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Barbara Pentimalli Assegnista di ricerca - DiSSE, Università Roma Sapienza pentimab@hotmail.it

Sociologia dei processi socializzativi ed educativi Docente responsabile: Assunta Viteritti Fare ricerca etnografica nella scuola. Barbara Pentimalli Assegnista di ricerca - DiSSE, Università Roma Sapienza pentimab@hotmail.it. Fare ricerca etnografica nella scuola.

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Presentation Transcript


  1. Sociologia dei processi socializzativi ed educativiDocente responsabile: Assunta ViterittiFare ricerca etnografica nella scuola Barbara Pentimalli Assegnista di ricerca - DiSSE, Università Roma Sapienza pentimab@hotmail.it

  2. Fare ricerca etnografica nella scuola • Origini : Antropologia della scuola anglosassone (Woods, Hammersley, Ogbu… Gobbo) • Recarsi sul campo (instituzionale/organizzativo) • Osservazione in situ, partecipante delle pratiche e delle interazioni tra gli attori organizzativi (insegnanti-studenti / studenti-studenti / insegnanti-genitori…) • Raccolta di note di campo e interviste • Scuola come organizzazione • Realtà organizzativa costruita quotidianamente nelle interazioni fra attori • Mondo intersoggettivo condiviso con gli altri • La realtà sociale non esiste indipendentemente dal modo in cui è percepita dagli attori, tante realtà quante sono le prospettive dalle quali può essere percepita, Contesti e istituzioni come “prodotto” di azioni sociali

  3. Un antropologo nella scuola materna • Scuola materna in Italia e negli USA (Corsaro, 1985; 1988) • Protezione dello spazio interattivo, area di gioco, dall’intrusione di nuovi bambini • Migliori abilità conversazionali nei bambini italiani che si permettono maggiori infrazioni perché confidano sulle loro abilità comunicative (dispute verbali, discussioni) per negoziare e regolare le immissioni di nuovi membri e la loro sottomissione al gruppo originario che ha creato il gioco

  4. Shadowing studentesse liceali • M. Sclavi (1994) “Ad una spanna da terra” Indagine su una giornata a scuola negli Stati Uniti e in Italia e sui fondamenti di una metodologia umoristica • Licei in Italia e negli USA • Descrizioni vive e dettagliate (note etnografiche) • Umorismo, stupore, prime impressioni, paragoni tra le due realtà educative osservate • Dalla presenza dell’etnografa e dalle descrizioni emerge: • la “cultura locale e particolare” dei due licei, specificità locali delle pratiche educative e di socializzazione nei 2 licei • Due mondi culturali, due stili di trasmissione e valutazione del sapere (paper/compito in classe), due modalità e routine conversazionali in classe

  5. Studio di un contesto : la classe scolastica • Studio delle interazioni tra insegnanti e studenti • Classe come sistema sociale, “ordine di interazione specifico e autonomo” • Costruzione quotidiana, realizzata giorno dopo giorno, nel concreto lavoro dell’insegnante e nelle interazioni tra gli attori

  6. Competenze di studenti e insegnanti • Attività appropriate che implicano specifiche competenze: • Studenti: saper conoscere la cornice interpretativa valida in quel momento, il comportamento appropriato da adottare • Insegnante: portare a termine il lavoro in classe all’interno delle costrizioni dell’organizzazione scolastica

  7. Strategie di adattamento e di sopravvivenza degli insegnanti(Edwards e Furling, 1978 ; Woods, 1977) • Mantenere l’ordine, comunicare informazioni e dare autonomia agli studenti (classi numerose, basso entusiasmo, scarsità di risorse, programma) • Strategia di “polizia” e di evitamento dello scontro • Relazione gerarchica mostrata in modo pubblico e plateale • Rifiuto di reagire alle sfide degli studenti, rischio di apparire come una persona arrendevole, allargare il disturbo, • Negare il modo di esprimersi dello studente, della sua affermazione identitaria, aggravare il comportamento, misure punitive che confermano la sua identità deviante

