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Socrate

Socrate. A CURA DI LAURA DE PLANO & MARIA ZINGALES. LA VITA DI SOCRATE.

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Presentation Transcript


  1. Socrate A CURA DI LAURA DE PLANO & MARIA ZINGALES

  2. LA VITA DI SOCRATE • Socrate nacque ad Atene nel 469 a.C. da Sofronisco, scultore, e da Fenarete, levatrice. Si avvicinò giovanissimo alla filosofia e conobbe Anassagora ed i Sofisti. Combatté in varie battaglie (Potidea, Delo, Anfilopi) dimostrando particolare coraggio e forza d'animo. Si dedicò quindi completamente alla ricerca filosofica e, in breve tempo, ebbe molti discepoli (fra cui Platone). Nel 399 a.C. Anito, Meleto e Licone accusarono Socrate di corrompere i giovani di Atene e di introdurre la credenza in nuovi dèi. Al processo, dopo una difesa appassionata da parte di Socrate (tramandata da Platone nella Apologia di Socrate), venne condannato a morte. Dopo un mese di detenzione, durante il quale Socrate rifiutò di fuggire per non trasgredire la legge, la sentenza venne eseguita: fu condannato a bere la cicuta.

  3. Socrate non scrisse nulla Conosciamo Socrate solo attraverso ciò che altri hanno scritto di lui, così da avere quattro Socrati “virtuali”: • il Socrate sofista e filosofo naturale delle Nuvole di Aristofane • il Socrate filosofo morale dei dialoghi giovanili di Platone • il Socrate moralista dei Memorabili di Senofonte, la cui attendibilità è viziata dal fatto che l'autore, conservatore e filosoficamente di competenza inferiore, li abbia scritti per scagionare Socrate dall'accusa di empietà • il Socrate di cui riferisce Aristotele, che non l'aveva conosciuto personalmente (e che può essere utile per avere informazioni sull'immagine di Socrate diffusa nel IV secolo).

  4. Perché non scrisse nulla Socrate non scrisse nulla. Il che non fu affatto casuale. Non era, in quell'epoca, nulla di particolarmente strano, anche perché ben pochi sapevano scrivere. Però Socrate non scrisse nulla volutamente. Perché? Perché la filosofia come lui la intendeva non si poteva limitare a qualcosa di scritto, visto che nessuno scritto - secondo Socrate - può stimolare alla ricerca ma può solo comunicare una dottrina. In altri termini, la filosofia era vista da Socrate come un dialogo continuo, un esame incessante di sé e degli altri e non un insieme di teorie preconfezionate. E lo scopo della filosofia è quello di aiutare l'uomo a venire in chiaro a se stesso, portarlo al riconoscimento dei suoi limiti e renderlo giusto, cioè solidale con gli altri. Perciò Socrate prese come suo motto ciò che era scritto sul frontone del tempio di Apollo a Delfi, e cioè gnoti sauton, "conosci te stesso". E "conosci te stesso" vuole appunto dire: riconosci in primo luogo quello che sei, e cioè un uomo, per cui un abisso ti separa dal divino! Fu questa, forse, la più alta forma di ammonimento da parte di un dio greco.

  5. IRONIA In filosofia designa l’aspetto critico-demolitorio dell’interrogare socratico, che consisteva nel “fingersi” ignoranti rispetto all’interlocutore, onde confutare meglio le sue certezze prefabbricate. Come tale, l’ironia non è fine a se stessa, ma rappresenta il metodo usato da Socrate per svelare all’ uomo la sua ignoranza e per gettarlo in quella situazione di dubbio e di inquietudine, dalla quale soltanto può nascere la ricerca (Abbagnano –Fornero, protagonisti e testi della filosofia ,volume A tomo 1, Milano 2000)

  6. MAIEUTICA Designa l’aspetto positivo-costruttivo del metodo di Socrate, il quale,per mezzo di opportune domande al suo interlocutore, aiutava il prossimo a “partorire” le verità che quest’ultimo custodiva, in modo latente, dentro di sé. (Abbagnano- Fornero, dal testo già citato)

  7. Il metodo socratico delle definizioni Così come lo presenta Platone, consiste nel pretendere dall’interlocutore una risposta breve e precisa intorno all’essenza di ciò di cui si sta parlando. Secondo Aristotele tale metodo equivale alla «scoperta» del ragionamento induttivo e del concetto. (Abbagnano-Fornero, dal testo già citato)

