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GIORNALINO SCOLASTICO IL PUNTINO

ANNO SCOLASTICO 2012-13. GIORNALINO SCOLASTICO IL PUNTINO. INDICE. I.C. A. MANZONI DI MUGNANO DEL CARDINALE/SCUOLA PRIMARIA “ROSA FINELLI” DI SIRIGNANO CLASSI QUINTE SEZ.A E B. INDICE. PAGINA 5 Gnam Gnam. PAGINA 9 Il cibo. L A R E D A Z I O N E.

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Presentation Transcript


  1. ANNO SCOLASTICO 2012-13 GIORNALINO SCOLASTICO ILPUNTINO INDICE I.C. A. MANZONI DI MUGNANO DEL CARDINALE/SCUOLA PRIMARIA “ROSA FINELLI” DI SIRIGNANO CLASSI QUINTE SEZ.A E B

  2. INDICE PAGINA 5 Gnam Gnam PAGINA 9 Il cibo L A R E D A Z I O N E PAGINA 2 L’IDENTITà E LA DIVERSITà PAGINA 6 Il palazzo di Sirignano PAGINA 10 A scuola PAGINA3 Il Majo PAGINA 7 Storia di un Paese PAGINA 11 La nostra scuola PAGINA 4 Natale Piccirillo PAGINA 8 Dal libro Sirignano e d’ intorni PAGINA 12 L’arte di raccontare

  3. L’identità e la diversità Il falò ( o fucaron ) La sera del 29 novembre, vigilia di “ Natale piccirill’ “, davanti alla chiesa viene acceso il falò con fascine e grossi pezzi di legno offerti dalla popolazione per ricordare il martirio di S. Andrea Apostolo, patrono di Sirignano. Intorno al fuoco i giovani di Sirignano si posizionano in cerchio in piedi prendendosi per le braccia. Formato questo cerchio umano grande quanto il perimetro del falò, fanno salire sulle loro spalle altrettanti giovani che formano un cerchio sovrapposto al primo. Essi vogliono dimostrare la loro forza, il loro equilibrio e la loro abilità. In questa posizione ballano e cantano la canzone popolare del “ Pizzic’ Antò “. Dopo continua a ballare tutta la popolazione mangiando le patate sotto la cenere , le caldarroste e il vino rosso. In realtà, da ricerche fatte dagli storici, questa tradizione ci è stata tramandata, molto probabilmente, dal popolo celtico che vedeva nel fuoco il passaggio dal buio alla luce, dalla morte alla vita. Il fuoco assume un significato magico di purificazione dello spirito e della vita che continua attraverso la fecondità della “Madre terra”. Questa tradizione, tramandateci dai nostri antenati , ci riporta alle nostre origini facendoci apprezzare cose alle quali , in altri contesti, non avremmo dato molto significato come i ritmi, i profumi, gli umori della nostra terra. Le sensazioni che proviamo quando la viviamo sono difficili da descrivere ; è come se vivessimo in una fiaba dove ,incantati, vediamo maghi e folletti, Dio e i suoi angeli giocare con noi. Testo della canzone popolare cantata a Sirignano intorno al falò. E vvuica state ra coppo (e voi che state di sopra) Stateveattienti e mantenitevi (state attenti e mantenetevi) C’ ‘a via è ssemprebbona (che la via è sempre buona) Mariantò e Ciccantò (Mariantonia e Ceccantonio). E vvuica state ra sotto (e voi che state di sotto) Stateveattienti e mantenitici (state attenti e manteneteci) C’ ‘a via è ssempebbona (che la via è sempre buona) Mariantò e Ciccantò (Mariantò e ciccantò (Mariantonia e ceccantonio). INDICE

