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Quali spazi per le isc in Trentino?

Quali spazi per le isc in Trentino?. Alcune risposte tratte da:

sheryl
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Quali spazi per le isc in Trentino?

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Presentation Transcript


  1. Quali spazi per le isc in Trentino? • Alcune risposte tratte da: • Un’indagine su “I limiti del welfare trentino”; un confronto tra le rappresentazioni di eepp e is su: lettura dei bisogni di protezione sociale, culture regolative dei servizi, ruolo dell’imprenditorialità sociale (“chi fa cosa”, “come” e “con chi”) • Le sperimentazioni sul campo: accompagnamento alla creazione e ristrutturazione di iniziative di isc in 7 diversi ambiti territoriali e settori di intervento • Info www.restore.trentino.it

  2. La definizione alla prova dei fatti (1 Indicatori e riscontri • Un riferimento esplicito alla comunità come stakeholder • Presente nelle rappresentazioni normative (mission, statuti), ma non declinata in definizioni operative, legate alle specificità dei contesti e delle iniziative • Una capacità diffusa di sviluppare relazionalità a livello informale • Orientamento a riconoscere bisogni emergenti ancora non colti dal sistema di welfare; meno consapevole il lavoro sulle reti di prossimità degli utenti (non sono il perno del lavoro di comunità) • Connessioni strutturate con i principali attori istituzionali del welfare • Strutturati con gli eepp per fornitura di servizi più che per programmazione; buona connessione fra is per funzioni di rappresentanza piuttosto che di “filiera” (territoriale e/o di attività); sporadici con altre espressioni del terzo settore • Apertura dei sistemi di governance e dei processi produttivi • Posizione dominante di lavoratori retribuiti e volontari (dato atipico); molto meno diffusa la presenza degli utenti sia in sede di produzione che di governance

  3. La definizione alla prova dei fatti (2 Indicatori e riscontri • Capacità di attrarre e combinare risorse di diversa natura • Buon livello di differenziazione se si considerano le risorse in senso ampio (es. volontariato). Se si considerano quelle economiche esiste una concentrazione significativa su risorse pubbliche e di mercato • Un approccio progettuale di tipo incrementale • Tendenza alla personalizzazione dei beni e servizi rispetto alle caratteristiche specifiche degli utenti “finali” (l’architrave della loro mission) • Capacità di rispondere a bisogni complessi con un orientamento all’autonomia • Le attività svolte sono configurabili come beni di inclusione, socializzazione, educazione, ecc. Manca però un riferimento esplicito al lavoro sulle reti informali • Soluzioni organizzative e gestionali in grado di soddisfare strutture motivazionali complesse • Certamente non sono micro imprese guardando al numero e alle caratteristiche del capitale umano, per cui ci si dovrebbe attendere la diffusione di iniziative in tal senso

  4. Gli spazi di sviluppo delle isc in sintesi Opportunità • Sostegno al processo di infrastrutturazione territoriale; is “transcomunitarie”; creano comunità su piattaforme socio economiche e territoriali inedite (le attraversano e le trasformano) Punti di forza • La comunità rappresenta un riferimento identitario esplicito, ed è coinvolta - anche se in parte - nella produzione e nel governo dell’impresa; rimane aperta la questione degli utenti Punti di debolezza • Prevale un approccio di tipo retorico / normativo; bassa consapevolezza della comunità come “asset” d’impresa, limitando così i processi di internalizzazione della e di inter-connessione nella comunità Rischi • Diffusione di forme auto ed etero regolative più orientate a promuovere le attività delle is nel welfare istituzionale piuttosto che nei contesti comunitari “micro”

  5. Indicazioni dai “cantieri” territoriali Linee guida (flessibili) per la selezione, la gestione e la valutazione delle sperimentazioni • Enfasi sulla lettura dei bisogni, ma anche sull’aggregazione di risorse in forma di coalizioni comunitarie; valorizzazione di apporti non considerati tali o residuali (“effetto leva” del progetto sulle risorse comunitarie: le genera e le utilizza) • Lavoro sulle connessioni in senso “orizzontale” / micro (empowerment dello stakeholder comunitario), ma anche “verticale” (su livelli meso e macro, anche secondo processi top down) • Diffusione di forme innovative per la regolazione dei rapporti tra i partner coinvolti nell’impresa: isc non solo come forma di gestione ma come nuova forma istituzionale che arricchisce il panorama locale • Lavoro di comunità orientato alla creazione (o ristrutturazione) d’impresa: mission, piano di sviluppo e business-plan

  6. Le politiche Endogene • Legittimazione sostanziale delle is ad agire come attori comunitari (producendo e investendo capitale sociale; non solo riconoscimenti normativi; necessità di rendicontare) • Governance interna (ruolo degli utenti e delle loro reti) e partnership territoriali (non solo con eepp ma anche con le diverse espressioni del terzo settore) • Management di rete (gestire un’is significa anche saper lavorare con la comunità) Esogene • Valorizzare il lavoro di rete (come fattore strutturale di efficacia ed efficienza del sistema di welfare) • Promuovere la differenziazione e l’ibridazione delle risorse (“non di solo mercato”, ma anche beni comuni, donazioni, lavoro gratuito, ecc.) • Partecipazione al governo del territorio (non solo su politiche settoriali)

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