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Diagnostica e terapia dello shock

Diagnostica e terapia dello shock. P. Angeli D ipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Azienda-Università di Pad ova. Treviso 4 Maggio 2009. SHOCK. Definizione.

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Diagnostica e terapia dello shock

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  1. Diagnostica e terapia dello shock P. Angeli Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Azienda-Università di Padova Treviso 4 Maggio 2009

  2. SHOCK Definizione • Lo shock è uno stato fisiopatologico caratterizzato da una riduzione a carattere sistemico della perfusione tissutale. Sebbene gli effetti della ridotta perfusione tissutale siano inizialmente reversibili, la prolungata carenza di ossigeno a livello tissutale porta all’ipossia cellulare e quindi alle seguenti alterazioni: • Disfunzione della pompa Na+/K+ ATPasi a livello della membrana cellulare • Edema cellulare • Fuoriuscita di contenuti cellulari nello spazio extracellulare • Indaguato controllo del pH intracellulare. • Queste alterazioni divengono rapidamente irreversibili portando a morte cellulare, danno d’organo, danno multiorgano e morte. Ne deriva che la diagnosi rapida di uno stato di shock è di importanza cruciale.

  3. SHOCK Mortalità (%) ad 1 mese dall’insorgenza dello shock Septic shock Cardiogenic shock

  4. SHOCK Classificazione dello shock • Si riconoscono tre tipi principlai di shock: • Ipovolemico • Cardiogenico • Distributivo o vasodilatatorio • Shock settico • Da attivazione della risposta infiammatoria (ustioni, pancreatite, politraumatismo) • Anafilattico • Tossico • Da insufficienza corticosurrenalica • Neurogenico • Da grave ipotiroidismo

  5. SHOCK Caratteristiche cliniche dello shock • La presentazione clinica dello shock varia in relazione al tipo ed alla causa ma alcune caratteristiche sono comuni in particolare: • Ipotensione arteriosa (una pressione arteriosa sistolica < 90 mm Hg o comunque una riduzione della pressione arteriosa sistolica > 40 mm Hg) • Cute fredda e sudata (legata alla marcata vasocostrizione periferica), con l’eccezione dello shock settico o distributivo • Oliguria • Alterazioni dello stato di coscienza: agitazione, progressione verso lo stato confusionale o delirante ed evoluzione finale verso il coma. • Acidosi metabolica legata alla ridotta clearance del lattato da parte di fegato, reni e muscoli scheletrici.

  6. SHOCK Management del paziente in shock • Posizionamento di un Swan-Ganz: • valutazione della portata cardiaca • valutazione della pressione nei capillari polmonari • valutazione delle resistenze vascolari periferiche • Posizionamento di un catetere venoso centrale (atrio destro): • valutazione della pressione venosa centrale • monitoraggio della espansione del volume plasmatico • monitoraggio degli effetti dei farmaci vasocostrittori.

  7. SHOCK Caratteristiche emodinamiche degli stati di shock o =

  8. SHOCK IPOVOLEMICO Definizione • Lo shock ipovolemico si verifica quando c’è un’eccessiva perdita di acqua e soluti dal compartimento extracellulare. Ciò può verificarsi a livello gastrointestinale, a livello renale, a livello polmonare o per sequestrazione in un “terzo spazio” che non è in equilibrio con il liquido extracellulare. • I principali meccanismi di difesa dell’organismi nei confronti dell’ipovolemia sono: • l’introito con la dieta di acqua e odio • la ritenzione renale di sodio ed acqua.

