1 / 23

Breve storia della

Breve storia della. Università degli Studi di. MESSINA. a cura del Dipartimento di Storia e Comparazione degli Ordinamenti Giuridici e Politici.

meryle
Download Presentation

Breve storia della

An Image/Link below is provided (as is) to download presentation Download Policy: Content on the Website is provided to you AS IS for your information and personal use and may not be sold / licensed / shared on other websites without getting consent from its author. Content is provided to you AS IS for your information and personal use only. Download presentation by click this link. While downloading, if for some reason you are not able to download a presentation, the publisher may have deleted the file from their server. During download, if you can't get a presentation, the file might be deleted by the publisher.

E N D

Presentation Transcript


  1. Breve storia della Università degli Studi di MESSINA a cura del Dipartimento di Storia e Comparazione degli Ordinamenti Giuridici e Politici

  2. La storia dell’Università di Messina, caratterizzata fin dagli inizi dal complesso rapporto creatosi fra Compagnia di Gesù e classe politica locale, ha inizio, de jure, il 16 novembre del 1548, quando, per impulso dei giurati messinesi e grazie all’appoggio del viceré Juan de Vega,l’in-tervento di Ignacio de Loyola, che si faceva portavoce presso la curia pontificia delle secolari istanze mes-sinesi di avere uno Studium, induceva il pontefice Paolo III Farnese ad emanare … S. Ignacio de Loyola (1491-1556), fondatore della Compagnia di Gesù (De Ribera, 1622)

  3. … la Bolla Copiosus in misericordia Dominus, che istituiva, sulle rive dello Stretto, quella che si può definire la prima Università collegiata gesuitica in Europa . La Bolla datata 16 novembre 1548 del Pontefice Paolo III istitutiva del “Messanense Studium Generale” (MESSINA, Archivio di Stato, perg. 115)

  4. Lo Studium, infatti, veniva ad essere, secondo il disposto della bolla pontificia, governato dalla Societas Iesu e dal suo preposto generale, che ne sceglieva il rettore-cancelliere, i funzionari e i docenti, mentre sulla città gravava l’onere di finanziare l’istituzione. Circa un mese più tardi, lo stesso Paolo III riconosceva, con la bolla Summi sacerdotis ministerio, il Collegio gesuitico operante a Messina già dal marzo del 1548. Proprio la peculiarità della fondazione dello Studio doveva ostacolarne il regolare funzionamento per almeno mezzo secolo. La Giurazia messinese, infatti, mal tollerava di essere sostanzialmente esclusa dalla gestione dell'Ateneo che aveva tenacemente voluto. Se, dunque, si profilava, all’interno delle mura urbane, uno scontro aperto fra Compagnia di Gesù e Giurazia per il controllo dell’Università, altrettanto paralizzante si rivelava il contrasto esterno con il Siciliae Studium Generale istituito a Catania da Alfonso il Magnanimo, funzionante a partire dal 1445, che rivendicava il privilegio esclusivo di conferire titoli dottorali nell’Isola. La città di Messina secondo un’antica miniatura (ms. secolo XV, ROMA, Biblioteca Nazionale, Fondo Vittorio Emanuele, n. 55)

  5. Al contrasto con i gesuiti la città rispondeva rigettando il modello del Colegio-Universidad disegnato nella bolla paolina e proponendo, in un primo momento, una forma di gestione mista dell’Università, sancita negli Statuti del 1550, ove lo Studio risultava diviso in due tronconi, uno laico e cittadino (diritto e medicina) gestito dalla Giurazia, l’altro gesuitico (teologia) retto dalla Societas Iesu e, successivamente, nel 1565, ribadendo l’adesione al modello universitario “bolognese” ed escludendo di fatto la Compagnia di Gesù dal controllo sullo Studium. Portale del “Primum ac Prototipum Collegium” (MESSINA, Università, cortile interno)