  8. Strategie di adattamento e di sopravvivenza degli insegnanti(Edwards e Furling, 1978 ; Woods, 1977) • Intesa negoziata : studenti che mettono alla prova l’insegnante per vedere se “fa sul serio”, “che cosa ci lascia fare”, valutano le sue azioni, accumulano esperienze e conoscenze sull’insegnante, adattano le strategie iniziali alle nuove esperienze • Forme di resistenza vivaci che impediscono lo svolgimento delle attività • strategie di adattamento efficaci se i comportamenti degli insegnanti sono giudicati “equi” e “ragionevoli”, garantire livello sufficiente di partecipazione e coinvolgimento, rispetto e adesione alla volontà dell’insegnante,

  9. Studio dell’interazione in classe(Fele e Paoletti, 2003) • Ricerche pionere (USA, Bellack, 1966, The Language of the classroom, GB, Barnes et al, 1969, Language, the learner and the school) • Interazioni tra insegnanti e studenti • Come parlano e cosa dicono gli insegnanti e gli studenti in classe: attraverso il parlato nell’interazione si svolge l’attività dell’insegnamento • Analisi della Conversazione: analisi del parlato nell’interazione in classe • Al posto delle note etnografiche o gli episodi narrati in forma discorsiva, l’AC utilizza forme di registrazione dell’interazione per analizzare nel dettaglio ciò che accade (Mehan, 1993) • Ricostruire la logica endogena con la quale si muovono i partecipanti alle interazioni, rispettando il modo in cui si comportano e parlano, sequenzialità • Esplicitare le norme, la conoscenza tacita e le procedure discorsive dei partecipanti che costruiscono un contesto comune e condiviso (F. Orletti, 1981 ; 1986 ; 2000)

  10. Struttura dell’interazione in classe: La tripletta • Insegnante: stimola partecipazione degli studenti, garantisce l’ordinato svolgimento della discussione(regola di un “parlante alla volta”, meccanismo delle “mani alzate”) controlla la validità dei contenuti, indirizza la conversazione su argomenti particolari • La “tripletta” (Insegnante-Studente-Insegnante): 1) Insegnante fa una domanda (I= Inizio) 2) Studente risponde (R=Risposta), 3) Insegnante fornisce una valutazione della risposta (F=Follow up) Valutazione • “l’insegnante ha sempre l’ultima parola e due turni per parlare rispetto a un solo turno a disposizione di ogni studente.(Coulthard, 1985:124) • Domande non “autentiche”, domande a risposta conosciuta, finalizzate a verificare le conoscenze degli alunni (Mehan 1979 ; Edwards, 1981) l’insegnante ha in mente una risposta ben precisa, “giusta”

  11. Asimmetria dei diritti conversazionali • Nella conversazione ordinaria: • “sistema della presa di turno” gestita localmente dai parlanti (Sacks, Schegloff & Jefferson, 1974): l’allocazione, l’ordine, la lunghezza e il contenuto dei turni di parola sono gestiti e negoziati dai partecipanti, “partita a tennis”, modello binario • in ambito scolastico, sistema asimmetrico, è l’insegnante a decidere l’alunno che dovrà parlare, su che argomento, a scegliere quando dovrà intervenire e la durata della sua trattazione (Edwards, 1981) • Insegnante come vigile urbano del traffico conversazionale, come direttore d’orchestra, custode dell’ordine in classe • pur con flessibilità nelle regole e negoziazione: accettare la risposta giusta di uno studente che si auto-seleziona senza essere autorizzato a parlare

