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Il Racket delle estorsioni. Una ricerca intervento

Il Racket delle estorsioni. Una ricerca intervento. Perché il commercio ?. Il commercio, l’imprenditoria, il mercato edile sono dimensioni socio-economiche che svolgono un ruolo centrale nella vita di un territorio. Esse si collocano esattamente nei punti di snodo in cui si smistano,

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Il Racket delle estorsioni. Una ricerca intervento

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Presentation Transcript


  1. Il Racket delle estorsioni. Una ricerca intervento

  2. Perché il commercio ? Il commercio, l’imprenditoria, il mercato edile sono dimensioni socio-economiche che svolgono un ruolo centrale nella vita di un territorio. Esse si collocano esattamente nei punti di snodo in cui si smistano, non solo i flussi economici, ma anche processi internazionali, antropologici e relazionali, divenendo gangli vitali dei micro-contesti territoriali.

  3. Nel gergo comune, il singolo cittadino che avvia un esercizio commerciale “ha un’attività”, cioè “possiede” un luogo, crea un locale, colonizza un fazzoletto di terra del suolo urbano per istallarvi la propria base di sostentamento economico. L’impossibilità a sentirsi parte di un territorio, di percepirsi protagonisti e dunque registi degli scenari economici e civili, impedisce di muoversi flessibilmente e creativamente in quel luogo, sbarrando la categoria psichica del progetto.

  4. Il racket delle estorsioni è una piaga dilagante che si stima coinvolga l’80-90% degli imprenditori siciliani (La Spina, 2008) e un numero considerevole di commercianti e professionisti dei diversi territori. Il fenomeno estorsivo in Sicilia è stato valutato con una stima prudenziale pari a un miliardo di euro annui, corrispondenti ad oltre 1,3 punti percentuali del prodotto lordo regionale del 2006 (Asmundo, Lisciandra, 2008). Tuttavia, la cifra è insufficiente a misurare l’impatto negativo delle cosche sull’economia e sulla società dell’isola: si riferisce, infatti, alla sola quantità di denaro direttamente sottratta alle imprese ma il taglieggiamento è molto più ampio.

  5. Soggetti della ricerca

  6. La ricerca ha visto coinvolti n. 10 soggetti dei sedici che hanno partecipato ai gruppi: n. 5 soggetti sono stati contattati dalla mafia e hanno denunciato, e n. 5 si sono iscritti all’associazione motivati dal desiderio di contribuire al superamento del fenomeno mafioso. Significative sono le differenze emerse tra queste due categorie di soggetti. Tuttavia, in entrambe le categorie di soggetti, su un piano fantasmatico ed emotivo, la mafia ha operato una aggressione violenta e una forte risposta emotiva.

  7. Obiettivo delle interviste Approfondire e comprendere i vissuti, le rappresentazioni, le paure, dei volontari che per una specifica mission associativa sono e/o sono stati in contatto direttamente o indirettamente con il mondo della criminalità organizzata e che nella loro funzione di volontari sostengono persone, commercianti e imprenditori, vittime del racket.

  8. L’evidenza che desta maggiormente attenzione è che molti di loro si sono accostati al mondo lavorativo fiduciosi rispetto alla possibilità di non essere contattati dalla mafia; ma al pensiero che l’organizzazione criminale potesse chiedergli il pizzo, la maggior parte di loro immaginava di opporsi o di adottare particolari filtri per impedire di essere contattato.

  9. Rispetto alla denuncia le motivazioni sono diverse: alcuni denunciano dopo aver utilizzato diverse strategie per limitare i danni, altri decidono di denunciare subito perché interpreti di una forte cultura della legalità o per le forti limitazioni della libertà che la minaccia criminale impone.Un dato molto significativo è relativo al fatto che i soggetti che hanno impiegato più tempo per arrivare alla denuncia sono quelli che maggiormente si sentivano frenati dalle ritorsioni

  10. I gruppi di elaborazione clinico-sociale svolti con i volontari e commercianti iscritti ad Addio Pizzo hanno posto, immediatamente, una serie di problemi rispetto alla definizione del setting ASPETTATIVA DI CURA Emerge comprensibilmente la loro angoscia, il loro bisogno di supporto, di vicinanza empatica per fronteggiare il vissuto di isolamento fisico e psichico dal mondo dei propri affetti

  11. OBIETTIVO Offrire sostegno ai volontari iscritti ad Addio Pizzo attraverso la trasmissione di strumenti psicologici che consentono di comprendere la propria esperienza esistenziale e riformularla in relazione alle caratteristiche del contesto. Partecipanti : 16 N. incontri:4

  12. Aggressione generalizzata Sfiducia Abbandono I primi incontri sono stati contrassegnati da un’atmosfera emotivamente molto densa e carica di sofferenza che si agitava per trovare un canale di espressione.

