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I SETTE PRINCIPI DELLA TEORIA DELLA COMPLESSITÀ

I SETTE PRINCIPI DELLA TEORIA DELLA COMPLESSITÀ.

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I SETTE PRINCIPI DELLA TEORIA DELLA COMPLESSITÀ

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Presentation Transcript


  1. I SETTE PRINCIPI DELLA TEORIA DELLA COMPLESSITÀ

  2. Noi abbiamo accettato la sfida della complessità. L’abbiamo studiata, approfondita, elaborata. Per accettare la sfida della complessità non è comunque necessario leggere libri o consultare riviste. La sfida della complessità ha a che fare con il vissuto di ognuno di noi. Per accettare la sfida della complessità è sufficiente immergersi nella rete della vita con gli occhi aperti e la curiosità tipica dei bambini (De Toni, Comello, p. 82)

  3. 1. Auto-organizzazione

  4. La vita è il riflesso di un fenomeno molto più ampio, che mi piacerebbe vedere definito da una legge antagonista al secondo principio della termodinamica: una legge che descrivesse la tendenza della materia a organizzarsi e che prevedesse le proprietà generali dell’organizzazione che ci aspetteremmo di riscontrare nell’universo. (Farmer, 1998)

  5. Nel concetto di autoorganizzazione è implicita una «chiusura» del sistema su se stesso che gli permette di mantenere una sua singolarità. → I sistemi viventi sono dotati di una “chiusura operazionale” che ne permette l’autonomia rispetto all’ambiente e la produzione autosufficiente di significato (N. Wiener)

  6. I biologi cileni Maturana e Varela hanno approfondito l’auto-organizzazione dei sistemi viventi definendola auto-poiesi (Varela, Maturana 1985) • Es. Immunologia come respingere il non-sé

  7. Se ne deduce che: • i processi di auto-organizzazione dell’organismo non sono identici ai processi di auto-organizzazione dell’ambiente. • tuttavia, la continua interazione fra organismo e ambiente fa sì che si istituiscano degli “accoppiamenti strutturali”, che consentono all’organismo di sviluppare delle organizzazioni interne che, pur essendo autonome, sono in risonanza con la struttura dell’ambiente.

  8. Esiste una “via di mezzo” fra autonomia ed eteronomia, fra solipsismo ed etero-determinazione del soggetto, che permette di pensare «la co-emergenza delle unità autonome e dei loro mondi» (Varela, 1985, p. 132).

  9. I sistemi complessi sono auto-eco-organizzati

  10. Ciascun individuo è dotato di proprie logiche e di una produzione autonoma di significato. «Occorre mettersi nella testa di un altro senza ridurre la logica dell’altro alla propria logica, e lasciare che l’altro compia un’analoga operazione di “trans-spezione” (M. Maruyama) nei nostri confronti» (Ceruti, 1985, p. 15).

  11. Il mondo degli individui è costituito da tanti punti di vista irriducibili l’uno all’altro, ma che, ciononostante, possono dialogare fra loro. → non esiste una “teoria del tutto”, una master equation, una grandtheory

  12. La nozione di complessità conduce ad un “arretramento” “quasi estetico” di fronte a teorie onnicomprensive, ma semplificatrici (Stenger, 1985, p. 51).

  13. Morin usa il termine “dialogica” per alludere a un siffatto confronto fra più punti di vista: C’è una pluralità di istanze. Ciascuna di queste istanze è decisiva; ciascuna è insufficiente; ciascuna di queste istanze comporta il principio di incertezza […] Il problema […] è di fare comunicare queste istanze separate; è in qualche modo di fare il circolo (Morin, 1984, pp. 77-78).

  14. Il cervello è una proprietà emergente del cervello • Gli stormi di uccelli si auto-organizzano • La vita sociale delle formiche è un sistema auto-organizzato….

