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Figure di imprenditore

Figure di imprenditore. Lorenzo Benatti Parma, 16 settembre 2011. Classificazioni Imprenditori. Oggetto: Commerciale, Agricolo. Dimensione: Piccolo, Non piccolo. Natura: Individuale, Collettivo, Pubblico. Imprenditore commerciale - 2195.

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Presentation Transcript


  1. Figure di imprenditore Lorenzo Benatti Parma, 16 settembre 2011

  2. Classificazioni Imprenditori Oggetto: Commerciale, Agricolo. Dimensione: Piccolo, Non piccolo. Natura: Individuale, Collettivo, Pubblico.

  3. Imprenditore commerciale - 2195 Imprenditore commerciale (soggetto al relativo statuto oltre che a quello dell'imprenditore in generale): «Sono soggette all’obbligo dell’iscrizione el registro delle imprese gli imprenditori che esercitano: Un’attività industriale diretta alla produzione di beni e servizi; Un’attività intermediaria nella circolazione dei beni; Un’attività di trasporto per terra, per acqua o per aria; Un’attività bancaria o assicurativa; Altre attività ausiliarie alle precedenti. Le disposizioni della legge che fanno riferimento alle attività e alle imprese commerciali si applicano, se non risulta diversamente, a tutte le attività indicate in questo articolo e alle imprese che le esercitano».

  4. Significato della definizione dell’imprenditore commerciale • Le ultime tre categorie possono essere considerate già incluse nelle prime due, le quali sono quelle che caratterizzano l’imprenditore commerciale. • Ma in cosa consistono: • Carattere industriale? • Carattere intermediario? • La questione dell’imprenditore civile.

  5. Imprenditore civile? • Esistono imprese che non possono definirsi né commerciali, né agricole? Si tratterebbe di figura non prevista dalla legge (almeno esplicitamente). • Vi siano figure di imprenditore (ex art. 2082) che non possono essere considerate ne commerciali (2195) o agricole (2135)? Una categoria innominata, ottenuta residualmente? La risposta a questa domanda dipende appunto dal significato da attribuire ai n. 1 e 2 dell’art. 2195 c.c. da quella generale dell’imprenditore, sottraendo quelle dell’imprenditore agricolo e dell’imprenditore commerciale.

  6. Tesi a favore impresa civile • L’industrialità va intesa nel suo significato tecnico-economico di attività che implichi l’impiego di materie prime e la loro trasformazione in nuovi beni ad opera dell’uomo. Attività intermediaria è solo quella nella quale ricorre sia l’acquisto sia la vendita di beni. • Sono perciò civili (secondo parte della dottrina), le imprese che: • producono beni senza trasformare materie prime (miniere, caccia e pesca), • producono servizi senza trasformazione, a parte quelle indicate nei numeri 3 e 4 dell’art. 2195 c.c. • vendonobeni propri, • erogano credito con propri mezzi.

  7. Tesi contraria ad impresa civile(prevalente) • L’industrialità sarebbe sinonimo di attività non agricola. L’intermediazione sarebbe sinonimo di scambio. • In sostanza l’art. 2195 c.c. finirebbe per stabilire che è commerciale ogni attività che non venga qualificata come agricola. Nessuno spazio per l’impresa civile. • Il dualismo impresa agricola – impresa commerciale troverebbe conferma in numerose norme. • Si consideri che per il legislatore l’ipotesi di base è quella dell’imprenditore commerciale, al cui statuto (più rigoroso) sono sottratte alcune fattispecie che costituiscono eccezioni allo schema base.

  8. Importanza imprenditore agricolo Si applica lo statuto dell’imprenditore in generale. Si tratta di una definizione di carattere essenzialmente negativo: Stabilire quando non si applica lo statuto dell’imprenditore commerciale: iscrizione registro delle imprese, ma oggi …. obbligo tenuta contabilità, ma leggi fiscali …. soggezione procedure concorsuali (è l’aspetto determinante). La questione dell’esistenza dell’impresa civile.

  9. Imprenditore agricolo - 2135 «È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento di animali e attività connesse». «Per coltivazione del fondo, per silvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine». «Si intendono comunque connesse le attività esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenute prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del terreno e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge».