  6. Nonostante proprio nel 1565 si avesse una più consistente articolazione dei corsi accademici (precedentemente saltuari e limitati alle sole cattedre fondamentali di diritto e di medicina), con la chiamata di docenti di prestigio come Giovanni Bolognetti per il diritto e Giovan Filippo Ingrassia per la medicina, nonché la presenza di un buon numero di studenti provenienti anche dalla vicina Calabria, purtuttavia lo Studium non poteva conferire lauree, e ciò in attesa che si risolvesse la lite con il Siculorum Gymnasium di Catania, che si trascinava davanti al tribunale romano della Sacra Rota. Veduta del canale o sia Faro di Messina (T. Salmon, 1737-1766 – collezione privata)

  7. La situazione si sbloccava solo quando, nel 1591, Messina, a fronte di un consistente donativo di circa 200.000 onze, otteneva da Filippo II la rifondazione dell’Università con l’esplicita facoltà di conferire titoli dottorali. A quel punto il processo dinnanzi alla Sacra Rota volgeva verso le battute finali. La Giurazia messinese incaricava il doctor iuris napoletano Giacomo Gallo di difendere le ragioni dello Studium Messanae contro la pretesa “privativa di Studio Generale” vantata dall’Università etnea. Il giureconsulto riusciva, con un articolato parere, a convincere i giudici del tribunale romano della fondatezza delle pretese messinesi ottenendo, fra il 1593 ed il 1595, tre sentenze conformi e il riconoscimento, per lo Studio peloritano, della facoltà di conferire titoli dottorali. Con l’esecutoria viceregia della sentenza definitiva della Rota romana, nell’aprile del 1596, si chiudeva l’annosa questione. Ora lo Studium Messanae era pronto a funzionare regolarmente. Testimonianza della “nuova fondacione delli Studii” erano i nuovi Statuti redatti nel 1597 per impulso della locale classe politica e commissionati ad un gruppo di dottori di diritto. Filippo II di Spagna (1527 a Valladolid  - 1598 Madrid), primogenito di Carlo V e di Isabella del Portogallo, rifondatore dello Studio messinese

  8. A partire dal 1597 e fino al 1679, anno della sua chiusura, l’Università di Messina riusciva a proporsi, all’interno dello spazio urbano, come tappa centrale del percorso formativo delle élites culturali e politiche cittadine e, all’esterno, come istituzione concorrenziale rispetto al Siculorum Gymnasium di Catania. Peraltro, la felice posizione sulle rive dello Stretto… Il nuovo testo disegnava uno Studium Urbis gestito dalle élites cittadine nei momenti fondamentali come la scelta dei docenti (rigorosamen-te “forestieri”, almeno per le cattedre più impostanti), del retto-re (che, in omaggio al modello universitario italiano era uno studente), dei rifor-matori (scelti all’in-terno dei componenti della “mastra” sena-toria), del mastro notaro etc. Veduta del Porto di Messina (Braun and Hogenberg, 1572, Civitates Orbis Terrarum, map I-49)

  9. …doveva favorire loStudium peloritano rispetto all’Università etnea, rendendolo naturale punto di convergenza da parte di giovani provenienti dalla Calabria e da Malta, secondo l’intuizione che era stata di Ignacio de Loyola e che aveva ad erigere un Colegio-Universidad a Messina, destinato adaccogliere “non solum siculi sed etiam ducatus Calabriae et Regni Graeciae ac aliorum maritimorum incolae”. Gli ottant’anni di reale esistenza dell’Università messinese (la prima laurea veniva conferita il 2 dicembre 1599 a Giovan Battista Castelli, in seguito lettore dello Studio e giudice) appaiono caratterizzati dal rinsaldarsi del legame fra la città e lo Studium, in particolare la facoltà di diritto. Infatti, il progetto di ascesa politica, culturale ed economica tentato da Messina tra la fine del Cinquecento e i primi decenni del Seicento doveva trovare sostegno proprio fra i doctores iuris formatisi nell’Università cittadina, poi giudici del locale tribunale della Curia Stratigoziale o iudices presso i tribunali centrali del Regno. Diploma di laurea “in utroque iure” di Andrea Micalizzi (1672 – MESSINA, Biblioteca del Museo Regionale, ms. 52.4)

