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LA TUTELA DEI DIRITTI FONDAMENTALI NELLE SOCIETA’ MULTICULTURALI

LA TUTELA DEI DIRITTI FONDAMENTALI NELLE SOCIETA’ MULTICULTURALI. La tutela dei diritti fondamentali nelle società multiculturali. Cultura, diritti fondamentali e diritto statale Reati culturalmente motivati: un’altra sfida del multiculturalismo ai diritti fondamentali

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LA TUTELA DEI DIRITTI FONDAMENTALI NELLE SOCIETA’ MULTICULTURALI

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  1. LA TUTELA DEI DIRITTI FONDAMENTALI NELLE SOCIETA’ MULTICULTURALI

  2. La tutela dei diritti fondamentalinelle società multiculturali • Cultura, diritti fondamentali e diritto statale • Reati culturalmente motivati: un’altra sfida del multiculturalismo ai diritti fondamentali • Tutela dei diritti fondamentali e rispetto della diversità culturale: un problema di bilanciamento?

  3. 1. Cultura, diritti fondamentali e diritto statale Con l’intensificarsi dei flussi migratori le società nazionali stanno assumendo carattere sempre più multiculturale. La presenza di un numero crescente di persone di diverse culture nel territorio di uno Stato comporta: • L’aumento del rischio che si verifichino conflitti normativi • Il moltiplicarsi di istanze identitarie che rivendicano il riconoscimento giuridico delle differenze culturali da parte dello Stato

  4. 1. Cultura, diritti fondamentali e diritto statale CONFLITTI NORMATIVI • Nelle società multiculturali è particolarmente frequente che via siano individui che, in ragione della propria diversità culturale, si sentano tenuti a conformare la propria condotta a • regole sociali • imperativi morali • precetti religiosi che possono presentare contenuto incompatibile con quello delle norme dell’ordinamento giuridico dello Stato • Inoltre, se ed in quanto tali individui siano anche cittadini di stati diversi da quello in cui risiedono, possa insorgere conflitto tra le norme dell’ordinamento giuridico dello Stato di provenienza e le norme dell’ordinamento giuridico dello Stato ospite

  5. 1. Cultura, diritti fondamentali e diritto statale ISTANZE IDENTITARIE Sostenute dagli argomenti teorici del multiculturalismo sono state avanzate una pluralità di rivendicazioni politiche finalizzate ad ottenere il riconoscimento da parte dell’ordinamento giuridico statale delle diverse identità culturali. Tale riconoscimento dovrebbe concretizzarsi nell’attribuzione di specifici diritti, che si possono genericamente denominare “diritti culturali” In relazione ai soggetti che ne dovrebbero essere titolari si possono distinguere: • diritti individuali, attribuiti agli individui in quanto membri di un gruppo culturale • diritti collettivi (grouprightso minorityrights, nella letteratura anglofona), attribuiti direttamente al gruppo

  6. 1. Cultura, diritti fondamentali e diritto statale ISTANZE IDENTITARIE I diritti attribuiti al gruppo possono inoltre consistere, secondo una distinzione di Will Kymlicka*: • nella concessione di tutele esterne, finalizzate a proteggere il gruppo dall’impatto di decisioni politiche e influenze sociali esterne, • nell’autorizzazione a istituire restrizioni interne, e cioè nell’autorizzazione a che il gruppo imponga ai suoi membri obblighi o divieti funzionali alla conservazione della identità culturale collettiva. Tuttavia, i diritti culturali collettivi suscitano non poche perplessità sia per la difficoltà di individuare i contorni del gruppo e di definire i caratteri della cultura da proteggere, sia per il rischio, particolarmente realistico nel caso delle restrizioni interne, che sorga conflitto con i diritti individuali dei membri del gruppo. * Will Kymlicka, Multicultural Citizenship, Oxford, Oxford University Press, 1995. Trad. It. La cittadinanza multiculturale, Bologna, Il Mulino, 1999.

