzata (fase stazionaria) e l’altra viene fatta scorrere sopra di essa (fase mobile, o'eluente‘) é possibile condurre l’estrazione in modo continuo. • In tali condizioni se una specie chimica viene depositata sulla fase stazionaria e successivamente immessa nella corrente di fase mobile, essa si distribuirà dinamicamente tra le due fasi, in misura proporzionale alla diversa affinità che possiede nei loro confronti.

  4. La fase stazionaria può essere costituita da: • un solido ... • o un liquido opportunamente supportato. • La fase mobile é costituita da un fluido (che si muove sopra la fase stazionaria), cioè da: • un liquido ... • o un gas. • Le possibili combinazioni di fase mobile e stazionaria dettate soprattutto dalle proprietà chimico-fisiche dei componenti da separare • la conseguente possibilità di adottare diverse soluzioni analitiche, ha fatto in modo che nel tempo si creassero i presupposti per lo sviluppo e la raffinazione di numerose tecniche cromatografiche in grado di soddisfare le più svariate esigenze.

  5. I meccanismi della separazione • La separazione cromatografica si attua sfruttando, la diversa attitudine che ogni molecola o ione possiede nel distribuirsi fra due differenti fasi. • Le interazioni che si instaurano tra sostanza e le due fasi (mobile e stazionaria) sono spesso legami chimici secondari, sebbene in certi casi si arriva a meccanismi più complessi come lo scambio ionico. • I meccanismi di separazione cromatografici si basano su • adsorbimento, • ripartizione, • scambio ionico, • esclusione, • affinità. • Le differenti tecniche cromatografiche vengono classificate proprio in base a quale è il meccanismo principale della separazione.

  6. Adsorbimento • L'adsorbimentoè quel fenomeno che determina il vincolarsi di una sostanza a un solido. Ciò perché sul solido ci sono i cosiddetti "centri attivi" ovvero raggruppamenti di atomi grazie ai quali esso si lega, con legami chimici secondari, ai componenti della miscela e ne ritarda il procedere.

  7. Vari sono i fattori che influenzano il fenomeno dell'adsorbimento: • Struttura reticolare del solido; Stato fisico del solido adsorbente: si intende praticamente la superficie di reazione che deve essere la massima possibile; • Struttura molecolare dell'adsorbito:la polarità di una molecola influisce sulla sua attrazione con i “centri attivi" del solido. Le molecole con gruppi polari (–OH, –NH2, ecc...) saranno più trattenute dal solido che quelle apolari; • Temperatura e pressione:sono fattori contrastanti a riguardo dell'adsorbimento. Mentre l'aumento di temperatura causa un aumento dell’agitazione molecolare con conseguente rottura dei legami adsorbente/adsorbito, un aumento della pressione favorisce l'addensarsi di un componente gassoso o liquido sulla superficie del solido.

  8. Le interazioni che intercorrono tra le differenti sostanze e il solido con i suoi centri attivi sono paragonabili a ciò che succede quando due diverse palline scorrono su una tavola irta di chiodi. La diversa superficie delle palline, così come la diversa polarità delle molecole, assicurerà un maggior o minore trattenimento da parte delle punte dei chiodi, paragonabili ai centri attivi del solido.

  9. Adsorbimento L’influenza della temperatura e della pressione è, secondo Freundlich, esprimibile dalla seguente relazione empirica: X = ap1/n doveX= quantità in grammi di sostanza adsorbita per 1 grammo di adsorbente aed nsono dei coefficienti che dipendono dalla coppia dimezzi epè la pressione ( n >1).