  8. RAGIONAMENTO INDUTTIVO Si intende il procedimento mentale che, dall’esame di una serie di casi particolari, risale a un concetto o a un principio universale. (Abbagnano- Fornero, dal testo già citato)

  9. CONCETTO Nell’accezione socratico-platonico-aristotelica del termine, si intende ogni contenuto mentale in grado di fissare in modo universalmente valido le note essenziali di una realtà qualsiasi. (Abbagnano-Fornero, dal testo già citato)

  10. TEMPIO DI APOLLO A DELFI  

  11. VIRTÙ Si intende,in generale, una qualsiasi capacità o eccellenza, a qualsiasi ente appartenga. Riferito all’individuo, indica il modo ottimale di essere uomo. In Socrate, la virtù acquista una connotazione marcatamente etica e tende ad identificarsi con quella pratica abituale del bene tramite cui l’uomo consegue la felicità e la serenità d’animo.(Abbagnano-Fornero, dal testo già citato)

  12. INTELLETUALISMO ETICO Si intende quell’indebita sopravvalutazione dell’intelletto rispetto alla volontà che Socrate avrebbe operato nella sua etica, affermando che chi conosce il bene lo mette in pratica.(Abbagnano-Fornero,dal testo già citato)

  13. LE TRE FASI DEL DIALOGO SOCRATICO. Per conoscere sé stessi, la prima condizione è quella di riconoscere le proprie possibilità ed i propri limiti, cioè liberarsi dalla vana presunzione di sapere tutto (come sostenevano ad es. i Sofisti). Per arrivare a ciò, Socrate si serviva di un particolare metodo che ha i suoi punti salienti nella ironia e nella maieutica.L'ironia (dissimulazione, finzione) è quell'insieme di domande, interrogativi, provocazioni paradossali di cui Socrate si serviva per distruggere la presunzione di sapere del discepolo, per far quindi sorgere il dubbio sulle proprie conoscenze, riconoscendone la fragilità, e per impegnare successivamente il discepolo nella ricerca della verità libero ormai da pregiudizi e illusioni.Dopo aver distrutto il sapere fittizio del discepolo, Socrate non voleva però che egli si appropriasse delle teorie eventuali del maestro. Socrate non voleva dare al discepolo una sua dottrina, bensì lo voleva stimolare nella ricerca della sua personale verità. Questo modo di procedere è la maieutica, l'arte della levatrice, che la madre di Socrate, Fenarete, esercitava: come la levatrice aiuta le donne a partorire i figli, così Socrate aiutava il discepolo a partorire da solo la verità.

  14. TEMPIO DI APOLLO DI DELFI

  15. LA MORALE DI SOCRATE La virtù come ricerca. La tesi -chiave della morale di Socrate è la virtù come ricerca è scienza. Riferito alla persona il concetto di virtù indica la maniera ottimale di essere uomo e quindi il modo migliore di comportarsi nella vita. Socrate sostiene che la virtù non è un dono dato dalla nascita, ma una faticosa conquista. La virtù come scienza Socrate, ritiene che la virtù – globalmente intesa come arte del ben vivere e del ben comportarsi- è sempre una forma di sapere, ossia un prodotto della mente. Secondo Socrate per essere uomini nel modo migliore è indispensabile riflettere, cercare e ragionare: in una parola è indispensabile far filosofia nel senso più vasto del termine, ossia riflettere criticamente sull’esistenza. .

  16. Unicità e insegnabilità della virtù Intesa come sapere razionale, la virtù socratica, analogamente alla virtù politica di cui parlava Protagora, può essere insegnata e comunicata a tutti e deve costituire un patrimonio di ogni uomo. Infatti, secondo Socrate, non basta che ciascuno sappia il proprio mestiere e sia esperto in una delle tecniche particolari, anche se ciò risulta indispensabile, poiché bisogna che ciascuno impari bene anche il mestiere di vivere, ossia la scienza del bene e del male: "II possesso delle altre scienze—sta scritto nell'Alcibiade II platonico—se non si possiede anche la scienza del bene, rischia di essere raramente utile, anzi il più delle volte è un vero e proprio danno... Chi... possegga anche la scienza del bene—la quale, infine, coincide con quella dell'utile —... ebbene, un simile uomo lo chiameremo assennato, capace di consigliare la Città e se stesso" (144 d e sgg.). Da questa concezione della virtù, da cui emerge come esser uomini ed essere filosofi, in senso lato, siano la stessa cosa, Socrate trae talune conclusioni di fòndo. Innanzitutto la virtù è unica, in quanto ciò che gli uomini chiamano le virtù (giustizia, coraggio, prudenza ecc.) sono nient'altro che modi di essere al plurale di quell'unica "virtù" al singolare che è la scienza del bene, prescindendo dalla quale le virtù particolari cesserebbero di esistere, poiché comportarsi da giusti e da coraggiosi, ad esempio, significa sapere quando e come è bene esserlo.

