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Giovanni Prattichizzo

Giovanni Prattichizzo. Giovanni Prattichizzo. Pagina 2. La fisionomia del personaggio . L'adozione troppo rigida degli schemi pu indurci a credereche per fare una buona storia sia sufficiente disporre insuccessione delle azioni senza curarsi della personalit di chiqueste azioni le vuole, le svo

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Presentation Transcript


    1. Giovanni Prattichizzo I PERSONAGGI E IL DISCORSO

    2. Giovanni Prattichizzo La fisionomia del personaggio L’adozione troppo rigida degli schemi può indurci a credere che per fare una buona storia sia sufficiente disporre in successione delle azioni senza curarsi della personalità di chi queste azioni le vuole, le svolge, ecc… L’umanità

    3. Giovanni Prattichizzo La fisionomia del personaggio Il mondo possibile del racconto deve essere sempre popolato da esseri umani e non da attanti che sono lì solo per svolgere le azioni. Importanza delle conseguenze. Sono gli attori, con le loro peculiarità, il loro carattere a dare originalità alla storia.

    4. Giovanni Prattichizzo La fisionomia del personaggio La credibilità di una storia nasce proprio dalla caratterizzazione dei personaggi che determina lo sviluppo dell’azione. Ogni personaggio svolge una funzione. L’insieme dei rapporti, organizzati coerentemente, costituisce il sistema dei personaggi. Legare le azioni della trama al carattere dei personaggi.

    5. Giovanni Prattichizzo Tipologia dei personaggi Personaggi piatti o disegnati, con attributi univoci; sono definiti anche tipi, ossia personaggi statici; Personaggi a tutto tondo, dotati di maggior complessità psicologica; definiti anche individui, sono personaggi dinamici, in quanto si evolvono e si trasformano nel corso della vicenda.

    6. Giovanni Prattichizzo La psicologia del personaggio Carattere Proprio vissuto interiore Una propria psicologia

    7. Giovanni Prattichizzo La psicologia del personaggio Gli scrittori inventano personaggi molto raramente: il più delle volte, alla base di ogni personaggio e delle sue azioni, ci sta un individuo reale, che lo scrittore può conoscere bene o solo di vista. A volte ci si ispira anche a personaggi pubblici.

    8. Giovanni Prattichizzo La psicologia del personaggio Attraverso il personaggio, la narrazione diventa visione del mondo. Tenere sempre presente la distanza tra personaggio e autore. Ogni personaggio può muoversi dalle posizioni che la società gli riconosce.

    9. Giovanni Prattichizzo La carta d’identità Statuto anagrafico; Tratti fisiognomici; Comportamenti; Tratti socio-culturali; Tratti psicologici; Tratti ideologici; Relazioni.

    10. Giovanni Prattichizzo Il personaggio e il linguaggio Leggere è dare corpo e anima, volto e personalità ai nomi d’inchiostro. Le storie efficaci parlano di persone. Anche le storie che non sono incentrate su persone utilizzano creature simili a persone, idee, atteggiamenti, sentimenti e azioni umane per aiutare il lettore ad identificarsi con esse, per convincere il lettore che dovrebbe interessarsi a loro. Il personaggio è ciò che parla.

    11. Giovanni Prattichizzo Il personaggio È sempre opportuno documentarsi bene sul personaggio che si vuole creare. Avere le idee ben chiare sul personaggio, quali pregi (e soprattutto difetti) deve avere, che atteggiamento avrà verso alcuni tipi di persone, se ha qualche genere di abitudine o tic nervoso, se avrà un particolare modo di parlare o di esprimersi … Evitate stereotipi di ogni genere.

    12. Giovanni Prattichizzo Caratterizzazione dei personaggi caratterizzazione diretta: la presentazione viene fatta direttamente dal narratore il quale ci fornisce le informazioni sull'aspetto del personaggio, sul suo carattere, sui suoi pensieri e atteggiamenti; caratterizzazione indiretta: il personaggio viene costruito e presentato un poco alla volta attraverso i suoi comportamenti, il modo in cui gli altri reagiscono alla sua presenza, quello che dicono di lui: in questo caso è il lettore a dover ricavare da tutti i dati presentati il "suo" ritratto del personaggio.

