1 / 30

Etiche del lavoro, etiche economiche

Etiche del lavoro, etiche economiche. ,. Nel mondo romano non esiste una elaborazione culturale di valori mercantili

Download Presentation

Etiche del lavoro, etiche economiche

An Image/Link below is provided (as is) to download presentation Download Policy: Content on the Website is provided to you AS IS for your information and personal use and may not be sold / licensed / shared on other websites without getting consent from its author. Content is provided to you AS IS for your information and personal use only. Download presentation by click this link. While downloading, if for some reason you are not able to download a presentation, the publisher may have deleted the file from their server. During download, if you can't get a presentation, the file might be deleted by the publisher.

E N D

Presentation Transcript


  1. Etiche del lavoro, etiche economiche

  2. , • Nel mondo romano non esiste una elaborazione culturale di valori mercantili • Il mondo mercantile e commerciale romano non è in grado di elaborare valori autonomi dal mondo rurale. Il modello di ricchezza è rappresentato sempre dalla rendita agraria, e sociologicamente e intellettualmente predomina sempre il modello aristocratico

  3. , • Il mondo romano ha forti tratti di individualismo (ad esempio nelle concezioni e dottrine giuridiche) ma non sul piano economico • L’attività commerciale su larga scala identifica sempre un ruolo sociale di transizione, sulla via dell’accumulazione agraria. La storia dei commerci romani non è mai storia di grandi dinastie mercantili

  4. , • La fuga dal lavoro dei ceti intellettuali implica anche il ritrarsi da tutto quello che concerne le condizioni tecnologiche e sociali nelle quali i processi di produzione si svolgono • - In età greca e romana la tecnologia esiste, ma si concretizza in pratiche sociali e non in teorizzazioni. Le esperienze (per la messa a punto degli strumenti, per l’addestramento degli uomini liberi o schiavi, per la trasmissione delle tecniche produttive, ecc.) restano a livello di tradizioni orali, in saperi di conoscitori empirici.

  5. . • Pochissimi testi ‘pratici’ (Archimede – perduti -, Vitruvio, la Meccanica di Erone, i trattati militari di Vegezio e di altri) • società a-tecnologiche (lo sviluppo anche Occidentale è recente inquesto campo) • [rivoluzione culturale in atto nel Cinquecento, fra Bacone e Galileo]

  6. . • Confronto con quello che sta alle spalle: rivoluzione neolitica (agricoltura, metallurgia, tessitura, ceramica; urbanizzazione) • fra Neolitico ed età del ferro un vero balzo tecnologico •  secondo alcuni, solo due rivoluzioni: rivoluzione neolitica e rivoluzione industriale • dall’età del ferro sino alla rinascita economica tardomedievale dobbiamo registrare in Occidente un vuoto di incrementi significativi

  7. . • Né le campagne né le architetture sono il campo di applicazione della tecnologia • c’è un «abbandono cognitivo del mondo della produzione a saperi minori, al particolarismo delle tradizioni» • ‘dematerializzazione’ della natura sensibile, orientamento alla ricerca delle cause prime, già avviata nella fisica ionica,

  8. , • riconoscimento del carattere superiore della immaterialità del pensiero e degli aspetti emotivi, etici e politici della realtà sulla materialità del mondo fisico • La rimaterializzazione dell’immagine filosofica della natura deve attendere il Rinascimento e la rivoluzione scientifica fino al meccanicismo e al sensismo moderni, da Hobbes a Locke • Dalla filosofia antica è assente l’esperimento e l’osservazione diretta e quantitativa della natura

  9. . • Non è la presenza degli schiavi a ostacolare lo sviluppo del macchinismo antico; la sconnessione fra produzione e macchine risale a una condizione più lontana • Ma la presenza e l’abbondanza degli schiavi copre e occulta gli effetti del deficit tecnologico e meccanico fornendo energia a basso costo

  10. . • concezione del lavoro • predomina a lungo la concezione antica • il termine stesso labor indica fino al XVII secolo uno sforzo intenso e penoso • I termini che vengono usati in accezione affine nel medioevo sono opera, ars, fatica, che indicano abilità; ministerium, che indica il compimento di un servizio • fatica (stessa etimologia di fatisci, ‘fendersi’) •  E. Hobsbawm, Lavoro cultura e mentalità nella società industriale, Laterza, Bari 1986 • L. Dal Pane, Storia del lavoro in Italia, Milano 1958

  11. . • La società contemporanea è l'unica in cui la moneta come strumento di scambio e le leggi della domanda e dell'offerta che si confrontano in un mercato astratto sono davvero egemoni • Nelle altre società l'economia è indistinguibile dalle istituzioni.