  15. I sistemi complessi possono essere frutto di leggi semplici • Gli uccelli artificiali possono organizzarsi in stormi obbedendo semplicemente a tre regole: • Separazione: si gira per evitare un affollamento locale • Allineamento: gira verso la direzione media degli uccelli del vicinato • Coesione: gira verso la posizione media degli uccelli del vicinato

  16. Se il gioco viene «reiterato» (giocato più volte) diventa sconveniente competere: conviene cooperare. Gioco: http://serendip.brynmawr.edu/bb/pd.html

  17. logica “passo passo”: si fa un passo e si attende la risposta dell’ambiente; poi si fa un altro passo che tiene conto di tale risposta e così via.

  18. Un agente adattivo è in continuo scontro con l’ambiente. • La previsione è una caratteristica intrinseca dei sistemi complessi adattativi, che va molto oltre l’uso cosciente di teorie o modelli. • Ad esempio la farfalla viceré sarebbe molto gustosa per gli uccelli, se non fosse che raramente viene mangiata perché il disegno delle ali imita alla perfezione il disegno delle ali di una farfalla disgustosa, la farfalla monarca. Il DNA della farfalla viceré codifica un modello che le permette di svolazzare, scommettendo la vita sul fatto che tale modello sia corretto. • Si ha uno stupefacente caso di perizia implicita negli architetti medievali che progettarono le grandi capitali gotiche. Il loro modello di fisica era del tutto implicito e intuitivo.

  19. I sistemi evolvono perché sono in retroazione con l’ambiente: questa è stata la grande intuizione di Darwin. • per John Holland la retroazione era la questione centrale (Waldrop, 1992, tr. it. 2002, p. 286)

  20. Per Holland la conoscenza: • è fatta di strutture mentali che obbediscono a regole; • queste regole sono in competizione fra loro cosicché l’esperienza rende quelle utili sempre più forti e sempre più deboli quelle inutili; • nuove regole plausibili vengono generate dalla combinazione di quelle esistenti.

  21. Questi tre principi provocano l’emergenza di gerarchie costituendo la struttura organizzativa di base dell’intera conoscenza umana. → Holland chiama questa gerarchia modello interno • Ci serviamo di regole generale deboli – con alcune eccezioni forti – per anticipare le categorie alle quali appartengono gli oggetti: “Se un organismo ha forma idrodinamica, è dotato di pinne e vive nell’acqua, allora è un pesce”, ma “Se ha anche la pelle liscia, respira aria ed è grande allora è una balena”.

  22. Holland diceva: “in contrasto con la corrente ufficiale, ritengo la competizione molto più essenziale della coerenza”. • C’è poi una sorta di magia nel fatto che la competizione produca un incentivo molto forte alla cooperazione. Cooperazione e competizione possono sembrare antitetiche, ma per certi aspetti fondamentali sono due facce della stessa medaglia (Waldrop, 1992, tr. it. p. 289).

  23. Competizione e cooperazione • Compresenza di competizione e cooperazione: il sistemi auto-organizzati competono perché debbono difendere la propria autoorganizzazione; debbono cooperare perché hanno bisogno di interagire con l’ambiente per sopravvivere • Un’organizzazione è un mix fra competizione e cooperazione • Il tutto è più della somma delle parti, ma è anche meno della somma delle parti • Per un sano sviluppo psichico, la gratitudine deve vincere sull’odio (M. Klein)

  24. 2. Orlo del caos

  25. Devo trovarmi in uno stato di semi-trance per ottenere questi risultati: una condizione in cui la parte consapevole è temporaneamente “fuori uso” e il subconscio assume il controllo dell’attività compositiva, perché attraverso la parte inconscia della mente, che appartiene all’Onnipotenza, che arriva l’ispirazione. Ma devo stare attento a non perdere del tutto la consapevolezza, altrimenti le idee svaniscono […] Ma non faccia l’errore, amico mio, di pensare che siccome attribuisco tutta quell’importanza all’ispirazione che viene dall’alto non ci sia altro oltre a essa. La struttura è altrettanto fondamentale, perché senza un’accurata elaborazione, l’ispirazione è solo “una canna scossa dal vento” oppure “suono di ottoni e tintinnio di cimbali”. (Brahms, cit. in De Toni, Comello, p. 114)

