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La teoria del federalismo fiscale

La teoria del federalismo fiscale . Alessandro Fabbrini Università degli Studi di Trieste Corsi di laurea in Scienze internazionali e diplomatiche Gorizia, 26 marzo 2011. Il federalismo fiscale e l’organizzazione statale (1).

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La teoria del federalismo fiscale

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Presentation Transcript


  1. La teoria del federalismo fiscale Alessandro Fabbrini Università degli Studi di Trieste Corsi di laurea in Scienze internazionali e diplomatiche Gorizia, 26 marzo 2011

  2. Il federalismo fiscale e l’organizzazione statale (1) Il federalismo fiscale si occupa della determinazione di responsabilità, funzioni e modalità di finanziamento dei vari livelli di governo. Un’organizzazione statale può essere: • Unitaria/centralizzata • Decentrata • Federale • Confederale La nostra analisi teorica prescinde dalle domande del tipo decentramento vs. federalismo, per concentrarsi sulle questioni chi deve gestire i vari servizi pubblici e con quali mezzi di finanziamento.

  3. Il federalismo fiscale e l’organizzazione statale (2) • Nello Stato centralizzato tutte le decisioni vengono prese centralmente. I servizi pubblici locali vengono erogati da uffici decentrati che rispondono gerarchicamente agli uffici centrali. Se esistenti, le Amministrazioni decentrate si comportano come uffici centrali periferici. Come indicatori (approssimativi) del grado di accentramento, possiamo usare la quota di spesa delle Amministrazioni centrali sul totale della spesa pubblica, o la quota di entrate fiscali erariali sul totale. • Con il decentramento le Amministrazioni decentrate acquisiscono responsabilità e margini di autonomia finanziaria, ma il tutto promana da una decisione/delega del governo centrale.

  4. Il federalismo fiscale e l’organizzazione statale (3) • Nello Stato federale la distribuzione di compiti e l’autonomia finanziaria promanano dalla Carta costituzionale, godendo di maggior tutela rispetto al caso decentrato. Non è detto però che in uno Stato federale le Amministrazioni decentrate godano di maggiore autonomia di spesa e di finanziamento rispetto al decentramento. • Nella confederazione la delega proviene dal basso. L’organizzazione sovranazionale dipende dagli Stati membri.

  5. Teoria del federalismo fiscale: quesiti tipici Le tipiche questioni cui la teoria del federalismo fiscale vuole dare risposta sono: • Quali sono i vantaggi/svantaggi distributivi e di efficienza tra un’organizzazione decentrata e una accentrata? • Quali funzioni è consigliabile che svolga il governo centrale e quali i governi locali? • Esiste una dimensione ottimale delle giurisdizioni locali? • Come organizzare le relazioni finanziarie tra i livelli di governo? • Quali effetti ha il decentramento sulla spesa pubblica? • Quali gli strumenti fiscali a disposizione di ogni livello di governo?

  6. Teoria del federalismo fiscale: i pregi del federalismo In estrema sintesi una struttura federalista ha il vantaggio di sintonizzare maggiormente le scelte pubbliche alle preferenze (variabili sul territorio) dei cittadini/elettori e di responsabilizzare gli amministratori locali nelle loro scelte gestionali. La responsabilizzazione dei governi locali rende confrontabili le loro scelte, permettendo ai cittadini di esprimere giudizi sul loro operato. La mobilità territoriale dei fattori (capitale e lavoro) tenderà a beneficiare le Amministrazioni locali virtuose, ponendo nel contempo vincoli a deviazioni di comportamento dell’operatore pubblico locale.

  7. Teoria del federalismo fiscale: i pericoli del federalismo D’altro canto, in nazioni con forti differenze territoriali nella distribuzione del reddito, il federalismo fiscale può indebolire l’azione redistributiva del governo centrale e, se non applicato propriamente, introdurre diseguaglianze nell’offerta di servizi pubblici fino a minare i diritti di cittadinanza. È necessaria quindi un’attenta attività perequativa da parte del governo centrale. Inoltre la competizione fiscale tra Amministrazioni locali può portarsi a livelli eccessivi. È una delle tipiche situazioni di trade-off tra equità ed efficienza che caratterizzano lo studio dell’economia del settore pubblico.

