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LE TRADIZIONI ENOGASTRONOMICHE REGIONALI

LE TRADIZIONI ENOGASTRONOMICHE REGIONALI. Gli alunni della 3^ A.S. presentano, dopo molte fatiche ……. Un percorso goloso attraverso l' enogastronomia del Bel Paese. Buona lettura…. La cucina regionale.

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LE TRADIZIONI ENOGASTRONOMICHE REGIONALI

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  1. LE TRADIZIONI ENOGASTRONOMICHE REGIONALI

  2. Gli alunni della 3^ A.S. presentano, dopo molte fatiche …….. Un percorso goloso attraverso l' enogastronomia del Bel Paese Buona lettura….

  3. La cucina regionale La cucina regionale nasce dalle tradizioni contadine, quando gli scambi commerciali erano piuttosto limitati e si dovevano sfruttare al meglio i prodotti della nostra terra. Molto spesso la cucina, denominata povera, si basava su minestre, pasta, verdure e cereali; la carne, riservata a pochi, veniva consumata soltanto nei giorni di festa. Le ricette, quasi tutte trascritte di recente, erano tramandate di madre in figlia.

  4. La cucina regionale ha una catalogazione molto difficile visto che di ogni ricetta esistono molte varianti, questo perché il modo di vivere della societa’ italiana è completamente diverso da quello che ha visto nascere la cucina regionale. Sono cambiati gli INGREDIENTI la cui disponibilita’ e assortimento erano impensabili fino ad alcuni decenni fa. I TEMPI dedicati alla cucina sono adeguati al nostro stile di vita attuale: pasti sempre piu’ veloci e leggeri. I GUSTI : si preferiscono alimenti con profumi e sapori delicati, tenui e/o particolari. Per ultimo ma non perche’ meno importante le possibilita’ ECONOMICHE.

  5. Zona costiera • Cucina leggera con cotture brevi • Molti antipasti di mare – insalate di pesce, pesci bolliti.. • Poche minestre in brodo • Pasta asciutta in abbondanza, ripiena e risotti (no sud) condite con salse a base di pesce. • Pesce arrosto, alla brace, bollito e fritto. • Zuppe di pesce, crostacei e molluschi. • Poca carne. • Molte verdure fresche e insalate. • Molto olio.

  6. Zona collinare • Cucina molto varia abbastanza ricca e calorica. • Antipasti a base di salumi e carni. • Molta pasta e riso ( no sud) e molte minestre in brodo. • Pesci d’acqua dolce. • Tanta carne: bovina, ovina, suina e animali da cortile( anitra, oca, pollo, faraona…….). • Molte le verdure fresche, i legumi secchi e le insalate. • Molto olio.

  7. Zona montana Cucina molto calorica con cotture , a volte, prolungate. Assortimento di prodotti limitato. Pochi antipasti, in genere a base di salumi. Molte minestre a base di cereali, legumi, pane e verdure come cavoli, verze, patate… Poca pasta.

  8. NORD Molti minestroni a base di verdure, fagioli, orzo……. Molta pasta fresca anche ripiena( Emilia Romagna, Toscana, Liguria, Piemonte, Lombardia. Molte le preparazioni a base di riso, nelle minestre e in risotto. Buona la presenza della pasta secca. Tanta polenta come contorno ma anche come primo piatto. Poco pesce. Carne suina, bovina e da cortile. Bolliti molto presenti ad eccezione della Liguria. Molti brasati, stufati e stracotti.

  9. CENTRO • Pasta fresca e poca pasta ripiena. • Molta pasta secca • Poche le preparazioni a base di riso. • Poca polenta e solo come primo piatto. • Molto pesce. • Carne in particolare suina, ovina, da cortile….. meno bovina. • Molte le cotture allo spiedo, alla brace e arrosto.

  10. SUD Pasta fresca di semola di grano duro e acqua, soprattutto in Basilicata, Puglia e Calabria. Pasta ripiena quasi assente. Tanta pasta secca. Quasi assenti le minestre a base di riso. No polenta. Presenza predominante di verdure anche come secondo piatto e ripiene. Preferenze ai pesci piuttosto che alle carni (ovine, suine, animali da cortile e bovini). Pochi brasati, stufati e stracotti. Molte le cotture allo spiedo e arrosto. Molto peperoncino.

