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cannalonga (sa)

Lavoro della Scuola Media Statale A. Torre di Vallo della Lucania (SA) per il progetto Insediamenti Monastici e Conventuali per le province di Salerno e Avellino.

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Presentation Transcript


  1. SCUOLA SECONDARIA DI 1°GRADO SETTIMANA DELLA CULTURA 21 APRILE 2010 ANDREA TORRE

  2. Raffaella de vita Carmine de vita Carmen laurito Francesca corvo Denis iannuzzi Della classe II°e presentano CANNALONGAREFERENTE DEL PROGETTO PROFESSORESSA LUCIA SPADA

  3. STORIA La fondazione di Cannalonga, risale al IX, X secolo D.C., ma divenne un paese conosciuto meglio nelle vicinanze, attorno al 1450, quando ebbe inizio la tradizione della Fiera di Santa Lucia, che si ripeteva ogni anno in dicembre. Tale fiera, è giunta fino ai giorni nostri, ma è stata già da tempo spostata al secondo sabato di settembre, con il nome di Fiera della Frecagnola.

  4. Il motivo per cui il nome è cambiato, è il fatto che tradizione immutata della fiera di Cannalonga, era la preparazione del bollito di capra, che secondo alcuni veniva appunto chiamato Frecagnola. Secondo altri, “frecagnola” significa “fregatura” nel dialetto locale, per indicare il rischio di essere imbrogliati durante gli acquisti nel grande mercato degli animali.

  5. Il cuore del paese è rappresentato dalla caratteristica Piazza del Popolo, su cui si affacciano la chiesa di S. Maria Assunta, il Municipio ed il Palazzo Ducale che fu della famiglia dei duchi di Cannalonga Falletti e della famiglia dei Duchi Mogrovejo, discendenti dalla famiglia del più famoso S. Turibio de Mogrovejo, che è tutt'oggi il santo patrono di Cannalonga, accanto alla Madonna del Carmine.

  6. IL TERRITORIO DI CANNALONGA Cannalonga è un centro agricolo, dalle origini antichissime, a 550 metri d’altitudine, accovacciato alle falde del Monte Gelbison più conosciuto come Monte Sacro e attraversato dal torrente Badolato. Posto in posizione strategicamente ottimale, favorito da un buon clima, nella valle tra i torrenti Carmine e Mennoia, il paese fin dalle origini sembrava protetto dai rilievi del Gelbison e del Falascuso e dalle fortezze di Civitella e Novi Velia, al riparo dei venti freddi dell’est.

  7. Crebbe d’importanza grazie ai traffici ed ai commerci legati al locale mercato di bestiame e merci denominato in origine Mercato di Santa Lucia. L’attuale centro abitato sorse sulle rive del Mennoia, fiume le cui sponde erano rivestite da lunghi filari di canne, donde probabilmente il toponimo, che da un ulteriore indizio sull’epoca dell’insediamento, giacchè nell’età tardo-romana che i villaggi prendono nome di piante.

  8. Interessante è il centro storico con vie strette e tortuose, dove si affacciano la chiesa di S. Lucia, la Piazza del Popolo, il Palazzo Ducale appartenente alla famiglia Mongrovejo, Palazzo Torrusio edificato sui resti ben visibili di Casa De Ticchio, l’immancabile osterie e le botteghe.

  9. Una visita a questo paese permette la degustazione di piatti tipici come: “cauzuni”, pizza “chiena”, “vicciddi”, fusilli al sugo di castrato, carne di capra bollita, salami, formaggio “Re quaglio” e “Manteca” oltre ai formaggi locali che si usano in un’ atmosfera speciale all’interno delle baracche di frasche di castagno, tutto accompagnato da vino “tuosto”.

  10. Dai “tuzzi”, i punti più alti delle creste montuose, ove è situata anche la grotta di S. Anselmo, lo sguardo abbraccia orizzonti sconfinati, fino a orridi strapiombi detti “scanni”. Dalla località Crispi si possono ammirare le vallate della “Quarantana”, della “Petenella” e del “Parulo” che accolgono casolari rurali dove è possibile degustare i caratteristici formaggi e caciocavalli e ammirare i faggi.

  11. Da annoverare i boschi Bruca, Mastrostefano, Valle del Faggio e le foreste Uomo Morto, Monte Falascuso, Crispi, Scanno Chiso, Costa di S. Michele, Ponticello e Tempa del Turco. Tra le manifestazioni, oltre alla festa patronale di S. Toribio, vi è il Carnevale che rappresenta il tradizionale appuntamento con la sfilata dei carri allegorici e la Mostra pittorica, la festa del Fiume e la Fiera della Frecagnola.