    13. Giovanni Prattichizzo Esempio Luis Sepulveda: Le rose di Atacama

    14. Giovanni Prattichizzo Il tempo è sempre il grande protagonista dei miei film. E’ lui che cambia le cose. Quanti buoni propositi fatti in gioventù sono finiti nel nulla, quante speranze sono naufragate. Sergio Leone

    15. Giovanni Prattichizzo Il personaggio Tempo In ogni racconto c’è una sorta di personaggio invisibile, o quasi, agli altri: il tempo. Il tempo della fabula. Il tempo del discorso. Il tempo della lettura.

    16. Giovanni Prattichizzo Dare il tempo alle storie Determinato dalla durata della storia narrata. Il tempo di svolgimento della storia in modo continuo e successivo. Unità di tempo nel racconto.

    17. Giovanni Prattichizzo Esempio Parto da quell’incendio dei Yacobi per contare l’amore”, disse Yaakov Scheinfeld enumerando gli eventi sulla punta delle dita, “ogni cosa ha il suo punto d’inizio, Zayde, anche l’amore.” “Per esempio, Zayde”, continuò, “quando crescerai e starai per sposarti, e vorrai regalare alla tua amata un vestito da sposa, potrai andare in un negozio e comprarglielo bell’e pronto, oppure cucirglielo tu con le tue mani, o, perché no, piantare un gelso per allevarci i bachi da seta, filarla e tessere la stoffa, tingerla e poi cucire sempre tutto con le tue mani. Il che significa che lo decidi tu da dove cominciare, mi capisci, Zayde? Meri Shalev da Per amore di una donna, K-Yamin Echadim, 1994, romanzo, ed. Frassinelli, 1999, pag. 40-41, traduzione di Elena Loewenthal.

    18. Giovanni Prattichizzo Il tempo della storia Sviluppo temporale in modo continuo e regressivo. Es.: dal momento della morte del protagonista a quello della nascita. Sviluppo discontinuo e anacronico, il flashback. Anche l’uso dei tempi verbali al presente, al passato, al futuro, al condizionale fornisce una dimensione temporale al nostro racconto più concreta o più indefinita.

    19. Giovanni Prattichizzo Il ritmo Il racconto può essere paragonato a un testo musicale e, come questo, avere un suo specifico ritmo, che può essere accelerato, rallentato o che può produrre fedelmente i tempi della realtà secondo le esigenze narrative.

    20. Giovanni Prattichizzo Come rallentare il ritmo Inserire descrizioni di paesaggi, ambienti, personaggi. (sequenze descrittive) Inserire opinioni, giudizi e commenti del narratore o dei personaggi (sequenze riflessive) Pause della pura narrazione.

    21. Giovanni Prattichizzo Come accelerare il ritmo Un sommario L’ellissi (vuoto, mancanza)

    22. Giovanni Prattichizzo Tutte le opere di finzione (soprattutto quelle buone) hanno un loro tempo peculiare, un sistema temporale che è loro proprio, diverso dal tempo reale in cui viviamo noi lettori. Mario Vargas Llosa

    23. Giovanni Prattichizzo Come riprodurre il tempo reale Piena coincidenza tra tempo del racconto e tempo della storia, inserendo nella narrazione una o più scene; La durata della storia equivale alla durata della narrazione.

    24. Giovanni Prattichizzo Il tempo della storia Quando il tempo del narratore coincide col tempo della storia narrata viene usato il presente e la narrazione è di solito più diretta e coinvolgente. Però quando gli aliti si confondono in nuvolette bianche la recita diventa emozione, l’abbraccio si fa stretto ed efficace: si baciano sulle guance due volte, è una scelta. Arrossate dall’imprevisto si separano, lui le riprende per mano, una da una parte e una dall’altra: - Scuola: tutti, - dice. Senza preoccuparsi del banco sguarnito la vecchia lo segue, sua madre è già pronta. Per mano attraversano il mercato: le rughe della vecchia sorridono, il bambino saluta il vento, sua madre ha un portamento da regina. Via via che avanzano la gente si scosta: piccole ali di folla per una marcia trionfale. Clara Sereni Marcia trionfale finale del racconto dalla raccolta Manicomio primavera, 1989, ed. Giunti, 1989, pag. 58.