  9. SHOCK IPOVOLEMICO Cause di shock ipovolemico (1) • Gastrointestinali - ogni giorno da 3 a 6 litri di acqua e soluti sono secreti nel lume del tratto gastrointestinale. Questo fluido è riassorbito pressochè completamente (soltanto 100-200 ml vengono persi con le feci). Quidi, emorragia gastrointestinale a parte, una ipovolemia si può stabilire per: • Ridotto riassorbimento • Vomito • Diarrea • Drenaggio pancreatico o biliare • Aumentata secrezione • Diarrea • Renali - ogni giorno da 130 a 160 litri di acqua e soluti sono filtrati a livello glomerulare. Il 98-99 % del filtrato viene riassorbito. Quindi basta una riduzione dell’1-2% del riassorbimento tubulare per portare ad una diuresi/die di 3-4 litri. Questo può accadere per: • Somministrazione di diuretici • Diuresi osmotica (scompenso diabetico) • Insufficienza renale • Diabete insipido neurogeno o nefrogeno

  10. SHOCK IPOVOLEMICO Cause di shock ipovolemico (2) • Sequestrazione in terzo spazio – si intende la raccolta di un liquido in uno spazio che non è in equilibrio con il compartimento extracellulare. • Emorragia nella sede di una frattura • Ostruzione intestinale • Pancreatite acuta • Peritonite • Otstruzione di un grande sistema venoso (vena cava inf., vena porta)

  11. SHOCK IPOVOLEMICO Manifestazioni cliniche della deplezione di volume (1) • Sintomi legati alla deplezione di volume: • Astenia, affaticabilità, sete, crampi muscolari, vertigini posturali • Alterazioni dello stato di coscienza • Sintomi legati al tipo di liquido perso: • I sintomi da deplezione di volume si verificano quando il fluido perso è isoosmotico • Se il liquido perso è rappresentato prevalentemente da acqua (sudorazione, diabete insipido) prevalgono i sintomi dell’ipernatremia.

  12. SHOCK IPOVOLEMICO Manifestazioni cliniche della deplezione di volume (2) • Sintomi legati alle alterazioni elettrolitiche e dell’equilibrio acido-base che accompagnano la deplezione di volume: • Debolezza muscolare legata all’ipokaliemia o all’iperkaliemia • Poliuria e polidipsia legate all’ipokaliemia • Letargia, confusione mentale, coma legati all’ipernatremia o all’iponatremia

  13. SHOCK IPOVOLEMICO Esame obiettivo nello deplezione di volume • Cute e mucose: • Perdita dell’elasticità cutanea (nei soggetti giovani) • Secchezza delle ascelle • Secchezza della lingua e del cavo orale • Pressione arteriosa: • Ipotensione ortostatica • Ridotta intensità dei toni di Korotkoff • Peso corporeo: • La riduzione rapida del peso corporeo (molto importante nell’anziano)

  14. SHOCK IPOVOLEMICO Esame urine • Volume urinario: • E’ solitamente ridotto (oliguria) • L’oliguria può mancare in presenza di una diuresi osmotica, di un diabete insipido o di una grave ipokaliemia • Esame urine (in particolare il sedimento): • E’ solitamente normale • Sodio e cloro urinari: • Nella deplezione di volume è solitamente < 25 mEq/l • Il cloro è più affidabile del sodio nell’alcalosi metabolica • Osmolarità urinaria. • E’ solitamente elevata (> 450 mosm/lg o P.S. > 1015) • L’osmolarità può essere bassa nel diabete insipido e in presenza di una grave ipokaliemia

  15. SHOCK IPOVOLEMICO Esami ematochimici • Rapporto BUN/creatinina: • Nell’ipovolemia il 40%-50% dell’urea filtrata a livello glomerulare viene riassorbita nel tubulo prossimale e questo porta il rapporto BUN/creatinina da 10 a 1 a 20 a 1 • Il rapporto BUN/creatinina può però aumentare anche quando aumenta la produzione di urea (emorragia intestinale) • Il livello della creatinina aumenta solo se la deplezione di volume è così grave da ridurre la velocità di filtrazione glomerulare • Potassiemia: • Può essere aumentata o ridotta. • L’ipokaliemia è più frequente • Equilibrio acido-base • Può non essere alterato. • Una acidosi metabolica si verifica in caso di perdità di bicarbonato (diarrea) • Un’alcalosi metabolica può verificarsi a seguito di vomito, sondino naso-gastrico, uso di diuretici. • Ematocrito ed albumina • Tendono ad aumentare nella deplezione di volume