  4. IL “MAJO” A SIRIGNANO Il Majo La domenica che precede il 30 novembre i sirignanesi , divisi in squadre, si recano sulle montagne per tagliare i faggi più grandi del bosco. Dei faggi rimane solo il fusto perché essi vengono privati di tutti i rami e della chioma . Dopo il taglio la giornata viene allietata da un lauto pranzo,canti e balli . Al calar del sole i “ Maj “ vengono caricati su dei grossi camion , scesi in paese tra fuochi pirotecnici, tricchi-tracche e depositati sulla strada adiacente la scuola. La mattina del 30 novembre vengono ripresi con i camion e trascinati per terra fino alla chiesa avvolti in una grossa nuvola di fumo nero provocato dai botti. I più giovani lo tirano a mano facendo molta più fatica. Vengono lasciati tutti davanti alla chiesa e saranno venduti all’asta la sera, dopo la processione. Il ricavato dell’asta andrà alle necessità della chiesa. Gli uomini delle squadre fanno a gara a chi porta il faggio più grosso e lungo e se ne faranno vanto per tutto l’anno con gli amici. Le ricerche storiche sono contraddittorie. Negli anni molti studiosi hanno acceso vivaci discussioni sul rituale e sul significato del Majo; secondo alcuni il termine Majo deriva da mai-baum (albero di Maggio), rituale presente in alcune tradizioni popolari tedesche, secondo altri da maius arbor (albero maggiore). Sta di fatto che etimologicamente maggio o majo viene dalla radice Mag, che significa crescere, per alcuni studiosi riconducibile alla dea Maia, la grande Madre, dea della terra. Infatti in Italia e all’estero, sono molto diffusi i riti in favore della dea Madre, degli alberi del loro sesso e la simbolica erezione dell’albero più grande piantato in terra, un chiara allusione alla fecondazione. INDICE

  5. NATALE PICCIRILLO … A SIRIGNANO Non tutti il giorno di S. Andrea potevano mangiare cose costose perché gli abitanti di Sirignano erano molto poveri però la cosa più importante era stare insieme alla famiglia quel giorno e pregare per S. Andrea. Allora, all’inizio del secolo scorso, un sacerdote, Francesco Fiordelisi, di origini sirignanesi, che aiutava l’allora parroco Liberato Galluccio a preparare la festa del patrono S. Andrea, donò dei pacchetti di alici fresche alle famiglie più bisognose del paese per permettergli di festeggiare la ricorrenza. Le alici le mangiarono subito , il 29 novembre, e quel gesto apparve come un dono di Natale e da allora si festeggia il “Natale piccirillo”. Le alici sono il piatto simbolo del “Natale piccirillo” anche perchè vengono portate dalla statua di Sant’ Andrea in mano . Esse ricordano il suo lavoro di pescatore, di pesci prima e di anime poi . “Natale Piccirillo” E’ proprio una serata magica quella che si vive a Sirignano il 29 novembre, vigilia della festa di S. Andrea Apostolo , patrono del nostro paese. E’ consuetudine mangiare la sera le stesse cose che di solito si mangiano la vigilia di Natale. Il nonno mi ha raccontato che suo nonno lavorava nei boschi come taglialegna e viveva proprio in montagna, in una capanna che veniva costruita dal padrone. Rimaneva lontano da casa per molti mesi e tornava sempre per la vigilia di S. Andrea portando tanti regalini ai figli. Anche suo padre che era stato a lavorare in Germania come muratore tornava sempre per quel giorno anche se poi era costretto a non tornare a Natale perché non aveva i soldi per il treno. INDICE

  6. GNAM GNAM… MAGN MAGN …E A PANZ CRESCE 500 gr. di spaghetti 150 gr. di noci 5 filetti di acciughe salate 1 spicchio di aglio 1 bicchiere da cucina di olio extravergine d'ulivo Procedura  Spinare e lavare accuratamente le acciughe Sgusciare e tritare, grossolanamente, le noci Far soffriggere in una padella, possibilmente in rame, a fuoco lento, l'olio, l'aglio e le noci Quando le noci si sono ben amalgamate all'olio, aggiungere le acciughe spezzettate e un poco d'acqua bollente, in modo da ottenere una salsina più morbida e scivolosa, continuare la cottura a fuoco lento In una casseruola, scaldare la pasta, in acqua salata. Scolare, al dente, e unirla al composto precedentemente preparato, con l'aiuto di un cucchiaio di legno amalgamate il tutto a fuoco moderato. Impiattate e servite. Buon appetito da Elena Napolitano RICETTA SPAGHETTI NOCI E ALICI Di Elena Napolitano (classe 1923) Ingredienti per 4 persone SCAROLA ‘mbuttunata(ricetta fornitaci da nonna Angela D.M..classe 1936) Ingredienti (per quattro persone): una scarola liscia intera, olio extravergine d’oliva, uno spicchio d’aglio, filetti di alici, olive nere, una manciata di uvetta, qualche pinolo, formaggio pecorino a pezzetti stagionato, sale e pepe q.b. Procedimento: eliminare la parte bianca della scarola che può essere utilizzata come insalata. Lavare bene la parte rimanente lasciandola intera, e farla asciugare. All’interno della scarola mettere: i filetti di alici, le olive, l’uvetta, pinoli, l’aglio, i pezzetti di pecorino, sale, pepe, e un filo d’olio. Adagiare la scarola, così preparata, in una casseruola a bordi alti con abbondante olio. Lasciar cuocere a fuoco lento per più di un’ ora. INDICE