  11. Prodotto tipico Il "prodotto tipico", inteso come prodotto agricolo o agro-alimentare trasformato, è una combinazione tra qualità della vita e lavoro agricolo. Esso è il protagonista della valorizzazione del paesaggio, della cultura contadina e testimone speciale della vita di un territorio... Il prodotto tipico rientra in un processo di sviluppo economico essendo per l'agricoltura un aiuto a mantenere in vita una serie di piccole realtà che divengono così capaci di portare avanti il patrimonio di luoghi fatti di storia, cultura, paesaggio, tradizione e tipicità. Non essendo ancora vigente una normativa che definisca univocamente il "prodotto tipico", si può ricavare una definizione dall'esperienza accumulata negli anni.

  12. Prodotto tipico "Un prodotto tipico e tradizionale è un prodotto le cui metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura risultano consolidate nel tempo e legate a particolari zone geografiche che per le loro peculiarità ambientali, sociali e storiche ne fanno un qualcosa di unico nel suo genere, con una differenziazione qualitativa riconosciuta a livello locale".

  13. Prodotto tipico Per acquisire la qualifica di prodotto tipico vengono individuati i seguenti elementi: Lo spazio: ovvero il territorio dove si produce il prodotto;Il tempo: la legislazione nazionale da un riferimento preciso alle produzioni "consolidate nel tempo" (almeno 25 anni); il prodotto tipico è il frutto di un processo produttivo che per metodi e regole si sia rafforzato nel tempo rientrando così nella storia del territorio.

  14. xcbv Vi sono alcune caratterizzazioni che permettono di accedere ad un prodotto alla categoria del tipico: genetiche, fenotipiche, chimiche, metodiche; la presenza anche di una sola di queste caratteristiche consente ad un prodotto di distinguersi da altri prodotti dello stesso genere. Vediamo ora, nello specifico, i principali Marchi che contempla la legislazione:

  15. PRODOTTI ITALIANI DI QUALITA’ • Vini DOCG, DOC e IGT • Prodotti DOP ,IGP e STG • Prodotti biologici • Prodotti agroalimentari tradizionali

  16. I prodotti italiani di qualita’

  17. Enografia internazionale

  18. Enografia nazionale

  19. Enografia regionale

  20. I VINI L’Italia è un paese ricco di vini; le DOCG ( denominazione di origine controllata e garantita) giustamente selezionate su tutto il territorio nazionale ( 44 al 1 dicembre 2009) e le DOC -317- (denominazione di origine controllata). Accanto a questi vini ve ne sono molti altri denominati IGT (indicazione geografica tipica) e i vini da tavola.

  21. DOCG La DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita) è un marchio che viene attribuito ai vini DOC di "particolare pregio qualitativo" e di notorietà nazionale e internazionale. Questi vini vengono sottoposti a controlli più severi, debbono essere commercializzati in recipienti di capacità inferiore a cinque litri e portano un contrassegno dello Stato che dà la garanzia dell'origine, della qualità e che consente di numerare le bottiglie.

  22. 1. La fascetta per tutti i vini D.O.C.G. italiani e' stampata a cura dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A., utilizzando particolari sistemi di sicurezza, conformemente all'allegato modello A che costituisce parte integrante del presente decreto.2. La fascetta e' di formato rettangolare, di dimensioni di mm. 140 \times 17 ed e' numerata progressivamente. Essa contiene le seguenti indicazioni, stampate in colore nettamente risaltante sul fondo:a) l'emblema dello Stato;b) la dicitura «Ministero delle politiche agricole e forestali»;c) la sigla «D.O.C.G.»;d) il nome della D.O.C.G. del vino di cui trattasi ed eventualmente le tipologie e le menzioni aggiuntive previste dal disciplinare di produzione;e) il numero progressivo e la serie alfabetica;f) il volume nominale del prodotto contenuto nel recipiente espresso in litri.

