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GROTTAMMARE 6 dicembre 2007 Sala Kursaal ore 17.00 Prof. Emilio Franzoni

GROTTAMMARE 6 dicembre 2007 Sala Kursaal ore 17.00 Prof. Emilio Franzoni Neuropsichiatra infantile, Direttore del Centro Disturbi del Comportamento Alimentare in Età Evolutiva, Clinica Universitaria S. Orsola . Malpighi di Bologna. DIVENTARE GRANDI. LA SFIDA PIÙ DIFFICILE. Ministero

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GROTTAMMARE 6 dicembre 2007 Sala Kursaal ore 17.00 Prof. Emilio Franzoni

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Presentation Transcript


  1. GROTTAMMARE 6 dicembre 2007 Sala Kursaal ore 17.00 Prof. Emilio Franzoni Neuropsichiatra infantile, Direttore del Centro Disturbi del Comportamento Alimentare in Età Evolutiva, Clinica Universitaria S. Orsola . Malpighi di Bologna DIVENTARE GRANDI. LA SFIDA PIÙ DIFFICILE Ministero della Pubblica Istruzione DIREZIONE DIDATTICA STATALE Via G. Garibaldi, 1 63013 GROTTAMMARE ( AP ) Tel . 0735/736748 Fax 0735/631035 sito: www.ddgrottammare.it

  2. L’adolescenza non è una malattia • Tuttavia a volte è problematico differenziare il riconoscimento precoce del disturbo borderline dalla crisi adolescenziale “difficile”.

  3. Gli adolescenti rappresentano il 30-35 % della popolazione totale Il disagio adolescenziale ed il malessere diffuso tra i giovani, a livelli ormai preoccupanti, impongono a tutti, in primo luogo alle istituzioni, il dovere di attuare concreti provvedimenti per cercare di ridurne e, se possibile, di eliminarne le cause. La nostra società non considera l’adolescente, ma esercita una apparente tolleranza che maschera un sostanziale disinteresse.

  4. Epidemiologia • Entro i prossimi 20 anni i bambini e gli adolescenti (0-18 anni) che soffrono di psicopatologia, potrebbero passare dal 20 al 50% delle popolazione presentando problemi a tipo ansia, depressione, comportamenti aggressivi, oppositivo-provocatori e disturbi ipercinetici.

  5. Gli adolescenti sono invece una risorsa sociale al pari dei bambini e degli anziani. Si dovrebbero dunque prevedere interventi per il loro presente e per il loro futuro. Gli Adolescenti sono Soli, infattti la loro condizione non viene valorizzata: non si sente parlare di “ situazione giovanile “ se non in particolari contesti.

  6. L'obiettivo che dobbiamo prefiggerci è di favorire la formazione di un giovane, che da adulto troverà in se' la forza per non essere sconfitto dalla vita, per non fondare la ragione del proprio vivere sull'avere ma sull'essere se stesso, per non cercare fuori di sé, nella droga e nel rifiuto della vita, la risoluzione dei propri problemi.

  7. GLI OBIETTIVI DEL PROCESSO ADOLESCENZIALE -distacco dalle figure genitoriali -processo di separazione - individuazione -acquisizione della identità - integrazione della nuova identità -acquisizione della nuova immagine di sè -acquisizione della sessualità adulta

  8. GLI OBIETTIVI DEL PROCESSO ADOLESCENZIALE • -utilizzazione di nuove modalità cognitive e cioè passaggio dal pensiero concreto al pensiero astratto ed al pensiero autoriflessivo • -sviluppo della mente come “contenitore”, come attenuatore delle difficoltà e delle angosce provenienti soprattutto dal corpo • -tolleranza alle frustrazioni

  9. Il disagio adolescenziale si manifesta con problematiche che per grandi temi possiamo così riassumere: -disturbi del comportamento alimentare -la solitudine, la noia, l’isolamento, la depressione, il suicidio -le tossicodipendenze, l’alcoolismo -il bullismo, la trasgressione e la forza del “ gruppo” -disagio nella sfera sessuale -la violenza e la scomparsa dei tabù

  10. La nostra generazione è la generazione della “ VITA QUOTIDIANA” , la generazione dell’ “eterno presente” , la generazione di quelli che stanno al “bordo del campo “. E’ una generazione nella quale non vengono trasmessi messaggi culturali, nella quale le persone non condividono valori o mete, ma solo spazi e tempi, nella quale i messaggi mediatici sono contraddittori e nella quale viene assunto come valore la non coerenza.