  12. , • Nelle società premoderne non c'è nessuno spazio per le leggi della teoria economica contemporanea (della domanda, dell' offerta, dei costi e del profitto), ma solo meccanismi dello scambio funzionali all’integrazione sociale • Beni e risorse circolano attraverso forme di accentramento e di redistribuzione della ricchezza da parte di un potere centrale, oppure su base di reciprocità ~ non solo e non tanto individuale quanto collettiva - fra gruppi e entità politiche diverse e concorrenti

  13. . • Il commercio in senso moderno (scambio mediato dalla • moneta e/o da un intermediario specializzato) ha una funzione solo secondaria nella circolazione dei beni in età altomedievale • Più rilevante è la gamma di istituzioni sociali che si colloca fra la rapina e il dono (sia nelle relazioni fra i popoli sia nelle relazioni fra gli uomini - un capo e i suoi gregari, ecc.)

  14. . • Il mondo altomedievale non è dominato da • un' economia chiusa del baratto rurale e dell' autarchia. . . • Ma da un'economia 'aperta' del dono e del saccheggio, della guerra, che schiaccia l'antico spazio del mercato

  15. . • I germani lasciano disgregare il circuito tassazione - coniazione, estraneo alla loro cultura (ideologia della libertà da ogni onere del guerriero franco, disponibilità • larga a favorire le chiese: ideale dello spreco e dl dono, cultura del dono e della preda)

  16. . • Concezioni sulle attività lavorative nell’alto e nel pieno medioevo • Alto medioevo • riduzione della nozione di lavoro a lavoro manuale, e a lavoro rurale • Fra il VI e l’VIII secolo laboraresi specializza nel senso del lavoro agricolo, sia come verbo transitivo sua in forma assoluta • Silenzio delle fonti agiografiche sul lavoro manuale • Elogio della vita contemplativa (Marta e Maria) • È valorizzato solo il lavoro del monaco (inteso in senso penitenziale) • Artigiani sacri o prestigiosi (orafi, monetieri)

  17. . • Quando la coniazione viene trasformata da oro in -.. argento si innesca fra VIII e IX secolo il meccanismo che contribuisce al superamento dell'economia e della stagnazione altomedievale e barbarica, aprendo la strada alla pressione signorile sulla rendita fondiaria e alla • ricomparsa di una logica del guadagno monetario nei secoli XI e soprattutto XII

  18. . • XII secolo: riabilitazione del lavoro manuale come opera di Dio (Cisterciensi; al contrario dei Cluniacensi che l’avevano sacrificato alla liturgia e al lavoro intellettuale)

  19. Due modelli di imprenditorialità monastica • Cluny: tesaurizzazione dei beni di lusso, edifici sfarzosi • Citeaux: povertà personale dei monaci, scelte economiche di tipo produttivo • “Se possiedi molto grano, non trovare piacere nell’ammassarlo nelle ceste. Chi ama ammassare vuol diventare assassino dei poveri… • Vendi il grano quando vale abbastanza, e non quando non può essere comperato dai poveri. Vendi ai vicini a un prezzo minore, anche se ti siano nemici; il nemico infatti non lo si vince sempre con la spada, mentre spesso lo si sconfigge essendogli utili” [Ps. Bernardo, Raymundo domino castri Ambruosii, PL 182, ep. 146]

  20. . • LA SCIENZA E IL TEMPO, REALTA’ NON VENDIBILI • Scientiadonum Dei est, unde vendi non potest • Tempo nuovo, misurabile, orientato e prevedibile, che si contrappone al tempo eternamente ricominciato e perpetuamente imprevedibile dell’ambiente naturale • “Queritur an mercatorespossint licite plus recipere de eademmercatione ab illo qui non possitstatim solvere quam ab illo qui statimsolvit. Arguitur quod non, quia tuncvenderettempus et sic usuramcommitteretvendens non suum”