  16. SHOCK IPOVOLEMICO Terapia nel paziente in shock ipovolemico • Una rapida correzione dell’ipovolemia è indicata in caso di deplezione di volume grave o di shock ed ha lo scopo di: • Evitare il danno ischemico (cardiaco, cerebrale) • Evitare che lo shock diventi irreversibile • Evitare il danno multiorgano

  17. SHOCK IPOVOLEMICO Trattamento dello shock ipovolemico In caso di shock ipovolemico l’eventuale infusione dei farmaci vasoattivi deve essere preceduta o dalle misure dirette a ripristinare la volemia.

  18. SHOCK IPOVOLEMICO Tipo di liquidi da somministrare • Il tipo di fluido impiegato per il trattamento di un’ipovolemia o di uno shock ipovolemico dipende dal tipo di fluido che è stato perso, quindi: • In caso di emorragia vanno somministrate emazie concentrate in modo da portare l’ematocrito a valori non superiori a 35 %. • In caso di perdita di liquido dal compartimento extracellulare si possono usare soluzioni saline o soluzioni colloidali (albumina, destrano, gelatina, amidi).

  19.  Coagulation  Risk of renal failure Colloids Albumin none of the above SHOCK What matters is the “quality” of volume Crystalloids  edema (2/3 out)

  20. SHOCK Relationship between the fluid infusion (V) and the changes in plasma volume and intesrtitial fluid volume in septic patients % Normal saline 5 % Albumin * = p < 0.05 * V V E.D. Belzberg, et al. Crit. Care. Med. 1999 ; 27 : 46-50.

  21. SHOCK Maximum of clot firmness (% of basal value) evaluated in vitro after 60% volume dilution % * = p < 0.05 vs Hydroxyethyl starch and vs Gelatin * T.T. Niemi, et al. Acta Anaesthesiol. Scand. 2005 ; 49 : 373-378.

  22. SHOCK Cochrane study – 1998 Meta-Analysis study mortality for all causes (albumin vs. fluid replacement) Endpoint: 30 randomized controlled studies 1419 patients Relative risks of albumin administration: Hypovolaemia: 1.46 (0.97-2.22) Burns: 2.40 (1.11-5.19) Hypoalbuminaemia: 1.69 (1.07-2.67) Cochrane Injuries Group Albumin Reviewers. BMJ 1998;317:235-240

  23. SHOCK - M.M. Wilkes’ Meta-Analysis study - 2001 Endpoint: mortality for all causes (albumin vs. fluid replacement) 55 randomized controlled studies 3504 patients Relative risks of albumin administration in all trials: 1.11 (0.95-1.28) Conclusions: “Overall, no effect of albumin on mortality was detected” Wilkes MM, Navickis RJ. Ann Intern Med 2001; 135:149-164

  24. SHOCK JL. Vincent’s study – 2003 90 cohort studies 291,433 patients 9 prospective controlled studies 535 patients The pooled Odds ratio for occurrence of complications was lower (0.74) among albumin recipients but the effect was not statistical significance. But: If albumin > 30 g/L complication rates in treated If albumin < 30 g/L complication rates in treated Vincent JL, et al. Ann Surg 2003 ; 237 : 319-334.

  25. SHOCK M. Jacob’s study – 2008 (limited to hyperocotic allbumin) 25 randomized clinical trials 1,495 patients Median n° of patients per trial 30 patients Overall survival was not affected by hyperoncotic albumin (pooled relative risk, 0.95 ; 95 % confidence interval 0.78-1.17). But: albumin complication rate albumin edema rate albumin renal impairment rate M. Jacob, et al. Critical Care 2008 ; 12 : R34.