  7. 1. Cultura, diritti fondamentali e diritto statale LA RISPOSTA DEL DIRITTO STATALE Le soluzioni giuridiche adottabili dallo Stato per risolvere eventuali conflitti normativi e dare risposta alle istanze di riconoscimento della diversità culturale possono essere di vario genere in relazione alla natura dei valori in conflitto. Si possono distinguere: • casi “facili” • casi controversi • casi particolarmente delicati

  8. 1. Cultura, diritti fondamentali e diritto statale LA RISPOSTA DEL DIRITTO STATALE: CASI “FACILI” Quando le rivendicazioni incidono su valori ritenuti in ultima analisi “sacrificabili” dall’ordinamento giuridico statale avviene non di rado che vengano accolte Si pensi, ad esempio,che: • in Gran Bretagna i sikh sono autorizzati ad andare in motocicletta senza casco, in riconoscimento del significato sociale e religioso del loro tradizionale copricapo; • in Italia sono previste deroghe alla legge sulla macellazione degli animali per consentire ad ebrei e musulmani di compiere la macellazione rituale imposta dai loro precetti religiosi; • in Italia è sempre più frequente che nelle mense scolastiche (ma non solo) si tenga conto dei precetti alimentari dell’Islam.

  9. 1. Cultura, diritti fondamentali e diritto statale LA RISPOSTA DEL DIRITTO STATALE: CASI CONTROVERSI L’accoglimento delle istanze identitarie da parte dello Stato solleva invece maggiori problemi nei casi in cui il riconoscimento giuridico dell’identità culturale si ponga in contrasto con uno o l’altro di quei diritti fondamentali che sono sanciti dalla Costituzione. Si pensi, ad esempio: • alla questione del velo delle donne islamiche: si discute, in particolare, se esso sia uno strumento di oppressione della libertà femminile o forma di (libera) espressione identitaria di appartenenza religiosa e culturale (Francia, 2004: divieto di portare il velo nelle scuole); • al problema di come conciliare, nelle società multiculturali, efficienza delle istituzioni scolastiche, principio di eguaglianza e rispetto delle differenze linguistiche e culturali (Italia, ottobre 2008: approvazione della mozione sulle classi di inserimento).

  10. 1. Cultura, diritti fondamentali e diritto statale LA RISPOSTA DEL DIRITTO STATALE: CASI PARTICOLARMENTE DELICATI In alcuni casi le rivendicazioni fondate sulla differenza culturale confliggono a tal punto con la tutela dei diritti fondamentali sanciti dalla costituzione da sollecitare una valutazione particolarmente critica e prudente circa la possibilità e/o opportunità di un loro accoglimento da parte dello Stato. Si pensi, ad esempio: • alla questione delle mutilazioni genitali femminili; • alla questione della poligamia; • alla questione dei cosiddetti reati culturalmente motivati. Nondimeno, per quanto si tratti di questioni nelle quali il conflitto normativo appare particolarmente marcato, o forse proprio per questa ragione, anche in relazione ad esse non vi è parere univoco circa l’atteggiamento da adottare.

  11. 1. Cultura, diritti fondamentali e diritto statale LA RISPOSTA DEL DIRITTO STATALE: CASI PARTICOLARMENTE DELICATI • Nel caso delle mutilazioni genitali femminili, ad esempio, vi è chi mette in discussione l’idea che un atteggiamento di assoluta intransigenza nei confronti delle pratiche lesive dei diritti fondamentali rappresenti la migliore forma di tutela dei soggetti deboli, e, sottolineando la necessità di tener conto di ragioni di concreta opportunità ispirate alla logica del minor danno, propone l’introduzione di forme simboliche di mutilazione, operate in ambulatori pubblici, in condizioni igienico-sanitarie adeguate, attraverso una mera puntura di spillo sul clitoride • Nel caso della poligamia, vi è chi sottolinea la necessità di dare risposta al grave problema di come garantire una qualche tutela dei diritti dei soggetti deboli, come donne e bambini, all’interno di famiglie poligamiche che di fatto risiedono in uno Stato il cui ordinamento giuridico vieta la celebrazione di matrimoni poligamici, o addirittura prevede il reato di poligamia.

