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Famiglia e lavoro

Famiglia e lavoro. Linda Laura Sabbadini. Si entra nel lavoro in età più avanzata , proprio nel momento in cui le generazioni precedenti iniziavano l’uscita, con un livello di aspirazioni e con un istruzione più elevata e con l’intenzione di non abbandonarlo in futuro.

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Famiglia e lavoro

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Presentation Transcript


  1. Famiglia e lavoro Linda Laura Sabbadini

  2. Si entra nel lavoro in età più avanzata, proprio nel momento in cui le generazioni precedenti iniziavano l’uscita, con un livellodi aspirazioni e con un istruzione più elevata e con l’intenzione di non abbandonarlo in futuro Sta cambiando il modello di partecipazione delle donne al lavoro Ciò determina: • Un aumento della partecipazione esplicita al mercato del lavoro delle donne. • L’emergere delle indecise, specie al Sud, cioè delle donne che non vogliono stare completamente fuori dal mondo del lavoro e che si collocano in una situazione di attesa, nella “zona grigia” tra la partecipazione attiva e la totale estraneità al mercato del lavoro Al Sud emerge una cospicua offerta di lavoro potenzialespecie femminile che oggi troppo poco si presenta esplicitamente sul mercato anche perché scoraggiato

  3. La “zona grigia” delle donne del Sud tra occupazione e disoccupazione è molto ampia, negli ultimi 4 anni cresciute le scoraggiate Nord-est:maschi Sude Isole: maschi Nord-est: femmine Sude Isole: femmine

  4. L’occupazione dal 1993 al 2007 Prima fase: particolari difficoltà socio-economiche: – 525 mila occupati nei primi 2 anni Successiva ripresa:già dal 1999 si superano i valori iniziali e nel 2007: 23milioni 222mila occupati, 2 milioni 458mila in più rispetto al 1993 UOMINI In soli due anni tra il 1993 e il 1995 – 443mila occupati. Dopo 2 anni di stagnazione nel 1998 inizia la ripresa, nel 2007: 14milioni 067mila occupati, 658mila in più rispetto al 1993 DONNE La caduta dell’occupazione è stata minore ed è durata meno. Già nel 1996 inizia una sostenuta ripresa, nel 2007: 9milioni 165mila, 1milione 799mila occupate in più rispetto al 1993 (quasi tutte al centro Nord, solo poco più di 200mila nel Mezzogiorno). Quasi tutti i posti di lavoro aggiuntivi sono femminili, che partivano però da livelli molto bassi. Nonostante ciò i livelli di occupazione femminili sono ancora bassi rispetto all’Europa. E’ AUMENTATA LA DIFFERENZA TRA LE DONNE DEL NORD E DEL SUD

  5. La disoccupazione dal 1993 al 2007 Andamento disoccupazione speculare all’occupazione ma con un ritardo temporale. • La disoccupazione aumenta subito ma stenta ad essere riassorbita quando inizia la ripresa. • Nel 1993 2milioni 227mila persone in cerca di occupazione, il massimo è nel 1998 con 2milioni 634mila. • Riassorbimento progressivo e nel2007il numero dellepersone in cerca di occupazione è di 1 milione 506mila,il valoreMINIMO dell’intero periodo ALLA FINE DEL PERIODO IL NUMERO DELLE DISOCCUPATE E DEI DISOCCUPATI E’ PIU’ BASSO: Il differenziale nei tassi di disoccupazione è stato solo di poco intaccato e continua ad essere a tutto svantaggio delle donne. MA ATTENZIONE AL SUD SONO AUMENTATE LE SCORAGGIATE CHE NON CERCANO LAVORO O FANNO LAVORO NERO

  6. Le non forze lavoro dal 1993 al 2007 14milioni 439milainattivi in età lavorativa 9milioni 529miladonne Nel complesso (uomini e donne), sono in diminuzione rispetto al 1993 ma in crescita tra le donne del Sud dal 2003. Crescono le scoraggiate che non cercano più lavoro. . Questo è il nuovo grande problema del nostro mercato del lavoro. ATTENZIONE AL CALO DISOCCUPAZIONE SE AUMENTANO INATTIVE SPECIE AL SUD!!!! La disoccupazione da sola non è più un buon indicatore per capire le criticità sul mercato del lavoro perché c’è lo scoraggiamento