    25. Giovanni Prattichizzo Il tempo della storia Mi chiamo Lyndon Baines Johnson. E questo cazzo di pavimento che stai calpestando, ragazzo, è mio. Nella stanza c’era anche un assistente, in un angolo, un tipo magro magro con orecchie enormi, che lavorava su un lungo tavolo di legno di pino, e si agitava tra una telescrivente e alcuni ritagli di giornale: ma Lyndon ce l’aveva proprio con me. David Foster Wallace Lyndon racconto della raccolta La ragazza con i capelli strani, Girl with Curious Hair 1989, incipit, ed. Einaudi Stile Libero, 1999, pag. 3, traduzione di Francesco Piccolo.

    26. Giovanni Prattichizzo Il tempo della storia Gregorio Samsa, svegliandosi una mattina da sogni agitati, si trovò trasformato, nel suo letto, in un enorme insetto immondo. Franz Kafka La metamorfosi, (Die Verwandlung), 1912, incipit, racconto, ed. Oscar Mondadori, 1998, pag. 157, traduzione di Rodolfo Paoli.

    27. Giovanni Prattichizzo Il tempo della storia Come epigrafi in un alfabeto indecifrabile, di cui metà delle lettere siano state cancellate dallo smeriglio del vento carico di sabbia, così voi resterete, profumerie, per l’uomo futuro senza naso. Ancora ci aprirete le porte a vetri silenziose, attutirete i nostri passi sui tappeti, ci accoglierete nel vostro spazio da scrigno, senza spigoli, tra le rivestiture di legno laccato delle pareti, ancora commesse e padrone colorate e carnose come fiori artificiali ci sfioreranno con le tonde braccia armate di spruzzatori o con l’orlo della gonna tendendosi sulla punta dei piedi in cima agli sgabelli... Italo Calvino Il nome, il naso racconto da Sotto il sole giaguaro incipit, 1986, ed. Garzanti, pag. 7.

    28. Giovanni Prattichizzo Il tempo della storia Potrebbe essere un episodio, una parentesi, un’avventura: a questo si erano preparati, prevedendo una cornice intessuta di fiori, gentilezze, sorrisi lievi come carezze e carezze intenzionali. Clara Sereni Un rischio mortale racconto da Manicomio primavera, 1989, incipit, ed. Giunti, pag.11.

    29. Giovanni Prattichizzo Il dialogo e il monologo

    30. Giovanni Prattichizzo Forse la strategia più vantaggiosa rispetto al dialogo è di considerarlo un’ulteriore opportunità per aumentare la spinta emotiva della vostra storia. In questo senso, il dialogo dovrebbe essere animato, intenzionale e attivo quanto la dimensione visiva della vostra storia. Cooper – Dancyger 1998, p.153

    31. Giovanni Prattichizzo Il dialogo Il dialogo è parte integrante di molti racconti brevi; può far luce su un personaggio, far avanzare la trama ed informare il lettore di qualche fatto. I dialoghi, anche quando sono perfettamente naturali e mettono bene in rilievo le personalità dei personaggi, devono essere tenuti drammaturgicamente dall’autore dentro la strategia complessiva della storia narrata. Oppure contribuire a modificarla con una logica narrativa. I dialoghi non sono solo idee, invenzioni, novità, ma anche suoni, tic, fisionomie che ci appaiono ancora più nitide che nelle descrizioni.

    32. Giovanni Prattichizzo Il dialogo è, forse più di tutto il resto, al servizio della storia. Fornisce informazioni, contribuisce a far progredire il racconto e, con esso, a provocare emozioni. Vanno quindi escluse le informazioni inutili, quelle tronfie o troppo dirette e sono ben accette quelle che possono apparire marginali nel momento in cui vengono emesse e che poi rivelano un’improvvisa, e gradita, efficacia. Age

    33. Giovanni Prattichizzo Alla ricerca di un dialogo asciutto e naturale In ogni dialogo deve esserci più di una verità. Nella gran parte dei racconti brevi moderni, il dialogo è uno degli elementi della storia che accelera la lettura: i personaggi parlano in modo rapido, spesso spezzando le frasi. Brevità e tensione devono essere le caratteristiche del dialogo.

    34. Giovanni Prattichizzo Esempio LUI: Tu non puoi parlarmi così Maria.., io sono tuo marito da sei anni, e lavoro dalla mattina alla sera alla Standa per un milione al mese! LEI: Invece ti parlo cosi Giovanni, perché stiamo poco insieme visto che anch‘io lavoro, ma all’Italsider... E poi ti dimentichi di nostra figlia Teresa... LUI: Ma lei va a scuola, fa la quinta elementare... ecc.