  12. 2. Reati culturalmente motivati: un’altra sfida del multiculturalismo ai diritti fondamentali 2.1. Diritto penale e identità culturale: due casi a confronto 2.2. Reati culturalmente motivati: temi e problemi

  13. 2.1. Diritto penale e identità culturale:due casi a confronto 2.1.1. Il caso Pusceddu: l’attenuante etnica e culturale 2.1.2. Il caso Saleem: quando la cultura rischia di diventare un’aggravante

  14. 2.1.1. Il caso Pusceddu I FATTI • Maurizio Pusceddu, nato a Cagliari nel 1978, emigra in Germania dove trova lavoro come cameriere. • Nel gennaio del 2005, convintosi che la fidanzata lo tradisca, Pusceddu la sottopone per tre settimane a stupri, violenze fisiche e psicologiche ed umiliazioni di singolare crudeltà, tenendola segregata nel proprio appartamento. LA SENTENZA • Arrestato e processato, viene condannato dal Tribunale di Bueckeburg a 6 anni di reclusione. • La pena, relativamente mite rispetto all’efferatezza della condotta criminosa, è il risultato della concessione di una pluralità di circostanze attenuanti. In particolare, si legge nel dispositivo della sentenza che per la misura della pena si doveva “tenere conto delle particolari impronte culturali ed etniche dell’imputato”.

  15. 2.1.1. Il caso Pusceddu LE REAZIONI • Nell’ottobre 2007 il difensore di Pusceddu, l’avv. Annamaria Busia, presenta istanza al Tribunale di Cagliari per ottenere che il suo assistito sia ammesso a scontare la pena in Italia. Così, oltre un anno dopo la sua pronuncia, la sentenza del Tribunale di Bueckeburg viene a conoscenza dei media italiani e ne viene data notizia dai telegiornali e dai giornali nazionali e locali. • Le reazioni sono di sconcerto e di sdegno, da parte dei giornalisti, degli intellettuali, dei politici e dell’opinione pubblica (blogs). In particolare, tutti contestano la caratterizzazione della cultura sarda proposta nella sentenza.

  16. 2.1.2. Il caso Saleem I FATTI • Immigrato in Italia dal Pakistan, Mohammed Saleem vive con la propria famiglia a Sarezzo, un comune della bassa Val Trompia in provincia di Brescia. • Con la complicità dei due generi Kahlid e Zahid Mamhood e del cognato Muhammad Tariq, l’11 agosto 2006, Saleem uccide la figlia Hina con 28 coltellate al volto e al collo e la seppellisce nel giardino di casa. I MEDIA • Fin dall’inizio i media ripropongono, e l’opinione pubblica accoglie, le tesi del delitto d’onore maturato in una cultura fortemente patriarcale • A differenza che nel caso di Pusceddu,nessuno problematizza la caratterizzazione che della cultura pakistana viene proposta

  17. 2.1.2. Il caso Saleem IL PROCESSO • L’ACCUSA Nella formulazione dei capo di imputazione a carico di Saleem, il P.M. Paolo Guidi sembra accogliere la tesi del delitto d’onore e proprio per questo inserisce, tra le altre, l’aggravante dell’aver agito per motivi abbietti e futili • LA DIFESA Mohammed Saleem sostiene di aver agito in preda ad un raptus perché Hina, durante l’ennesimo litigio, lo minacciava puntandogli un coltello alla pancia.

  18. 2.1.2. Il caso Saleem LA SENTENZA • Con sentenza del 13 novembre 2007, il Tribunale di Brescia condanna Mohammed Saleem a 30 anni di reclusione, il massimo della pena comminabile, in un processo celebrato con rito abbreviato, per i reati oggetto di imputazione • Accogliendo le richieste del PM • Contestando punto per punto le tesi della difesa • Tuttavia, la sentenza non sembra ammettere l’esistenza di una relazione causale tra il movente di Saleem e l’influenza del suo ambiente socio-culturale, ma anzi afferma che i motivi che hanno spinto Saleem ad uccidere sono abietti e futili proprio perché riprovevoli, eccessivamente lievi e sproporzionati anche se considerati in relazione al contesto socio-culturale dell’imputato

  19. 2.2. Reati culturalmente motivati: temi e problemi 2.2.1.Un problema sempre più urgente 2.2.2.Un dibattito in corso