  10. Meccanismi alla base della separazione cromatografia Ripartizione Fase mobile Il fenomeno della ripartizione è molto sfruttato in cromatografia perché è estremamente selettivo. Infatti i valori di kper una data coppia di solventi (fase stazionaria e mobile) variano sensibilmente da sostanza a sostanza, nel particolare se un componente da analizzare si scioglie meglio degli altri nella fase stazionaria, (quindi avrà il valore di Kpiù alto) sicuramente questo verrà trattenuto maggiormente rispetto e di conseguenza impiegherà più tempo per percorrere la colonna, risultandone separato Cm CS Fase stazionaria K=Cs/Cm

  11. Ripartizione Alcuni esempi di isoterme di ripartizione

  12. Scambio ionico La fase stazionaria é costituita da molecole contenenti gruppi attivi, dotati di cariche elettriche (positive o negative), i quali sono in grado di scambiare i propri controioni con la soluzione da cui vengono lambiti, attraverso un meccanismo di competizione, tra gli ioni della fase stazionaria e quelli con la stessa carica contenuti nella fase mobile. Anche in questo caso la separazione avviene secondo un criterio di affinità per la fase stazionaria, criterio dettato dalla maggiore o minore competitività.

  13. Esclusione Utilizzando una fase solida porosa (o un gel) con pori di opportune dimensioni, è possibile rallentare maggiormente le particelle più piccole che, penetrando nei pori, vengono poi trattenute, mentre particelle di dimensioni maggiori non potendovi entrare verranno subito allontanate dal solvente. Principio puramente meccanico

  14. Affinità • Il comportamento è molto simile a quello dell’adsorbimento in quanto i componenti della miscela si legano a “siti attivi” della fase stazionaria (a e b). A differenza dell’adsorbimento, si hanno legami veri e propri (primari). • Le reazioni che li hanno formati sono comunque reversibili e facendo eluire un solvente opportuno è possibile restituire in modo differenziato i componenti che erano stati trattenuti (C).

  15. Classificazione secondo il meccanismo principale • Adsorbimento: FS solida, FM gas (GSC) o liquido (LSC) • Ripartizione: FS liquido, FM liquido (LLC) o gas (GLC) • Scambio ionico: FS costituita da macromolecole con siti attivi ionizzati • Esclusione: FS costituito da un solido poroso • Affinità: si usano reazioni di tipo biochimico reversibili

  16. Classificazione delle principali tecniche cromatografiche

  17. Gascromatografia LaGascromatografiaè, assieme all’HPLC, l’unica tecnica cromatografica che si avvale di veri e propri dispositivi strumentali ed è la tecnica cromatografica più diffusa, che ha permesso, in moltissimi settori analitici, la soluzione di problemi non risolvibili con altri metodi di analisi.

  18. A seconda della fase stazionaria si parla di: • Gas solido cromatografia (GSC) • Gas liquido cromatografia (GLC)

  19. Gascromatografo

  20. Il Cromatogramma • Tutte le separazioni cromatografiche (ad esclusione della TLC) si concludono con la registrazione del “cromatogramma” • Quando il rivelatore registra il passaggio di una sostanza eluita, elabora i dati su di un "cromatogramma”, che rappresenta la quantità di sostanza rilevata in funzione del tempo. • Cromatogramma ideale

  21. I parametri del cromatogramma • L’ interpretazione e lo studio di un analisi gascromatografica, che si conclude con produzione di un cromatogramma, avviene principalmente attraverso la valutazione di grandezze e parametri fondamentali: • Selettività • Efficienza • Risoluzione

  22. Picco cromatografico L’area totale sottesa alla curva del picco è proporzionale alla concentrazionedi sostanza Tempo di ritenzione: tRtempo impiegato da ciascuna sostanza per scorrere attraverso la colonna Volume di ritenzione: VR volume di FM impiegato da ciascuna sostanza per scorrere attraverso la colonna

  23. Il tR di una sostanza che non viene trattenuta dalla FS è definito come tempo morto, tm • Qualunque sostanza per giungere al rilevatore deve trascorrere un tempo almeno uguale altm • Volume morto: Vm o volume della fase mobile, corrisponde al volume della colonna non occupato dalla FS • Tempo di ritenzione corretto t’Rtempo speso dalla sostanza eluita nelle interazioni chimico-fisiche con la fase stazionaria • t’R = tR – tm V’R = VR - Vm • Se il flussoFCè costante allora VR = tRFCed anche: • V’R = t’RFC