  26. Le quattro classi di universalità di Stephen Wolfram: • regole della classe I: regole che portavano al un “punto attrattore” • regole della classe II: regole che portavano a un attrattore periodico • regole della classe III: regole che portavano al caos • regole della classe IV: regole che conducevano a strutture coerenti

  27. A livello fisico, esistono transizione di fase di primo e di secondo ordine. • le prime sono quelle che avvengono in modo repentino, come il passaggio del ghiaccio ad acqua quando si superano gli zero gradi. • esistono però transizioni che nel passaggio fra i due stati realizzano un perfetto equilibrio.

  28. In molti sistemi non lineari l’equazione del moto contiene un parametro numerico che funziona come una sorta di manopola della sintonia, che controlla in che misura il sistema è caotico(Waldrop, 1992, tr. 2002) → Chris Langton, per definire questo «stato di grazia» della transizione, utilizzò il termine «margine del caos» o «orlo del caos»

  29. Sistemi dinamici Ordine  “complessità”  caosMateriaSolido  “transizione di fase”  fluidoComputazioneTermina  “indecidibile”  non terminaVitaStaticità  “vita/intelligenza”  frenesia caotica

  30. L’orlo del caos rappresenta una condizione di «ordine dinamico». • Prigogine afferma che in condizioni prossime al disequilibrio la materia, che prima era «cieca», inizia a «vedere» e si riescano, conseguentemente, a costruire nuove relazioni dinamiche, emergenze, creazioni. Il caos può essere pensato come un fattore di creatività. • Naturalmente spingersi troppo in là in direzione dell’orlo del caos può portare alla distruzione…

  31. Sembra che l’evoluzione – anche se è una questione spinosa dire quale organismo è più evoluto – spinga gli esseri verso una maggiore complessità e li renda capaci di muoversi lungo il margine del caos. Perché? (Waldrop, 1992, tr. it 1996, p. 475) • Cfr. con l’universo creativo di Whitehead La complessità è dunque, almeno in parte, lo studio dell’innovazione che pervade l’universo (McElroy, 2000, cit. in De Toni, Comello, p. 123)

  32. Il fisico Per Bak scoprì quella che lui definì la «criticità auto-organizzata», ovvero la tendenza dei sistemi naturali a tendere all’orlo del caos mediante un’auto-organizzazione. • L’esempio utilizzato da Bak per descrivere il fenomeno è quello di granelli di sabbia che cadono costantemente dall’alto fino a formare un mucchietto di sabbia. Ad un certo punto il mucchietto di sabbia non riesce più a crescere e risulta autoorganizzato, nel senso che ha raggiunto una stabilità di per sé; gli ulteriori granelli scivoleranno lungo le pareti. Il mucchietto di sabbia si trova in una situazione di criticità, nel senso che i granelli di sabbia sono appena stabili e sembrano sul punto di cedere, ma non lo fanno. Non si può dire alla caduta di un nuovo granello cosa potrà accadere: se una grande frana o un piccolo spostamento di alcuni granelli. Entrambe le possibilità di verificheranno, ma le valanghe di grandi dimensioni saranno rare, mentre i piccoli spostamenti frequenti.

  33. Anzi, la frequenza media delle grandi valanghe è inversamente proporzionale a una qualche potenza della dimensione stessa («legge di elevamento a potenza») → «è molto importante notare, prosegue Bak, come tale legge di elevamento a potenza sia molto comune in natura. È stata osservata nell’attività solare, nella luce emessa dalle galassie, nel flusso di corrente elettrica che attraversa un resistore e nel flusso di acqua in un fiume. I grandi impulsi sono rari, quelli piccoli sono comuni, ma in ogni caso la frequenza segue questo andamento. il fenomeno è così diffuso che la spiegazione della sua ubiquità è diventata uno dei misteri più insondabili della fisica. Perché?» (Waldrop, p. 491)

