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L’economia globale Alcuni aspetti reali e finanziari dello scenario di oggi

L’economia globale Alcuni aspetti reali e finanziari dello scenario di oggi. Lucio Albrigo Verona, 9/11/2007 . Grafici e tabelle sono riprese da pubblicazioni di FMI, The economist, CBOE, BCE, FED of NewYork , WSJ e Unicredit. 1- Cosa sta succedendo e cosa si prevede ?.

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L’economia globale Alcuni aspetti reali e finanziari dello scenario di oggi

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  1. L’economia globaleAlcuni aspetti reali e finanziaridello scenario di oggi Lucio Albrigo Verona, 9/11/2007 Grafici e tabelle sono riprese da pubblicazioni di FMI, The economist, CBOE, BCE, FED of NewYork , WSJ e Unicredit

  2. 1- Cosa sta succedendo e cosa si prevede ?

  3. Secondo il FMI le ultime previsioni di crescita (ottobre 2007) dell’economia mondiale per il 2007 e il 2008 permangono ottimistiche e ancora attestate nel “range” alto di oscillazione. Nel decennio 1999-2008 il PIL globale sta crescendo a una media del 4,4% annuo, l’1,2% in più rispetto al decennio precedente. Nel 2007 è previsto salire del 5,2%, lo 0,2% in meno rispetto al “picco” del 5,4% del 2006. Nel 2008 è previsto salire del 4,8%, riportandosi ai livelli del 2005. In entrambi i casi la crescita sarà comunque superiore alla media del periodo. Si sta inoltre allargando il “gap negativo” tra la crescita delle economie avanzate (ADV) e la crescita delle economie emergenti e in via di sviluppo (EDC). Il divario, che era dell’1,1% nel decennio 1989-1998, sta aumentando nel decennio 1999-2008 al 3,9%. Nel 2006 è stato del 5,2%, nel 2007 sarà del 5,6% e nel 2008 ritornerà al 5,2%. Fonti FMI

  4. Nettamente in testa nelle previsioni di crescita del PIL 2007/2008 sono i paesi delle economie EDC e in particolar modo Cina, India, Russia. Seguono Sudafrica e Brasile. Ottime le prospettive per il commercio mondiale Fonte The Economist Fonti FMI

  5. Le previsioni di crescita del PIL globale sono state rettificate all’ingiù nello scorso luglio per effetto della crisi del mercato dei prestiti “subprime” statunitense, che, dopo aver generato insolvenze nel settore immobiliare, ha contagiato poi i mercati finanziari e monetari. Ciò ha provocato problemi internazionali di liquiditàbancaria, con impatto finale sulle prospettive di crescita economica. Le maggiori correzioni non riguardano il 2007 bensì il 2008 e in particolar modo le economie ADV (soprattutto Stati Uniti e Spagna). Fonti FMI

  6. Osservando l’andamento del PIL globale dal 1996 alle proiezioni 2008, è evidente come la crescitaeconomica dei paesi ADV e EDC si stia oggi sempre più consolidando attorno ai livelli medi di crescita registrati da fine 2003. Il ritmo di espansione è nel complesso piuttosto sostenuto e resta taleanche dopo lecorrezioni dello scorso luglio. Le economie ADV stanno crescendo meno del passato, quelle EDC più del passato, favorendo una crescita globale media che rimane ai massimi storici. Si è inoltre ridimensionata la ciclicità. Gli scostamenti tra i livelli di crescita di periodo sono notevolmente diminuiti, allontanando il rischio di crescite negative (recessione). Fonti FMI

  7. Un’altra osservazione riguarda la crescita delle economie ADV che si sta sempre più concentrando su livelli ravvicinati tra di loro. Fino al 2001 le tre economie ADV più importanti registravano PIL annui piuttosto difformi. Dal 2002 è iniziato però un processo di convergenza che sembra destinato a proseguire. Questa particolarità può essere estesa anche agli altri paesi industrializzati (Gran Bretagna, Svezia, Svizzera, Norvegia, Australia, N. Zelanda) la cui crescita, pur rilevando degli scostamenti più ampi, è tuttavia circoscrivibile in un ambito più ristretto rispetto al passato. Fonti FMI