  26. SHOCK Albumin infusion in critically ill patient Cochrane meta-analysis Harmful M.M.Wilkes meta-analysis Indifferent J.L. Vincent, M. Jacob meta-analysis Beneficial

  27. SHOCK SAFE study Prospectic, randomized double-blind trial 16 ICU (Australia, New Zeland) Intravascular-fluid resuscitation by 4% albumin infusion (treated group) or saline NaCl 0.9% infusion (control group) Treated group: 3497 patients 6997 Patients Control group: 3500 patients Primary outcome: death from any cause at 28-day period after randomization N. Engl. J. Med. 2004 ; 350 : 2247-56.

  28. SHOCK Comparison of albumin and saline for fluid resuscitation in the Intensive Care Unit The Safe study Investigators. New. Engl. J. Med. 2004 ; 350 : 2247-2256.

  29. SHOCK IPOVOLEMICO Relationship between cumulative dose of pentastarch and the percentage of patients who needed renal replacement therapy FM. Brunkhorst et al. N. Engl. J. Med. 2008 ; 358 : 125-139.

  30. SHOCK IPOVOLEMICO The effect of Voluven (V), a hydroxyethyl starch (130/0.4) on jugular oxygen content rate, versus Ringer solution in rabbit with acute hemorragic shock S. Cheng. et al. J. Trauma 2009 ; 66 : 676-682

  31. SHOCK IPOVOLEMICO The effect of Voluven (V), a hydroxyethyl starch (130/0.4) on cerebral oxygen extraction rate, versus Ringer solution in rabbit with acute hemorragic shock S. Cheng. et al. J. Trauma 2009 ; 66 : 676-682

  32. MANAGEMENT OF ASCITES IN PATIENTS WITH CIRRHOSIS Worsening of portal hypertension and hepatic dysfunction after repetead hydroxyethylstarch infusions Obstruction of sinusoids C. Christidis et al. J.Hepatol. 2001 ; 35 : 726-732.

  33. SHOCK IPOVOLEMICO Velocità e quantità di liquidi da somministrare • Non è possibile stabilire il deficit di volume nel singolo caso (specie se la perdita di fluido sta continuando), ne deriva che: • Va somministrata una quantità di soluzione salina isotonica (1-2 litri) il più rapidamente possibile. • La somministrazione di altra soluzione salina va continuata alla stessa velocità sin tanto che la pressione arteriosa rimane bassa o lo stato mentale e l’oliguria non migliorano. • Nei pazienti che non rispondono rapidamente, vanno posizionati un catetere in arteria radiale ed un CVC.

  34. SHOCK CARDIOGENO Definizione e cause • Lo shock cardiogeno è uno stato di inadeguata perfusione tissutale legato ad una riduzione della portata cardiaca. • La causa più frequente di shock cardiogeno è l’infarto miocardico acuto (IMA). Lo shock cardiogeno complica circa il 6% dei casi di IMA, in particolare gli IMA con onda Q. • La maggior parte dei pazienti con IMA va incontro allo shock cardiogeno dopo il ricovero (circa il 50-75% di essi nelle prime 24 ore con un tempo medio di 5.5 ore). Lo shock può coincidere con un nuovo episodio di dolore toracico è può essere legato a: • un nuovo episodio di ischemia/infarto • una rottura del setto interventricolare o della parete libera del ventricolo sinistro • la rottura di un muscolo papillare • un’aritmia • l’uso di farmaci (es. beta-bloccante).

  35. SHOCK CARDIOGENO Diagnostica differenziale In un paziente con IMA possono verificarsi anche altri tipi di schock in rapporto a: • Terapia anticoagulante o trombolitica (shock emorragico) • Contaminazione di cateteri venosi o foci infettivi (shock settico) • Terapia diuretica intensiva (shock ipovolemico).