  34. Dal disordine nasce spesso la creazione Ogni sistema vivente è minacciato dal disordine ma nello stesso tempo se ne nutre (Morin, 1994, p. 117)

  35. Per Dewey la vita è un’alternanza fra ordine e disordine: la creatura si «mette in moto» quando percepisce una perdita dell’equilibrio nell’interazione con l’ambiente. • Tale concetto è stato presente a lungo in psicologia nell’idea che gli esseri viventi perseguissero l’equilibrio, l’omeostasi. • Freud ne parlava come di «principio di costanza» → Tuttavia in Dewey è centrale l’idea che l’equilibrio che si conquista produce un incremento qualitativo rispetto all’equilibrio perduto.

  36. La vita consiste in fasi in cui l’organismo perde il passo rispetto alla marcia delle cose circostanti e poi lo recupera, o con uno sforzo o per qualche felice circostanza. E in una vita che si sviluppa, il ricupero non è mai un mero ritorno allo stato precedente, in quanto esso si è arricchito dello stato di squilibrio e di resistenza attraverso il quale è passato con successo. Se il vuoto tra l’organismo e l’ambiente è troppo largo, l’essere vivente muore. Se la sua attività non viene intensificata da un momentaneo dislivello, esso non fa che vegetare. La vita si sviluppa allorché un momentaneo sbandamento permette il passaggio a un equilibrio più vasto tra le energie dell’organismo e quelle delle condizioni in cui esso vive. (Dewey, Arte come esperienza, cap. 1)

  37. Anche il nostro senso della bellezza è ispirato dalla combinazione di ordine e disordine Perché il profilo di un albero spoglio piegato dal vento impetuoso contro un cielo serale viene percepito come bello, mentre il profilo di un edificio universitario funzionale non viene percepito come tale, nonostante tutti gli sforzi dell’architetto? La risposta, anche se un po’ speculativa, mi sembra venire dalla nuova comprensione dei sistemi dinamici. Il nostro senso della bellezza è ispirato dalla combinazione armonica di ordine e disordine quale si presenta in oggetti naturali; in nuvole, alberi, catene di montagne, cristalli di neve. Le forme di tutti questi oggetti sono processi dinamici consolidati in forme fisiche, e particolari combinazioni di ordine e disordine sono tipiche di tali forme(Gert Eilenberger, Freedom, science and aestetics, in Schӧnheit im Chaos, p. 35, cit. in Gleich, 1987, tr.it. 2000, p. 120).

  38. Ma questa è la tesi centrale del libro di Dewey! L’arte deriva dallo sperimentare momenti di armonia; ma l’armonia presuppone la disarmonia, perché… …laddove ogni cosa è già completa non esiste compimento. Ci prospettiamo con piacere il Nirvana e una felicità celestiale e uniforme soltanto perché essi si proiettano sullo sfondo di questo nostro mondo di violenza e di lotta.

  39. L’armonia così raggiunta non è semplicemente l’opposto della disarmonia, ma «ingloba» in sé l’emozione e l’intelligenza profuse nella lotta che hanno permesso di giungere ad essa.

  40. L’ordine non è imposto dal di fuori, ma è costituito dai rapporti di reazione armonica che le energie producono l’una sull’altra. Poiché è attivo (e non statico come sarebbe se fosse estraneo a ciò che si svolge), l’ordine si sviluppa da sé. […] L’ordine non può essere che oggetto di ammirazione in un mondo costantemente minacciato dal disordine. […] In un mondo come il nostro ogni essere vivente che raggiunga sufficiente sensibilità ogni qual volta trovi attorno a sé un ordine confacente accoglie l’ordine corrispondendogli con un sentimento di armonia. (Dewey, Arte come esperienza, cap. 1)

  41. Dalla cultura dell’ «or» alla cultura dell’ «and» • Accettare l’ordine e il disordine contemporaneamente significa, più in generale, accettare la contraddizione (De Toni, Comello, p. 127) → per la teoria della complessità il gioco degli opposti non è un gioco a somma nulla (a differenza di quanto pensava la scienza classica).