  20. 2.2.1. Un problema sempre più urgente Le vicende giudiziarie di Maurizio Pusceddu e di Mohammed Saleem non sono casi isolati, ma piuttosto • testimoniano la crescente attenzione (dell’opinione pubblica ma non solo) alle eventuali connotazioni culturali della condotta penalmente illecita dell’imputato. • si inseriscono in un complessivo processo, ancora - contraddittorio nelle sue espressioni - incerto nei suoi esiti attraverso il quale gli ordinamenti giuridici statali reagiscono, e tentano di dare risposta, al moltiplicarsi di conflitti che vedono contrapporsi sistemi normativi differenti all’interno del territorio dello Stato

  21. 2.2.1. Un problema sempre più urgente Tenuto conto: • della possibilità di conflitti normativi • del numero sempre maggiore di processi penali nei quali i tribunali si sono trovati a dover giudicare soggetti provenienti da culture diverse si è posta con crescente urgenza la necessità di stabilire se e in che termini il background culturale dell’imputato debba avere rilevanza ai fini della valutazione della sua responsabilità penale

  22. 2.2.1. Un problema sempre più urgente Così, per rendere conto dei condizionamenti di carattere culturale che possono caratterizzare reati commessi da persone appartenenti a culture diverse da quella che informa il sistema penale dello Stato nel quale vivono, in dottrina si fa ricorso alla categoria dei “reati culturali” (cultural offences), detti anche “reati culturalmente orientati”, o con espressione meno ambigua e maggiormente perspicua, “reati culturalmente motivati” (J. Van Broeck, Cultural Defense and Culturally Motivated Crimes (Cultural Offences), in: “European Journal of Crime, Criminal Law and Criminal Justice”, 9/1, 2001, pp. 1-32)

  23. 2.2.1. Un problema sempre più urgente REATI CULTURALMENTE MOTIVATI Fattispecie concrete nelle quali l’imputato infrange la legge nell’intento di agire conformemente alle norme giuridiche, alle tradizioni sociali o ai precetti morali del proprio gruppo culturale Quindi, perché un reato possa dirsi culturalmente motivato: • la condotta delittuosa deve essere in effetti giuridicamente e/o socialmente e/o moralmente lecita nella cultura d’appartenenza dell’imputato • l’imputato deve avere in effetti commesso il reato a causa dei condizionamenti esercitati dalla propria cultura

  24. 2.2.2. Un dibattito in corso La riflessione sui reati culturalmente motivati pone, come si accennava, due questioni preliminari: • se le differenze culturali debbano avere rilevanza in ambito penale • quali effetti giuridici debbano derivare dal riconoscimento di tale rilevanza Sebbene infatti il dibattito in dottrina sia fortemente polarizzato intorno alla discussione dei vantaggi e degli svantaggi della rilevanza pro reo del fattore culturale, tuttavianon si può ignorare l’ipotesi che la rilevanza di tale fattore culturale produca effetti contra reo

  25. 2.2.2. Un dibattito in corso CULTURAL DEFENSE • In sensogenerico,indica una particolare categoria di argomenti difensivi utilizzati, in un numero sempre più ampio di processi, per chiedere e/o concedere un’attenuazione, o addirittura l’esclusione, della responsabilità penale dell’imputato in considerazione della sua identità culturale • In sensotecnico,indica una categoria dottrinale pensata per denominare, de iure condendo*, unistituto giuspenalistico che, in presenza di determinate condizioni, individui nel background culturale dell’imputato una causa di giustificazione (complete defense) o una circostanza attenuante (mitigating defense) della sua responsabilità penale *Non esiste, infatti, un istituto di diritto positivo, né negli Stati Uniti né in alcuno degli Stati europei, che connetta all’appartenenza culturale dell’imputato l’effetto giuridico di attenuare o escludere la sua responsabilità penale. Nondimeno il ricorso alla cultural defense è sempre più frequente sia nelle corti statunitensi sia nei tribunali europei

  26. 2.2.2. Un dibattito in corso In ogni caso la cultural defense • rinvia all’idea che persone di culture diverse non possano essere ritenute pienamente responsabili (fully accountable) per una condotta sanzionata dal diritto penale dello Stato, qualora abbiano agito in conformità a norme giuridiche, sociali o morali in vigore nel proprio gruppo culturale • presuppone, per essere applicabile, il carattere culturalmente motivato del reato commesso

