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GRUPPO 2: METODOLOGIE DIDATTICHE

GRUPPO 2: METODOLOGIE DIDATTICHE. PAROLE CHIAVE. 1 SEMPLIFICARE. LA PRIORITÀ FONDAMENTALE. Bruno Munari. ” Tutti sono in grado di complicare, pochi sono in grado di semplificare. Per semplificare bisogna saper togliere e per togliere bisogna sapere cosa c’è da togliere”.

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GRUPPO 2: METODOLOGIE DIDATTICHE

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Presentation Transcript


  1. GRUPPO 2: METODOLOGIE DIDATTICHE

  2. PAROLE CHIAVE 1 SEMPLIFICARE

  3. LA PRIORITÀ FONDAMENTALE Bruno Munari ” Tutti sono in grado di complicare, pochi sono in grado di semplificare. Per semplificare bisogna saper togliere e per togliere bisogna sapere cosa c’è da togliere”. E’ molto più difficile semplificare che complicare. E’ molto più difficile togliere che aggiungere. E’ molto più difficile procedere per intersezionie per incastro che per sommatoria. Per sapere cosa togliere e perché bisogna disporre di un PROGETTO ben definito e dagli obiettivi chiari.

  4. Henri Matisse Uno splendido esempio di questa capacità di togliere, che non è comunque d’ostacolo al riconoscimento (tutt’altro) è la face de famme del 1935 di Matisse. Pochi tratti essenziali sono sufficienti per far scattare la nostra capacità di classificare correttamente questa figura e di interpretarla come faremmo con una fotografia ben più ricca di dettagli. La percezione è selettiva Anche l’apprendimento lo è.

  5. PAROLE CHIAVE                2 OPERATIVIZZARE:       UNA NUOVA ALLEANZA TRA SAPERE E SAPER FARE

  6. PBL : Il Problem Based learning • Dimensione operativa della conoscenza • Spostare l’attenzione da nozioni  a PROBLEMI, PROGETTI, e ai concetti e alle informazioni necessari per inquadrarli, elaborarli e risolverli • Oggi il conoscere assume sempre più lo stato di progetto e di azione, per cui ci si trova di fronte a una inscindibilità inedita fra: • PROGETTO, AZIONE e CONOSCENZA • e viceversa.

  7. Processo nella soluzione dei problemi P1 Problema Livello di interesse Problema più avanzato P2 TT Tentativo teorico di soluzione Attivitàdidattiche tradizionali EE Procedura di individuazione ed eliminazione dell’errore

  8. DIDATTICA BASATA SU UN “CLIMA DI LABORATORIO” • Le due debolezze da convertire in un’unica fortezza sono i problemi e gli strumenti necessari per affrontarli. • Il cuore di una didattica basata su un clima di laboratorio sono: • i problemi e i progetti • destrutturati • non a soluzione unica • autentici Arco non è altro che una fortezza causata da due debolezze, imperò che l’arco negli edifizi è composto di due parti di circulo, i quali quarti circoli ciascuno debolissimo per se desidera cadere, e opponendosi alla ruina dell’altro le duedebolezze si convertono in unica fortezza. (LEONARDO DA VINCI)

  9. PAROLE CHIAVE               3 LABORATORIO E CLIMA DI LABORATORIO

  10. “CLIMA DI LABORATORIO” E CURRICOLO VERTICALE Un altro aspetto qualificante di questo spazio didattico innovativo dovrebbe essere la progettazione e la sperimentazione di un curricolo verticale che, a partire dal nucleo delle competenze di base e trasversali, sviluppi, secondo un percorso opportunamente studiato, l’innesto e l’acquisizione delle competenze di indirizzo e specialistiche.

  11. LINGUAGGI DEL CORPO E LINGUAGGI DELLA MENTE • Esigenza di una NUOVA ALLEANZA tra: • LINGUAGGI DEL CORPO, orientati verso l’esperienza, l’attività di laboratorio, la sperimentazione, la pratica, l’applicazione; • LINGUAGGI DELLA MENTE, orientati verso la padronanza degli STRUMENTI PER PENSARE. Solo da questa ALLEANZA può scaturire un corretto approccio verso l’insegnamento delle scienze, il cui apprendimento implica che lo studente sia attivo non solo con le MANI, ma anche con la TESTA, e che abbia una TESTA BEN FATTA, e che abbia per questo la capacità di diventare l’AUTORE DELLO SVILUPPO dELL’ESPERIENZA SCIENTIFICA.

  12. CENTRALITÀ DELL’AMBIENTE DIDATTICO PRESUPPOSTO INDISPENSABILE DELL’APPRENDIMENTO: L’AMBIENTE DIDATTICO Sono necessari percorsi investigativi variegati e multipli per poter affermare o confutare e contraddire le proprie idee, così come sono indispensabili i lavori di gruppo e le presentazioni degli argomenti da parte degli insegnanti e l’esplicitazione chiara della domande e dei problemi ai quali si sta cercando di fornire una risposta.