  8. Prodotto Interno Lordo Stati Uniti Area euro Giappone Un’analisi del PIL più limitata nel tempo (ultimi 4 anni e mezzo) e riferita a dati resi noti più frequentemente (ogni trimestre) dimostra che il ciclo economico, per le economie ADV, mantiene ancora una certa vivacità di breve periodo. Resta valida la tendenza alla convergenza in un ambito pluriennale ma con scostamenti anche significativi in ambiti trimestrali. Fonti FED of NewYork

  9. Anche nelle diverse aree delle economie EDC si è assistito negli ultimi anni a crescite sempre più omogenee e uniformi. Nell’area asiatica, dopo la grande crisi del 1997/98, fanno ora da “locomotiva” Cina e India. Nell’area latino-americana, passati le ripetute fasi di difficoltà, c’è adesso maggiore stabilità, grazie specialmente al Brasile. E altrettanto sta succedendo nell’area est-europea, destinata in gran parte a entrare nell’area dell’euro. Nell’area dell’ex-URSS la Russia, superato il momento critico del 1998/99, fa ora da “traino” ai paesi limitrofi. Fonti FMI

  10. La crescita del PIL globale si sta sviluppando in modo abbastanza equilibrato per quanto riguarda l’impatto sulle domande interne totali. Nelle economie EDC infatti salgono e si consolidano sia i consumi che gli investimenti. Nelle economie ADV si stabilizzano i consumi mentre sono più volatili gli investimenti, come del resto capita in economie “mature”. Ne consegue che la crescita delle economie EDC può essere ritenuta strutturalmente sempre piùsolida equindi sempre meno esposta a rischi di inversione congiunturale. Fonti FMI

  11. Gli indici di fiducia delle imprese e delle famiglie dei paesi ADVsono gli indicatori più significativi di valutazione del “trend” prospettico dell’economia reale. Dal 1999 a oggi le imprese e le famiglie hanno toccato il punto di maggior pessimismo dopo l’attacco alle Torri Gemelle (sett. 2001). Poi sono diventate più ottimiste e ora stanno consolidando questo ottimismo.Tra le imprese spiccano l’ottimismo ai massimi di quelle giapponesi e europee; tra le famiglie spicca l’ottimismo più strutturale di quelle giapponesi e americane. Fonti FMI

  12. L’inflazione globale, secondo le ultime stime del FMI, rappresenta ormai una variabilesotto controllo. Malgrado il forte rialzo del costo delle materie prime avvenuto negli ultimi anni (causa principale dell’alta inflazione degli anni ’70 e ’80) gli effetti sui prezzi finali al consumo sono stati pressoché nulli. Le economie ADV, dalla media del 3,5% annuo del decennio 1989-1998, stanno registrando nel decennio 1999-2008 una media del 2%; le economie EDC, dal 50,3% medio annuo del decennio 1989-1998, stanno stabilizzando la media annua dell’aumento dei prezzi al consumo attorno al 6,2%. Dopo il “picco” che si verificherà quest’anno, le prospettive 2008 sono orientate verso un’inflazione attestata al 5,3% Fonti FMI

  13. Per meglio approfondire le cause dell’inflazione si stanno scorporando dagli indici“headline” (totali o effettivi) le componenti più erratiche, per analizzare indici depurati cosiddetti “core” (ex-food and energy), ritenuti più indicativi per definire i “trend” prospettici. L’inflazionemondiale, nella versione “headline”, sta procedendo poco sotto il 3,5%; se si toglie l’effetto alimentare-energia (versione “core”), sta procedendo in modo più contenuto (poco sopra il 2%) e meno volatile. Fonti FMI

  14. Nelle economie ADV, dopo i balzi consistenti degli anni ’70 e ’80 in conseguenza di due “schock” petroliferi, l’inflazione “headline” si è abbastanza assestata a metà degli anni ’90. Dal 2002 tuttavia ha avuto dei momenti di forte rialzo (dovuti principalmente al petrolio), che però sono stati presto assorbiti riportando il “trend” prossimo all’inflazione “core”. Il fenomeno è stato più attenuato nell’area euro. Nelle economie EDC risalta invece la netta convergenza verso livelli più contenuti anche dell’inflazione “headline” dei 4 paesi-chiave. FontiThe Economist e FMI