  12. I PIATTI TIPICI I piatti tipici di Cannalonga sono: “Laane e Ciciari” ossia pappardelle molto larghe con ceci.

  13. Un altro piatto tipico di Cannalonga sono i fusilli al sugo di agnello castrato.

  14. La Pizza Chiena”, ossia “Pizza Piena”, una torta rustica del periodo di Pasqua, a base di uova, riso, formaggio e salame

  15. Il caciocavallo silano DOP è un formaggio semiduro, a pasta filata, prodotto con latte di vacca di diverse razze, tra cui la podolica, una tipica razza autoctona delle aree interne della Campania. La forma, sferica, ovale o troncoconica, varia secondo le diverse aree geografiche di produzione. Il peso è compreso fra 1 e 2.5 kg. La crosta, sottile, liscia, di marcato colore paglierino in superficie, può manifestare la presenza di leggere insenature dovute ai legacci. La pasta si presenta omogenea o con lievissima occhiatura, di colore bianco o giallo paglierino. Il sapore è inizialmente dolce fino a divenire piccante a stagionatura avanzata.

  16. L'olio Extravergine di Oliva "Cilento" D.O.P. è di colore giallo paglierino con buona vivacità ed intensità; spesso limpido, a volte velato. All'esame olfattivo mostra un leggero sentore di fruttato di oliva pulito, talvolta con note di mela e di foglia verde. Il gusto è tenue e delicato di oliva fresca, fondamentalmente dolce con appena percettibili note vivaci di amaro e piccante. E' discretamente fluido, con evidenti sentori di pinolo e retrogusto di nocciola e mandorla. L'acidità è sempre inferiore al valore di 0,70%.

  17. L'olio DOP "Cilento" si ottiene dalla premitura di olive delle varietà Pisciottana, Rotondella, Ogliarola, Frantoio, Salella e Leccino (esclusa, quest'ultima, per i nuovi impianti o reimpianti) per almeno l' 85% possono, inoltre, essere utilizzate altre varietà presenti nell'area in misura non superiore al 15%.L'olio DOP Cilento è il frutto dell'armonizzazione delle più moderne tecnologie con una tradizione millenaria.

  18. A tutela della qualità il Disciplinare di produzione impone norme molto rigorose. Le condizioni ambientali e di coltura degli oliveti devono essere quelle tradizionali della zona di produzione e comunque atte a conferire sia alle olive che all'olio derivato le specifiche caratteristiche di pregio.Particolare cura deve essere posta durante le fasi della raccolta, del trasporto e della conservazione delle olive.

  19. Infatti, per essere ammesse alla produzione di olio DOP le olive devono essere raccolte rigorosamente a mano; è autorizzato l'ausilio di mezzi agevolatori meccanici, come scuotitori e pettini vibranti. Le olive devono essere preservate da eventuali lesioni, dallo schiacciamento e dalla contaminazione con materiali terrosi; le reti sono ammesse esclusivamente per agevolare le operazioni di raccolta, che deve essere effettuata entro il 31 dicembre di ogni anno.

  20. La raccolta delle olive cadute a terra e l'utilizzo dei sacchi per il loro trasporto in azienda o al frantoio sono vietati. Le olive vanno conservate in cassette forate dalla capacità massima di 25kg e molite entro 48 ore dalla raccolta. Per l'estrazione dell'olio sono ammessi soltanto processi meccanici e fisici che preservino il più fedelmente le caratteristiche di qualità del frutto. 

  21. IL CALENDARIO DELLE FESTE DI CANNALONGA Il 16 luglio a Cannalonga si festeggia la Madonna del Carmine.

  22. Il secondo sabato di settembre si festeggia la Fiera della Frecagnola. Dura 5 giorni. Inizia il Mercoledì e finisce la Domenica sera. Il Sabato vi è la fiera ovvero la vendita di bestiame. Il piatto tipico della Fiera è la capra bollita.

  23. Ogni 7 anni si festeggia la Madonna dell’Assunta con una processione nel paese. Arrivati nei pressi del cimitero si ci ferma per guardare i fuochi in onore della Madonna.

  24. SAN TORIBIO DE MONGROVEJO Nacque il 16 novembre del 1538 a Mayorga de Campos in provincia di Leòn (Spagna), figlio del governatore di Mayorga, Luigi Alfonso di Mogrovejo e di Anna Moràn y Robledo. Studiò prima a Valladolid e poi a Salamanca. Conseguita la licenza sia in diritto civile che canonico nel 1573, iniziò ad insegnare, ottenendo prima il posto di consigliere, poi quello di presidente del Tribunale di Granada.

