1 / 9

FRUTTA IN VIA DI ESTINZIONE

Sembra incredibile ma anche la frutta sta scomparendo dal nostro pianeta, per fortuna qualcuno

jered
Download Presentation

FRUTTA IN VIA DI ESTINZIONE

An Image/Link below is provided (as is) to download presentation Download Policy: Content on the Website is provided to you AS IS for your information and personal use and may not be sold / licensed / shared on other websites without getting consent from its author. Content is provided to you AS IS for your information and personal use only. Download presentation by click this link. While downloading, if for some reason you are not able to download a presentation, the publisher may have deleted the file from their server. During download, if you can't get a presentation, the file might be deleted by the publisher.

E N D

Presentation Transcript


    1. FRUTTA IN VIA DI ESTINZIONE Eugenio Fratta target:coetanei giornale:l’urlo

    2. Sembra incredibile ma anche la frutta sta scomparendo dal nostro pianeta, per fortuna qualcuno è al corrente di ciò e si sta impegnando a conservare alcuni frutti. Qui sotto segue un ' intervista a Franco Fedrizzi. Egli abita a Toss e di professione fa l'avvocato (pentito, dice lui). La "causa" che più gli sta a cuore però è al di fuori delle aule del tribunale: gli è già costata un'istruttoria che dura ormai da trent'anni ed ha tutta l'aria di durare chissà quanto ancora. S'è messo in testa infatti di "salvare" le mele in via di estinzione. Dice Fedrizzi con tono accorato: "La monocultura delle mele Golden, ottime per carità, ha distrutto tutte le altre varietà. Io cerco di salvare il patrimonio genetico di frutti meravigliosi destinati altrimenti alla sparizione. Cerco le "piante madri" delle specie rare o a rischio di estinzione, vecchie piante malandate di due o trecento anni, prendo le gemme e le innesto nel mio piccolo vivaio. Finora sono riuscito a salvare oltre 40 varietà di mele e 30-35 di pere. Qui nel mio giardino ho, tra l'altro, la Calvilla bianca d'inverno, una mela nostrana, e la Nurca del casertano che qui in Val di Non acquisisce dei profumi favolosi. Ho anche la famosa prugna "Regina Claudia", una specie antica oggi rarissima, di origine francese, che dà dei frutti di eccezionale concentrazione zuccherina". Fedrizzi fa tutto questo per una passione nata da un sentimento puramente affettivo: questi frutti dai sapori perduti gli ricordano infatti la sua infanzia.

    3. Molti dei frutti scomparsi sono riprodotti nel Museo della frutta a Torino. Qui ci sono varie teche che contengono migliaia di tipi di mele e pere e circa l' ottanta per cento di esse si è estinto. MELE ANTICHE  PIEMONTE: Grigia di Torriana Magnana, Runsè, Carla, Renetta del Canada...

    4.     Le Antiche mele del piemonte sono un presidio Slow Food e vengono prodotte in modo biologico e integrato, fanno parte del paniere dei prodotti tipici della provincia di Torino ed i produttori sono fornitori ufficiali delle olimpiadi Torino 2006. Nei comuni di San Sicario, Pragelato e Pinerolo si  potranno prelevare le  antiche mele ed i loro derivati (Antiche mele disidratate e i famosi succhi Tuttomele, succo limpido di mela) nei distributori automatici messi a disposizione dell'Azienda Agricola Giordano.   ANTICHE MELE PIEMONTESI I terreni alluvionali della zona di Bibiana-Cavour si sono rivelati eccellenti per lo sviluppo di una fiorente melicoltura, oggi all'avanguardia nella regione. I frutti appartenenti alla denominazione "Antiche Mele Piemontesi" appartengono a otto antiche varietà: Grigia di Torriana, Carla, Runsè, Dominici, Magnana, Calvilla bianca, Buras, Gamba fina.

    5. In Piemonte, la coltivazione dei meli e degli altri alberi da frutto originò alla fine del Medioevo - nei vasti giardini di abbazie e monasteri - ove i monaci si dedicavano alla conservazione e al miglioramento delle varietà spontanee sopravvissute alle invasioni barbariche. Anche quando uscì dai poderi dei conventi, la frutta continuò ad essere alimento riservato alle classi privilegiate fino alla fine del Quattrocento, quando la coltivazione delle mele entrò a far parte dei comuni lavori agricoli. Le mele venivano consumate crude o cotte (spesso con anice o acqua di rose) e le confetture fecero la loro comparsa sulle tavole della nobiltà.