  10. Attività agricola essenziale Qualsiasi produzione di specie vegetali ed animali in base al ciclo biologico (orticoltura, serre, vivai, floricoltura, coltivazioni fuori terra, allevamenti bestiame e animali da cortile anche in batteria, allevamenti cavalli da corsa o animali da pelliccia, acquacoltura). La silvicoltura implica la coltivazione del bosco (non è attività agricola l’estrazione del legname senza coltivazione del bosco). All’imprenditore agricolo è stato equiparato l’imprenditore ittico (pesca in genere) dal D. Lgs. 18-05-2001, n. 226, art. 2).

  11. Attività agricole per connessione (1) • Attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti ottenuti prevalentemente da un’attività agricola essenziale; • Attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzatura o risorse normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, comprese quelle di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale e le attività agrituristiche (l.20-02-2006, n. 96).

  12. Attività agricole per connessione (2) • Si tratta di attività che sarebbero commerciali, ma che sono considerate agricole quando sono connesse ad un’attività agricola essenziale. Devono sussistere tutte due questi requisiti: • connessione soggettiva, chi esercita l’attività deve essere imprenditore agricolo; tale connessione la legge ritiene sussista anche • per le cooperative e i consorzi tra agricoltori quando operano prevalente con i soci o consorziati (art. 1, 2° co., d. lgs. 228/2001); • soc. di persone o s.r.l., costituite da imprenditore agricoli che esercitano esclusivamente la manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti agricoli ceduti dai soci. • connessione oggettiva, è necessario e sufficiente che si tratti di attività inerenti prodotti ottenuti prevalentemente nell’esercizio dell’attività agricola od ottenuti utilizzando prevalentemente attrezzature o risorse dell’azienda agricola.

  13. Piccolo imprenditore • Si tratta ancora di uno statuto in deroga a quello dell’imprenditore commerciale, anche se si tratta di piccolo imprenditore commerciale. • L’iscrizione nel registro delle imprese è comunque prevista, ma solo con finalità di pubblicità notizia. • Il legislatore propone diverse figure di piccolo imprenditore: • art. 2083 c.c., • legge quadro artigianato, • legge fallimentare.

  14. Nozione civilistica di piccolo imprenditore (art. 2083 c.c.) • «Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia». • Si ritiene che il criterio delineato nell’ultima parte della norma vada utilizzato per identificare le figure tipiche elencate nella prima parte della norma. Per potersi parlare di piccolo imprenditore ai sensi del c.c. devono ricorrere le seguenti condizioni: • l’imprenditore presta la propria attività lavorativa nell’impresa; • il suo lavoro (e quello dei familiari) nell’impresa deve prevalere sia rispetto al lavoro prestato da terzi, sia rispetto al capitale investito. La prevalenza non va intesa in senso aritmetico, bensì qualitativo- funzionale.

  15. Nozione fallimentare di piccolo imprenditore (art, 1 l.f.) • Attivo patrimoniale annuo nei tre anni precedenti > €. 300.000,00; • ricavi lordi annui nei tre anni precedenti > €, 200.000,00; • esposizione debitoria > €. 500.000,00. • Per non escludere la possibilità di essere dichiarati falliti occorre dimostrare di non superare nessuna di queste soglie. • Non si fa luogo alla dichiarazione di fallimento se l'ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell'istruttoria prefallimentare è complessivamente inferiore a €. 30.000,00 (art. 15, 9° co., l.f.). • I limiti quantitativi possono essere aggiornati ogni tre anni con decreto del Ministro della giustizia, sulla base della media delle variazioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati intervenute nel periodo di riferimento. • I limiti valgono tanto per le imprese individuali come per le società.

  16. Ruolo dell’art. 2083 c.c. • Per ciò che concerne la fallibilità si applica la nozione di cui all’art. 1 l.f.. • La nozione dettata dall’art. 2083 si utilizza per applicare la parte restante dello statuto dell’imprenditore commerciale, ma ha perso buona parte del proprio significato.