  7. Le donne sono entrate in tutti i tipi di lavoro una grande spinta e determinazione rispetto + impiegate - operaie agli uomini + servizi - industria fanno anche orari atipici (circa ¼ delle occupate) specie nel commercio, alberghi, ristoranti, sanità crescono anche nelle posizioni alte……MA ANCORA… + part time + tempo determinato +SOTTOCCUPAZIONE –PRESENZA NEI LIVELLI ALTI RISPETTO AGLI UOMINI Meno part time che in europa 26-32

  8. Il part-time è cresciuto ma siamo sotto la media europea Dal 1993 al 2006 dal 20,9% al26,5% contro 32,7% EU 25 Più della metà dell’incremento dell’occupazione emminile di questi anni è stato dovuto al part time Nord-Est 28,8% Sud 23,3% La metà delle donne con figli lo ha scelto, l’altra metà o gli è stato imposto (25%), o non è riuscita a trovare altro (8%), o è troppo carica per lavorare a tempo pieno (10%) Condizionamento fondamentale dichiarato: cura dei figli

  9. Più tempo determinato per le donne nelle diverse zone del Paese e nelle diverse età Il tempo determinato è sempre superiore per le donne Le donne sempre più precarie sia al momento dell’ingresso nel mercato del lavoro che nelle età successive Hanno più difficoltà a uscire dalla precarietà specie al Sud Quota più alta in agricoltura dove supera il 30% e nei servizi, specie alberghi e ristorazione, servizi alle imprese, istruzione,sanità e altri servizi sociali i

  10. La presenza nei luoghi decisionali è bassa In 10 anni è migliorata la posizione delle donne 11% imprenditrici dirigenti, libere professioniste Erano il 7,4% Diminuite le lavoratrici in proprio e le coadiuvanti Dal 19,9% al 13,1% Criticità la presenza delle donne nei luoghi decisionali Tra i ministri economici dell’Italia nessuna è donna Nelle prime 50 imprese italiane solo l’1,3% dei consiglieri di amministrazione è donna Il governatore della banca d’Italia continua ad essere un uomo Anche la situazione nella P.A è critica nonostante la crescita

  11. I figli sono ancora barriera all’accesso e al mantenimento del lavoro Un quinto delle donne lascia il lavoro alla nascita del figlio donne 35-44 anni tassi di occupazione single 84,6%coppia senza figli 76,5% coppia con figli 55,1% 3 o più figli 37,4% 3 milioni di donne fino a 64 anni non cercano lavoro per problemi legati alla maternità o al lavoro di cura 564 mila donne cercherebbero lavoro se avessero supporti dai servizi sociali 159 miladonne sarebbero disposte a passare da part-time a full time alle stesse condizioni La flessibilità in entrata e in uscita è ancora usata poco, solo il 32% lavoratrici la usa, 53,4% nella PA Il part time è in crescita ma livello più basso degli altri paesi europei (25,5% contro 36,1% EU 15) 12

  12. In Italia le donne più cariche di lavoro familiare In Svezia quelle meno cariche lavoro familiare italiane 5h20’ svedesi 3h42’ Italiane: n. ore lavoro totale 7h12’ come Slovenia Ungheria Estonia il numero di ore di lavoro totali maggiore tra le donne tranne che nel Regno Unito, Svezia, Norvegia

  13. Gli uomini italiani dedicano meno tempo degli altri al lavoro familiare 1 ora in meno di Belgio, Ungheria, Slovenia italiani 1h35’ Situazione italiana più asimmetrica La percentuale di lavoro retribuito sul lavoro totale degli uomini è del 73%, la più alta Gli uomini di Slovenia e Svezia i più collaborativi Gli uomini italiani dedicano più tempo agli spostamenti (1h35’)

  14. Gli uomini hanno più tempo libero delle donne in tutta Europa perché dedicano meno tempo per lavoro familiare Meno tempo libero per italiani (5h05’), finlandesi (5h55’) e tedeschi (5h46’) Le italiane con le francesi hanno meno tempo libero (4h05’) 1 ora di differenza tra uomini e donne in Italia 12 minuti in Norvegia

  15. In Italia permane l’asimmetria dei ruoli nella coppia DONNE Sono sempre sovraccariche di lavoro familiare: il 77% del tempo dedicato dalla coppia allavoro familiare è assorbito dalle donne. Per le donne lavoratrici il tempo libero è residuale (2h28’) e il lavoro familiare centrale (5h01’) UOMINI È il tempo per il lavoro familiare adessereresiduale (2h07’) ed il lavoro extradomestico centrale (8h15’)

