1 / 25

Il ritardo di linguaggio Indici fonetici e fonologici

Il ritardo di linguaggio Indici fonetici e fonologici. Marinella Majorano Dipartimento di Psicologia Università degli Studi di Parma. Indici fonetici: aspetti fonematici o sistemici (inventario fonetico)

tiara
Download Presentation

Il ritardo di linguaggio Indici fonetici e fonologici

An Image/Link below is provided (as is) to download presentation Download Policy: Content on the Website is provided to you AS IS for your information and personal use and may not be sold / licensed / shared on other websites without getting consent from its author. Content is provided to you AS IS for your information and personal use only. Download presentation by click this link. While downloading, if for some reason you are not able to download a presentation, the publisher may have deleted the file from their server. During download, if you can't get a presentation, the file might be deleted by the publisher.

E N D

Presentation Transcript


  1. Il ritardo di linguaggioIndici fonetici e fonologici Marinella Majorano Dipartimento di Psicologia Università degli Studi di Parma

  2. Indici fonetici: aspetti fonematici o sistemici (inventario fonetico) • Indici fonologici: aspetti fonotattici o strutturali (struttura sillabica, processi fonologici, regole, templates)

  3. E’ possibile studiare questi indici in età precoce? Stretta continuità tra aspetti fonetici, fonologici e successivo sviluppo lessicale e morfo-sintattico nello sviluppo tipico Teoria percettiva Teoria motoria

  4. Alcuni indicatori precoci delle abilità fonetiche e fonologiche dei bambini possono essere utilizzati per individuare, prima del terzo anno, bambini a rischio di sviluppo del linguaggio

  5. Premesse teoriche:Modelli dello sviluppo fonologico 1) Modello strutturalista di Jakobson (1954): approccio segmentale 2) Modello biologico (Locke, 1983): modello a tre stadi (pragmatico, cognitivo e sistemico) 3)Modelli cognitivisti (Ferguson e Farwell, 1975): approccio “lessicale” (whole-word phonology)

  6. Teoria olistica(Vihman, 2006) 1) Variabilità nella produzione dei segmenti 2) Relazioni tra le produzioni del bambino ed il target adulto 3) Relazione tra le parole prodotte dal bambino (templates) 4) Origine dei patterns del bambino

  7. Modelli sulla relazione tra sviluppo fonologico e lessicale • Fonologia come causa dello sviluppo delle parole (modello universalista) • Fonologia come associata allo sviluppo lessicale (modello rappresentazionale) • Lessico come causa dello sviluppo fonologico (modello lessicale) • Lessico e fonologia come dipendenti da sistemi cognitivi comuni (modello cognitivista)

  8. 0-2 mesi FONAZIONE Suoni quasi vocalici Normale fonazione 1-4 mesi PRIMA ARTICOLAZIONE “Cooing” vocalizzi+ suoni velari Limitati movimenti articolatori 3-8 mesi ESPANSIONE o VOCALIZZAZIONE Suoni vocalici, nuclei risonanti, babbling marginale Movimenti lenti di chiusura e apertura 5-10 mesi BABBLING CANONICO Sillaba (cv,vcv,vc) o sequenze di sillabe contenenti un solo tipo di consonante Articolazione pienamente temporalizzata con movimenti rapidi di apertura/chiusura bocca 9-10 mesi BABBLING VARIATO Sillaba o sequenze di sillabe contenenti 2 o più tipi di consonanti idem Stadi dello sviluppo preverbale(Oller, 1980)

  9. Stadi dello sviluppo preverbale Altri modelli: Stark (1979): lallazione reduplicata a 6-7 mesi Stoel-Gammon (1989): coesistenza dello stadio di lallazione canonica e variata Kent (1990): no differenza tra stadio di lallazione variata e canonica

  10. Stadi dello sviluppo fonologico • Fase presistematica: prime parole costruite sugli schemi preverbali • Primi segni di organizzazione: templates e regole emergenti in base a cristalizzazione ed espnsione controllata • Emergenza del sistema: aumento dei templates (regole del bambino), patterns • Sistematizzazione del sistema: costruzione di regole fonologiche vere e proprie

  11. Lallazione come indice predittivo dello sviluppo linguistico • Inizialmente Jakobson (1968) aveva ipotizzato che non esistesse continuità tra lallazione e prime parole. • Molti Autori invece hanno indagato gli aspetti di continuità: • Fry(1966): loop di feedback acustico • Oller (1976): corrispondenza tra lallazione e prime parole nella struttura sillabica e nella sequenza di suoni • Vihman, Ferguson e Elbert (1986): differenze individuali nei suoni “maggiormente esercitati” nella lallazione • Stoel-Gammon (2002): continuità tra struttura fonotattica di lallazione e prime parole • McCune e Vihman (2001): numero di schemi motori esercitati nella lallazione come indici predittivi dello sviluppo del vocabolario • Bortolini (2002): ruolo della lallazione come indice predittivo

  12. Ipotesi sulla relazione lallazione-prime parole • Teoria Motoria: Teoria motoria dello sviluppo preverbale (Lenneberg, 1967;MacNeilage, 1979; Liberman, 1980; Locke, 1983); la lallazione è l’output naturale di un apparato motorio immaturo. Nello sviluppo delle prime parole i vincoli motori sono primari seguiti dall’influenza dell’input linguistico dell’ambiente. • Teoria percettiva:L’Articulatory Filter Hypothesis: la lallazione è orientata precocemente verso l’input dell’ambiente (es. Stoel-Gammon, 1984; Vihman e Velleman, 2000). Ruolo di altri aspetti (cognitivi, memoria di lavoro) nello sviluppo del linguaggio insieme alle basi fonetiche e delle strategie individuali (Macken, 1978).