  7. Il palazzo… di Sirignano Palazzo Caravita Il feudale di Sirignano , oggi conosciuto come palazzo Caravita , o “Palazzo del Principe “ , appartenente al Duca Vincenzo Caracciolo della Gioiosa, barone di Sirignano. Nella prima metà dell’800 il palazzo passò ad altri proprietari , fino a quando, nel 1884 , fu acquistato dal marchese Giuseppe Caravita che lo restaurò . Il palazzo è una massiccia costruzione in stile neogotico, situato in quella che un tempo era la piazza principale del paese dedicata alla principessa Rosa (prima moglie di Giuseppe Caravita). Il palazzo ha un corpo centrale e due retrostanti ali di diversa grandezza . La facciata è imponente, al centro c’è un grande portone principale e ai due lati tre torri con merlature . Pianefforte ‘e notte Nu pianefforte è notte sona luntanamente , e’ a museca se sente pe ll’aria suspirà E’ ll ‘ una :dorme ‘o vico ncopp à nonna nonna è nu mutivo antico e’ Tanto Tiempo fa. Dio, quanta stelle ‘n cielo! Che luna ! e c’aria doce! Quanto na bella voce vurria senti’ cantà ! Ma sulitario e lento more ‘o motivo antico; se fa cchiu cupo ‘o vico dint’ all’ oscurità… Ll’anema mia surtanto rummane a sta fenesta . Aspetta ancora . E resta, ncantannese , a pensà. VITA A PALAZZO Il principe Giuseppe Caravita restaurò il palazzo e ne fece uno splendido centro di ritrovo per nobili e artisti , fra i quali vanno ricordati il Tenore Enrico Caruso , il pittore Eduardo Dalbono , il drammaturgo Eduardo De Filippo , ma soprattutto il poeta Salvatore Di Giacomo . Figlio di un poeta e di una musicista, fu autore di molte poesie in lingua napoletana , alcune anche musicate . Ricordiamo “Pianefforte e notte”. INDICE

  8. Storia di un paese… Dal libro “ SIRIGNANO E D’INTORNI NELLA STORIA DI NAPOLI “ del nostro concittadino, scrittore, pittore, scultore, storico di Sirignano Napolitano Antonio. L’artista Antonio Napolitano nel suo autoritratto I COREANI Oggi i sirignanesi vengono chiamati , dagli abitanti dei paesi vicini, Coreani. Questo appellativo viene usato per beffeggiare e insultare i sirignanesi. Siamo andati alla ricerca storica e abbiamo trovato tante fonti orali di nonnini del nostro paese. Ci hanno raccontato che quando ci furono i risultati del referendum istituzionale del 2 giugno 1946, che vide vittoriosa la Repubblica Italiana con uno scarto di due milioni di voti sulla monarchia; pur essendo prevalsi al sud dell’Italia i voti per la monarchia, e anche nel nostro mandamento la monarchia ebbe più voti, a Sirignano vinsero i Repubblicani, unico paese del circondario. Continua a pag. 9 Stemma ufficiale del Comune di Sirignano Adottato con deliberazione del Consiglio comunale n.63 del 29 novembre 1976 e concesso dal Presidente della Repubblica con Decreto del 24 ottobre 1977, con la seguente descrizione: stemma d’argento, un toro nero con le corna e gli zoccoli d’oro, fermo; sulla campagna di rosso, disposti in fascia, un tralcio di vite pampinosa fruttato di due grappoli ed un rametto di nocciola al naturale. Sopra lo scudo troneggia una corona di colore oro e sotto si notano due rami di quercia e l’altro di alloro. Il comune fa parte del Parco regionale del Partenio. La struttura geologica di Sirignano è di natura calcarea. E’ permeabile e tende a favorire l’infiltrazione delle acque. Il suolo poggia sui depositi provenienti dalle eruzioni del Vesuvio che lo rende particolarmente fertile. …Sirignano sorge in una valle del monte CAMPIMMA. Il suo nome ha origini romane. I romani, infatti, nelle loro espansioni occuparono anche la Campania e molti Patrizi, scelsero questa regione come luogo di villeggiatura e vi eressero le loro ville. “FUNDUS SERENIANUS”, così fu chiamato Sirignano, forse, per l’aria pura e l’acqua limpida che la caratterizzano. Fondato probabilmente da cittadini avellani, Sirignano rimase per molti secoli un <<CASALE>> (ossia una frazione di Avella). Passando di signori in signori, nel 1614 il casale di Sirignano ottenne una prima forma di autonomia, i sirignanesi cominciarono ad eleggere da sè i propri amministratori. Dopo l’Unità d’Italia(1861)il comune di Sirignano, con tutti i comuni del baianese e del Vallo di Lauro, fu aggregato alla provincia di Principato Ultra, l’attuale provincia di Avellino. In quel periodo Sirignano fu inoltre travagliato dal brigantaggio, con una serie di violenze e di gravi fatti di sangue. Dopo il Caracciolo della Gioiosa, i beni dell’ex feudo di Sirignano passarono ad altri proprietari (fra i quali va ricordato Gaetano Di Grazia che fu anche sindaco di Sirignano). Nel 1884, fu acquistato da Giuseppe Caravita, principe di Sirignano, il quale restaurò l’antico palazzo feudale. SIRIGNANO INDICE