  23. 3. La fascetta e' realizzata:a) in colore rosso intenso per i vini tranquilli o frizzanti rossi e rosati;b) in colore verde chiaro per i vini tranquilli o frizzanti bianchi;c) in colore salmone per gli spumanti;d) in colore giallo ocra per i vini liquorosi ed altre eventuali categorie di vini non contemplate alle precedenti lettere.

  24. DOC La DOC (Denominazione di Origine Controllata) è un marchio che viene attribuito ai vini prodotti in zone delimitate, di solito di piccole e medie dimensioni, con indicazione del loro nome geografico. Di norma il nome del vitigno segue quello della DOC e la disciplina di produzione è piuttosto rigida. I vini DOC sono immessi al consumo soltanto dopo approfondite analisi chimiche e sensoriali.

  25. IGT L'Indicazione geografica tipica è attribuita ai vini caratterizzati da un’indicazione geografica, che può essere accompagnata o meno da menzioni (ad esempio del vitigno). E’ contraddistinta da zone di produzione normalmente ampie e da una disciplina di produzione poco restrittiva.

  26. La qualità è un valore e come tale deve essere riconosciuta e riconoscibile. Il Ministero delle politiche agricole e forestali ha emanato una serie di disposizioni relative alla “ tracciabilità di filiera “ che,se rispettate, consentono di seguire un determinato prodotto dall’origine fino al consumo. Ogni passaggio, nella fase produttiva, viene registrato e documentato a garanzia della qualità del prodotto finale. … “con tracciabilità di filiera si identifica un percorso documentato delle aziende che hanno partecipato alla realizzazione del prodotto finale”. In seguito al Regolamento CE n°178 del 28/01/02, a partire dal 1° gennaio 2005 è obbligatoria la “ rintracciabilità agroalimentare “ cioè la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento, di un mangime, di un animale destinato alla produzione animale o di una sostanza destinata a far parte di un alimento dalla fase di produzione , alla trasformazione , fino alla distribuzione.

  27. DOP La Denominazione di Origine Protetta designa un prodotto agricolo o alimentare le cui caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente all’ambiente geografico e la cui produzione, trasformazione ed elaborazione avvengono in quell’area geografica delimitata. La DOP garantisce quindi diversi livelli nel processo produttivo che sono: • origine; • provenienza materie prime; • localizzazione; • tradizionalità nella produzione.

  28. Altre due condizioni irrinunciabili che un prodotto DOP deve soddisfare sono: le caratteristiche devono essere dovute all’ambiente geografico dove per “ambiente geografico” intendiamo non solo i fattori naturali ma anche quelli umani(conoscenze e tecniche locali); produzione e trasformazione delle materie prime fino al prodotto finale devono essere effettuate nella regione delimitata di cui il prodotto porta il nome. Oltre a tutti i passaggi precedentemente menzionati, OGNI prodotto DOP , per diventare tale deve rispettare un disciplinare di produzione che vincola tutte le fasi di produzione e trasformazione del prodotto stesso.

  29. IGP La IGP (Indicazione Geografica Protetta) è un marchio di qualità che viene attribuito a quei prodotti agricoli e alimentari per i quali una determinata qualità, la reputazione o un'altra caratteristica dipende dall'origine geografica, e la cui produzione, trasformazione e/o elaborazione avviene in un'area geografica determinata. Per ottenere la IGP, quindi, almeno una fase del processo produttivo deve avvenire in una particolare area. Chi produce IGP deve attenersi alle rigide regole produttive stabilite nel disciplinare di produzione, e il rispetto di tali regole è garantito dall'organismo di controllo.

  30. STG Il marchio STG (Specialità Tradizionale Garantita) è il riconoscimento europeo, ai sensi del Reg. CE 2082/92, del carattere di specificità di un prodotto agro-alimentare, inteso come elemento od insieme di elementi che, per le loro caratteristiche qualitative e di tradizionalità, distinguono nettamente un prodotto da altri simili. Ci si riferisce, quindi, a prodotti ottenuti secondo un metodo di produzione tipico tradizionale di una particolare zona geografica, al fine di tutelarne la specificità. Sono esclusi da questa disciplina i prodotti il cui carattere peculiare sia legato alla provenienza o origine geografica; questo aspetto distingue le STG dalle DOP e dalle IGP. Per le ragioni sopra esposte, un prodotto con marchio STG può essere prodotto ovunque, a patto che sia rispettato il relativo disciplinare di produzione.