  16. Occupati, occupate: tempi rigidi, tempi flessibili partners occupate madri totale donne di donne occupate in coppia sole in coppia Lavoro 8h15’ 6h31’ 6h42’ 6h30’ Lavoro familiare 2h07’ 5h01’ 5h07’ 6h25’ Tempo libero 3h27’ 2h28’ 2h46’ 2h42’ I tempi degli uomini non variano in funzione della fase del ciclo di vita della famiglia e del numero di figli; quello delle donne sì Gli uomini con partner occupata e figli piccoli sono maggiormente coinvolti nel lavoro familiare Il 23% degli uomini non dedica neanche 10 minuti al lavoro familiare Le donne si avvantaggiano dell’assenza del marito: 1h30’ di lavoro familiare in meno per le madri sole rispetto alle madri in coppie

  17. L’asimmetria dei ruoli diminuisce, ma per le nuove strategie adottate dalle donne nell’arco di 14 annisi passa dall’84,6% al 77,7% di ore di lavoro familiare delle coppie assorbite dalle donne PIU’ PERCHE’ le donne scelgono di diminuire il tempo dedicato al lavoro familiare (- 33 minuti) CHE PERCHE’ gli uomini sono più coinvolti hanno aumentato di 16 minuti in 14 anni, 1 minuto all’anno

  18. Le donne contraggono il lavoro familiare e operano una redistribuzione interna più tempo al lavoro di cura dei bimbi (+ 28 minuti)meno tempo al lavoro domestico (- 51 minuti)anche per le occupate Solo per le donne di status sociale più elevato il lavoro familiare cresce (+ 39 minuti) ma sempre per il lavoro di cura (+ 44 minuti) Si rompe lo stereotipo della donna che lavora e si dedica poco ai figli

  19. La rete dei servizi sociali è in crescita, ma scarsa Crescono i bambini che vanno al nido Siamo però ancora sotto al 10% Sono cresciuti soprattutto i nidi privati molto costosi Se si considera la spesa sociale dei Comuni il 38% è per famiglie e minori Ma solo nel 30% dei Comuni ci sono asili nido (44% Nord-Est, 12% Sud)

  20. I bambini sempre più affidati ai nonni Bimbi di 1-2 anni con madre che lavora affidati a 52,3% nonni 14,3% nido privato 13,5% nido pubblico 9,2% baby sitter Tra le madri che non si avvalgono di un nido il 28,3% avrebbe voluto: PERCHE’ NON USANO NIDO 22% non ci sono strutture o sono distanti 19,5% non ha trovato posto 28,5% costo elevato 16,3% rigidità offerta Nord + costo elevato Sud + mancanza strutture

  21. Le reti informali: forte aiuto alle lavoratrici madri Reti di solidarietà ancora molto diffuse ma segnali di crisi Dal 1983 a oggi aumentano i care giver specie tra anziani. Diminuiscono le famiglie aiutate, specie di anziani I care giver in maggioranza donne hanno però sempre meno tempo da dedicare, condividono di più l’aiuto con altri, selezionano di più i casi da aiutare, concentrandosi sui più bisognosi Per questo cresce solo l’aiuto a famiglie di disabili e a famiglie con donna con figli che lavora Solo il 6% delle ore impiegate dalla rete di aiuto informale è assorbito dal volontariato che si concentra, però sulle aree di bisogno più grave, il resto ricade sulle famiglie e in particolare sulle donne carico delle reti sulle donne diventerà sempre più insostenibile, rete ormai in crisi strutturale perché l’identità femminile è cambiata

  22. Le reti informali: forte crisi strutturale, perché? Consideriamo due generazioni di donne, una nata nel 1940 e una nel 1960 può dividere il carico delle cure agli anziani e ai bambini con altre 9 persone – ha almeno un anziano per 12 anni nella rete di parentela la donna nata nel 1940 a 40 anni può dividere il lavoro di cura con altri 5 adulti – ha almeno un anziano per 18 anni nella rete di parentela la donna nata nel 1960 a 40 anni La seconda ha, dunque, più carichi ma meno tempo perché lavora