  10. Tanto ai dottori di diritto “stranieri” che reggevano le cattedre più importanti dello Studio e componenti del collegium iuristarum (come il senese Ippolito Piccolomini, il napoletano Giacomo Gallo, il perugino Innocenzo Massini, il padovano Galeotto Ferro, i calabresi Leonardo Amarelli e Ottavio Glorizio), quanto ai giuristi messinesi (come Mario Giurba), impegnati nel giudicato a livello centrale e periferico, la Giurazia (o Senato) poteva commis-sionare articolate allegazioni che difendessero i privilegi cittadini. Il giurista messinese Mario Giurba (†1648) (particolare della lapide, MESSINA, Università, androne del plesso centrale)

  11. Lo Studium Messanae, controllato sempre più strettamente dal Senato che nel 1641 avrebbe avocato a sé la carica di cancelliere dell’Università sottraendola all’arcivescovo, si presentava, nel corso del Seicento, come un’istituzione peculiare. Laddove, infatti, la facoltà di diritto rappresentava il momento della “conservazione” e della difesa delle prerogative cittadine contro i pretesi attacchi del potere centrale, la facoltà di medicina appariva, in un panorama siciliano dominato dalla tradizione, un “luogo di ricerca attiva” grazie alla presenza di maestri come i bolognesi Giovan Battista Cortesi e Marcello Malpighi, il napoletano Giovanni Alfonso Borelli, il romano Pietro Castelli. L’antica sede dello Studium messanensis nella Piazza del Grande Ospedale(J. HOUEL, Vue de Messine – Place du Grand Hopital – D. Anciennes Etudes in ID., Voyage pittoresque des isles de Sicile, de Malte et de Lipari, Paris 1782, tav. LXXXII)

  12. Il “legame organico” fra la città e il suo Studio doveva segnare, inevitabilmente, la storia dell’istituzione universitaria destinata a seguire le sorti della classe dirigente della quale aveva sostenuto la politica autonomistica. Il “legame organico” fra la città e il suo Studio doveva segnare, inevitabilmente, la storia dell’istituzione universitaria destinata a seguire le sorti della classe dirigente della quale aveva sostenuto la politica autonomistica. La rivolta contro la Spagna (1674-1678) segnava, infatti, la fine delle velleità messinesi e la città dello Stretto veniva privata, oltre che della sua stessa memoria storica, subendo la confisca dell’Archivio cittadino ove erano custoditi, fra l’altro, i privilegi sui quali si fondava la sua autonomia, anche dello Studio…

  13. …ovvero del “luogo” di progettazione delle strategie di difesa dell’autonomia cittadina e di formazione di intellettuali organici alle posizioni espresse dall’oligarchia politica. La “Allegoria della restituzione di Messina alla Spagna” di L. Giordano(1678) ( MADRID, Museo del Prado)

  14. Ad una riapertura dell’Università di Messina, in seguito a vari, reiterati, tentativi, si giungeva sol-tanto nel 1838, quando, con decreto del 29 luglio, n. 4745, Ferdinando II di Borbone elevava la locale Accademia Carolina, fon-data nel secolo XVIII, al rango di Università. Tuttavia non si può negare che il nuovo Ateneo, lungi dal rispec-chiare i fasti del passato, fosse di tono decisamente minore, così come minore era la dimensione politica della città dello Stretto.

  15. In base ai “Regolamenti per le tre università della Sicilia” (1841), l’Ateneo messinese veniva ad essere articolato in cinque facoltà (giurisprudenza, teologia, medicina, filosofia e scienze matema-tiche, letteratura) con un totale di 28 cattedre, più 3 di belle arti. L’isti-tuzione era amministrata da una Depu-tazione composta da un presidente, dal rettore e dal segretario cancelliere e da quattro membri “temporanei”. Il rettore era scelto dalla Deputazione fra i professori titolari, proposto al governo e nominato dal sovrano. Le cattedre erano assegnate per concorso. Una recente indagine sul Fondo palermitano della “Commissione di pubblica istruzione ed educazione” ha fatto rilevare le difficoltà nelle quali il rifondato Ateneo si trovava ad ope-rare, soprattutto a causa della man-canza di fondi. Tuttavia, ciò non impe-diva il riproporsi, come nel passato, del legame Università-classe politica cit-tadina. Frontespizio dei “Regolamenti per le tre regie Università degli studj di Sicilia” (Palermo 1841)