  25. Ottenuta l'ordinazione episcopale e su richiesta di Filippo II di Spagna, che lo teneva in grande considerazione, nell'agosto del 1580 fu inviato in Perù da Papa Gregorio XIII. Giunse nel mese di maggio del 1581 nella sua sede di Ciudad del los Reyes chiamata poi Lima, oggi capitale del Perù.

  26. Aveva 43 anni Iniziò subito un'intensa attività missionaria. Nei suoi 25 anni di episcopato organizzò la Chiesa peruviana in otto diocesi e indisse dieci sinodi diocesani e tre provinciali. Fece pubblicare catechismi e libri di preghiere nelle lingue locali. Nel 1591 a Lima sorgeva, per sua volontà, il primo seminario del continente americano.

  27. Fu uno strenuo difensore degli Indios: ne imparò la lingua per parlare direttamente con loro e si impegnò perchè, nel rispetto della loro dignità, potessero vivere da persone libIncurante delle difficoltà che la vastità del territorio comportava, volle personalmente prendere contatto con il suo gregge effettuando molti viaggi pastorali.

  28. Percorse migliaia di chilometri per cercare i villaggi degli Indios sugli altipiani e lungo le coste, battezzava e cresimava, sempre spinto dal suo zelo missionario. Fu proprio durante l'ultima visita pastorale, avuta inizio nel 1605, che  San Turibio  si ammalò nel nord del Perù. Nonostante le esortazioni degli accompagnatori non volle interrompere il viaggio e morì, tra i suoi Indios , a Saña . Era il 23 marzo del 1606, giovedì Santo.

  29. Negli anni di apostolato in Perù egli mostrò, oltre alle sue già note qualità morali e spirituali, la santità del contemporaneo Carlo Borromeo, il vescovo riformatore di Milano: impegno nel rinnovamento della Chiesa, interesse pastorale per il clero e per il popolo, umiltà e sopportazione, buona organizzazione  e dedizione totale alla missione.

  30. La sua evangelizzazione ha dato come risultato grandi figure di santi fra i quali spicca Santa Rosa da Lima, da lui battezzata e cresimata. Canonizzato nel 1726 da Benedetto XIII, è Patrono del Perù. A motivo della profonda devozione della comunità cannalonghese per San Turibio, Sua Santità Pio XI, con rescritto della S.C.R. del 5/gennaio/1938, lo proclamò Celeste Patrono e Protettore di Cannalonga.

  31. MONACI BASILIANI Il filo della storia cilentana si dipana fino ai giorni nostri cucendo avvenimenti grandi e piccoli. Legando vicende romane (Cesare Ottaviano Augusto ne fece una provincia per allevare gli animali e coltivare alimenti destinati alle mense romane), a fatti medievali importanti (il Principato longobardo a Salerno, l'avvento dei monaci Basiliani e Benedettini, la nascita della Baronia con i Sanseverino, la loro rivolta a Capaccio nel 1242 contro Federico II), fino ai "moti del Cilento" del 1828, con l'insurrezione contro Francesco I di Borbone e i suoi ministri, e alla successiva epopea del brigantinaggio contro l'invasione Sabauda.

  32. Tracce, ricordi, monumenti, culture, sentieri legati a questa ricca storia oggi sono salvaguardati anche grazie al Parco Nazionale del Cilento. E grazie a quegli importanti riconoscimenti internazionali conseguiti di recente.

  33. Il primo è del giugno 1997, che ha visto l'inserimento del Cilento nella prestigiosa rete delle Riserve della biosfera del Mab-Unesco (dove Mab sta per "Man and biosphere"): su tutto il pianeta (in oltre 80 stati) si contano circa 350 di queste particolari aree protette, che servono per tutelare le biodiversità e promuovere lo sviluppo compatibile con la natura e la cultura.

  34. Così il Parco del Cilento oggi, oltre ai suoi preziosi habitat naturali, può a maggior diritto salvaguardare quegli scenari consacrati dalla storia dell'uomo e permeati dalle sue tradizioni: borghi e antichi sentieri, anche se a "macchia di leopardo" in un ambiente più ampio da difendere e da promuovere. Il parco, infatti, se giovane, è visto da molti come speranza e strumento dello sviluppo del Cilento

  35. Secondo riconoscimento nel 1998 con il suo inserimento-insieme ai siti archeologici di Paestum e Velia- nella lista di patrimonio mondiale dell'umanità. Questa consacrazione rinforza il valore di questo "Paesaggio vivente", riconoscendone il ruolo delle civiltà che lo hanno frequentato e popolato nel corso dei millenni.

  36. "Come le specie naturali anche i popoli hanno trovato in questi luoghi i contatti, gli incroci e le fusioni, l'arricchimento del patrimonio genetico" si legge nella candidatura del Parco, "nel Cilento si realizza l'incontro tra mare e montagna, occidente e oriente, culture nordiche e africane".

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