  17. Nozione di artigiano nella legge quadro (l. 08-08-1985, n. 443) • La nozione dettata dalla legge quadro ha rilevanza ai fini dell’applicazione della disciplina speciale (spesso agevolativa) dettata dalla legge stessa e del collegato obbligo di iscrizione nell’albo delle imprese artigiane. • Ma il privilegio artigiano?

  18. Elementi qualificanti impresa artigiana secondo legge quadro • Oggetto dell’impresa: qualsiasi attività di produzione di beni, anche semilavorati, o di prestazione di servizi. • Ruolo dell’artigiano: deve svolgere in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo, ma non è richiesto che il suo lavoro prevalga sugli altri fattori produttivi. • È previsto un limite massimo di numero dei dipendenti, variabile in relazione alla tipologia dell’attività.

  19. Società artigiana In base al testo originario della legge quadro la qualifica artigiana spetta anche alle società cooperative o in nome collettivo, a condizione che la maggioranza dei soci ovvero uno se sono due svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo e che nell’impresa il lavoro abbia funzione prevalente sul capitale (il lavoro in genere, non solo quello dei soci). La qualifica artigiana è stata prima (l. 133/1997) estesa a s.r.l. unipersonali e s.a.s. a condizione che il socio unico e tutti gli accomandatari siano in possesso dei requisiti previsti per l’imprenditore artigiano e non siano contemporaneamente socio unico di altra s.r.l. o socio di altra s.a.s. Successivamente (l. 57/2001) la qualifica è stata estesa anche alle s.r.l. pluripersonali, a condizione che la maggioranza dei soci, ovvero uno se sono due svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo e detenga la maggioranza del capitale sociale e degli organi deliberanti della società.

  20. Artigiano e piccolo imprenditore La figura di artigiano delineata dalla legge quadro si distacca in modo evidente da quella tratteggiata dall’art. 2083: elevato numero dipendenti, possibile assunzione di forme societarie, Lo scopo della legge quadro è dichiaratamente quello di fissare i principi direttivi che dovranno essere osservati dalle regioni nell’emanazione delle provvidenze connesse con l’iscrizione nell’albo delle imprese artigiane. D’alta parte il rispetto dei requisiti previsti dalla legge quadro non basta ad escludere l’artigiano dello statuto dell’impresa commerciale, essendo necessario che siano rispettati anche i requisiti di cui all’art. 2083 c.c.. Per la soggezione al fallimento si deve poi fare riferimento ai parametri dettati dall’art. 1 l.f. a prescindere dall’iscrizione all’albo delle imprese artigiane. Ne si può affermare che le imprese ivi iscritte sono imprese civili, mancando i requisito dell’industrialità.

  21. Impresa familiare impresa nella quale collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini fino al secondo dell’imprenditore, art. 230-bis c.c., è un'impresa individuale, non collettiva, non va confusa con piccola impresa, è un istituto a carattere obbligatorio non incide sulla titolarità dei beni aziendali, la gestione dell’impresa spetta all’imprenditore, solo nelle scelte più rilevanti sono coinvolti i collaboratori, fallisce solo l’imprenditore.

  22. Diritti collaboratori diritto al mantenimento, diritto di partecipazione agli utili, diritto sui beni acquistati con gli utili e sugli incrementi di valore dell’azienda, diritto di prelazione sull’azienda in caso si divisione ereditaria o di trasferimento (art. 732 c.c., tutela reale), diritto di partecipazione alle decisioni di gestione straordinaria dell’imprese e ad alcune decisioni di particolare rilievo come l’impiego degli utili e degli incrementi, la fissazione degli indirizzi produttivi, la cessazione dell’impresa). In tali casi è previsto il voto a maggioranza (per teste?). La partecipazione è trasferibile solo a familiari e con il consenso unanime dei familiari già partecipanti. La partecipazione è liquidabile in denaro qualora cessi l’impresa.

  23. Impresa coniugale (art. 177 c.c.) Aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio. In tal caso l’azienda è in comunione ed entrambi i coniugi assumono la qualifica di imprenditori (gestione e rappresentanza disgiunta per l’ordinaria amministrazione e congiunta per la straordinaria). I creditori possono rifarsi sui beni comuni, esauriti i quali potranno agire su quelli personali di ognuno dei coniugi, ma nella misura della metà del credito. Aziende costituite da uno dei coniugi prima del matrimonio e successivamente gestite da entrambi. Entrambi i coniugi sono imprenditori, ma la comunione riguarda solo gli utili e gli incrementi. Si tratta di un’eccezione al principio generale che l’esercizio in comune di un’impresa da luogo ad una società.