  12. Il linguaggio in classe con la maestra Gianna(p. 264 in “Antropologia dei mondi della scuola” a cura di A. Simonicca 2011) • Gianna - C’è qualche bambino così bravo che se la sente di ripetere ai bambini che non c’erano, gli aggettivi qualificativi e i nomi? • (Aldo alza la mano, ma non sa rispondere) • Gianna – Hai alzato la mano, in genere quando uno alza la mano sa rispondere, o ti stiracchiavi? (Aldo borbotta) Non ti viene in mente come spiegarlo, ma un aggettivo me lo sai dire? Per esempio … • (Aldo non parla, si alza, interviene una bambina ma non dice una “qualità”, • i bambini sembrano disorientati) • Gianna – Voglio sapere una qualità, chi è che mi sa dire come sono io, Rosa … • Rosa – I capelli di Gianna sono mori • Gianna – Bene, allora, cosa sono? • Franco – Sono paroline • Gianna – Ma queste paroline a quale domanda rispondono ? • Franco – Com’è? • Gianna – Allora ognuno di noi riferisce un aggettivo, comincio io ? • Bambini – Sììì…., nooo • Gianna – La nostra classe è grande, com’è la nostra classe? Grande!

  13. Regole in classe

  14. Metafora drammaturgica • Luoghi di scena e di ribalta (Goffman, 1969) • esplicita presentazione del sé (insegnante), svolgimento di attività collaterali e parallele rispetto all’attività officiale, • nicchie di riposo e di evitamento (studenti)

  15. Barare, sotterfugi, non rispetto delle regole

  16. Ecologia locale dell’aula scolastica “Organizzazione degli spazi educativi: influisce sullo svolgersi delle attività, sullo stile dell’insegnamento (lezione frontale/ lavoro cooperativo) • Quale è “l’ecologia locale” dell’aula ? • Cosa svela la disposizione dei banchi? • Aula: “ambiente di apprendimento” dove si svolgono attività di varia natura • Aula: stile di insegnamento e stile di apprendimento

  17. Stralcio intervista Maestra(pag 336 in “Antropologia dei mondi della scuola” a cura di A. Simonicca (2011) • “Allora io sono per i banchi a coppia, nel senso, io li ho sempre tenuti a coppia. Sono rigida nel non avere una coppia fissa […] e quindi nella settimana si cambia posto tutti perché bisogna conoscersi tutti; bisogna stare tutti insieme, bisogna un pochino anche adattarsi ad altri bambini, non sempre i soliti. E quindi a me piacciono molto i banchi a coppia per questo motivo, poi però mi sono resa conto e questo è vero un pochino per la concentrazione, quando c’è bisogno di grande attenzione, forse il banco a due, un pochino distrae, perché c’è sempre un discorso e un pochino da chiacchierare, c’è sempre da dirsi, poi magari se ci si trova bene si chiacchiera ancora di più. • Quindi in genere anche con la mia collega ci siamo trovate d’accordo […] si mettevano da soli perché favorisce la concentrazione. • Mentre invece in prima e in seconda (elementare) che ancora sono piccoli e hanno da conoscersi e sono, visto, un pochino diffidenti perché quello non lo conosco, quell’altro non lo conosco, là i banchi si mettono a ferro di cavallo, in circolo tutti intorno, tutti in fila per formare un trenino. Nelle prime classi questo li favorisce, mentre invece, dopo io penso che in alcuni momenti abbiamo proprio bisogno di concentrazione, anche a gruppi sarebbe bellino, però secondo me a gruppi bisogna vedere che classe hai, in 23-24 cominciano ad essere tanti per tenerli a gruppi, a gruppi … quando fanno lavoro di gruppo … lasciarli lì fissi, non lo so, forse si distraggono troppo, è meglio che lavorino un pochino da soli”

  18. Gli artefatti dell’aula scolastica • Quali sono gli “artefatti” significativi ? • Come vengono sfruttati ? • Che ruolo svolgono ? • Cosa svelano ? • Chi li usa?