  13. L’estraniazione dal proprio mondo affettivo e sociale è una delle esperienze più drammatiche vissute da molti membri del gruppo. Esattamente come accade nelle dinamiche psicologiche di matrice depressiva, l’aggressività viene rivolta contro se stessi piuttosto che verso l’aggressore interno/esterno. La morte oltre che interiorizzata può anche essere esorcizzata inscenata con l’ironia, lo scherno, l’indifferenza ostentata

  14. Il gruppo formalmente si divide in denuncianti, che sono stati contattati dalla mafia e hanno denunciato e non denuncianti, che non sono mai stati contattati e dunque non hanno denunciato. L’aspettativa è che tra i due gruppi vi sia enorme differenza in termini di emozioni e rappresentazioni, inizialmente sostenute dalle aggressioni dei primi rivolte ai non contattati (“tu non puoi comprendere tu non puoi neanche parlare… tu che devi dire?”).

  15. dei commercianti denuncianti rassomiglia ad una messa alla prova con l’intento di testare la capacità di resistenza dell’altro che desidera aiutarli, verificando la solidità emotiva della rete a cui si affidano, scegliendo d’iscriversi ad una associazione come Addio Pizzo. L’aggressione dei commercianti denuncianti rassomiglia ad una messa alla prova con l’intento di testare la capacità di resistenza dell’altro che desidera aiutarli, verificando la solidità emotiva della rete a cui si affidano, scegliendo d’iscriversi ad una associazione come Addio Pizzo. La narrazione della propria storia si è andata articolando intorno ad uno spartiacque rappresentato proprio dall’adesione ad Addio Pizzo (“c’è un prima e c’è un dopo e Addio Pizzo sta in mezzo”)

  16. dei commercianti denuncianti rassomiglia ad una messa alla prova con l’intento di testare la capacità di resistenza dell’altro che desidera aiutarli, verificando la solidità emotiva della rete a cui si affidano, scegliendo d’iscriversi ad una associazione come Addio Pizzo. Si scopre che le distinzioni tra denuncianti e non denuncianti non sono così nette e visibili. Si mostra, in verità, una profonda condivisione del sentire rispetto all’esperienza dell’estorsione: l’insonnia, la paranoia, gli incubi, gli agiti di controllo delle serrature, della macchina, del negozio, il trasalimento allo squillare del telefono sono tutti elementi emotivi che vengono compartecipati dal gruppo e che infondono fattori di universalità nei partecipanti (“non sono il solo che faccio questi pensieri”; “pure io non ho dormito per sei mesi, dalla primavera all’estate”).

  17. Fattore di forte condivisione tra i denuncianti ed i non denunciati sono la famiglia e i figli per cui si nutre altissima preoccupazione, umiliazione e senso di colpa. Da tale condivisione scaturisce uno spirito di cameratismo amicale e valoriale di chi, tra sofferenza e caparbietà, resiste; resiste alla riscossione del pizzo, alle minacce, all’isolamento dalle reti sociali che prima li contenevano e fa opposizione ad una maggioranza di silenziosi e rispettosi compaesani tassati da esattori abusivi.

  18. Fare resistenza significa combattere restando fermi, fermi nella propria terra, non trincerati ma difendendo a viso aperto i propri luoghi. È a questo punto che si riconosce apertamente che senza l’associazionismo tutto ciò non sarebbe stato possibile. In questa ondata di verve politico-ideale emerge un altro importante fattore di gruppo: la speranza

  19. Ma questa speranza acclamata alla fine degli incontri, trascinando il tempo per non chiudere mai il gruppo, per continuare a dire di sé, del pizzo, della mafia sembra una forzatura dell’entusiasmo reale che queste persone provano nell’essere stati lì, insieme, a condividere il dolore e la rabbia.

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