  8. Il trade-off tra equità ed efficienza Il dibattito è aperto sulla forma del trade-off e sul valore relativo di equità ed efficienza. Vi sono però situazioni in cui il trade-off non si presenta (cfr. oltre i miglioramenti paretiani). equità efficienza

  9. L’economia del settore pubblico (1) Lo studio del federalismo fiscale rientra nella più ampia disciplina denominata Economia del settore pubblico. • Con un approccio micro, possiamo dire che studia le relazioni tra spesa pubblica, tassazione e il comportamento degli agenti economici (individui, famiglie, imprese). • Secondo uno sguardo macro, studia gli effetti di spesa pubblica e tassazione sull’economia. È una disciplina nata intorno agli anni ‘30 del ‘900 come evoluzione della Finanza pubblica, che concentrava la sua attenzione sul solo lato delle entrate (tassazione).

  10. L’economia del settore pubblico (2) Alcune tipiche domande cui l’economia del settore pubblico cerca di dare risposta: • Quali funzioni dovrebbe esercitare il settore pubblico? • Una data misura economica va a vantaggio/svantaggio di quale porzione della popolazione? • Quali effetti ha una nuova forma di tassazione sul funzionamento di mercato? • L’allocazione delle risorse tra funzioni pubbliche avviene in modo efficiente? • ...

  11. Chi ha bisogno del federalismo fiscale? (1) La giustificazione economica del federalismo e del decentramento si trova nella considerazione che • alcuni beni pubblici hanno benefici geograficamente limitati; • centralizzare ogni funzione comporta elevati costi decisionali. Vi sono poi ragioni non economiche che risiedono nell’organizzazione politica di uno Stato e sui pesi e contrappesi tra livelli di governo.

  12. Chi ha bisogno del federalismo fiscale? (2) Pensiamo ad esempio al problema di determinare contemporaneamente l’offerta di un servizio pubblico locale (gli asili nido) e del livello di governo che se ne dovrebbe occupare (cioè del bacino di popolazione che dovrebbe servire), data una funzione di congestione (o di esclusione) del tipo: La quantità di bene consumata dal cittadino i dipende dalla quantità totale Z e da un parametro α funzione della popolazione coinvolta. Una volta definiti le quantità, i bacini di utenza, le Amministrazioni che dovrebbero occuparsene, bisognerà pensare anche alle modalità di finanziamento del servizio.

  13. Piano di lavoro (1) Prima di dedicarci al federalismo fiscale vero e proprio dobbiamo anche dotarci di una serie di strumenti di analisi. Il nostro programma è quindi: • Ripresa dei concetti fondamentali dell’economia del benessere. • I fallimenti del mercato e la giustificazione dell’intervento pubblico • La mobilità dei cittadini garante di efficienza • Più nel dettaglio sui beni pubblici • Il «voto con i piedi» di Tiebout

  14. Piano di lavoro (2) • L’attribuzione delle funzioni ai vari livelli di governo. • Le funzioni pubbliche • L’attribuzione nella teoria e nella pratica. • Il teorema del decentramento di Oates • Il finanziamento della spesa pubblica locale: • Qualche concetto generale sulla tassazione • I tributi locali • I trasferimenti intergovernativi • Conclusioni: i principi del federalismo fiscale «ottimo»

  15. Economia del benessere I programmi pubblici vengono giudicati dagli economisti per i loro effetti sull’efficienza economica e sulla distribuzione del reddito/ricchezza/benessere. L’economia del benessere formula e applica criteri per giudicare sulla desiderabilità di proposte alternative. Spesso le questioni di efficienza e di equità si presentano in conflitto tra loro, ponendosi come tipico esempio di trade-off alle scelte dell’operatore pubblico. Laddove non si presentino problemi di scelta abbiamo la possibilità di conseguire un miglioramento paretiano.

  16. Efficienza paretiana Un aumento del benessere di almeno un individuo senza che nessun altro individuo registri un peggioramento è un miglioramento paretiano. L’ottimo paretiano rappresenta una situazione in cui non sono possibili ulteriori miglioramenti paretiani, e soddisfa il principio dell’efficienza paretiana. Il principio paretiano postula che ogni qualvolta sia ravvisabile un miglioramento paretiano, questo debba essere realizzato. L’efficienza paretiana è individualistica per 2 ragioni: • Non considera il benessere relativo tra individui. • È coerente con il principio di sovranità del consumatore, dove ciascuno di noi è il miglior giudice del proprio benessere.

