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Il Piano di Zona: la programmazione partecipata sul territorio

Il Piano di Zona: la programmazione partecipata sul territorio. Dipartimento Politiche Sociali. Cos’è….

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Il Piano di Zona: la programmazione partecipata sul territorio

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Presentation Transcript


  1. Il Piano di Zona:la programmazione partecipata sul territorio Dipartimento Politiche Sociali

  2. Cos’è… • In base al principio di sussidiarietà, lo sviluppo del sistema integrato di interventi e servizi sociali spetta, negli ambiti definiti dalle regioni e compatibilmente con le risorse disponibili, ai Comuni associati. • Il Piano di Zona, PdZ, è lo strumento fondamentale attraverso il quale i Comuni, con il concorso di tutti soggetti attivi nella progettazione, possono disegnare il sistema integrato di interventi e servizi sociali con riferimento agli obiettivi strategici, agli strumenti realizzativi e alle risorse da attivare. • l’ambito è determinato dalla Regione e dovrebbe essere coincidente con il distretto sanitario

  3. Cos’è… Il Piano nazionale, il Piano regionale e, soprattutto il Piano di zona, sono strumenti strategici per governare le politiche sociali: in particolare compito del Piano di zona è, a livello territoriale di organizzare soggetti diversi, con interessi specifici rispetto alla posta in gioco, che intervengono sui bisogni e sulla domanda sociale per la costruzione di una politica integrata “di comunità”

  4. Il P.d.Z. sulla leggeregionale 1/2004 La legge specifica (art. 17) le finalità strategiche del Piano di Zona, il quale è volto: • alla conoscenza ed analisi dei bisogni della popolazione; • all’individuazione, qualificazione e quantificazione delle risorse pubbliche, del terzo settore e private, disponibili ed attivabili; • alla definizione degli obiettivi strategici e delle priorità cui finalizzare le risorse disponibili; • alla strutturazione dei servizi e la scelta della tipologia delle prestazioni; • a definire le modalità di concertazione e di raccordo per la programmazione e l’erogazione dei servizi e delle prestazioni fra tutti i soggetti coinvolti;

  5. Il P.d.Z. sulla leggeregionale 1/2004 - segue Il P.d.Z. è volto anche: • a esplicitare i rapporti organizzativi ed economico-finanziari fra i diversi soggetti; • ad identificare i percorsi per l’attività’ di formazione di base, la riqualificazione e la formazione permanente per gli operatori dei servizi sociali; • ad individuare la collocazione fisica dei servizi, la composizione e le funzioni delle equipes pluriprofessionali relative ai singoli progetti-obiettivo; • a dichiarare i criteri di qualità delle prestazioni, le modalità di approvazione congiunta dei progetti individualizzati, le facilitazioni all’accesso da parte dei cittadini e ogni altro elemento ritenuto necessario ad elevare la qualità dei servizi e delle prestazioni erogate; • alla definizione del sistema di monitoraggio e verifica.

  6. Le misure sociali:principale caratteristica di identitàdella comunità locale • La predisposizione del PdZ assume un significato strategico ai fini della precisazione delle condizioni da garantire su tutto il territorio. In tale contesto, vanno valorizzate le esperienze programmatorie degli enti locali, realizzate nei limitati (ma significativi) casi di predisposizione di documenti analoghi, laddove previsti dalle normative regionali. • il Piano di zona è pertanto strumento di programmazione forte, che se ben applicato dovrebbe superare l’impasse storica del frazionamento comunale, consolidando una prassi programmatoria a livello di ambito e costituendo, tra l’altro, un interlocutore negoziale “alla pari” con il distretto sanitario.

  7. Alcuni aspetti generali in grado di qualificare il processo di pianificazione: • il processo non deve essere visto in termini meramente amministrativi (e di adempimento formale), ma deve prevedere l'attivazione di azioni responsabilizzanti, concertative, comunicative che coinvolgano tutti i soggetti in grado di dare apporti nelle diverse fasi progettuali; • l'attenzione va concentrata, in primo luogo, sui bisogni e sulle opportunità da garantire e, solo in secondo luogo, sul sistema di interventi e servizi da porre in essere;

  8. Alcuni aspetti generali in grado di qualificare il processo di pianificazione: • devono essere valorizzate le risorse e i fattori propri e specifici di ogni comunità locale e di ogni ambito territoriale: ciò al fine non solo di aumentare l'efficacia degli interventi, ma anche di favorire la crescita delle risorse presenti nelle singole realtà locali; • particolare attenzione deve essere riservata, sin dalle prime fasi della programmazione, alle condizioni tecniche e metodologiche che consentono di effettuare (successivamente) valutazioni di processo e di esito; • vanno puntualmente definite le responsabilità, individuando, negli "accordi di programma", gli organi e le modalità di gestione ed esplicitando le azioni da porre in essere nei confronti dei soggetti eventualmente inadempienti.