  9. Dal libro “ SIRIGNANO E D’INTORNI NELLA STORIA DI NAPOLI “ del nostro concittadino, scrittore, pittore, scultore, storico di Sirignano Napolitano Antonio La condizione sociale dell'epoca era evidente a tutti, si viveva in una sola stanza insieme agli animali; i bambini andavano scalzi, con i pantaloni rattoppati e con i capelli rasati a zero a causa dei pidocchi. Per combattere il freddo in casa si riempiva un braciere con le carbonelle ricavate dal forno per il pane e il residuo si portava il giorno dopo in un secchio di latta, per riscaldarsi a scuola. Di notte chi non aveva coperte di lana, si copriva con gli altri indumenti che si usavano di giorno, oppure con il classico mattone riscaldato o con un vecchio cappotto, voltato e rivoltato. Per stare più caldi e anche perché non c’erano molti letti si dormiva in un letto solo tutti assieme. Spesso i numerosi figli dei contadini dormivano nella mangiatoia della stalla, al caldo del fiatone dei tanti animali che la frequentavano; i buoi , l’asino, le pecore, le capre, le galline, i conigli, i cani, i maiali. Capitava anche che bambini poverissimi od orfani dormissero nei forni rimasti ancora caldi per il pane sfornato, con il rischio di restare cotti al forno. (OPERA DELL’ARTISTA) IL RISCALDAMENTO Continuo di pag.7 (I coreani) L’allora Parroco di Sirignano, Don Liberato Gallicchio, meravigliato del risultato, volle dare ai sirignanesi il soprannome di “coreani”, trovando un certo avvicinamento ideologico con la penisola coreana che era divisa in Corea del Nord e del Sud dove c’era la Repubblica popolare di Corea e la Repubblica di Corea. In effetti i sirignanesi sono stati da sempre un popolo che riusciva a capire dove andava il mondo politico; ancora oggi le elezioni politiche sono molto sentite. I sirignanesi sono fieri di essere chiamati coreani perché capiscono di politica e cercano di fare del loro meglio per migliorare le cose. QUELLO CHE SI MANGIAVA NEL DOPOGUERRA La fame era una fedele compagna, e ognuno cercava di cavarsela come meglio poteva .. Il lavoro c’era per tutti ma era poco retribuito. Se non c’era la farina di frumento, si macinavano altri prodotti della campagna (castagne, nocciole ,noci) e con quell’impasto si faceva il pane nel forno del cortile. Era un pane dal sapore inconsueto, che accompagnato a patate, rape e fagioli, placava i morsi della fame. Però ai bambini e ragazzi, al mattino era sempre assicurata una tazza di latte, appena munto, fornito da una vacca che veniva portata a domicilio, oppure una ricottella di latte ottenuta dal siero di pecora o di capra, al costo di 10 £. Veniva usato molto lo strutto ( ‘a ‘nzogna) e il lardo come condimento per cucinare perché l’olio di oliva era poco e costava molto. (DALLE OPERE DELL’ARTISTA) LA COLOMBAIA COME VESTIVAMO Le famiglie conducevano una vita molto sacrificata e si doveva risparmiare in tutti i modi; del vestiario, se ne faceva a meno quando si poteva. D'inverno c'erano famiglie che non avevano la possibilità di avere neanche una sciarpa di lana. Alcuni per nascondere l'indigenza, facevano passare l'asciugamani per sciarpa. La mattina chi si alzava prima metteva le scarpe perché non c’erano per tutti; chi rimaneva senza andava scalzo. Solo d’inverno venivano fatti degli zoccoli a mano dai taglialegna che non sapevano rifinirli bene e non riuscivano a fare i numeri giusti ma facevano solo delle forme standard; così, anche se più grandi o più piccoli si indossavano comunque per non andare scalzi sulla neve o sull’acqua gelata. Successivamente, le cose cominciarono a migliorare, con l'arrivo delle balle di panni, scarpe, borse usate dagli Stati Uniti. In queste si trovava ogni specie di indumento, addirittura le calze di nylon, una novità assoluta per l’epoca, che venivano indossate dalle ragazze per apparire più eleganti. INDICE