  24. Fattore di ritenzione ns: numero di moli di sostanza presenti nella fase stazionaria K= ns/nm nm: numero di moli di sostanza presenti nella fase mobile K= CsVs/CmVm Poiché: Kc = Cs/Cm K= Vs/Vm * Kc K dipende dalla determinata coppia di fasi e dal tipo di colonna. È quindi una proprietà di una sostanza in una determinata colonna, Quindi non è una grandezza termodinamica!!

  25. Selettività • La selettività indica la capacità di un sistema cromatografico di eluire specie chimiche diverse con velocità tali che escano separate dalla colonna. • La selettivitàverso due sostanze di un sistema cromatografico viene espressa dal cosiddetto fattore di separazione: • α= t’RB/t’RA • La selettivitàdipende dal meccanismo della separazione cromatografica ma non dalle caratteristiche costruttiveedeve essere maggiore di 1,2.

  26. Efficienza • La qualità di una separazione cromatografica non dipende solo da ama anche dalla capacità di un sistema di eluire tutte le particelle di una data specie chimica con la stessa velocità • La capacità di formare picchi molto stretti è l’efficienza • Il parametro più semplice con cui esprimere l’efficienza è la larghezza alla base del picco (wb), che in genere è diversa per ogni specie chimica in un dato sistema cromatografico. • L’efficienza di una colonna verso una data sostanza viene espressa anche con N, detto numero dei piatti teorici. UGUALE SELETTIVITA’ DIVERSA EFFICIENZA

  27. Teoria dei piatti • Il numero dei piatti teorici N, di una colonna cromatografica è ricavabile da N = 16 (tR/wb)2 mentre facendo riferimento al tempo di ritenzione corretto, si definisce il numero dei piatti effettivi Neff = 16 (t’R/wb)2 • E’ importante precisare che N non è un parametro caratteristico per una data colonna, poiché dipende anche dalla sostanza eluita. • Ciò significa che una stessa colonna attraversata da due sostanze mostra due diversi valori di piatti teorici.

  28. L’efficienza di una colonna aumenta con il numero dei piatti: tanto maggiore è N, tanto più compatta è la banda in uscita e quindi tanto più è stretto il picco sul cromatogramma. i picchi sono più stretti si hanno migliori separazioni Aumentando i piatti • Il modo più semplice per aumentare il numero dei piatti consiste nell’aumentare la lunghezza della colonna ma ciò comporta un notevole aumento dei tempi di ritenzione. • In alternativa si deve trovare un modo per diminuire le dimensioni di un singolo piatto. A parità di lunghezza una colonna sarà più efficiente quando viene minimizzata l’altezza equivalente al piatto teorico H = L/N dove L è la lunghezza della colonna. Ancora più adatta è la formula Heff = L/Neff

  29. Una colonna è tanto più efficiente (nei confronti di una determinata specie chimica), e fornisce quindi picchi tanto più stretti, quanto minore è il valore di H. • Il parametro H è indipendente dalla lunghezza della colonna e quindi è più adatto di N per confrontare le prestazioni di colonne diverse verso una stessa sostanza. • Il numero di piatti teorici, e quindi la loro altezza, può essere calcolato esaminando un picco cromatografico dopo l’eluizione. Neff = 16 (t’R/wb)2 Esce dopo: maggior efficienza della colonna nei suoi confronti • Come si può osservare dall’equazione, il numero di piatti della colonna è diverso per ciascun componente del campione. Esce prima: minor efficienza della colonna nei suoi confronti

  30. Risoluzione • E’ l’entità della separazione tra due picchi che è definita: • per due picchi ideali, • per due picchi reali