  15. Prezzi al Consumo Stati Uniti Area euro Giappone Fonti FED of NewYork

  16. Lo scenario globale fin qui descritto e che risponde alle analisi e previsioni più recenti effettuate dai massimi organismi internazionali evidenzia che 1- la crescita economica sarà ancora sostenuta nei prossimi anni. Le recenti turbolenze sui mercati avranno un impatto limitato sul “trend” positivo di medio periodo. 2- l’inflazione poi continuerà a rimanere sotto controllo. Le recenti tensioni sui pezzi delle materie prime non sembrano destinate a avere impatti negativi sui prezzi finali al consumo.

  17. La conferma viene anche dalle proiezioni del FMI fino al prossimo quadriennio 2009/2012 Fonti FMI

  18. 2 - Ma perché ci sono ancora le turbolenze?

  19. Anzitutto le turbolenze non sono state generate dai “deficit di bilancio” delle economie ADV. Nel 2003/2004 si temeva che il disavanzo pubblico degli Stati Uniti potesse essere una causa di squilibrio. Oggi il problema non sussiste più. Rapporti Deficit di bilancio/PIL Fonti FMI

  20. Né hanno generato turbolenze gli squilibri delle “partite correnti” determinati dal deficit degli Stati Uniti e dal surplus del resto del mondo. A tutt’oggi gli squilibri persistono ma i movimenti di capitale (dai paesi in surplus agli Stati Uniti) tendono a riaggiustare i “gap”, normalizzando la situazione. Rapporti Saldo partite correnti/PIL Fonti FMI

  21. Con le eccedenze finanziarie accumulate e che si accumuleranno con i surplus delle partite correnti fino al 2008, le economie EDC sono peraltro riuscite e riusciranno sempre più nell’intento di ridurre il “debito estero”. Fonti FMI

  22. Le cause delle turbolenze vanno dunque ricercate soprattutto nei risvolti finanziari che hanno accompagnato l’evolversi del quadro macroeconomico. Lo scenario globale ha favorito flussi di investimentifinanziaria rischio (che ormai spaziano senza alcun vincolo), verso il mercato azionario. Dal 2003 le quotazioni di Borsa delle economie ADV hanno infatti registrato fortissimi rialzi (attorno al raddoppio negli Stati Uniti, Area euro e Giappone) con la volatilità scesa ai minimi storici. Le imprese quotate hanno poi registrato profitti ancora più elevati, da portare anche i P/E a valori storicamente bassi. Fonti FMI e CBOE

  23. Le “performance” più rilevanti sul mercatoazionario sono state addirittura realizzate dalle economie EDC che, dal 2001, si sono viste gli indici di Borsa triplicare (Asia), quadruplicare (America Latina) e addirittura quintuplicare (Est-Europa). Pertanto la migliorata situazione delle Borse internazionali, delle imprese e delle economie EDC ha fatto scendere drasticamente il premioper il “rischio” delle emissioni obbligazionarie “corporate high-yield” e “governative emergenti”,i cui rendimenti si sono sempre più avvicinati a quelli delle obbligazioni “governative risk-free”, che sono quelle considerate senza rischio di insolvenza del debitore (rating da Aaa a AA-). Fonti FMI