  10. Capitava anche che per lo stesso motivo raccoglievano gli escrementi dei cavalli che tiravano le carrette oppure svuotavano a loro cura e spese i cantarielli utilizzati a W.C. dai condomini del cortile. Immaginate quante mosche accorrevano per il fetore che si creava e per questo motivo ogni anno, per legge, veniva stanziato nel bilancio comunale un capitolo di spesa per l’acquisto di un insetticida , il DDT (proibito nel 1978 perché cancerogeno) . Le foglie accumulate dal vento venivano utilizzate per alimentare il focolare e riscaldare l'ambiente, per cui non era necessario lo spazzino. Questa attività limitata solo alla pulizia delle strade sterrate, veniva svolta comunque con una “trainella” da "Peppe e tempesta" e il suo somaro, ai quali venivano corrisposti due distinti compensi, entrambi riscossi dallo spazzino, perché "l'asino non sapeva firmare". (DALLE OPERE DELL’ARTISTA Napolitano) Chiesa Sant’Andrea , attigua palazzo Caravita,“ Nevicata del ‘56” (opera dell’artista Napolitano) IL CIBO La maggioranza delle persone faceva al massimo due pasti al giorno; la colazione e la cena che rappresentava il vero e proprio pranzo. La mattina si faceva colazione sul posto di lavoro con un grosso pezzo di pane ( o’ cuozz’ e pan’), un po’ di lardo o minestra avanzata dalla sera; i più fortunati avevano anche un po’ di formaggio , la mortadella o la frittata con le uova. La sera le donne preparavano la pasta fatta a mano con il pomodoro o l’olio con noci e aglio; la minestra preparata con tante verdure miste e solo la domenica si preparava qualcosa di carne. Il pane era l’alimento base della loro dieta. Esso veniva fatto in casa con il” criscito “ (lievito naturale) e cotto nel forno che di solito era in condominio, a legna . Quando si faceva il pane si impastava la farina per il fabbisogno di almeno una settimana degli abitanti della casa; quindi il pane non si mangiava sempre fresco ma anche vecchio di otto giorni ,però era sempre morbido . All'epoca esisteva la bottega del signor “Barbaciano”, nonno dello scrittore, il quale faceva anche credito a queste povere persone, che non avevano la possibilità di pagare i maccheroni che si compravano sfusi, così come lo zucchero, la farina e la biada per gli animali. La busta della spesa era rappresentata da un panno della cucina che si annodava all’estremità. Se le cose comprate erano tante ci si portava dietro “ a canesta “, una cesta di vimini grande che si trasportava sul capo. Per non farsi male la testa le donne mettevano sotto alla cesta il “curuogliolo”, un panno che veniva arrotolato su se stesso a mò di ciambella. Le donne, con il cesto in testa, camminavano con le mani ai fianchi perché avevano sviluppato una forma di equilibrio da far invidia alle moderne indossatrici e fotomodelle. Quasi per tutta la settimana siconsumavano fagioli o patate e in assenza del prezioso olio per condirli, si utilizzava lo strutto di maiale e il concentrato di pomodoro fatto in casa. IL RICICLAGGIO Tutto quello che si possedeva veniva riutilizzato, ovvero non si buttava via niente. Quando i piatti si rompevano non venivano buttati, i cocci si conservavano e si facevano ricucire con punti metallici dal piattaio. I bicchieri di vetro erano una rarità; c’erano quelli di terracotta, di legno e di alluminio. Anche le pentole erano di stagno, rame o alluminio; in queste pentole si cucina ma non si potevano tenere i cibi all’interno per molto tempo perché il materiale era cancerogeno. Inoltre c’erano i “ pignatielli “, delle vere e proprie pentole di terracotta che si mettevano vicino alla “ ‘vrisa”, la brace prodotta dal fuoco per cucinare lentamente le pietanze. Le lattine vuote si utilizzavano come contenitori per l'acqua, aggiungendovi un manico di filo di ferro lungo la circonferenza. Nelle case non esisteva acqua perché non c'era la rete idrica; essa fu fatta solo nel 1958. L'acqua per lavare i panni o per fare il bagno , depositata in una tinozza di legno ( cupella) si attingeva alle cisterne. Il sapone si faceva in casa, bollendo grasso animale e cenere; il bucato veniva fatto bollire in un gran pentolone con acqua , cenere e grasso animale. I contadini, invece portavano nelle loro terre per concimare tutto quello che producevano. INDICE