  17. Funzione di utilità e utilità marginale U2 Funzione di utilità dell’individuo 2 Q2 U’2 Utilità marginale dell’individuo 2 Q2

  18. La curva delle possibilità di utilità Oltre alla perdita di efficienza dovuta alla redistribuzione, i guadagni di utilità diminuiscono per effetto dell’utilità marginale decrescente. U1 A B C U2

  19. Possibilità di utilità ed efficienza paretiana Il principio paretiano ci guida nel passaggio da I a B, ma non ci è di aiuto nel valutare il passaggio da I ad A. U1 A B I Curva delle possibilità di utilità U2

  20. Le curve di indifferenza individuale Curve di indifferenza individuale con due beni Q1 Livello di utilità individuale 2 Livello di utilità individuale 1 Q2

  21. Le curve di indifferenza sociale (1) Curve di indifferenza sociale con due gruppi di individui U1 Livello di utilità sociale 2 Livello di utilità sociale 1 U2

  22. Le curve di indifferenza sociale (2) Così come le curve di indifferenza individuale derivano da una funzione di utilità individuale le curve di indifferenza sociale derivano da una funzione di benessere sociale Le curve di indifferenza sociale forniscono lo strumento teorico per analizzare i trade-off tra diverse situazioni di utilità relativa.

  23. Le curve di indifferenza sociale (3) Le forme delle curve di indifferenza sociale ci dicono il valore relativo dato all’utilità dei diversi gruppi di individui U1 U1 U2 U’ U’’ U2 U’ U’’

  24. Il benessere sociale utilitaristico Secondo l’approccio utilitaristico classico, il benessere collettivo deriva dalla somma dei benesseri individuali. La curva di indifferenza sociale è una retta con pendenza pari a -1. U1 Curva di indifferenza sociale utilitaristica U2

  25. La «tipica» curva di indifferenza sociale Una società attenta anche alle questioni distributive preferirà una curva di indifferenza sociale convessa del tipo di quella illustrata: a una rilevante sperequazione dell’utilità, si considera accettabile un forte peggioramento del gruppo «più ricco» a fronte di un lieve miglioramento di quello «più povero». U1 U2

  26. La curva di indifferenza sociale rawlsiana Secondo l’approccio estremo di Rawls, il benessere sociale corrisponde a quello dell’individuo più povero (scompare ogni questione di trade-off). U1 U’1 U’2 U2

  27. Il benessere in un’economia puramente privata Primo teorema fondamentale dell’economia del benessere: in regime di concorrenza perfetta, l’allocazione delle risorse corrisponde a una situazione di ottimo paretiano. Secondo teorema fondamentale dell’economia del benessere: data una corretta distribuzione iniziale delle risorse, un’economia perfettamente concorrenziale può raggiungere un qualsiasi punto lungo la curva delle possibilità di utilità. Al di là di definire la distribuzione iniziale delle risorse, perché allora avremmo bisogno di un operatore pubblico, nazionale o locale che sia?

  28. La giustificazione dell’intervento pubblico: i fallimenti del mercato Perché vi sono diverse circostanze in cui il mercato privato non è efficiente in senso paretiano: • Insufficiente concorrenza • Esternalità • Mercati incompleti • Carenza di informazione • Disoccupazione, inflazione e disequilibrio • Beni pubblici

  29. Insufficiente concorrenza (1) In presenza di rendimenti crescenti di scala (monopolio naturale) può essere più efficiente che vi siano poche o una sola impresa. In assenza di regolamentazione, però, il monopolista ridurrà la quantità prodotta per spuntare un prezzo più elevato. prezzo Ricavo marginale Domanda Costo medio Costo marginale Q* Q1 Q2 quantità

  30. Insufficiente concorrenza (2) L’operatore pubblico può far riguadagnare l’efficienza allocativa: • Regolamentando il settore imponendo un prezzo uguale al costo marginale e concedendo sussidi al monopolista finanziati dalla fiscalità generale. • Nazionalizzando il settore praticando egli stesso un prezzo pari al costo marginale e finanziandosi con la fiscalità generale. Bisognerà soppesare l’inefficienza che si vuole sanare con le distorsioni introdotte dalla tassazione necessaria al finanziamento della misura varata. Nel caso in cui i rendimenti di scala si limitino a un ambito locale (pensiamo ad alcuni servizi pubblici, a beni infrastrutturali, ecc.), può rivelarsi più efficiente che sia l’Amministrazione decentrata a operare le scelte pubbliche.