  36. SHOCK CARDIOGENO Diagnostica differenziale • Cause più rare di shock cardiogeno sono: • la dissezione aortica prossimale • miocardiopatia dilatativa od ostruttiva • una miocardite fulminante • trauma miocardico • by pass aorto-polmonare protratto

  37. SHOCK CARDIOGENO Iter diagnostico • Ecocardiografia: • Ridotta funzione ventricolare sinistra e/o destra • Severo reflusso mitralico • Rottura del setto interventricolare • Dissezione aortica prossimale • Tamponamento cardiaco

  38. SHOCK CARDIOGENO Manifestazioni cliniche • Ipotensione arteriosa • Segni di ipoperfusione tissutale (estremità fredde, oliguria) • Dispnea legata alla congestione polmonare • I pazienti che sviluppano uno shock cardiogeno dopo un IMA lo possono fare lentamente presentando segni di bassa portata cardiaca prima della comparsa dell’ipotensione arteriosa quali: • Oliguria • Estremità fredde • Tachicardia

  39. SHOCK CARDIOGENO Principi fondamentali di trattamento (1) • Va prefrerita la somministrazione per via endovenosa dei farmaci che si decide da somministrare. • Diuretici ed ossigeno possono essere sufficienti per controllare l’edema polmonare. Possono essere, se necessario aggiunti la morfina e vasodilatatori (nitrati o nesiritide). • Un farmaco inotropo (dopamina, dobutamina) o un farmaco nel contempo inotropo e vasodilatatore (levosimendan o inibitori delle fosfodiesterasi) possono essere considerati se si evidenziano segni di grave riduzione della portata cardiaca. • Non è consigliabile la somministrazione della dobutamina nel paziente che sta assumendo un beta-bloccante o nel paziente con IMA.

  40. DOBUTAMINA CLOROIDRATO Recettori adrenergici + + α β2 Parete Lume Vaso arterioso La dobutamina non ha un sostanziale effetto sul tono vascolare

  41. DOBUTAMINA CLOROIDRATO I recettori β1-adrenergici si trovano prevalentemente a livello cardiaco +++ La stimolazione dei recettori β1-adrenergici a livello cardiaco determina: a) aumento della frequenza cardiaca e b) aumento della contrattilità +++ A livello cardiaco attraverso i recettori β1 la dobutamina determina aumento della frequenza e della portata cardiaca.

  42. DOBUTAMINA CLOROIDRATO • E’ una catecolamina sintetica chimicamente simile alla dopamina con azione sui recettori adrenergici β1 cardiaci. La dobutamina determina incrementi di breve durata della portata cardiaca aumentando la contrattilità miocardica con effetti modesti sia sulla frequenza cardiaca che sulla pressione arteriosa. Per ciò che concerne in particolare lo scarso effetto sulla pressione arteriosa è necessario ricordare che l’incremento della portata cardiaca viene controbilanciato dalla riduzione delle resistenze periferiche. L’effetto massimo del farmaco si instaura rapidamente (2-10 minuti) ma si mantiene solo per poche ore. Il farmaco viene metabolizzato nel fegato d in altri tessuti ed i suoi metaboliti vengono eliminati con le urine. • Indicazioni cliniche : trattamento dello scompenso ventricolare sinistro acuto o cronico legato a miocardiopatie o ad interventi cardiochirurgici. • Indicazioni controverse e/o in corso di definizione: mantenimento della portata cardiaca in bambini con cardiopatie congenite durante cateterismo cardiaco.

  43. DOBUTAMINA CLOROIDRATO • Preparati commerciali:MIOZAC fiale da 250 mg/20 ml • Dosaggio:2.5 – 10 µg/Kg/min in infusione continua lenta come dose iniziale, aumentando progressivamente la dose sino a raggiungere l’effetto ottimale o fino sino a raggiungere i 40 µg/Kg/min. Dose superiori a 40 µg/Kg/min, anche se possono essere talora impiegate, sono potenzialmente tossiche. La dose adeguata va stabilita sulla base del ripristino di una adeguata perfusione tissutale che è riflessa da due parametri: il livello della PAO media (MAP) e la diuresi oraria che è un ottimo indice della perfusione renale e quindi più in generale della perfusione tessutale. • Monitorare, se possibile, la pressione venosa centrale, la pressione capillare polmonare e la portata cardiaca. • La somministrazione non viene solitamente protratta oltre le 72 ore.