  24. Impresa femminile (L. 25-02-95 n. 215) Caratterizzate da prevalente composizione femminile nel capitale delle imprese collettive: società cooperative e società di persone costituite in misura non inferiore al 60% da donne; società di capitali con i due terzi di donne detentrici delle quote di partecipazione presenti nell’organo amministrativo; imprese individuali gestite da donne. Per tali aziende sono previsti: contributi in conto capitale e a fondo perduto fino al 50% delle spese di impianto e innovazione; contributi fino al 30% delle sepse di acquisizione di servizi.

  25. Impresa collettiva La forma tipica per l’esercizio collettivo dell’impresa è la società. Ma non è l’unico. Le società si possono distinguere in società non commerciali (società semplice), società commerciali (tutte le altre). La società semplice può essere utilizzata per l’esercizio di attività non commerciale (art. 2249 c.c.), le altre possono invece essere utilizzate anche per attività non commerciali, per cui si può parlare di: società di tipo commerciale che esercitano attività commerciale, società di tipo commerciale che esercitano attività agricola.

  26. Applicazione disciplina impresa commerciale alle società Parte dello statuto dell’impresa commerciale si applica a tutte le società commerciali a prescindere dall’oggetto (iscrizione registro imprese e tenuta contabilità). Solo le imprese ad oggetto commerciale sono soggette al fallimento ed alle altre procedure concorsuali. Nelle s.n.c. e s.a.s. parte dello statuto dell’impresa commerciale è estesa anche ai soci (tutti nella s.n.c., gli accomandatari nella s.a.s.). Così la disciplina relativa alla capacità per l’esercizio dell’impresa commerciale si applica solo ai soci. Quella relativa al fallimento si applica anche ai soci.

  27. Impresa pubblica Lo stato e gli enti pubblici possono esercitare l’impresa in tre modi: direttamente, attraverso proprie strutture (imprese organo), in tal caso l’esercizio delle imprese è secondario ed accessorio, costituendo Enti pubblici economici, diffusi fino ai primi anni 90, poi sono stati liquidati o trasformati in s.p.a., partecipando a società di diritto privato, in tal caso l’impresa è soggetta alla disciplina propria. Una norma particolare è prevista per la norma degli organi sociali (art. 2449 c.c.).

  28. Art. 2449 c.c. Nelle società con partecipazione dello stato o di enti pubblici, lo statuto può ad essi (stato o enti pubblici) conferire la facoltà di nominare un numero di amministratori, sindaci o componenti del consiglio di sorveglianza proporzionale alla partecipazione al capitale sociale (1° co.). Tale clausola statutaria può essere prevista solo negli statuti delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio.

  29. Enti pubblici economici Sono sottoposti allo statuto dell’imprenditore e, se l’attività è commerciale, a quello dell’imprenditore commerciale. Non sono soggetti al fallimento (art. 2221 c.c. e art. 1 l.f.), ma a liquidazione coatta amministrativa disciplinata delle legge speciali.

  30. Imprese organo Art. 2093 nei confronti delle imprese organo si applicano le disposizioni del libro quinto c.c. “limitatamente alle imprese da essi esercitate”. Tuttavia “sono salve le diverse disposizioni di legge”. Sono implicitamente esonerate dall’iscrizione nel registro delle imprese, i quanto prevista solo per gli enti pubblici aventi come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di un’attività commerciale. Sono espressamente esonerati dalle procedure concorsuali (art. 2221 c.c.). Saranno perciò soggette all’obbligo di redazione delle scritture contabili, ma è prevalente la tesi contraria. Alle imprese organo (commerciali) finirebbe per applicarsi solo lo statuto dell’imprenditore in generale.

  31. Impresa comunitaria Manca una nozione di impresa comunitaria. Se ne ha traccia nell’attività della commissione in materia di antitrust e nelle decisioni, sullo stesso argomento, della corte di giustizia. In campo comunitario è imprenditore chiunque svolga un’attività economica ed operi sul mercato.