    6.     Oggi le mele antiche piemontesi (coltivate in un territorio che comprende anche alcuni Comuni limitrofi a Bibiana e in provincia di Cuneo) sono state scelte per far parte del paniere di prodotti tipici della Provincia di Torino per i loro caratteri organolettici di grande pregio e perché si prestano a particolari usi in cucina (cotte, al vino, nel pane, in crostate di frutta). Le "Antiche mele piemontesi" sono state adottate da Slow Food come uno dei Presidi della provincia di Torino. La Provincia di Torino è impegnata insieme con numerosi Enti nella tutela e nella valorizzazione di un patrimonio genetico preziosissimo che rischia di estinguersi. Una battaglia condotta in difesa della biodiversità, che offre alle Antiche Mele Piemontesi una nuova opportunità di essere conosciute, apprezzate e ricercate per le loro qualità uniche di sapore e salubrità.

    7. POMI DAL PASSATO Una mela al giorno toglie il medico di torno? Sì, ma solo se antica. Il Ministero dell'Agricoltura e le Associazioni dei dentisti statunitensi e inglesi hanno recentemente comunicato che le mele moderne fanno malissimo ai denti a causa di un eccessivo livello di zuccheri e acidi dovuto alle manipolazioni genetiche effettuate sulle piante. Che fare? Attingiamo ad antiche varietà nell'inventario europeo del melo.  Si chiama Rosa di Fondo e si trova nell'Alta Val di Non: si ritiene sia questo il più vecchio melo tuttora vivente in Europa con un'età che si aggirerebbe sui duecentoquaranta anni. Non così tanti, se pensiamo che il melo è conosciuto fin dall'antichità. Si hanno prove che fosse presente già nel neolitico, tanto è vero che in villaggi su palafitte risalenti a quel periodo sono stati ritrovati dei pezzetti di mela che probabilmente venivano fatti essiccare per la stagione invernale. Si trovano inoltre riferimenti a questo frutto nei testi greci sin dal VI secolo a.C. e presso i romani che lo apprezzavano molto e contribuirono ad estenderne la coltivazione nel nord dell'Europa dove si diffuse notevolmente grazie alla grande resistenza al freddo. Infine nel XVII secolo i primi coloni inglesi lo esportarono in America dove se ne trovavano solo specie semiselvatiche e poco produttive.

    8. Ma torniamo alla nostra Rosa di Fondo: mai sentita nominare questa varietà? Probabilmente no perché dal fruttivendolo siamo abituati a scegliere tra quattro, massimo cinque tipi di mele. Ma è una piccola scelta, se si pensa che fino agli anni '50 esistevano centinaia di qualità via via abbandonate. Ma ora stanno tornando in auge perché ci si è resi conto che i "meli moderni" presentano numerosi inconvenienti. Innanzitutto per una coltura più intensiva le piante vengono nanizzate: dove prima si trovava un vecchio melo oggi ci sono circa centodiciassette portinnesti. Questi però, avendo apparati radicali ridotti, non solo hanno una scarsa salubrità, ma richiedono molta acqua, numerosi concimi e grandi quantità di diserbanti che riducono al minimo la biodiversità moltiplicando i problemi. Inoltre le modifiche del DNA effettuate in laboratorio modificano le caratteristiche organolettiche del frutto per cui se un kg di mele antiche come la Calvilla Bianca, conteneva 310mg di Vitamina C, un kg di varietà moderna come la Golden ne presenta una quantità quattro volte inferiore.

    9. Vien da sé la necessità di riaddentare vecchie varietà. Ma quali? I primi a studiare e a far conoscere le qualità di mele scomparse dal mercato furono gli inglesi. Alla Stazione di Ricerca di East Malling, sede della più grande collezione di meli del mondo, il dottor Watkins avviò alla metà degli anni Ottanta il progetto "Inventario Europeo del Melo" che permise di individuare oltre 15 mila varietà di meli. Il nostro paese con altri sedici aderisce al progetto col Dipartimento di Coltivazioni Arboree delle facoltà di Agraria di Torino e di Bologna. Proprio in quest'ultima città si trova il campo collezione di vecchie qualità di melo più grande d'Italia. Lo studio si espande anche grazie all'appoggio di comunità montane, parchi nazionali e privati e vengono creati in tutta Italia campi con centinaia di varietà di frutti ormai dimenticati.

    10. IL MUSEO DELLA FRUTTA Il Museo della frutta nasce a Torino nel 1928, grazie a Fancesco Garnier Valletti che ha dato vita a una collezione di fedeli riproduzioni in cera di frutti. Il percorso espositivo si sviluppa attraverso una serie di ambienti in cui sono ricostruiti i laboratori, le sale museali, gli uffici di via Ormea 47. Un insieme di beni di interesse storico, scientifico e artistico costituiti dalla collezione di frutti artificiali, dall archivio storico, dalla biblioteca ricca di più di 19000 titoli, dagli arredi e dalle attrezzature storiche dei laboratori.

More Related