  13. Funzioni della lallazione • L’esercizio accresce il controllo e la precisione con cui il movimento viene eseguito: più spesso il b esegue i movimenti che configurano il tratto vocale per la produzione di particolari suoni e sequenze di suoni, più automatici diventano questi movimenti e quindi più facili da produrre nelle parole (output articolatorio) • Prestare maggiore attenzione alle parole adulte che assomigliano alle proprie produzioni (ex “pa’pa’, papa’, pappa) (sensibilizzazione percettiva) • Udire le proprie vocalizzazioni consente al b. di scoprire le relazioni esistenti tra i movimenti del cavo orale e il segnale acustico che ne deriva (feedback interno) • Le lallazioni sono spesso interpretate dai care-givers come vere e proprie parole e attivano veri e propri dialoghi (feedback esterno)

  14. Indici fonetici e fonologici e ritardo di linguaggioStudi longitudinali • Stoel-Gammon (1984): 2 LT da 9 a 24 mesi. Indici: uso di suoni glottali e vocalizzazioni semplici; strutture sillabiche semplificate e delezione della consonante finale • Scarobough e Dobrich (1990): 4 LT a 30, 36, 42 mesi. Numero totale di consonanti corrette • Whitehurst et al. (1991) : 37 bambini dai 24 ai 36 mesi. Indici: lallazione canonica, vocalizzazioni, no lunghezza e responsività • Williams e Elbert (2003): 5 LT di due età seguiti dai 22 ai 33 mesi e dai 30 ai 42 mesi. Indici: minor inventario, minor numero di consonanti corrette, maggiore sostituzione di suoni gruppo1; gruppo2: aspetti qualitativi (patterns atipici, variabilità fonemica e bassa stimolabilità)

  15. Indici fonetici e fonologici e ritardo di linguaggioStudi trasversali • Paul e Jennings (1992): 28 LT (18-23 mesi e 24-35 mesi). Indici: LMB, l’inventario consonantico, il numero di consonanti corrette. Profilo ritardato piuttosto che atipico. • Rescorla e Ratner (1996): 30 LT. Indici: minor numero di vocalizzazioni, inventario fonetico ridotto e delle strutture sillabiche semplificate. Profilo rallentato. • Pharr, Ratner e Rescorla (2000): 20 LT differenze fonotattiche (cluster e consonante finale) e minor numero di enunciati.

  16. Indici osservativi Indici fonematici • Numero di suoni prodotti (inventario) • Numero di Schemi Motori Vocalici (VMS)

  17. Indici fonotattici • Complessità sillabica della lallazione • Struttura sillabica • Lunghezza sillabica • Variabilità • Stimolabilità • Correttezza • Patterns

  18. Complessità sillabica Valutata in base a tre livelli • Livello I: produzioni contenenti una vocale (es.[o]), una consonante sillabica (es. [m]) o una sillaba contenente uno stop “glottale” (es. [o]) o una semiconsonante (es. [wu]). • Livello II: produzioni contenenti una vera consonante singola o replicata (es. [ba], [dada]), o due o più consonanti che differiscono solo per il tratto “sonorità” (es. [data]; [paba]) • Livello III: produzioni contenenti due o più consonanti, che differiscono per luogo o modo di articolazione o per entrambi (es.[bati] o [maba]). Livello medio della lallazione (Mean Babbling Level, Stoel-Gammon, 1989). Ottenuto moltiplicando il numero di enunciati di Livello I X 1, il numero di enunciati di Livello II X 2 e il numero di enunciati di Livello III X 3 e dividendo la somma per il numero totale di lallazioni.

  19. Inventario fonetico 4 gruppi di bambini: TDE: 10 bambini osservati a 20 mesi TDV: 10 bambini di 16 mesi circa TL: 10 late-talkers a 20 mesi che mantengono il ritardo a 30 mesi LB: 10 late-talkers a 20 mesi che recuperano il ritardo a 30 mesi

  20. Complessità sillabica Bassa presenza di enunciati “variati” (Livello 3) rispetto alle vocalizzazioni semplici (Livello 1) nei LT

  21. Vocal Motor Schemes

  22. Patterns nelle prime 10 parole

  23. Patterns nella sessione delle 10 parole

  24. Nina: patterns 14-24 mesi

  25. Conclusioni • Possibilità di osservare anche prima della sistematizzazione del sistema fonologico alcuni indicatori fonemici (numero di suoni e numero di VMS) e fonologici (patterns) del ritardo di linguaggio • Importanza della valutazione di indicatori sia quantitativi (di sistema) che qualitativi  (di struttura) anche in età precoce al fine della prevenzione dei disturbi dell’area linguistica

More Related