  32. Imprese esercitate da associazioni e fondazioni Anche associazioni e fondazioni possono porre in essere attività che abbiano le caratteristiche dell’impresa ed in particolare di quella commerciale. L’esercizio di attività commerciale da parte di questi enti, pur presentandosi come strumentale rispetto al loro scopo istituzionale, può anche essere l’oggetto principale od esclusivo dell’ente. L’ente diventa imprenditore commerciale con tutte le implicazioni che ciò comporta. L’esercizio dell’attività commerciale potrebbe essere anche solo accessorio, ma anche in tali casi, essendoci professionalità, vi è l’acquisto della qualità di imprenditore commerciale. Ma parte della dottrina e la giurisprudenza sono di parere opposto richiamando l’art. 2201 c.c. Si ritiene che il fallimento dell’associazione non riconosciuta non comporti anche il fallimento degli associati (arg. Art. 147, 1° c., l.f. e art. 9 d. lgs. 240/1991),

  33. Impresa sociale(d.lgs. 24-03-2006 n. 155) Art. 1: possono acquistare la qualifica di impresa sociale tutte le organizzazioni private che esercitano in via stabile e principale un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio ei beni o servizi di utilità sociale. I beni e servizi sono tassativamente indicati dal D. lgs. L’impresa sociale non può avere scopo di lucro. Eventuali utili devono essere utilizzati per lo sviluppo dell’attività statutaria. Attenzione! L’impresa sociale è impresa ai sensi dell’art. 2082, perché: secondo Campobasso perché deve essere esercitata con modo economico (i ricavi devono superare i costi); Secondo AAVV perché si verifica un lucro oggettivo consistente nell’utilità sociale perseguita dall’impresa sociale. Il patrimonio non può essere distribuito a quanti fanno parte dell’organizzazione, né durante l’attività né al momento dello scioglimento. Sono posti vincoli alle operazioni straordinarie per tutelare lo scopo non lucrativo.

  34. Forma dell’impresa sociale L’impresa sociale può essere organizzata in qualsiasi forma, compresa l’associazione. In particolare possono essere impiegati tutti i tipi societari. La disciplina della forma adottata troverà applicazione tutte le volte che non è derogata da quella speciale dell’impresa sociale. Secondo AAVV è esclusa la possibilità dell’impresa sociale individuale. Più imprese sociali possono costituire un gruppo di imprese. Non possono essere qualificate imprese sociali le amministrazioni pubbliche e le organizzazioni che erogano beni e servizi a favore dei propri associati.

  35. Responsabilità per le obbligazioni Se la società ha adottato un modello che prevede la responsabilità illimitata dei partecipanti (società di persone), dal momento dell’iscrizione nel registro delle imprese, risponde solo la società con il suo patrimonio se ha un patrimonio netto superiore a 20.000 Euro. Se il patrimonio diminuisce per perdite di oltre un terzo al di sotto dei 20.000 Euro, delle obbligazioni assunte risponde anche personalmente e solidalmente chi ha agito in nome e per conto dell’imprese, non gli altri soci.

  36. Disciplina speciale Le imprese sociali qualsiasi attività esercitino: devono costituirsi per atto pubblico, osservando le prescrizioni della legge speciale circa il contenuto dell’atto costitutivo, l’atto costitutivo deve prevedere la separazione della revisione legale dei conti dal controllo gestionale. Deve essere prevista la nomina di uno o più sindaci incaricati del controllo gestionale. Il controllo contabile è affidato a revisori iscritti nel registro dei revisori qualora siano superati i limiti previsti per la redazione del bilancio in forma abbreviata, salvo l’applicazione delle norme specifiche delle norme di capitali, qualora si adotti tale forma. devono iscriversi in un’apposita sezione del registro delle imprese, devono redigere le scritture contabili, in caso di fallimento sono soggette a liquidazione coatta amministrativa invece che a fallimento, sono soggette alla vigilanza del Ministero del Lavoro che può disporre la perdita dei requisiti e quindi la cancellazione dal registro.

  37. Figure di imprenditore Lorenzo Benatti lorenzo.benatti@unipr.it

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