  9. Alcuni aspetti generali in grado di qualificare il processo di pianificazione: • A livello territoriale è richiesta una rilevante capacità progettuale e strategica, in termini di indirizzo e di orientamento, ma anche di costruzione del consenso fra i molti attori locali coinvolti. • E’ richiesto, in altre parole, il passaggio da una prospettiva di government (funzione esclusiva del soggetto pubblico), ad una prospettiva di governance (attività di governo svolta attraverso la mobilitazione effettiva di una serie di soggetti).

  10. La predisposizione del PdZ può essere articolata nelle seguenti fasi metodologiche: a) attivazione della procedura, prevedendo il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati (sindacato, patronati, istituzioni pubbliche locali, aassll, terzo settore, volontariato, gestori di servizi sociali, altre forze sociali, ex IPAB) e la definizione dei singoli ruoli;

  11. La predisposizione del PdZ può essere articolata nelle seguenti fasi metodologiche: b) ricostruzione della "base conoscitiva", ai fini dell'analisi dei bisogni e della conoscenza dell'esistente; c) individuazione degli obiettivi strategici; d) precisazione dei contenuti, con riferimento a quanto indicato all'articolo 19, comma 1 della legge 328/00); e) approvazione del PdZ e sottoscrizione di un '"accordo di programma", ai sensi dell'articolo 27 della legge 142/90 e successive modificazioni.

  12. La competenza dei diversi attori al tavolo del PdZ permette: • Analisi dei bisogni • Definizione degli obiettivi • Selezione degli obiettivi secondo scelte di valore • Analisi di tutte le alternative e loro confronto • Analisi delle conseguenze della applicazione di ogni alternativa in termini di costi e benefici • Scelta della alternativa che permette la massima possibilità di raggiungere gli obiettivi e di minimizzare i costi.

  13. Priorità da individuare Le responsabilità familiari con particolare riferimento a: • Sostegno alla natalità (tempi delle città) • Politiche abitative in favore delle famiglie • Diritti dei minori dell’infanzia e dell’adolescenza (285/97 fondi destinati) • Persone anziane • Persone disabili • Contrasto alla povertà • Dipendenze • Persone immigrate • Persone senza fissa dimora

  14. Un altro sistema,più semplice … più rischioso: • Dalla situazione di fatto, reagendo a stimolazioni occasionali • Definizione di mezzi ed obiettivi in modo non separato: spesso si parte dai mezzi per definire gli obiettivi • Si prendono in considerazione poche alternative poco diverse dagli interventi in atto • Le alternative sono valutate sulla base del consenso espresso dagli attori principali • Viene scelta l’alternativa che raccoglie il maggiore consenso, indipendentemente da ogni giudizio sulla sua adeguatezza ad affrontare il problema.

  15. Gli aspetti che richiedono una particolare attenzione: • Promuovere una vera integrazione sociosanitaria; • definire una sede unica che garantisca l’unitarietà delle politiche (distretto); • considerare l’insieme degli ambiti sociali (trasporti, casa, politiche migratorie, mercato del lavoro, …) • Definire una porta univoca di accesso (segretariato sociale)

  16. Il Terzo Settore • Il Terzo Settore, nel suo insieme,deve trovare nuovi equilibri, per esercitare ruoli e funzioni in forme maggiormente autonome dal settore pubblico • Sono distintii ruoli esercitati da organismi connotati dalla prevalente presenza di volontariato, partecipazione attiva, gratuita, e autogestione, e i ruoli delle imprese sociali, connotate da stabilità, presenza di lavoratori professionalizzati, principi imprenditoriali di sviluppo

  17. Concertazione e dialogotra gli attori • La logica concertativa (tipica di altre forme di programmazione negoziata) è integrata con quella della cooperazione e della co-pianificazione, co-programmazione, co-progettazione e co-valutazione (progettazione partecipata e integrata, gruppi di lavoro integrati, ...) • Il Piano di Zona prevede percorsi di valutazione integrata: monitoraggio, verifica, ridefinizione, con la partecipazione di tutti gli attori del Sistema Integrato degli Interventi e dei Servizi Sociali • È indispensabile che tra i diversi attori si confrontino le posizioni e si trovino soluzioni condivise

  18. L’incrocio tra il sindacato el’imprenditoria sociale • Concetti vicini, termini diversi: dal “Bisogno” alla “Domanda” dal “Diritto” alla “Convenienza” dalla “Risposta” all’“Offerta”

  19. Convergenze… • Le cooperative sociali hanno una doppia mission: • Garantire il risultato economico: il sindacato tutela i lavoratori e promuove il lavoro; • Produrre utilità sociale: è obiettivo pregnante del sindacato nella propria azione sociale e di rappresentanza dei cittadini, vediamo come…

  20. L’utilità sociale • Produrre beni non divisibili Riduzione dei rischi di conflittualità, insicurezza, disagio Empowerment delle famiglie in condizioni di forte fragilità (servizi domiciliari, azioni di sostegno) • Creare condizioni eque per l’allocazione fruibilità/accessibilità a beni individuali Calmieramento dei prezzi dei servizi (rette e tariffe) Potenziamento dell’offerta di servizi

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