    35. Giovanni Prattichizzo Io non ti ho usato Max Mai detto il contrario Né ti ho mentito Lo so Siamo soci Ho cinquantacinque anni. Non ho più l’età per dare agli altri la colpa di quello che faccio io. Ti senti in colpa per avermi aiutato? Mi sentirei molto meglio se tu accettassi qualcosa più del dieci per cento. Ti passerà. Dove andrai? In Spagna Madrid o Barcellona? Madrid, per cominciare. Ci sei mai stato? Pare che lì non si ceni mai prima di mezzanotte. Vuoi venirci? No, grazie. Divertiti. Sicuro che non posso convincerti? Grazie per avermelo chiesto, ma la risposta è no. Perché? Ho il mio lavoro. Non eri stanco del tuo lavoro? Sono stanco in generale. Hai paura di me? Un pochettino. Vieni qui. Max ubbidisce. Si scambiano un lungo, tenero bacio. Lei si stacca. Ti manderò una cartolina, socio.

    36. Giovanni Prattichizzo Una ricetta Isolare i personaggi dialoganti e considerarli pure voci. Una volta eseguito e completato un dialogo, anche se non è sempre necessario nella narrativa contemporanea, si possono aggiungere le espressioni e i comportamenti che assumono i personaggi dialoganti nell’ambiente in cui si trovano.

    37. Giovanni Prattichizzo Dialogo e movimento dei personaggi “Perché non l’hai lasciato restare a bere?” chiese il cameriere che non aveva fretta. Stavano applicando gli scuri. “Non sono neanche le due e mezzo.” “Ho voglia di andare a casa e a letto.” “Ma un’ora cos’è?” “Per me è più che per lui.” “Un’ora è lo stesso per tutti.” “Parli come fossi un vecchio anche tu. Quello può comprarsi una bottiglia e bersela a casa.” “Non è la stessa cosa.” “Già, non è la stessa cosa” ammise il cameriere sposato. Non voleva essere scortese. Aveva soltanto fretta.

    38. Giovanni Prattichizzo Dialogo e movimento dei personaggi “E tu? Non hai paura di andare a casa prima dell’ora solita?” “Adesso vuoi offendermi?” “No, hombre, scherzare soltanto.” “No” disse il cameriere che aveva fretta, rialzandosi dopo avere abbassato le saracinesche. “Io ho fiducia. Sono pieno di fiducia.” “Hai giovinezza, fiducia e un lavoro” disse il cameriere più anziano. “Hai tutto.” “E a te cosa manca?” “Tutto mi manca, meno il lavoro.” “Hai tutto quello che ho io.” “No, non ho mai avuto fiducia in niente e non sono giovane.” “Andiamo. Smettila di dire sciocchezze e chiudi.” “Io sono di questi che amano restare fino a tardi al caffè” disse il cameriere più anziano. “Sono con tutti quelli che non vogliono andare a letto. Con tutti quelli che hanno bisogno di una luce per la notte.” Da I quarantanove racconti, Un posto pulito, illuminato bene, 1938, di Ernest Hemingway, ed. Oscar Mondadori, 1983, pag. 456, traduzione di Giuseppe Trevisani.

    39. Giovanni Prattichizzo Dialogo e movimento dei personaggi È fondamentale per la riuscita dei dialoghi che tutte e due le posizioni in campo risultino ugualmente credibili e per certi versi condivisibili. Non si può dare al lettore l’impressione di assegnare, per esempio, a personaggi con caratteristiche umane negative una parte di dialogo inferiore per “bellezza” o livello espressivo alla parte assegnata al personaggio positivo della storia.

    40. Giovanni Prattichizzo Dialoghi tra personaggi che non si conoscono Perché non ballate ragazzi? Decise di dire, e poi lo disse. “Perché non ballate?” “Non è il caso”, disse il ragazzo “Coraggio”, disse l’uomo. “Il prato è mio. Potete ballare se volete.” Allacciati, i corpi stretti l’uno all’altro, il ragazzo e la ragazza presero a muoversi su e giù per il vialetto. Ballavano. E quando il disco finì, ricominciarono, e quando anche quello finì, il ragazzo disse: “Sono ubriaco” La ragazza disse: “No che non lo sei” “E invece sì che sono ubriaco”, disse il ragazzo. L’uomo voltò il disco e il ragazzo disse: “Sul serio” “Balla con me”, disse la ragazza al ragazzo e poi all’uomo, e quando l’uomo si alzò, andò verso di lui a braccia aperte. “Quella gente laggiù ci sta guardando”, disse lei. “Fa niente”, disse l’uomo. “E’ casa mia”, disse. “Che guardino pure”, disse la ragazza. “Giusto”, disse l’uomo. “Pensavano di avere visto di tutto qui. Ma questo non lo avevano ancora visto, vero?”, disse. Sentiva sul collo il respiro di lei.“Spero che il letto ti piaccia”, disse. La ragazza chiuse gli occhi e poi li riaprì. Premette la faccia contro la spalla dell’uomo. Lo avvicinò ancor di più a sé. “Lei deve essere disperato o roba del genere”, disse.

