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La morte in croce di Gesù: evento e significato

La morte in croce di Gesù: evento e significato. La morte in croce di Gesù è uno dei fatti più certi della sua storia. Meno certa è la data; probabilmente egli morì, secondo precisi calcoli astronomici, il 7 aprile del 30

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La morte in croce di Gesù: evento e significato

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Presentation Transcript


  1. La morte in croce di Gesù: evento e significato

  2. La morte in croce di Gesù è uno dei fatti più certi della sua storia. • Meno certa è la data; probabilmente egli morì, secondo precisi calcoli astronomici, il 7 aprile del 30 • È controverso se la morte si verificò il 14 oppure il 15 di Nisan (marzo-aprile); da un punto di vista storico ha ragione l’evangelista Giovanni. Gesù muore in croce mentre nel tempio venivano sgozzati gli agnelli pasquali (durante la Parasceve della Pasqua, il 14 Nisan) • Gesù muore in croce. Questo tipo di esecuzione era utilizzato dai romani soprattutto per gli schiavi (cf la vicenda di Spartaco); i cittadini romani non potevano essere crocifissi ma solo decapitati • La crocifissione esprimeva tutto il disprezzo del popolo romano verso lo schiavo che aveva cospirato ed era diventato un ribelle politico; come ci attesta anche il titulus crucis, Gesù viene giustiziato dai romani con l’accusa di essere un rivoltoso.

  3. accanto a quella romana, c’è anche una condanna da parte dell’Alto Consiglio, ovvero una condanna di natura giudaica • i motivi della condanna a morte furono due • la questione messianica, sfruttata anche per costruire l’accusa davanti a Pilato • il detto di Gesù sulla distruzione del tempio, cose che lo rendevano un falso profeta e un bestemmiatore e come tale meritevole di morte

  4. Il conflitto con l’autorità religiosa • Gesù si attirò l’ostilità e il rifiuto dei gruppi dominanti fino alla decisione di farlo condannare a morte. • Gesù parlava e si comportava infrangendo la legge e la tradizione religiosa di Israele; rivendicava per sé un’autorità unica che lo poneva al di sopra della stessa legge, arrogandosi il diritto di agire come Dio (il perdono dei peccati) senza alcuna legittimazione dalle tradizioni • Fattore della condanna fu anche il rapporto con il tempio, da cui scacciò i venditori e su cui pronunciò parole profetiche • Il motivo che determinò più di altri la crisi e suo rifiuto, fu la concezione della messianicità espressa nel comportamento: il messianismo di Gesù sconvolgeva le attese di Israele • La morte in croce e la derisione (cf Mt 27,42) segnano la trasformazione del messianismo teocratico nella linea di quello del servo sofferente ma tale morte venne interpretata come la prova della falsità della pretesa di Gesù, la smentita delle sue rivendicazioni, confermata dalla fuga dei discepoli • Gesù fu condannato per bestemmia e questa più che consistere nell’essersi Gesù proclamato figlio di Dio o essersi comportato da falso profeta consisteva nell’aver affermato di essere il messia • La pretesa di essere il messia non può essere considerata di per sé una “bestemmia” • Gesù non aveva quasi nessuna delle prerogative che ci si aspettava dovesse avere il messia né aveva realizzato in alcun modo quanto ci si aspettava dovesse realizzare il messia

  5. Il conflitto con il potere politico • Il conflitto con il potere politico spiega il modo della morte, cioè la crocifissione • Secondo la legge ebraica il bestemmiatore doveva essere lapidato, come accadrà a Stefano, ma Gesù fu crocifisso dai romani che esercitavano il potere politico. • Essi lo condannarono in quanto sobillatore e rivoltoso; e Gesù non eluse l’accusa di essere re, pur non riconoscendo l’esercizio della potenza • “Gesù il Nazareno il Re dei Giudei” • Il comportamento e la predicazione di Gesù avevano un risvolto politico, soprattutto se si considera che egli contestava al potere politico un carattere di assolutezza, il rivestirsi di un’autorità quasi divina