  27. 2.2.2. Un dibattito in corso FAUTORI E CRITICI DELLA CULTURAL DEFENSE Si discute molto se sia opportuno introdurre l’istituto della cultural defense nel diritto positivo. Le opinioni in proposito, varie e articolate, si possono distinguere (anche, ma non solo) in relazione alle diverse risposte date a tre quesiti principali: • La cultural defense può costituire uno strumento di garanzia della libertà di ogni individuo di vivere conformemente alla propria cultura e ai propri valori? • La cultural defense può rappresentare uno strumento di garanzia dell’eguaglianzatra individui di culture diverse? • La cultural defense può considerarsi uno strumento di tutela del diritto di ciascuno allo sviluppo e all’espressione della propriaidentità(culturale)?

  28. 2.2.2. Un dibattito in corso 1. Cultural defense Da una parte vi è chi, enfatizzando il diritto di ognuno a vivere secondo la propria cultura e i propri valori, considera espressione di intolleranza l’imposizione a individui di culture diverse dei modelli culturali fatti propri dall’ordinamento giuridico statale, e considera la cultural defense come un’espressione del pluralismo liberale in ambito penale e libertà Dall’altra parte vi è chi, denunciando il rischio che la differenziazione del trattamento penale alimenti un particolarismo esasperato nel quale le culture coesistano nell’isolamento o, peggio, entrino in conflitto tra loro, teme che la cultural defense possa condurre ad una “balcanizzazione” della società nazionale

  29. 2.2.2. Un dibattito in corso 2. Cultural defense Da una parte vi è chi, denunciando il carattere meramente apparente della neutralità dello Stato di fronte alle differenze culturali, ritiene che la cultural defense possa eliminare la discriminazione esistente tra gli individui di culture diverse, che talvolta devono scegliere se obbedire al diritto dello Stato o se agire conformemente alla propria cultura, e i membri della cultura “dominante” che invece non sono costretti a tale scelta, dal momento che il diritto dello Stato è ispirato proprio ai valori della loro cultura ed eguaglianza Dall’altra parte vi è chi sottolinea che la cultural defense, nel tentativo di eliminare una forma di discriminazione, finisce con il produrne altre forme, forse più gravi: - prevedendo discipline giuridiche diverse per le stesse fattispecie, a seconda di chi le ponga in essere - garantendo una tutela minore dei diritti delle vittime di reati culturalmente motivati rispetto ai diritti delle altre vittime

  30. 2.2.2. Un dibattito in corso 3. Cultural defense Da una parte vi è chi, assumendo che l’appartenenza (ad un gruppo) culturale sia un elemento costitutivo dell’identità individuale, vede nella cultural defense una doverosa forma di riconoscimento del profondo condizionamento che la cultura esercita sulle scelte e sull’identità degli individui eidentità Dall’altra parte vi è chi, ponendo l’accento sul ruolo dell’autonomia individuale, denuncia l’opportunismo della cultural defense, che - si serve della cultura come pretesto per giustificare condotte delittuose - fa propria e contribuisce a diffondere un’immagine stereotipata e fuorviante delle culture altre

  31. 2.2.2. Un dibattito in corso SULLA VALUTAZIONE CONTRA REUM DEL MOVENTE CULTURALE Mentre, come si è visto, si discutono molto vantaggi e svantaggi della cultural defense, manca invece altrettanta attenzione per il caso in cui tener conto dell’identità culturale dell’imputato possa significare la comminazione di pene particolarmente severe. Ma se è comprensibile, e anzi opportuno, il grande interesse suscitato dalla cultural defense, non sembra giustificata la poca attenzione dedicata ai possibili effetti contra reum del riconoscimento del ruolo svolto da elementi culturali nel compimento del reato. Su tali effetti si dovrebbe riflettere seriamente per almeno due ordini di ragioni: • ragioni legate a osservazioni di carattere empirico • ragioni legate a obiezioni di carattere teorico