  31. Esternalità (1) Si hanno nel caso in cui l’azione di un individuo o di un’impresa influenza altri individui o imprese imponendo un costo (esternalità negativa) o un beneficio (esternalità positiva). In termini più rigorosi abbiamo esternalità «whenever some individual’s (sayA’s) utility or production relationships include realvariableswhosevalues are chosen by others … withoutparticularattention to the effects on A’s welfare.», (Baumol e Oates, 1975).

  32. Esternalità (2) Le esternalità generano inefficienze allocative in quanto chi le genera non sopporta da solo i costi collettivi di quelle negative (che tenderanno a essere troppe) e non gode di tutti i benefici di quelle positive (che tenderanno a essere troppo poche). Nel caso delle produzioni inquinanti, ad esempio, i costi a carico del produttore sono solo i costi privati interni, ma non quelli imposti a terzi che sarebbero necessari al calcolo dell’effettivo costo per la collettività (costo sociale).

  33. Esternalità (3) L’intervento dell’operatore pubblico può essere: • Regolamentare l’attività (imposizione di limiti massimi alle esternalità negative e standard minimi a quelle positive). • Utilizzare un sistema di prezzi con un’imposta sulle esternalità negative e un sussidio su quelle positive. Il concetto di esternalità è molto presente nel federalismo fiscale con i termini spill-over ovvero traboccamento. Pensiamo al caso di un Comune che investe in parchi pubblici: ne beneficeranno anche i cittadini dei Comuni limitrofi. Al negativo: pensiamo alla localizzazione di aziende inquinanti.

  34. Esternalità (4) S’ (costo sociale marginale) prezzo S (costo privato marginale) D (beneficio marginale) Q1 Q quantità I1 I inquinamento I

  35. Mercati incompleti Abbiamo un mercato incompleto quando il settore privato non è in grado di offrire un bene o un servizio anche se il suo costo di produzione è inferiore al prezzo che i consumatori sarebbero disposti a pagare. Qualche esempio: • Assicurazione dei depositi. • Mercati complementari (iniziative di riqualificazione urbana). • Assicurazione sulle transazioni internazionali.

  36. Carenza di informazione Il mercato privato può fornire insufficienti informazioni ai consumatori. Qualche esempio: • Trasparenza di condizioni sui contratti bancari. • Ingredienti nei prodotti alimentari. • Note esplicative dei prodotti farmaceutici. • Previsioni meteo.

  37. Inflazione, disoccupazione e disequilibrio Le variazioni cicliche e i vincoli strutturali impongono spesso ai sistemi economici periodi non transitori di sottoutilizzo del lavoro e del capitale. L’operatore pubblico è chiamato, attraverso politiche economiche, a temperare gli effetti negativi sugli individui e sulle imprese. Quanto le politiche di intervento siano capaci di ovviare a tali problemi, specie in assenza di riforme strutturali, è tema di dibattito in ambito macroeconomico.

  38. Beni pubblici (intro) (1) I beni pubblici puri sono caratterizzati da due proprietà fondamentali: • Il loro godimento da parte di un individuo addizionale non comporta costi aggiuntivi (non rivalità). • L’esclusione di uno o più individui dal loro godimento è difficile se non impossibile (non escludibilità). Classici esempi: La difesa nazionale, gli ausili alla navigazione (boe, fari), l’illuminazione pubblica, le previsioni meteo. Per sua natura il mercato privato non offre tali beni in misura sufficiente o non ne offre affatto.

  39. Beni pubblici (intro) (2) Consumo di un bene privato puro j: Consumo di un bene pubblico puro j: Ogni individuo i consuma (o può consumare) l’intero ammontare del bene pubblico. La non escludibilità rende impossibile a un produttore privato di esigere un prezzo per la fornitura del bene pubblico.

  40. Beni pubblici (intro) (3) Quanto detto finora non implica necessariamente che l’operatore pubblico debba produrre direttamente i beni pubblici, ma solo che è necessario un suo intervento. Ad esempio, lo Stato potrebbe decidere tramite procedura d’asta di affidare la produzione al settore privato, fissando livelli minimi di qualità del servizio.