  6. L’abbandono di Dio e in Dio • Gesù morì “con forti grida e lacrime” (Eb 5,7) e secondo Mc 15,34 emise un alto grido che Matteo e Luca riportano in una frase del salmo 22: «mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?» • Allo stesso tempo Gesù spira non pieno di rabbia ma pacificato, consegnando il suo spirito nelle mani del Padre • Nella morte in croce convivono una drammaticità notevole e la fiducia che alla fine viene riposta nel Padre • L’abbandono di Gesù, significato dalla frase del salmo 22, ha un duplice senso: da parte di Dio e in Dio

  7. L’abbandono di Dio e in Dio Tre motivi causano la desolazione e la passione di Cristo • il fallimento della missione: la storia conferma ancora un volta il trionfo dei forti e dell’ingiustizia • la sofferenza del giusto consegnato alla persecuzione dei suoi nemici • l’abbandono doloroso del Padre nella cui comunione egli ha vissuto tutta la vita • Nel dramma tragico della croce, Gesù è abbandonato dai discepoli, deriso da quelli che erano presso la croce e non c’è nulla che mostri un agire di Dio al suo fianco • il suo grido è quello di qualcuno che ha scandagliato le profondità dell’abisso e si sente avvolto nelle tenebre; Gesù s’interroga sul silenzio di colui che chiama “mio Dio”, cioè Padre • Non si tratta di ridurre o relativizzare questo grido per paura che si finisca con negare la divinità di Gesù o considerarlo un disperato • la sua preghiera è già di per sé segno di speranza e del resto il modo in cui muore fa confessare al centurione che egli è “figlio di Dio”, cosa che non si sarebbe certo potuto dire se a morire fosse stato un disperato

  8. L’abbandono di Dio e in Dio • Nel momento in cui più Gesù desidera la confortante presenza del Padre ne sperimenta il più assoluto silenzio e abbandono, generatore di un’angoscia unica come unico era il rapporto esistente fra loro • Questa è la ragione ultima della sofferenza di Gesù: l’abbandono da parte di quel Dio che è suo padre in modo unico, nel seno del quale Egli da sempre riposa • A questa esperienza dolorosa Gesù unisce l’offerta fiduciosa di sé nelle mani del Padre: egli è sì l’abbandonato, ma non il disperato. All’abbandono di Dio corrisponde da parte di Gesù l’abbandono in Dio • La morte di Gesù significò anche la crisi della sequela; i discepoli percepivano nella morte ignominiosa sula croce la maledizione di Dio, la smentita della pretesa così radicale e unica di Gesù • Dio lasciandolo morire lo aveva pubblicamente smentito, per cui i discepoli videro in quella morte la fine delle loro speranze

  9. Intenzionalità che Gesù attribuì alla sua morte • Subito dopo la Pasqua, alla morte di Gesù venne attribuito un rilevante spessore soteriologico: Gesù morì per noi, per i nostri peccati (cf 1Cor 15,3; Rm 3,25; Gv 1,29) • Gesù almeno da un certo momento della sua vita dovette mettere in conto l’eventualità sempre più probabile di una morte violenta (cf il Battista e i Profeti) • Gesù non vedeva la propria morte come pura fatalità storica ma vi attribuiva una valenza religiosa (cf le tematiche del profeta rifiutato, del figlio ucciso, del calice da bere) • Non è da escludere che egli dava alla sua morte un significato espiatore, salvifico; lo si ricava guardando alla sua predicazione e al suo comportamento (cf il comandamento dell’amore per i nemici) • Tutta la predicazione ci permette di definire Gesù e la sua vita come “pro-esistenza”, cioè essere fuori di sé, a disposizione tanto degli altri (dimensione orizzontale) quanto dell’Altro (dimensione verticale) • Gesù è dunque nella sua vita come nella sua morte l’uomo per gli altri e questo costituisce la sua più profonda essenza, perché lo rivela essere l’amore personificato di Dio per gli uomini

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