  42. Il pensiero logico, lineare, il pensiero aristotelico per cui A è A e non può essere «non-A», pur essendo alla base del nostro processo di conoscenza, non è in grado di aiutarci ad «interpretare» la realtà complessa dove A è A ma anche «non-A», dove un evento è illogico ma anche logico, nello stesso tempo/luogo, ma modificando la configurazione complessiva (il punto di osservazione potremmo dire) (Celestino, 2002, cit. in De Toni, Comello, p. 129)

  43. Si tratta, in definitiva, di una ripresa della dialettica hegeliana dove, tuttavia, l’esito non è prestabilito, non è un «sistema» (come accade nel pensiero hegeliano), ma è sospinto dal basso, dalla creatività della natura ed è fondamentalmente aperto.

  44. Se volessimo fare degli esempi a livello psicologico potremmo dire che può amare veramente solo chi ha conosciuto l’odio e l’ha superato; che può essere veramente temerario chi sa cos’è la paura, altrimenti è solo uno spericolato: quell’amore, quella temerarietà contengono il loro opposto, che è stato in essi «inglobato», «mediato», «sintetizzato»… • per Jung i contenuti della psiche collettiva (gli archetipi) hanno natura bivalente: bene/male, forza/debolezza, calma/imprudenza ecc. Sta al percorso di individuazione di ciascuno sintetizzarli in una unità più vasta…

  45. 3. Il principio ologrammatico

  46. La parte è nel tutto, il tutto è nella parte Morin Vedere un Mondo in un granello di sabbia, E un Cielo in un fiore selvatico, Tenere l’Infinito nel cavo della mano Blake

  47. La scienza ha iniziato un dialogo fruttuoso con la natura ma lo sbocco di questo dialogo è stato dei più sorprendenti. Esso ha rivelato all’uomo una natura passiva e morta, una natura che si comporta come un automa che, una volta programmato, segue eternamente le regole scritte sul suo programma. In questo senso il dialogo con la natura ha isolato l’uomo dalla natura, piuttosto di metterlo a più stretto contatto con essa. Uno dei più grandi successi della ragione umana è diventato una triste verità. La scienza è stata vista come una cosa che disincanta tutto ciò che tocca. Prigogine, Stengers (1979, tr. it. 1981, p. 8, cit. in De Toni, Comello, p. 135)

  48. Concezione della natura come un «meccanismo» da concepire secondo la logica del «riduzionismo» per cui il tutto è la somma delle parti e un sistema può essere ridotto all’insieme dei sottosistemi di cui è formato. • questa concezione è un’approssimazione che si può considerare accettabile solo per i sistemi prossimi all’equilibrio, ma cessa di essere valida per i sistemi lontani dall’equilibrio, per il quali vale la regola che «il tutto è più della somma delle parti» • Lontano dall’equilibrio vengono meno logiche di tipo «lineare» e parcellare e compaiono interazioni «non lineari» e globali: «vicino all’equilibrio la materia è cieca; lontano dall’equilibrio, inizia a vedere» (Prigogine)

  49. Ora, siccome ogni sistema ha bisogno di interagire con l’ambiente per sopravvivere (→ cfr. «sistemi aperti»), è necessario sottolineare che tale interazione avviene secondo logiche non-lineari • L’interazione dell’organismo con l’ambiente è qualcosa di più di un mero scambio di materia e informazioni, di un mero adattamento meccanico: Questi luoghi comuni biologici sono qualcosa di più di luoghi comuni biologici (Dewey). • Il mantenimento dell’equilibrio di cui il sistema vivente ha bisogno per sopravvivere non è meccanico, ma frutto di una continua tensione; ed è inoltre cumulativo, capace di «apprendere dall’esperienza» → Per rendere conto di questa tensione viva fra organismo e ambiente, Dewey usa il termine «transattività»

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