  44. Dobutamina- Avvertenze per la preparazione e l’infusione • Preparazione: Diluire il contenuto di 1 fliale da 250 mg in una soluzione di volume pari ad almeno 50 ml. Si possono impiegare: • Soluzioni glucosate al 5% • Sluzioni glucosate al 10% • Soluzione fisiologica (NaCl 0.9%) • Soluzione Ringer-lattato Conservazione: La soluzione di dobutamina deve essere utilizzata entro le 24 ore dopo la preparazione. Una lieve colorazione rosa della soluzione, legato all’ ossidazione del farmaco, non significa inattivazione del farmaco. Non refrigerare la soluzione perché cristallizza. • Incompatibilità con: sodio bicarbonato, aminofilllina, valium, digossina, , furosemide, acido etacrinico, eparina, idrocortisone, insulin, foscarnet, acyclovir, penicillina G, cefazolina, cafamandolo, cefalotina, fenitoina, magnesio solfato, calcio cloidrato, calcio-gluconato, etanolo. Si possono somministrare nella stessa linea d’infusione: dopamina, lidocaina, potassio cloroidrato. • Modalità di infusione: E’ tassativo l’impiego di un dial-flow se si utilizzano queste soluzioni per ottenere un più accurato dosaggio se non si utilizza un pompa per l’infusione.

  45. Dobutamina – Effetti indesiderati • Gli effetti indesiderati più frequenti sono: • Tachicardia • Ipertensione arteriosa • Extrasistoli • Effetti indesiderati meno frequenti sono: • Dolore toracico (spesso anginoso) • Cefalea • Ipopotassiemia • Dispnea • Flebite nella sede di infusione • Ipotensione arteriosa • Nella maggior parte dei pazienti la frequenza cardiaca aumenta di meno di 15 bpm e la pressione arteriosa sistolica aumenta meno di 20 mm Hg. Ridurre o sospendere temporaneamente l’infusione in caso di sovradosaggio accidentale o se la frequenza cardiaca aumenta troppo (più di 30 bpm) o se la pressione arteriosa aumenta troppo (più di 50 mm Hg per il valore della sistolica).

  46. β-adgrenergic signaling in cardiac tissue AC (+) 2- AR Gαs Gαs 1- AR (-) Gαi (-) enoximone RGS2 (+)  (-) PDE2a cAMP (+) (+) PLN PKA L-type C a2+ Troponin I Ca2+ SR Ca 2+ (+) Myofibril G. Ceolotto, et al. Hepatology 2008 ; 48 : 1913-1923.

  47. SHOCK CARDIOGENO Mechanism of action of new inotropic drugs in the cardiac tissue M. Tavares et al. Crit. Care Med. 2008 ; 36 (Suppl. 1) : S-112 - S-120.

  48. SHOCK CARDIOGENO Mechanism of action of new vasoactive drugs in the arterial wall M. Tavares et al. Crit. Care Med. 2008 ; 36 (Suppl. 1) : S-112 - S-120.

  49. SHOCK CARDIOGENO Levosimendan is superior to enoximone in refractory cardiogenic shock complicating myocardial infarction J.T. Fuhrmann et al. Crit. Care Med. 2008 ; 36 : 2257-2266.

  50. SHOCK CARDIOGENO Principi fondamentali di trattamento (2) • La somministrazione endovenosa di farmaci vasoattivi in relazione alla comparsa di ipoperfusione tessutale sembra produrre miglioramenti emodinamici e sintomatologici nel breve periodo, ma ci sono evidenze crescenti di un incremento della morbilità e della mortalità a lungo termine. • La considerazione di cui sopra è estendibile anche alla dobutamina.

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