  16. L’istituzione, infatti, non mancava di partecipare, accanto alla cittadinanza, ad un nuovo appuntamento rivoluzionario, quello del 1847-48, che vedeva coinvolti, solo per fare qualche esempio, Carmelo La Farina, docente di geometria con i figli Silvestro e Giuseppe, gli studenti Francesco Todaro, più tardi senatore del Regno, e Giuseppe Natoli, futuro ministro dell’Istruzione. Una partecipazione che, ancora una volta, doveva segnarne l’esistenza. L’Ateneo, infatti, a dieci anni dalla sua riapertura, veniva nuovamente soppresso. Riaperto due anni più tardi vedeva però sensibilmente ridotto il suo bacino d’utenza a causa di norme limitative che, allo scopo di attuare un più stretto controllo sugli Atenei, imponevano all’Università di non immatricolare studenti provenienti da altre province siciliane e dalla Calabria.

  17. Dopo la parentesi rivoluzionaria, caratterizzata dalle dure sanzioni regie, qualcosa sembrava cambiare alle soglie dell’Unità. Affiorava ben presto, all’interno della classe dirigente che doveva gestire la nascita del Regno d’Italia, la volontà di arrivare ad un riordinamento del sistema universitario e ad una sua razionalizzazione destinata a passare attraverso la chiusura di alcuni Atenei considerati minori. Già la legge Casati del 13 novembre 1859 (estesa alla Sicilia con l. 17/10/1860, n. 263, c.d. Mordini-Ugdulena) stabiliva una differenziazione fra le Università dell’Isola. Più tardi, nel 1862, la l. 31/7, n. 719 (c.d. Matteucci), suddividendo gli Atenei italiani in due categorie, relegava l’Università di Messina al rango di Ateneo di secondo grado. Una situazione che la città non era disposta ad accettare passivamente. Provincia, Comune e Camera di Commercio, consorziandosi, si assumevano, nel 1885, l’impegno di versare allo Stato le 110.000 lire annue necessarie per “pareggiare” gli stipendi dei professori dell’Ateneo con quelli percepiti dai docenti delle Università considerate di primo grado e per istituire le cattedre mancanti.

  18. Grazie a tale intervento, con la legge Coppino del 13 dicembre 1885, n. 3572, l’Università di Messina ve-niva elevata al rango di Ateneo pareggiato di primo grado. Gli ultimi anni del secolo vedevano il molti-plicarsi di iniziative che dovevano fare sperare in un possibile e dignitoso decollo dell’istituzione: si impiantava un nuovo orto botanico, si potenziavano i gabinetti scientifici, si fondavano i musei di mineralogia, di geologia, di zoologia e ana-tomia comparata. L’Orto Botanico, impiantato tra il 1638 e il 1640 da Pietro Castelli e a lui intitolato Una volontà di rinnovamento (sottolineata dalla presenza di docenti quali Giovanni Pascoli… Giovanni Pascoli (1855-1912) ricoprì a Messina la cattedra di Letteratura latina dal 1887 al 1903.

  19. …Giovanni Cesca, Gaetano Salvemini… …Giovanni Cesareo Consolo, Giovanni Weiss, Vittorio Emanuele Orlando… Gaetano Salvemini (1873-1957) nel 1902 ottenne la cattedra di Storia moderna all’Università di Messina, per poi passare nel 1910 a Pisa e in seguito a Firenze. …solo per fare qualche esempio) che doveva subire una pesante battuta d’arresto… Vittorio Emanuele Orlando (1860-1952) , dopo aver vinto i concorsi a cattedra nelle Università di Pavia, Catania e Messina, nel 1886 optò per quest’ultima sede, dove insegnò Diritto costituzionale fino al 1888.

  20. …nel dicembre del 1908, in seguito al catastrofico terremoto che distruggeva la città.