  32. 2.2.2. Un dibattito in corso OSSERVAZIONI DI CARATTERE EMPIRICO • In primo luogo, per quanto manchi una compiuta teorizzazione dell’aggravante culturale – difficilmente infatti una simile teorizzazione potrebbe sottrarsi all’accusa di razzismo –, nondimeno, non si può ignorare che talvolta i giudici tendono a giudicare con particolare severità imputati appartenenti a culture diverse dalla propria • Inoltre, per quanto forse isolata, un’esplicita enunciazione dell’orientamento a considerare un’aggravante il movente culturale dell’imputato si può trovare in una sentenza del 2006 del GUP del Tribunale di Bologna, secondo la quale il criterio di valutazione della gravità del reato agli effetti della pena previsto dall’art. 133, 2 comma, n. 4 deve essere interpretato nel senso che “tanto più le condizioni di vita individuale, familiare e sociale rispecchiano un sistema di regole antitetiche a quelle cui si ispira la tutela penale, tanto più deve essere severa la sanzione, apparendo evidente la maggior pregnanza della finalità di prevenzione cui la pena deve ispirarsi nel concreto”. In applicazione di questo principio, prosegue il GUP, nel caso in cui l’imputato provenga da “uno Stato straniero in cui vigono regole ordinamentali e comportamentali inconciliabili con quelle del nostro Paese”, il suo background culturale “non può valere ad attenuare la pena; al contrario, […] la condotta che sia espressione diretta di tali [regole ordinamentali e comportamentali] deve essere sanzionata con congruo rigore”

  33. 2.2.2. Un dibattito in corso OBIEZIONI DI CARATTERE TEORICO • In primo luogo, sanzionare più severamente, a parità di altre condizioni, chi abbia commesso un reato per aver agito conformemente alle norme giuridiche, sociali o morali della propria cultura, potrebbe essere interpretato come una forma di discriminazione uguale e contraria alla prassi di concedere un trattamento privilegiato a un imputato in ragione del carattere culturalmente motivato della sua condotta • Ma soprattutto, come nel caso della cultural defense, stabilire quali siano le norme culturali alle quali l’imputato si è attenuto nel porre in essere la condotta delittuosa • può condurre ad una concezione deterministica dell’influenza del contesto culturale sulle azioni individuali • può tradursi in una ricostruzione arbitraria, semplicistica e stereotipata dei caratteri delle culture diverse da quella che informa il sistema penale dello Stato

  34. 3. Tutela dei diritti fondamentali e rispetto della diversità culturale: un problema di bilanciamento? Le difficoltà e le questioni aperte relative ai reati culturalmente motivati (oltre che quelle relative ad altre questioni, quali il velo, la poligamia o le mutilazioni genitali femminili, alle quali si è potuto soltanto accennare, ma che non sono meno controverse) mostrano concretamente come talvolta il rapporto tra diversità culturale e tutela dei diritti fondamentali sia estremamente complesso e problematico. Bisogna quindi concludere che la tutela dei diritti fondamentali e il rispetto della diversità culturale siano, almeno in certi casi, del tutto inconciliabili e che quindi, qualora si dia un conflitto, l’una debba sempre prevalere sull’altro, o viceversa?

  35. 3. Tutela dei diritti fondamentali e rispetto della diversità culturale: un problema di bilanciamento? Una diversa possibile soluzione consiste nel: • ritenere che sia la tutela dei diritti fondamentali sia il rispetto della diversità culturale siano valori • ricercare pertanto un equilibrio che consenta di non eliderne uno a favore dell’altro

  36. 3. Tutela dei diritti fondamentali e rispetto della diversità culturale: un problema di bilanciamento? Una possibile guida per orientarsi nella ricerca di questo equilibrio è offerta dalla nozione sociologica di AMBIVALENZA Come scrive Anna Rita Calabrò*, una situazione ha “configurazione ambivalente” quando (cumulativamente): • “individui, gruppi o classi, istituzioni o organizzazioni subiscono l’influenza di due diverse istanze che possono avere a che fare con le credenze, le motivazioni individuali, gli statuti normativi, i modelli di conoscenza, le forme culturali”; • tali istanze sono in relazione tale da essere • contrapposte, • irriducibili l’un l’altra, • ineliminabili a vicenda perché interdipendenti, • non risolvibili in una sintesi, • dotate della stessa forza coercitiva. *A.R. Calabrò, L’ambivalenza come risorsa, Roma-Bari, Laterza, 1997