  13. L’Apprendimento “significativo” • In una didattica basata sulle attività di laboratorio e su un “clima di laboratorio” l’apprendimento deve essere: • attivo • collaborativo • conversazionale • riflessivo • contestualizzato • intenzionale • costruttivo

  14. Fonte: André Giordan. Le scienze a scuola

  15. PAROLE CHIAVE              4 STRUMENTI PER PENSARE

  16. Competenze e capacità necessarie per inquadrare un problema e risolverlo Le possiamo così schematizzare: Analisi Astrazione Analogia Deduzione Induzione Abduzione

  17. Rappresentazione Artificiale e Semplificata Definizione di Modello Il modello è una rappresentazione artificiale e semplificata del dominio che rappresenta

  18. Pensare per modelli Sistema reale caratterizzato da elevata complessità Modello: Versione artificiale e semplificata Analisi qualitativa Risoluzione al calcolatore Algoritmi Modellistica

  19.    SIMULAZIONE: ESEMPIO Programma che permette di simulare una popolazione di piante, allo scopo di mostrare come le simulazioni possano essere utili strumenti per la riproduzione e comprensione dei sistemi complessi e possano essere usate come laboratori didattici virtuali. La simulazione è uno strumento sperimentale molto potente. Essa non è altro che la trasposizione in termini logico-matematico -procedurali di un "modello concettuale" della realtà

  20. Montaigne “Plutôt une tête bien faite qu’une tête bien pleine” (Montaigne) Formare delle persone capaci d’organizzare le loro conoscenze piuttosto che d’immagazzinare un’accumulazione di saperi, anche perché rincorrere questa accumulazione sta diventando un compito semplicemente impossibile.

  21. PAROLE CHIAVE                   5 ORGANIZZARSI E ORGANIZZARE

  22. LA FINALITA’ CHIAVE La finalità chiave di una “testa ben fatta” è far emergere e consolidare la capacità di LEGARE E CONNETTERE LE CONOSCENZE: L’ARTE DI ORGANIZZARE IL PROPRIO PENSIERO, DI COLLEGARE E DISTINGUERE AL TEMPO STESSO. Si tratta di favorire l’attitudine a interrogare, di legare il sapere al dubbio, di sviluppare la capacità d’integrare il sapere particolare non soltanto in un contesto globale, ma anche nella propria vita, di stimolare l’attitudine a porsi i problemi fondamentali della propria condizione e del proprio tempo.

  23. ORGANIZZAZIONE CHE CONNETTE Nelle due figure qui a lato siamo in presenza di una mancanza (nello spazio fisico) che tuttavia “regge” e organizza la percezione visiva. La percezione del triangolo bianco o della configurazione irregolare è dovuta all’organizzazione complessiva delle figure medesime e alle loro strutture, cioè all’insieme delle relazioni tra gli elementi che compaiono in esse.

  24. L’AUTOSUFFICIENZA CHE SOFFOCA LA PERCEZIONE E’ sufficiente modificare un poco le strutture precedenti perché l’effetto scompaia, come dimostra questa figura, nella quale ciascun elemento, anziché esigere una relazione con gli altri, diventa autosufficiente. Non essendoci più tendenza al completamento, non si ha più percezione dell’organizzazione.

  25. ORGANIZING CONCEPTS Importanza del ricorso a quelli che CORA DIAMOND (1996) chiama: CONCETTI ORGANIZZATORI. Questi concetti hanno il potere di generare e dispiegare articolazioni discorsive e di tenere insieme visibile e invisibile, in quanto non necessariamente appaiono nel discorso.

  26. ORGANIZING CONCEPTS Simon Weil: “Non sarei nata se ai miei genitori non fosse accaduto di incontrarsi”. Qui il termine “caso” non appare nemmeno, ma è chiaramente il concetto organizzatore di un discorso etico, ramificato nello spazio discorsivo che esso stesso genera.

  27. GLI OBIETTIVI DELLA COLLABORAZIONE FORMALE, INFORMALE, NON FORMALE • Formare persone capaci di ORGANIZZARE le loro conoscenze,     piuttosto che immagazzinare un accumulo di saperi; • Insegnare la CONDIZIONE UMANA (“Il nostro autentico studio è      quello della condizione umana”   (Rousseau Emile); • APPRENDERE A VIVERE (“Vivere è il mestiere che gli voglio     insegnare” (Rousseau Emile); • Rifare una SCUOLA DI CITTADINANZA.

  28. INNOVAZIONE DIDATTICA E ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO SCOLASTICO Le innovazioni didattiche proposte richiedono, per acquisire l’auspicabile livello di operatività e di efficacia, una NUOVA ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO SCOLASTICO che non solo incentivi ed estenda l’uso del LABORATORIO, ma trasformi le stesse aule in laboratori e, soprattutto, SUPERI LE RIGIDITÀ CHE ATTUALMENTE CARATTERIZZANO LA GESTIONE DEI TEMPI E DEGLI SPAZI NEGLI ISTITUTI.

  29. Scienza e Governance, Rapporto elaborato da un Gruppo internazionale di esperti, nominati dal Direttorato Generale per la ricerca della Commissione Europea (2007): “L’innovazione non riguarda solo l’innovazione tecnologica. Infatti, la maggior parte delle cosiddette innovazioni tecnologiche consiste in realtà di innovazioni tecno-sociali, dal momento che le competenze organizzative, le connessioni tra settori diversi subiscono un analogo e generale rinnovamento. Tutto ciò è largamente riconosciuto ma non è sempre preso in considerazione quando le finalità di policy dell’innovazione sono ridotte a obiettivi politicamente gestibili”.

  30. Grazie dell’attenzione Silvano Tagliagambe silvano.tagliagambe@unisofia.it www.unisofia.it

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