  31. Risoluzione = 0.5 Risoluzione = 0.75 Risoluzione = 1.00 Risoluzione = 1.50 Come si vede, se RS è superiore a 1,5, i due picchi sono completamente risolti

  32. R dipende in pratica dal numero di piatti teorici della colonna, dai fattori di selettività e di fattori di ritenzione dei due analiti. L’equazione che correla tutti questi parametri è: FATTORE DI RITENZIONE numero piatti FATTORE DI SELETTIVITA’

  33. Per ottenere un’alta risoluzione, occorre: • aumentare il numero di piatti teorici, aumentando la lunghezza della colonna, o meglio, riducendo l’altezza del piatto teorico (riducendo la dimensione delle particelle della fase stazionaria). • scegliere una coppia di fasi che assicurino k tra 1,5 e 5. • abbassare la T • Si può anche lavorare a temperatura programmata (in GC).

  34. FINE 1aPARTE

  35. La colonna in gascromatografia In entrambe le tecniche gascromatografiche, le colonne utilizzate possono essere: • colonne impaccate; le prime a essere utilizzate ancora attorno agli anni cinquanta. • colonne capillari; le più recenti e anche le più differenziate come struttura.

  36. Colonne impaccate • La più classica delle colonne impaccate ha una lunghezza di 1-2 m ed un diametro interno nell’ordine di qualche millimetro. • Date le notevoli dimensioni, essa è sempre avvolta a spirale, con l’unico scopo di ridurre l’ingombro. • Il materiale più comunemente usato per la costruzione di colonne impaccate è l’acciaio inossidabile ma per sostanze molto reattive si preferisce l’uso di colonne in vetro. • Anche il rame trova ancora un certo impiego ma limitato solamente a sostanze poco reattive quali possono essere gli idrocarburi.

  37. La colonna viene riempita con la fase stazionaria, costituita da un supporto inerte di appropriata granulometria, eventualmente imbevuto della fase stazionaria liquida.

  38. Colonne capillari • Le colonne capillari sono sicuramente le più diffuse, la loro lunghezza è nell’ordine della decina di metri, (non mancano tuttavia colonne che arrivano anche ai 100 metri) il diametro si riduce a qualche decimo di millimetro. • Ovviamente anche in questo caso si ritrovano avvolte in folte spirali su di un telaio di protezione. Il materiale più usato è il vetro o la silice fusa, se ne rintracciano però anche di rame e di acciaio inox. • Grazie alla loro particolare struttura e lunghezza, esse consentono una più efficiente separazione dei componenti della miscela.

  39. Esistono vari tipi di colonne capillari, in relazione al diametro ed al modo in cui viene eseguito il riempimento. Nelle colonne di diametro inferiore (da 0,25 a 0,30 mm) il liquido di ripartizione viene posto direttamente all’interno sotto forma di un sottilissimo microvelo aderente alle pareti della colonna. • Questo tipo di colonna viene identificata dalla sigla WCOT (Wall coated open tubular). • In quelle a diametro maggiore (da 0,4 a 0,8 mm) oltre alla soluzione sopra citata si ritrovano in commercio colonne in cui la deposizione del liquido di ripartizione ha luogo su di uno strato di materiale poroso che riveste le pareti interne della colonna, sono chiamate SCOT (support coated open tubular). In relazione al diametro interno le colonne capillari si classificano in Narrow bore ( 0,25 mm), Wide bore ( 0,53 mm) e Mega bore ( 0,80 mm).