    41. Giovanni Prattichizzo Dialoghi tra personaggi che non si conoscono “Devo andare avanti?” le chiese. “Ti uccido se non lo fai!” rispose lei con un mezzo sorriso. Da Misery di Stephen King, 1987

    42. Giovanni Prattichizzo IL MONOLOGO

    43. Giovanni Prattichizzo Il monologo: verso l’esterno e verso l’interno Qualche settimana dopo, lei raccontava: “Era un tipo di mezza età. Tutta la sua roba là fuori sullo spiazzo. Sul serio. Ci siamo sbronzati e abbiamo ballato. Nel vialetto. Oh, mio Dio. Non ridete. Metteva su questi dischi. Guardate il giradischi. Ce lo ha dato il vecchio. E tutti questi dischi schifosi. La degnereste di uno sguardo questa merda?” Da Why Don’t You Dance? Perché non ballate? 1974, di Raymond Carver, ed. Garzanti, 1987, pag. 14, traduzione di Livia Manera.

    44. Giovanni Prattichizzo Monologo verso l’esterno Ha la funzione di rivelare al lettore una debolezza attraverso una forza apparente.

    45. Giovanni Prattichizzo Monologo verso l’interno “Papà le ostriche sono un cibo magro o grasso?” gli chiedo “Si mangiano vive…” risponde mio padre. “Stanno nel guscio, come le tartarughe, ma è un guscio diviso in due.” … “Che schifo!” sussurro, “che schifo!” Le ostriche di Anton Cechov, del 1890, ed. Garzanti, 1993, pag. 37, traduzione di Serena Vitale.

    46. Giovanni Prattichizzo Monologo verso l’interno Faccio una smorfia, ma …ma perché i miei denti cominciano a masticare? E’ un animale schifoso, ripugnante, orrendo, eppure lo mangio, lo mangio con avidità, col terrore di scoprirne l’odore e il gusto. Uno l’ho già mangiato e già scorgo gli occhi luccicanti di un secondo, di un terzo… Mangio anche quelli… Alla fine mangio il tovagliolo, il piatto, le soprascarpe di mio padre, il cartello bianco… Mangio tutto quello che mi capita sotto gli occhi, perché sento che solo mangiando la mia malattia passerà. Le ostriche hanno uno sguardo terribile, sono ripugnanti, tremo al solo pensarle, ma ho fame! Fame! Le ostriche di Anton Cechov, del 1890, ed. Garzanti, 1993, pag. 37, traduzione di Serena Vitale.

    47. Giovanni Prattichizzo Monologo verso l’interno “Datemi le ostriche! Datemi le ostriche!” un urlo mi si strappa da dentro il petto; tendo le mani. Le ostriche di Anton Cechov, del 1890, ed. Garzanti, 1993, pag. 37, traduzione di Serena Vitale.

    48. Giovanni Prattichizzo Considerazioni tra sé e sé della voce narrante Servono a sviluppare il carattere di un personaggio utilizzando elementi interni alla sua personalità e alla sua particolare visione della realtà circostante. Per il resto, tutto aveva più o meno lo stesso aspetto che in camera da letto – comodino e lampada dalla parte di lui, comodino e lampada dalla parte di lei. La parte di lei, la parte di lui. A questo pensava mentre sorseggiava il whiskey. dal racconto Perché non ballate?, 1974, di Raymond Carver, ed.Garzanti, 1987, pag. 9 e seguenti, traduzione di Livia Manera

    49. Giovanni Prattichizzo Considerazioni tra sé e sé della voce narrante Di tanto in tanto una macchina rallentava e qualcuno dava un’occhiata. Ma non si fermava nessuno. Gli venne da pensare che neppure lui si sarebbe fermato. […] Bevvero. Ascoltarono un disco. Poi l’uomo ne mise un altro. Perché non ballate ragazzi? decise di dire, e poi lo disse. “Perché non ballate?”