  24. Se osserviamo il caso specifico statunitense, si nota che dal 2002 al 2006 il divario tra i rendimenti offerti dal Tesoro (senza rischio) e quelli offerte da emittenti “corporate” con diverso grado di rischio (misurato dai differenti rating assegnati) si è sempre più assottigliato. Ciò ha indotto gli investitori istituzionali (banche, società finanziarie, fondi comuni, “hedge fund”, assicurazioni, fondi pensione…) a ricercare nuove forme di “profittabilità obbligazionaria” anchepiù incerta (risk-appetite), da combinare alla “profittabilità azionaria”, ritenuta più certa in quanto coerente con lo scenario globale che, come abbiamo visto, è imperniato su prospettive di crescita economica sostenuta e di inflazione sotto controllo. Si sono così sviluppati gli investimenti in obbligazioni della nuova generazione (cartolarizzazioni o asset-backed-securities-ABS), che anziché andare a coprire fabbisognifinanziari governativi o societari, sono esse stesse coperte da un insieme di prestiti già erogati (o di altre attività già esistenti).Lagamma dei prestiti oggetto di cartolarizzazioni (e forniti di appositi “rating”) si è così estesa da includere perfino i prestitii a altissimo rischio di insolvenza (“subprime”). Rendimenti obbligazionari negli Stati Uniti Linea grigia = T.Bond Linea gialla = Aaa Linea verde = Baa Linea nera = HighYield Fonti FMI

  25. Inoltre gli investitori istituzionali, per accrescere i rendimenti dei propri investimenti o degli investimenti di terzi, hanno cercato di utilizzare in modo più accentuato la cosiddetta “leva finanziaria” che consente di investire sul mercato dei capitali (azioni e obbligazioni) importi superiori a quelli propri posseduti o di terzi ricevuti in gestione. Lo si fa ricorrendo all’indebitamento ousando i derivati con l’obiettivo di realizzare dei “sovra-rendimenti” (excess-return). In sostanza gli investitori istituzionali con la “leva finanziaria” hanno acquistato azioni e obbligazioni ABSin misuraconsiderevole. E’ così notevolmente aumentata l’esposizione al rischio di tasso di interesse a breve termine perché con la cartolarizzazione dei prestiti le insolvenze dei debitori, indebitati a tasso variabile, si manifestano se i tassi salgono. E’ anche notevolmente aumentata l’esposizione al rischio di cambio, perché con la libera circolazione dei capitali, l’indebitamento tende a effettuarsi nella moneta che ha ilpiù basso tasso di interesse a breve termine.

  26. Dal 2002 si sono sviluppate due situazioni che, per certi aspetti, possono essere ritenute anomale. 1- nelle economie ADV la cosiddetta “curva dei rendimenti” (yield curve) si è sempre più appiattita, con i tassi a breve termine molto vicini (se non uguali e a volte superiori) ai tassi a lungo termine. 2- sempre nelle economie ADV, pur registrandosi una netta convergenza di PIL e inflazione, i tassi di interesse a breve termine dei vari paesi hanno evidenziato un’elevata divergenza tra di loro.

  27. Relativamente all’appiattimento della “curva” c’è da dire che la maggiore variabilità dei tassi di interesse si è rilevata sul brevetermine mentre sul lungo termine è prevalsa una maggiore stabilità. Sulle scadenze più ravvicinate i tassi si sono mossi in conseguenza delle manovre monetarie delle banche centrali. Dal 2000 i tassi nominali degli Stati Uniti, per la politica della FED, sono scesi da oltre il 6% all’1% per poi risalire a oltre il 5% e riscendere sopra il 4%. Quelli dell’area euro, per la politica della BCE, sono scesi dal 5% al 2% per poi salire nuovamente al 5%. Difforme è stato il comportamento della BOJ. Fonti FMI e Unicredit

  28. I tassi di interesse a lungo termine, più sottoposti alla domanda-offerta del mercato e meno condizionati dalle manovre delle banche centrali, si sono mossi in un intervallo più ristretto. Dal 2000 negli Stati Uniti sono prima scesi dal 6,5% al 3,25% per poi riportarsi al 5% e infine al 4,5%. Nell’area euro sono prima scesi dal 5,5% al 3% per poi riprendersi attorno al 4/4,5%. In Giappone le oscillazioni sono intervenute nel “range” 0,5/2%. Il differenziale tra tassi a breve e tassi a lungo termine è ritornato per Stati Uniti e area euro ancora prossimo allo zero (curva piatta), com’era già capitato nel 2000, dopo aver toccato i “picchi” del 3,5% per gli Stati Uniti e del 2,25% per l’area euro nel 2003/2004. Sempre positivo è rimasto il differenziale in Giappone. Fonti FMI e Unicredit

  29. Il determinarsi di “curve dei rendimenti” appiattite per effetto di un rialzo dei tassi di interesse a breve termine ha provocato due conseguenze negative per il funzionamento dei mercati finanziari globali. 1- ha spostato una quota del risparmio da investimenti senza rischio posizionati su scadenze lunghe allo stesso tipo di investimenti ma posizionati su scadenze brevi. 2-ha messo in difficoltà i debitori marginali (imprese e famiglie) che non sono stati più in grado di sostenere i rincari del costo del debito (insolvenze “subprime”).