  40. Poiché in gascromatografia la fase mobile è un gas, l’uso di colonne impaccate molto lunghe, per aumentarne l’efficienza, comporta una notevole caduta di pressione che va a incidere su tempi e fattori di ritenzione. • Il primo vantaggio che presentano le colonne capillari è che, pur avendo un diametro interno minore, offrono appunto al gas un canale di passaggio molto più grande. “canalicoli” dell’impaccata unico “canalone” della capillare

  41. Questa caratteristica costruttiva incide sulla “permeabilità” di una colonna capillare ovvero sulla sua capacità di essere attraversata dal gas senza che esso subisca una sensibile caduta. • Ciò consente una lunghezza molto più marcata per una capillare che ,unita ad altri fattori ne fa aumentare l’efficienza

  42. I vantaggi principali di una capillare rispetto a una impaccata possono essere così riassunti: • può essere molto lunga senza perdite di pressione • presenta un valore di H più basso • il minimo di H rispetto alle capillari è a portate maggiori impaccata • Una capillare è più efficiente e consente anche tempi di analisi più brevi

  43. Camera termostatica • In gascromatografia la temperatura della colonna rappresenta un parametro fondamentale per ottenere una buona separazione dei picchi. • Le colonne vanno quindi termostatate in apposite camere entro le quali la temperatura resti il più possibile costante. Nel caso contrario la riproducibilità dell’analisi viene sensibilmente alterata.

  44. Il più diffuso tipo di camera termostatica è quello a circolazione d’aria calda, sistema che garantisce una stabilità della temperatura nell’ordine di 0,1°C. La temperatura massima raggiungibile è di 400°C. • L’uniformità della temperatura in ogni punto della camera viene garantita da una ventola posta al di sotto di un fondo forato. Durante la termostatazione la camera non andrebbe mai aperta soprattutto se si usano colonne in vetro.

  45. Dispositivo per la programmazione della Temperatura • Normalmente la temperatura della colonna è regolata sul valore corrispondente alla media dei punti di ebollizione dei componenti della miscela. • Per miscele particolarmente complesse con punti di ebollizione troppo distanti tra di loro la scelta della temperatura è problematica.

  46. Per tali miscele un temperatura troppo alta consentirebbe una buona separazione dei componenti altobollenti ma ammasserebbe quelli più bassobollenti. • Al contrario, una temperatura troppo bassa, non consentirebbe di separare quelli altobollenti.

  47. Sui più recenti gascromatografi trova spazio tra i componenti anche il dispositivo che permette diprogrammare la temperatura d’analisi. La temperatura viene mantenuta bassa per i primi picchi e poi innalzata per consentire la risoluzione delle sostanze altobollenti. • Il tempo di riscaldamento e le diverse temperature vengono trovate per tentativi tenendo presente che è sconveniente usare velocità di riscaldamento maggioridi40-50°C/min

  48. L’apparecchio non è altro che un timer che collegato al dispositivo riscaldante va a variare, a intervalli di tempo decisi da noi, la temperatura all’interno della camera termostatica. • Nei moderni strumenti la programmazione è di tipo lineare, e prevede le seguenti tappe: • Isoterma iniziale:indica quanto tempo si rimane a una determinata temperatura. • Fase di rampa:si stabilisce la temperatura da raggiungere e con quale velocità. • Isoterma finale:indica il tempo che si deve restare alla temperatura più alta. • Raffreddamento:si attua dopo la fine della registrazione del cromatogramma,

  49. Iniettore • L’iniettore è un dispositivo posto immediatamente prima della colonna che ha la funzione di consentire l’introduzione del campione in essa. Dipende dal tipo di colonna. • Iniettori per impaccate • Sono formati da un corpo cilindrico, di cui un estremità è posta all’esterno dello strumento, mentre l’altra è collegata mediante una boccola di fissaggio alla colonna. • Nella parte frontale si trova il foro per introdurre l’ago nella cavità centrale, protetta dall’ambiente esterno da una guarnizione di uno speciale polimero resistente alle alte temperature. • L’iniezione viene eseguita con apposite siringhe o, nel caso di campioni gassosi, con speciali valvole.

  50. Le colonne capillari possono accettare solo una piccola quantità di sostanza prima di intasarsi. Per iniettarvi la quantità ottimale si ricorre a differenti soluzioni. Iniettori per capillari a tecnica split

More Related