  31. BIOLOGICO Sono biologici i prodotti per i quali, in tutte le fasi del ciclo produttivo, è escluso l’utilizzo di prodotti chimici (pesticidi e fertilizzanti), ed è previsto esclusivamente l’impiego di tecniche di coltivazione e allevamento rispettose dell’ambiente. Per rendere fertili i terreni si ricorre alla rotazione delle colture e si utilizzano concimi organici e minerali naturali, mentre per difendere le coltivazioni dai parassiti si adottano prodotti e tecniche che non hanno impatto sull’ambiente.

  32. I prodotti provenienti dall’agricoltura biologica sono disciplinati dal regolamento Cee 2092/91 e sono sottoposti a un rigido sistema di controlli, stabilito per legge, che ne verifica la conformità a specifiche regole produttive. Si riconoscono dalla dicitura "Da agricoltura biologica". Sempre in etichetta compare il nome dell’organismo di controllo, l’autorizzazione ministeriale e una serie di lettere e cifre che sono la "carta d’identità" del prodotto e del produttore: IT (Italia), Xyz (sigla dell’organismo di controllo), 1234 (codice dell’azienda), F (prodotto fresco) o T (prodotto trasformato), 000000 (codice di autorizzazione). Il prodotto da agricoltura biologica può anche essere identificato dal logo comunitario introdotto dal regolamento Ce n.331/2000.

  33. LA VALLE D’AOSTA Descrizione Araldica dello Stemma Di nero al leone d'argento, armato e linguato di rosso. Origini e Simbologia dello Stemma Regione autonoma Valle d'Aosta riproduce l'antico stemma del Ducato d'Aosta. Etimologia (origine del nome) Il nome si riferisce al fatto che i suoi confini regionali delimitano un luogo posto nella valle delle Alpi occidentali.

  34. Storia Nel 1777 secondo il Canonico Vescoz venne introdotta la coltivazione della patata in Valle d'Aosta. Ad introdurla fu il notaio Jean-François Frutaz che la seminò la prima volta a Chatillon.[2] Anche la Chiesa, presente con numerosi monasteri, ebbe notevole influenza sulla popolazione della valle, che ai tempi della Rivoluzione Francese (alla fine del XVIII secolo) e nei decenni successivi fu roccaforte delle idee tradizionalistiche e reazionarie. Nell'Italia unita (1861) la Valle d'Aosta cercò di conservare le proprie tradizioni e specificità linguistiche e culturali. Il fascismo cercò di italianizzare la Valle d'Aosta, con la soppressione di numerose scuole locali, l'instaurazione dell'uso esclusivo della lingua italiana negli uffici giudiziari, la soppressione dell'insegnamento della lingua francese, l'italianizzazione dei toponimi e la soppressione dei giornali in lingua francese.

  35. Diventata regione autonoma nel 1945, con Federico Chabod primo presidente, ottenne dalla Repubblica Italiana la concessione dello Statuto speciale nel 1948. Economicamente per molti secoli la Valle d'Aosta visse solo di agricoltura e di pastorizia, con la diffusione di piccole proprietà spesso insufficienti alla sussistenza dei contadini e dei pastori, costretti a spostarsi in Francia o in Svizzera per lavori stagionali, o a emigrare definitivamente. Solo dopo la Seconda Guerra Mondiale (1939-1945) ci fu l'inversione delle tendenze demografiche ed economiche, con uno sviluppo turistico ed industriale che produsse un fenomeno immigratorio. Attualmente la regione, che ha una popolazione di 119,548 abitanti, ha un reddito pro capite tra i più alti in Italia, perlopiù grazie allo sviluppato benessere industriale del nord Italia che trasformò la Val d'Aosta in una delle mete turistiche preferite.

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