  30. I tassi di interesse a breve termine delle economie ADV applicati dalle singole banche centrali, anziché essere compresi in un ambito piuttosto contenuto (come dovrebbero essere se si guardano i fondamentali economici) sono invece tra di loro abbastanza difformi. Questa circostanza causa forti propensioni a indebitarsi in monete a basso tasso di interesse (YEN e FSV) e a investire in monete a alto tasso di interesse (NZL e AUS), ritenendo sostenibile il relativo rischio di cambio che si assume (carry-trade). Moneta PIL% CPI% STIR% LTIR% USD +1,9 +2,3 4,7 4,3 EUR +2,1 +2,0 4,6 4,1 YEN +1,7 +0,5 0,7 1,6 GBR +2,3 +2,0 6,2 4,9 CAN +2,3 +1,9 3,9 4,2 NOR +3,8 +2,5 5,7 4,8 FSV +1,6 +1,0 2,8 2,8 AUS +3,8 +2,8 6,9 6,1 NZL +2.3 +2,7 7,1 6,3

  31. Da un confronto grafico appare molto evidente la correlazione “inversa” tra l’andamento delle Borse (espresso dall’indice mondiale DJWorld) e l’andamento del cambio dello yen contro euro. Nell’ultimo anno a ogni variazione rialzista o ribassista delle Borse è corrisposto un parallelo deprezzamento o apprezzamento dello yen contro euro. Questo significa che i rialzi azionari sono sempre avvenuti con l’uso dell’indebitamento in yen. Del resto se andiamo a verificare il cambio effettivo dello yen ci accorgiamo che esso risulta tra i più svalutati del mondo, malgrado gli ottimi fondamentali della sua economia nazionale. L’utilizzo della “leva finanziaria” si è così diffuso che è riuscito a coinvolgere perfino il francosvizzero. Fonti WSJ e BCE

  32. Sui mercati valutari si è così amplificata una prorompente attività sui cambi, che ha riguardato tutti i segmenti operativi (spot, forward, future, option). Si sono aperte soprattutto posizioni “corte” in yen e franchi svizzeri (monete low-cost) e “lunghe” in dollari australiani e neozelandesi e sterline inglesi (monete high-yield). Il dollaro statunitense e l’euro, le due uniche vere monete globali, si sono mosse invece secondo altri parametri. Alcuni cambi nominali effettivi (2000=100)2004 2006 2007 AUS 120,7 128,4 135,8 NZL 135,3 134,8 135,6 GBR 96,3 100,3 99,3 FSV 106,9 100,2 97,1 Fonti FMI

  33. Le insolvenze “subprime” hanno determinato dunque la crisi di una parte delle obbligazioni cartolarizzate (ABS) detenute nei portafogli degli investitori istituzionali. L’esigenza di proseguire negli investimenti propri e di soddisfare le domande di rimborso dei terzi ha costretto però gli stessi investitori istituzionali a richiedere liquidità mediante approvvigionamenti sul mercato monetario ovvero rinnovi degliindebitamenti denominati in prevalenza in yen e franchi svizzeri. Ma ciò non è avvenuto automaticamente come capitava di norma. Cosicché hanno dovuto vendere una quota del portafoglio azionario, prendere a prestito liquidità a breve sul mercato interbancario e acquistare sul mercato dei cambi yen e franchi svizzeri per estinguere gli indebitamenti “low-cost”. E in più sono intervenute le banche centrali fornendo al sistema bancario fondi straordinari e, nel caso della FED, abbassando addirittura i tassi di interesse di riferimento. Fonti Unicredit

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