  17. Il primo momento del dialogo socratico viene detto protrettico ed ha lo scopo di minare le certezze dell'interlocutore attraverso un uso mirato dell'ironia, della dissimulazione e dell'ostentazione di un'apparente ingenuità. Il secondo momento è dato dall'imbarazzo - aporìa - a cui perviene l'interlocutore quando scopre le conseguenze dalla tesi che ha scelto di sostenere. Una volta avvenuto ciò, l'intelocutore sarà costretto a sviluppare delle teorie personali: proprio per questo Socrate definirà la sua tecnica dialogica come maieutica, in quanto causa della nascita di nuove idee.Una delle costanti presenti nel dialogo socratico è data dalla domanda: "che cos'è?". Una tale richiesta rende possibile la determinazione di ciò che Aristotele chiamerà l'essenza delle cose, o anche il loro concetto: da un certo numero di singoli uomini, ad esempio, si può arrivare a stabilire intepersonalmente che cos'è l'uomo.Altro punto fondamentale del pensiero socratico sta nell'identificazione tra sapere e virtù, da cui discende la convinzione dell'insegnabilità della virtù. Quest'ultima, infatti, può essere definita come una scienza del bene Una delle peculiarità del pensiero socratico - che in seguito verrà elaborata da Platone - è data dal dialogo, inteso come strumento conoscitivo in grado di costruire una verità intersoggettiva attraverso lo scambio di e del male, ed ha la stessa possibilità di essere insegnata di qualunque altra disciplina: nel momento in cui si conosce la differenza tra bene e male, è impossibile agire non in conformità con la virtù. Tale affermazione sta alla base dell'intellettualismo etico di Socrate, in quanto sottende il primato della conoscenza sulla volontà, eludendo qualsiasi componente emotiva.Dal concetto socratico del bene traspare una concezione interiorizzata dell'uomo, le cui peculiarità risultano orientate verso la sua anima, considerata come la vera realtà umana, nei confronti della quale il corpo svolge una mera funzione strumentale. Il motto "conosci te stesso", quindi, viene da Socrate inteso come un'esortazione a riconoscere nell'anima la vera realtà dell'uomo e nella virtù il suo compimento. PENSIERO

  18. LA CICUTA Cicuta maggiore (Conium maculatum): è la più comune, passata alla storia per essere stata la bevanda mortale di Socrate. È una pianta erbacea, alta fino a due metri, con caratteristiche macchie rosso vinoso sul fusto e dai piccoli fiori bianchi disposti ad ombrella. La pianta può essere confusa con il prezzemolo quando è giovane, ma se ne distingue per uno sgradevole odore di urina di topo. La sostanza tossica è la coniina.

  19. LA MORTE DI SOCRATE L'accusa. L'influenza di Socrate si era già esercitata in Atene su di un'intera generazione, quando tre democratici oltranzisti—Meleto, Anito e Licone—lo denunciarono alla città. L'accusa scritta, su cui si svolse il processo, fu presentata da Meleto: "... questo ha sottoscritto e giurato Meleto di Meleto, Pitteo, contro Socrate di Sofronisco, Alopecense. Socrate è colpevole di non riconoscere come dèi quelli tradizionali della città, ma di introdurre divinità nuove; ed è anche colpevole di corrompere i giovani. Pena: la morte" (Diogene Laerzio, II, 5, 40). Di fronte a questa imputazione, Socrate avrebbe potuto tentare di scagionarsi, oppure di lasciare Atene. Invece non volle. La sua difesa fu un'esaltazione del còmpito educativo che si era addossato nei confronti degli ateniesi. Egli dichiarò che in nessun caso avrebbe tralasciato questo còmpito, al quale era chiamato da un ordine divino. Con una piccola maggioranza, Socrate fu riconosciuto colpevole. Poteva allora andarsene in esilio o proporre una pena che fosse adeguata al verdetto. Invece, pur dicendosi disposto a pagare una multa di tremila dracme, dichiarò orgogliosamente che si sentiva meritevole di essere nutrito a spese pubbliche nel Pritanèo come si faceva coi benemeriti della città. Ne seguì allora, a più forte maggioranza, la condanna a morte che era stata chiesta dagli accusatori. La morte di Socrate di David

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