  41. I fallimenti del mercato efficiente I fallimenti del mercato finora descritti comportavano, in assenza di intervento pubblico, una situazione subottimale in senso paretiano. Vi sono due ulteriori fallimenti possibili anche in situazione di ottimo paretiano: • Insoddisfacente distribuzione del reddito. • Beni meritori. L’ottimo paretiano prescinde da questioni distributive, potendo dare luogo così a distribuzioni fortemente sperequate, tali da pregiudicare livelli minimi di sopravvivenza.

  42. Beni meritori Vi sono beni o comportamenti che i consumatori, anche se perfettamente informati, non consumano o seguono a sufficienza (astenersi dal fumo, indossare le cinture di sicurezza, ecc.). Quando l’operatore pubblico interviene ritenendo di sapere ciò che è bene per i cittadini meglio dei cittadini stessi assume un comportamento paternalistico. Il divieto di assunzione di droghe o il proibizionismo americano degli anni ‘20 sono esempi di politiche paternalistiche.

  43. Offerta efficiente di beni pubblici locali e mobilità dei cittadini Uno guardo più da vicino sui beni pubblici: • Il free rider. • Beni pubblici misti e beni privati offerti dal settore pubblico. • Samuelson e il problema della rivelazione delle preferenze individuali sui beni pubblici nazionali. • Tiebout e il «voto con i piedi» per la rivelazione delle preferenze sui beni pubblici locali.

  44. I beni pubblici: il free rider Ricordiamo che i beni pubblici puri sono caratterizzati dalla non rivalità e dalla non escludibilità. Per effetto di tali caratteristiche, è difficile far pagare un prezzo per il bene o servizio, in quanto nessuno si mostrerà disposto a pagarne il prezzo, pur beneficiandone (problema del free rider). Per tale motivo è più semplice fare ricorso alla tassazione per garantire il funzionamento del servizio.

  45. I beni pubblici misti Alto costo marginale Costo marginale di fruizione (desiderabilità di esclusione) e facilità di esclusione Beni privati forniti dal settore pubblico Beni privati puri Autostrada congestionata Desiderabilità dell’esclusione Difesa nazionale Autostrada non congestionata Vigili del fuoco Basso costo marginale Beni pubblici puri Esclusione impossibile (o costosa o inaccettabile) Esclusione facile

  46. Un bene pubblico (locale) offerto dal settore privato (1) Un ponte non congestionato pedaggio Curva di domanda perdita di benessere livello di congestione P Q Q1 Q2 transiti

  47. Un bene pubblico (locale) offerto dal settore privato (2) L’imposizione di un prezzo a fronte di un bene il cui costo marginale sociale è pari a zero comporta una sottoutilizzazione del bene pubblico in questione. La perdita di benessere deriva dal numero mancato di transiti rispetto alla gratuità (l’area al di sotto della curva di domanda). In caso di basso costo marginale, si pone la scelta tra l’imposizione di tariffe o il finanziamento tramite la fiscalità generale (la scelta dovrebbe privilegiare l’opzione meno distorsiva).

  48. Un bene a esclusione costosa e con costo marginale positivo (1) prezzo Curva di domanda guadagno di benessere con fornitura gratuita perdita di benessere con fornitura gratuita P* Costi di transazione C Costi di produzione Q* Q1 Qm quantità

  49. Un bene a esclusione costosa e con costo marginale positivo (2) Ipotizzando la presenza di costi di transazione (esclusione costosa) e di produzione, può risultare vantaggioso fornire comunque il bene gratuitamente. Il guadagno di benessere rispetto all’equilibrio di mercato risulta dall’area compresa tra la curva di domanda e la curva di costo marginale (passaggio da Q* a Q1), a fronte di una perdita di benessere per la quantità consumata oltre il costo marginale (passaggio da Q1 a Qm). I programmi pubblici di assicurazione sono stati un classico esempio di correzione a fronte di elevati costi di transazione (amministrativi).

  50. Beni privati forniti dal settore pubblico (1) Spesso a fini distributivi, l’operatore pubblico può preferire di sostituirsi al mercato nella fornitura di beni privati. Un classico esempio è l’istruzione, per la quale si desidera che le opportunità rispondano al merito individuale piuttosto che alle caratteristiche della famiglia di provenienza. La distorsione introdotta dall’operatore pubblico è inversamente correlata all’elasticità della domanda rispetto al prezzo.

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