  21. 28 dicembre 1908: rovine del cortile dell’Università

  22. La difficile ricostruzione doveva investire anche l’Ateneo, al centro di una polemica dai toni spesso accesi, fra quanti ne chiedevano la definitiva chiusura e quanti lo consideravano momento centrale del processo di rinascita di Messina. Ancora una volta, la battaglia cittadina per l’Università si sarebbe rivelata vincente. Veduta dei nuovi edifici del plesso centrale dell’Università di Messina, ricostruiti e trionfalmente inaugurati nel 1927 (foto D. Crivellaro – Messina)

  23. per saperne di più... …sulla storia dell’Università degli Studi di Messina, oltre alla collana Monumenta Historica Messanensis Studiorum Universitatis, curata da A. Romano, si rimanda agli studi, pubblicati nell’ultimo decennio, di A. Romano, “Primum ac Prototypum Collegium Societatis Iesu” e “Messanense Studium Generale”. L’insegnamento universitario a Messina nel Cinquecento, in La pedagogia della Compagnia di Gesù, a cura di F. Guerello, P. Schiavone, E.S.U.R., Messina 1992, pp. 27-70; Id., Studi e cultura nella Messina del primo Novecento. L’Università fra crisi e terremoto, in Studi e diritto nell’area mediterranea, a cura di A. Romano, Rubbettino, Soveria Mannelli, 1993, pp. 7-26; I Capitoli dello Studio della Nobile città di Messina, a cura e con Introduzione di D. Novarese, Prefazione di A. Romano, Sicania, Messina, 1993; C. E. Tavilla, La controversia del 1630 sullo “Studium”: politica e amministrazione della giustizia a Messina tra Cinque e Seicento, in Archivio Storico Messinese, 3s., XLIX (1991, ma 1994), pp. 5-74; R. Moscheo, Istruzione superiore e autonomie locali nella Sicilia moderna. Apertura e sviluppi dello “Studium Urbis Messanae” (1590-1691), nel medesimo volume, pp. 75-273; D. Novarese, Aspetti dell’insegnamento universitario a Messina nel secolo XVII. Spigolature d’Archivio, in Atti dell’Accademia Peloritana dei Pericolanti, LVIII (1991), pp. 153-186; Ead., Da Università collegiata della Societas Iesu a Studium cittadino. Note sui Capitoli dello Studio della nobile città di Messina, in Dall’Università degli studenti all’Università degli studi, a cura di A. Romano, Accademia Peloritana dei Pericolanti, Messina, 1991, pp. 125-146; Ead., Da Accademia ad Università. La rifondazione ottocentesca dell’Ateneo messinese, in Le Università minori in Italia nel XIX secolo, a cura di M. Da Passano, Centro interdisciplinare per la storia dell’Università di Sassari, Sassari 1993, pp. 58-79; Ead., Istituzioni politiche e studi di diritto fra Cinque e Seicento. Il “Messanese Studium Generale” fra politica gesuitica e istanze egemoniche cittadine, Giuffré, Milano, 1994; Ead., Studenti e laureati nel Seicento a Messina. I “Libri Matricularum” del “Messanense Studium Generale” del decennio 1634-1643, Giuffré, Milano, 1996; A. Romano, Il “Messanense Collegium Prototypum Societatis Iesu”, in Gesuiti e università in Europa (secoli XVI-XVIII), a cura di G. P. Brizzi, R. Greci, Bologna 2002, pp. 79-94; il volume II degli Annali di Storia delle Università italiane(1998), interamente dedicato all’Ateneo messinese, con saggi di N. Aricò, F. Basile, D. Novarese, M. A. Cocchiara, C. Dollo, R. Moscheo, G. Tripodi, A. Ioli, G. Lipari; inoltre, con particolare riguardo alla Facoltà giuridica, si veda il recente volume di V. Calabrò, Istituzioni universitarie e insegnamento del diritto in Sicilia (1767-1885), Giuffrè, Milano, 2002. Rinviamo, infine, ai contributi sulla legislazione e gli Statuti postunitari dell’Ateneo peloritano presentati, in occasione del recente convegno “Gli statuti universitari. Tradizione dei testi e valenze politiche” (Messina-Milazzo, 14-17 aprile 2004), da D. Novarese, V. Calabrò, P. De Salvo e E. Pelleriti.

More Related