  23. Le reti informali: forte crisi strutturale, perché? Mettiamoci dal punto di vista delle madri delle donne nate nel 1913 e nel 1934 Diventano nonne a 53 anni ma a questa età: vive col coniuge, i 3 figli avuti sono usciti dalla famiglia e le daranno 6 nipoti, non ha più genitori anziani, e non ha grandi carichi per i nipoti perché 2 figlie/nuore su 3 sono casalinghe la donna del 1913 ha ancora un genitore anziano di cui occuparsi, ma le figlie e le nuore impegnate una su due col lavoro hanno maggior bisogno di aiuto più carico anche se meno figli e nipoti la donna del 1934 In prospettiva con il calo della fecondità, l’aumento dell’occupazione femminile e l’aumento della durata media della vita questa situazione si aggraverà carico delle reti sulle donne diventerà sempre più insostenibile Ecco perché la rete informale è entrata in un processo di crisi strutturale da cui dificilmente potrà uscire

  24. Differenze territoriali nelle opportunità delle donne, situazione criticissima al sud Nel Nord Est + occupazione + part time + nidi e servizi sociali + baby sitter + reti informali + condivisione nella coppia - meno figli In sintesi Le donne lavoratrici del Centro Nordmolto sovraccaricate ma relativamente più supportate. Le donne lavoratrici del Sudfortemente svantaggiate su tutti i piani. • Nel Sud • - occupazione • - part-time • + lavoro a tempo • determinato • - servizi sociali • reti informali • baby sitter • condivisione nella coppia • + figli

  25. In sintesi Permane disuguaglianza di genere nei carichi familiari Le donne lavoratrici sono ancora molto sovraccariche nonostante le strategie individuali, più delle europee Gli strumenti di conciliazione sono poco efficaci scarso uso dei congedi parentali da parte maschile, scarsa diffusione servizi per l’infanzia, non adeguato sostegno maschile in casa… ciò incide anche sulla scarsa fecondità, non si riescono ad avere i figli che si vogliono grave criticità per le lavoratrici madri URGENZA politiche di conciliazione efficaci, la conciliazione deve essere un problema di donne e uomini e non solo di donne

  26. Bisogni non soddisfatti per le lavoratrici madri In sintesi: • donna che lavora con figli piccoli soggetto emergente che esprime bisogni SODDISFATTI in gran parte dalla rete informale e in particolare dai nonni che però hanno sempre più genitori anziani non autosufficienti • concilia meglio lavoro e tempi di vita più per le strategie individuali che si dà (riduzione del tempo dedicato al lavoro familiare) che per un incremento forte del coinvolgimento dei padri • riduce il ricorso a servizi privati a pagamento anche per il costo elevato (dal 16,8% al 13,9%) • non può avvalersi di servizi pubblici adeguati, criticità sui servizi pubblici per la prima infanzia in 14 anni cambiamenti lenti nella condivisione dei carichi familiari Attivazione della rete informale + lavoro di cura delle madri, dei padri, dei nonni, della rete informale + azione dei nidi, soprattutto privati ma ancora poco spazio per sé e forte sovraccarico

  27. I cambiamenti non possono essere delegati solo alle donne Costi quel che costi le donne hanno cercato di realizzarsi in tutte le dimensioni del vivereper realizzare i loro sogni Da noi sono arrivate tardi e sono assolutamente deboli in termini quantitativi di risorse investite. Non è una misura che serve, è un piano serio che RIDEFINISCA UN NUOVO MODELLO DI WELFARE, QUELLO CHE L’ITALIA NON HA MAI CONOSCIUTO. Non è più solo auspicabile ma necessario vista la crisi delle reti informali, salvo il rischio di peggioramento della qualità della vita di tutti I miglioramenti avvenuti in questi anni sono stati dovuti alla forte spinta delle donne, sono stati pochissimo frutto di politiche di welfare In altri Paesi come la Svezia politiche di conciliazione e di paritàhanno accompagnato le donne fin dalla fase in cui è cominciato il loro massiccio ingresso nel mercato del lavoro

  28. Bisogna cambiare La famiglia ha dato tanto fino ad oggi, è stata il pilastro del sistema di welfare, ORA DEVE RICEVERE, altrimenti alti rischi sociali La mancanza di politiche sociali e familiari sia di sostegno economico (vedi modello francese), sia di sviluppo dei servizi e della condivisione delle responsabilità familiari (modello Nord-Europa) comincia ad evidenziare costi sociali che si riverseranno su donne, anziani e settori vulnerabili Il vecchio regime di welfare è entrato in crisi irreversibile, bisogna costruirne uno nuovo altrimenti crescente marginalità sociale. La spesa sociale del nostro Paese è tra le più basse d’Europa. Bisogna redistribuire il lavoro di cura nella società, verso l’uomo e verso i servizi. Il sovraccarico per le donne non è più sostenibile

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