  21. , • Si chiede se i mercanti possono lecitamente riscuotere per la medesima transazione una somma maggiore da chi non può pagar subito rispetto a chi paga subito. Si deduce di no, perché in tal caso venderebbe il tempo, e commetterebbe usura vendendo ciò che non è suo • H. Dorhn von Rossum, L’heure qui passe, Paris 1998

  22. . • L’orologio comunale come strumento di dominazione economica, sociale e politica del ceto mercantile e imprenditoriale che governa la città • Dal tempo delle campane al tempo degli orologi • Tempo urbano contro tempo rurale • «Campane dicuntur a rusticis qui habitant in campo, quianesciunt iudicare horasnisi per campanas» (Giovanni di Garlandia, inizi 200) • tempo del lavoro nell’alto medioevo: • ritmi della vita agraria, esenti dalla fretta, senza scrupolo di esattezza, senza preoccupazioni di produttività

  23. . • Solo nel XII secolo si può parlare di comparsa della mentalità del profitto • Impotenza della teologia e spiritualità monastica di fronte al nuovo mondo; Incapacità culturale da parte di persone avvezze ad un mondo austero, stabile, di cogliere il nuovo.

  24. . • Ruperto di Deutz presenta lo sviluppo urbano come una delle conseguenze delpeccato; lecittà sono il ricettacolo di infami trafficanti e di vagabondi

  25. . • XII sec.: sistemazione concettuale • Ugo da S. Vittore: «la filosofia si suddivide in logica, etica, teorica e meccanica. La meccanica, recente per luogo e dignità, con fatica ottenne di far parte del consesso della filosofia, ma una più equilibrata considerazione la ha ammessa. Pertanto essa si è articolata in sette distinti interessi, compensando i rischi della ignobiltà con il numero delle parti. Infatti contiene il lanificio, la fabbricazione delle armi, la navigazione, l’agricoltura, la caccia, la medicina, l’arte teatrale»

  26. Mestieri leciti e mestieri illeciti nell’Occidente medievale • mestieri proibiti “negotia illicita” • occupazioni disoneste o vili “vilia officia” I tabù delle società primitive: il sangue (macellai, carnefici, chirurghi) la sporcizia (tintori, cuochi, lavandai) il denaro (mercanti, salariati, prostitute) tabù aggiunti dal cristianesimo lussuria (locandieri, giullari, tavernieri) avarizia (uomini di legge)

  27. La rivoluzione tra XI e XIII secolo Tra XI e XIII secolo nell’Occidente cristiano avviene una rivoluzione economica e sociale, di cui lo sviluppo urbano è il sintomo più lampante, e la divisione del lavoro l’aspetto più importante. Nuovi mestieri nascono o si sviluppano, nuove categorie professionali appaiono o prendono corpo, gruppi socio-professionali nuovi, forti del loro numero, del loro ruolo, reclamano e conquistano una stima, ossia un prestigio adeguati alla loro forza. Essi vogliono essere considerati e ci riescono. Il tempo del disprezzo è finito.

  28. Il tempo di Dio • “Se io ti presto 100 non posso chiederti tra un mese 110, perché, così facendo ti avrei venduto il tempo trascorso. Ora, siccome il tempo non è né mio né tuo, ma di Dio, nessuno può venderlo”. • In questo senso il dibattito sull’usura si colloca in quel più generale passaggio dal “tempo della chiesa” al “tempo del mercante” Cfr. J. Le Goff, Tempo della Chiesa e tempo del mercante,

  29. Dalla “superbia” alla “aviditas” Se un creditore non ha prestato denaro con l’intenzione di ricevere in restituzione qualcosa oltre il capitale prestato, potrà ricevere legittimamente qualunque cosa il debitore voglia elargirgli come ringraziamento. Ma se invece la sua intenzione, anche implicita, era quella di ottenere in restituzione qualcosa di più del capitale, allora lo chiamiamo usuraio se riceve questo qualcosa in più, e soprattutto se lo esige, perché è da questa passione per il guadagno a dare il nome al suo mestiere. Simone di Bisignano, Summa, attorno al 1178

  30. Il commerciante è usuraio? Ci si può chiedere se i mercanti che comprano a poco con l’intenzione di vendere a molto debbano essere chiamati usurai, e si deve concludere per il no, dal momento che il loro mestiere è di rendere migliori le cose commerciate o comunque di occuparsene dandosi da fare con impegno e fatica, sì che è loro consentito di commerciare. Simone di Bisignano, Summa, attorno al 1178

More Related