  11.  La penna era di legno ed alla punta era inserito un pennino; per scrivere bisognava bagnarlo leggermente nell'inchiostro. Vi era poi la carta assorbente che serviva ad asciugare la pagina scritta. Questa penna fu poi sostituita dalla penna stilografica sino ad arrivare ai giorni nostri con l’introduzione della biro. L'occorrente per scrivere si portava in una scatoletta di legno con coperchio scorrevole. Per non sporcarsi d'inchiostro c’erano i grembiuli neri uguali per tutti,  ma le dita erano sempre macchiate. La cartella era di cartone o di stoffa appositamente cucita  dalle mamme. Ogni bambino aveva due piccoli quaderni con la copertina nera, uno a righe ed uno a quadretti. La famiglia era patriarcale, i ragazzi oltre a subire la severità dei genitori dovevano subire la severità dei maestri, i quali accettavano di buon grado i suggerimenti dei genitori stessi: “signor maestro, se mio figlio non si comporta bene (dall-mazzat') dategli le botte”.I maestri, punivano severamente quei ragazzi che non studiavano e che non ubbidivano e le punizioni più frequenti erano i chicchi di mais posti nell’angolo della classe e l’alunno seduto sopra con le ginocchia; in questa posizione rimaneva per ore e ore. Poi c’erano le spalmate, le tirate d’orecchi, gli schiaffi , ma la punizione più umiliante era quella dell’asino. Infatti si facevano indossare al malcapitato le orecchie di asino con un cartone avanti al petto e uno dietro le spalle dove veniva scritto ASINO. Lo si faceva girare per tutte le classi ed in ognuna di queste gli altri alunni gli dovevano gridare : - Asino! Asino! - e c’era pure chi gli faceva il verso . (OPERE DELL’ARTISTA) A SCUOLA A scuola Per necessità, molti bambini non andavano a scuola ma a lavorare . I più fortunati che andavano a scuola non avevano il grembiule, solo i figli delle famiglie più ricche lo indossavano . L'obbligo scolastico era fino alla quinta elementare ; molti però frequentavano fino alla seconda. I figli dei più ricchi frequentavano le superiori presso il Convitto “Manzoni” di S. Pietro a Cesarano di Mugnano e pochi anche l’università; per gli altri era già tanto arrivare alla V elementare. Le famiglie povere che avevano figli molto intelligenti e volenterosi nello studio si rivolgevano ai preti per farli studiare in seminario e per poter pagare di meno.I banchi erano a due posti, al lato ed al centro dello stesso c’erano due  buchi in cui erano inseriti i calamai che periodicamente venivano  riempiti dal bidello. INDICE

  12. LA NOSTRA SCUOLA INDICE

  13. L’arte di raccontare INDICE

  14. IL PUNTINO La redazione A L A V O R O LA REDAZIONE Alba Elvira Matteo Mariapia Flavia Elisabetta Sara Giomaria Rosa Nicola Grazia Patrizia Lucia Jessica Federica Gerardo Francesco Antonio Felice Annalisa Rosa Vincenzo 1 Stefano Vincenzo 2 DOCENTI .ACIERNO ANNUNZIATA .PELUSO ANTONIO .MIRO GRAZIA .PISANIELLO RAFFAELA .SEPE MARGHERITA .PERROTTI ADELE DIRIGENTE SCOLASTICO PROF.SSA ANNAMARIA LA BRUNA INDICE

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