  19. Gli artefatti in classe: il loro ruolo?

  20. La lavagna interattiva multimediale (LIM) L’uso di nuovi artefatti può modificare le pratiche quotidiane?

  21. Etnomedologia ed educazione (Coulon, 1993) • Fatti educativi sotto forma di statistiche: diseguaglianza delle performance scolastiche secondo l’età, il genere, l’ambiente sociale d’origine, variabili esplicative • Etnometodologia: descrive le pratiche con le quali gli attori del sistema educativo, insegnanti e alunni, producono questi fenomeni reificati, norme sulle quali l’istituzione scolastica poggia, selezione ed esclusione scolastica prodotte giorno dopo giorno • Mostrare la disuguaglianza al momento in cui si verifica • Conoscere il processo sociale della costruzione della disuguaglianza nella scuola che è un sistema di classificazione degli individui che perpetua la divisione della società in classi, contribuendo a mantenere le disuguaglianze (Coulon, 1993:117-118)

  22. Lo studio dei test di intelligenza e attitudinali(Mehan, 1973 ; 1986 ; McKay, 1973 ; Roth, 1974 ; Maynard, 1990) • Risposta sbagliata non deriva dall’incapacità di discriminare da parte dell’alunno cosa chiedesse una certa domanda, ma da una discrepanza tra le aspettative adulte e quelle dei bambini(animale che vola, elefante, Dumbo) • Chi somministra il test non è un osservatore passivo (determina in modi sottili la risposta, enfatizza parole chiave) • Situazione di test: un contesto di interazione, pretesa di registrare oggettivamente un livello di conoscenze individuali, invece si sta costruendo una conoscenza negoziata • Risultato del test: non è una misura oggettiva della capacità intellettuale o cognitiva dell’alunno, ma un prodotto finemente concordato, interazionalmente costruito e mutualmente stipulato tra insegnante e studente

  23. La diversità delle opportunità educative • Prosecuzione degli studi dalla scuola superiore all’università conseguenza non delle abilità cognitive degli studenti, dei loro voti e motivazioni, del retroterra culturale o sociale della famiglia ma dei processi decisionali/organizzativi del personale scolastico • Collocazione degli studenti in una certa categoria “dipende dalle interpretazioni, dai giudizi, dalle azioni del personale scolastico rispetto alla biografia dello studente… dall’adattamento sociale e personale, dall’apparenza, dal contegno, dalla classe sociale, oltre che dall’abilità che dimostra lo studente” (Cicourel & Kitsuse, 1963:135)

  24. La diversità delle opportunità educative • Giudizi che portano a una diversità di opportunità educative: pratica concreta degli insegnanti nelle classi scolastiche • Ritardo mentale come conseguenza del fatto che la scuola accende la sua macchina discriminatoria (Mehan, 1992) non come caratteristica inerente o qualità dello studente • Carriera della “devianza” costruita in una serie di processi decisionali nei quali si costruisce e si sostanzia la categoria del “ragazzo deviante”

  25. L’orientamento scolastico : ruolo degli orientatori • Studio delle interviste di orientamento con studenti che intendono passare all’università e scegliere il percorso di studi • “quando valutano le abilità di uno studente, lo aiutano a decidere quali materie scegliere, lo informano dei progressi compiuti, gli forniscono le informazioni sulle possibilità di proseguire gli studi dopo la scuola superiore, influenzano gli studenti, contribuiscono a determinare le future possibilità di carriera (Mehan, 1978:56), incoraggiano o meno a proseguire

  26. L’orientamento scolastico : ruolo degli orientatori • Propensi a suggerire • di non continuare gli studi agli studenti neri che pur mostravano una riuscita scolastica non scarsa, • mentre per gli studenti bianchi con mediocri risultati, ma di status socio-economico alto, avveniva esattamente il contrario (Cicourel & Kutsuse, 1963) • Trattamento differenziale basato sull’allineamento o meno dell’orientatore e dello studente su una stessa esperienza personale, studente che stabilisce un feeling particolaristico con l’orientatore, (interessi comuni esperienze simili di vita), riesce ad ottenere un sostegno positivo, un aiuto supplementare, “sincronia interazionale” (flusso della conversazione, tono di voce, movimento delle mani, posizioni del corpo)

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