  37. 3. Tutela dei diritti fondamentali e rispetto della diversità culturale: un problema di bilanciamento? L’AMBIVALENZA COME RISORSA Quando si trova in una situazione a configurazione ambivalente, il soggetto: • si trova in un campo di tensione creato dalle istanze contrapposte • non può eliminare la contraddizione • deve pertanto agire in base ad una sorta si strategia dell’alternanza: deve cioè muoversi “in un continuum i cui estremi sono dati” dalle istanze contrapposte, spingendosi “in direzione di uno dei due poli dell’ambivalenza senza però mai eliminare del tutto l’effetto dell’altro che, nel corso dell’azione, potrebbe mutare o addirittura invertire il rapporto precedentemente stabilitosi”.

  38. 3. Tutela dei diritti fondamentali e rispetto della diversità culturale: un problema di bilanciamento? AMBIVALENZA, CONFLITTI NORMATIVI E ORDINAMENTO GIURIDICO STATALE La consapevolezza di una configurazione ambivalente, sottolinea Calabrò, può rappresentare una risorsa fondamentale per la gestione di situazioni complesse a condizione che il soggetto, anziché tentare di risolvere la contraddizione, si muova al suo interno. Vale lo stesso quando il soggetto in questione sia lo Stato, chiamato a gestire la complessità di un conflitto normativo attraverso la produzione o l’applicazione di norme giuridiche?

  39. 3. Tutela dei diritti fondamentali e rispetto della diversità culturale: un problema di bilanciamento? Esiste in ambito (filosofico-)giuridico uno strumento adatto alla gestione di situazioni ambivalenti, intese come situazioni nelle quali hanno rilevanza principi confliggenti? Forse si potrebbe ipotizzare che uno strumento adatto alla gestione di situazioni ambivalenti, intese come situazioni nelle quali hanno rilevanza principi confliggenti, esista, e che sia la tecnica delbilanciamento

  40. 3. Tutela dei diritti fondamentali e rispetto della diversità culturale: un problema di bilanciamento? IL BILANCIAMENTO Il bilanciamento è una tecnica per la composizione di conflitti tra principi (giuridici) che opera istituendo tra essi una gerarchia • assiologica • mobile, e cioè una gerarchia che non ambisce ad avere portata generale, ma che si riferisce piuttosto • ad una fattispecie concreta (se il bilanciamento è operato ex post da un giudice) • o tutt’al più ad una specifica classe di fattispecie (se il bilanciamento è operato ex ante dal legislatore).

  41. 3. Tutela dei diritti fondamentali e rispetto della diversità culturale: un problema di bilanciamento? IL BILANCIAMENTO COME TECNICA PER LA GESTIONE DI SITUAZIONI A CONFIGURAZIONE AMBIVALENTE In particolare, attraverso l’istituzione di questa gerarchia mobile nessuno dei principi in conflitto viene messo definitivamente da parte, proprio perché si presuppone che ciascuno di essi “valga” e che la contraddizione in cui si pongono nel caso specifico non possa essere risolta semplicemente eliminando definitivamente uno a favore dell’altro Così, il bilanciamento sembra potersi rivelare un utile strumento per la ricerca di quell’equilibrio dinamico che, secondo Calabrò, dovrebbe caratterizzare la gestione di situazioni a configurazione ambivalente. E, in effetti, la tecnica del bilanciamento è diffusamente usata per risolvere conflitti tra diversi diritti fondamentali sia dai giudici comuni, sia, assai più autorevolmente, dai Tribunali costituzionali.

  42. 3. Tutela dei diritti fondamentali e rispetto della diversità culturale: un problema di bilanciamento? BILANCIAMENTO E RAPPORTO TRA DIVERSITA’ CULTURALE E DIRITTI FONDAMENTALI Tuttavia perché il bilanciamento possa essere uno strumento idoneo per gestire la complessità del rapporto tra diversità culturale e diritti fondamentali sembrano necessarie due ulteriori condizioni.