    50. Giovanni Prattichizzo (Appoggiata a un palo di ormeggio, mi si presentava di profilo: Galatea in contemplazione di distese inesplorate. Il vento le gonfiava i capelli, la sua testa si girò verso di me con una leggerezza eterea, come mossa dalla brezza … La luce andava calando. Lei pareva dissolversi con essa, fondendosi col cielo e le nubi, svanendo ancora oltre. Io volevo alzare la voce superando le strida dei gabbiani e richiamarla: Marilyn! Marilyn, perché tutto doveva andare come è andato? Perché la vita deve essere un tale schifo?) Capote Direi… Marilyn Non ti sento. Truman Capote Direi che sei una bellissima bambina.   Da Musica per camaleonti, Music for chameleons 1980, Una bellissima bambina di Truman Capote, ed. Garzanti, 1981, pag. 240, traduzione di Maria Paola Dèttore.

    51. Giovanni Prattichizzo IL FINALE

    52. Giovanni Prattichizzo Il finale La conclusione di un racconto dovrebbe già essere nell’aria appena si ha l’abbozzo dell’idea narrativa. Tutto può succedere, ma di solito si fatica molto di più nel cercare il finale giusto a storia già iniziata. Anche perché col finale si scioglie o resta aperto anche il senso più intimo della storia.

    53. Giovanni Prattichizzo La conclusione di una storia è la distribuzione finale di premi, pensioni, mariti, mogli, bambini, milioni, paragrafi aggiunti e allegri commenti. Henry James

    54. Giovanni Prattichizzo Il finale Finale della storia Finale del racconto

    55. Giovanni Prattichizzo Senza lenti, gli occhi del Balordo erano orlati di rosso, pallidi e indifesi. “Portatela via e gettatela dove avete gettato gli altri”, ordinò, prendendo per il collo il gatto che gli si strofinava contro una gamba. “Che lingua lunga, eh?” osservò Bobby Lee, lasciandosi scivolare nel fosso con uno yodel. “Sarebbe stata una buona donna, se quand’era viva le avessero sparato ogni cinque minuti”. Sai che divertimento!” rise Bobby Lee. “Zitto, Bobby Lee”, lo redarguì il Balordo. “Non c’è vero piacere nella vita”. Un brav’uomo è difficile da trovare (A Good Man Is Hard to Find, 1953 di Flannery O’ Connor, ed. Tascabili Bompiani, 1994, pag. 148, traduzione di Ida Omboni)

    56. Giovanni Prattichizzo Continuò a parlarne. Lo raccontò a tutti. Restava qualcosa, che non riusciva a dire. Ci provò, poi smise. Da Perché non ballate (Why Don’t You dance?) di Carver.

    57. Giovanni Prattichizzo Il finale Non cadete nella tentazione di dire al lettore cosa significa il finale, o quale sia la “morale” che potrebbe trarne. Una buona storia deve stare in piedi da sola. In una storia ben costruita,il risultato sarà comunicato dall’azione.

    58. Giovanni Prattichizzo La scelta del titolo Fare riferimento ai nomi dei protagonisti; (es. Madame Bovary, Anna Karenina) Indicare l’argomento trattato; (es. Orgoglio e Pregiudizio, Delitto e Castigo) Riprendere citazioni da altre opere; (Per chi suona la campana, Dove gli angeli non osano, ecc) Usare titoli simbolici o metaforici; (Cuore di tenebra,ecc) Titoli eccentrici o fantasiosi; (Arancia meccanica)

    59. Giovanni Prattichizzo Rilettura e riscrittura Scrivere significa riscrivere. Oggi ci ho messo 8 ore a correggere 5 pagine e trovo che ho lavorato bene. Gustave Flaubert Bisogna rifare 10 volte, 100 volte lo stesso soggetto. Niente, in arte, deve sembrare dovuto al caso. Edgar Degas

    60. Giovanni Prattichizzo Rivedere e correggere l’opera dopo averla scritta è una cosa che mi viene naturale e in cui provo un grande piacere. Può darsi che io corregga perché così facendo mi avvicino pian piano al cuore dell’argomento del racconto. Sento di dover continuamente tentare di scoprirlo. E’ un processo, non una posizione stabile. Raymond Carver 

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