  43. 3. Tutela dei diritti fondamentali e rispetto della diversità culturale: un problema di bilanciamento? BILANCIAMENTO E RAPPORTO TRA DIVERSITA’ CULTURALE E DIRITTI FONDAMENTALI 1° CONDIZIONE In primo luogo, è necessario ammettere che le difficoltà nella coniugazione delle istanze identitarie di ispirazione multiculturalista con la tutela dei diritti fondamentali non deriva da una intrinseca incompatibilità tra la cultura dei diritti e il rispetto di culture altre e diverse, ma piuttosto dal fatto che le rivendicazioni di riconoscimento della diversità culturale talvolta si traducono in un conflitto tra diritti fondamentali differenti.

  44. 3. Tutela dei diritti fondamentali e rispetto della diversità culturale: un problema di bilanciamento? BILANCIAMENTO E RAPPORTO TRA DIVERSITA’ CULTURALE E DIRITTI FONDAMENTALI 1° CONDIZIONE Sembra essere questa la tesi proposta da Tecla Mazzarese*, la quale: • sottolinea come le difficoltà sollevate da alcune situazioni in cui il riconoscimento delle differenze culturali è più controverso, “conferm[ino] un tratto comune a qualsiasi situazione, poco importa se coinvolga il problema dalla valorizzazione giuridica delle differenze di genere o culturali o di “razza”, nella quale si dia tensione dialettica o antagonismo nella tutela di due o più principi, di due o più diritti fondamentali”; • conclude che “nessuna soluzione che voglia essere rispettosa delle differenze[…] sembra poter seguire un metodo altro e diverso da quello di una declinazione del principio di eguaglianza che sia espressione del bilanciamento fra diritti fondamentali differenti”. * Tecla Mazzarese, Eguaglianza, differenze e tutela dei diritti fondamentali. Nuove sfide e crisi dello Stato costituzionale di diritto. In T. Casadei (a cura di), Lessico delle discriminazioni. Tra società, diritto e istituzioni. Reggio Emilia, Diabasis, 2008, p. 217.

  45. 3. Tutela dei diritti fondamentali e rispetto della diversità culturale: un problema di bilanciamento? BILANCIAMENTO E RAPPORTO TRA DIVERSITA’ CULTURALE E DIRITTI FONDAMENTALI 1° CONDIZIONE Peraltro, che il riconoscimento della diversità culturale sia talvolta problematico proprio perché si traduce in un conflitto tra diritti fondamentali differenti sembra più che plausibile se si guarda, ad esempio, trova conferma nei conflitti evidenziati in relazione alla questione dei reati culturalmente motivati. Tali conflitti, infatti, di volta in volta: • contrappongono i diritti degli imputati e diritti delle vittime, • lamentano la violazione del principio di eguaglianza in relazione ai diritti dei diversi imputati e/o delle diverse vittime tra loro, • rivendicano il diritto all’identità culturale come diritto fondamentale da tutelare accanto o addirittura prima di altri diritti fondamentali.

  46. 3. Tutela dei diritti fondamentali e rispetto della diversità culturale: un problema di bilanciamento? BILANCIAMENTO E RAPPORTO TRA DIVERSITA’ CULTURALE E DIRITTI FONDAMENTALI 2° CONDIZIONE In secondo luogo, è necessario altresì che si abbandoni quella concezione essenzialista della diversità culturale che • immobilizza e assolutizza le differenze; • disconosce il carattere dinamico e interattivo delle culture ; • ignora il fatto che, come sottolinea Luigi Ferrajoli, “il pluralismo delle culture è riproducibile all’infinito, all’interno di ciascuna cultura”*. *Luigi Ferrajoli, Principia Juris, Vol 2, Roma.Bari, Laterza, p. 59

  47. 3. Tutela dei diritti fondamentali e rispetto della diversità culturale: un problema di bilanciamento? BILANCIAMENTO E RAPPORTO TRA DIVERSITA’ CULTURALE E DIRITTI FONDAMENTALI 2° CONDIZIONE È proprio questa concezione essenzialista della diversità culturale, infatti, che contribuisce : • a rafforzare stereotipi e pregiudizi (come si è visto in relazione ai casi di Pusceddu e Saleem); • a rendere difficile, se non impossibile, qualunque forma di dialogo interculturale; • alimentare la convinzione che esista una intrinseca incompatibilità tra il rispetto della diversità culturale e la cultura dei diritti intesa come espressione di una cultura tra tante, quella occidentale.

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