  11. Tutte le ricerche sui disturbi mentali in infanzia ed adolescenza mettono fortemente in luce la significativa menomazione del funzionamento psicosociale, a cominciare dalle performances scolastiche e dai rapporti interpersonali, associate ai disturbi mentali dell’infanzia e dell’adolescenza, ed il potenziale impatto fortemente negativo che per questo motivo essi possono avere anche sulle successive traiettorie di vita dei soggetti affetti.

  12. Va infine sottolineato che negli ultimi due decenni si è assistito in Italia ad un aumento dei tassi di suicidio negli adolescenti, fenomeno correlato alla presenza di un disturbo mentale (Mancinelli et al., 2001; Guaiana et al., 2002). Nel nostro tempo, un'ottica clinica che consideri i disturbi comportamentali degli adolescenti in modo dinamico ed integrato con i fattori sociali ed ambientali è sempre più necessaria. Le patologie psichiche non sono solo le fredde astrazioni descritte nei trattati.

  13. Nel mondo adolescenziale e giovanile, più sensibile ed esposto ai cambiamenti, possono essere evidenziate nuove espressioni di disagio mentale e comportamentale, che, per la loro diffusione, assumono il ruolo di patologie sociali. Spesso risulta incerto il confine tra tali forme di disagio estremo con malattie mentali classiche, quali depressione e psicosi

  14. Un numero crescente d’adolescenti e di giovani risultano alla ricerca esasperata di stimoli intensi, di sensazioni forti (sensation seeking). Molti di loro presentano una sorta d’insensibilità alle gratificazioni della quotidianità.

  15. La soglia di gratificazione sempre più alta, la scarsa capacità di provare piacere rende molti giovani anedonici, abulici, annoiati, incapaci, per di più, di saper dilazionare la fruizione degli oggetti desiderati. Solo le attività 'a rischio', straordinarie e pericolose, risultano degne d’attenzione.

  16. Tra questi giovani non è raro incontrare soggetti che esibiscono comportamenti molto rischiosi per la vita, disturbi più o meno gravi del rapporto con la realtà, isolamento con atteggiamenti antisociali e disturbi del controllo degli impulsi. Talora si evidenziano forti difficoltà a comunicare, a stabilire relazioni affettive, ad esprimere o a comprendere stati emotivi.

  17. I riti di passaggio non scandiscono più le tappe della vita sociale, allora i ragazzi creano i loro riti iniziatici: all’interno del gruppo si diventa grandi affrontando il RISCHIO di una corsa in macchina folle, oppure in moto, oppure scappando via da un binario proprio all’ultimo istante.

  18. SOSPESI in un mondo di prevaricazione adulto i ragazzi si adattano ad occupare spazi lasciati liberi da altri : le città creano spazi nuovi per i bambini e per gli anziani e non per loro. IMMOBILIverso il cambiamento, più delle generazioni precedenti, rispetto alle quali lo scontro generazionale appare meno violento.

  19. Gli adolescenti d’oggi hanno molte difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro e devono adattarsi a vivere per molto tempo con la famiglia d’origine, anche fino a 30-35 anni

  20. L'obiettivo preventivo primario per evitare che un soggetto inizi seriamente a pensare o progettare d'uccidersi, è quello di garantire un corretto sviluppo psicofisico del giovane eliminando, per quanto possibile, tutte le cause di disagio psichico ed ambientale. I campi d'intervento dovrebbero essere rappresentati dalla famiglia, dalla scuola, dai servizi sociosanitari, dal mondo del lavoro.

  21. Risulta, comunque, molto frequente rilevare genitori che s'occupano poco dei loro figli, rimanendo in pratica assenti dalla loro vita, per motivi di lavoro o per desiderio di realizzazione della propria personalità al di fuori dell'ambito familiare.

  22. Questo vuoto emozionale ed educativo innescato dalla crisi della famiglia potrebbe in parte essere compensato dalla scuola. Il ruolo degli insegnanti è di primaria importanza nel rafforzare l'autostima dei propri alunni migliorando le capacità individuali di far fronte agli eventi negativi della vita, nonché nel consolidare i legami affettivi e solidaristici. Così, come i servizi sociosanitari dovrebbero acquisire specifiche competenze in quella fascia d'età, l'adolescenza, ancora oggi troppo spesso "terra di nessuno".

  23. La prevenzione secondaria consiste nel riconoscimento dei primi segnali di un comportamento autolesionistico per intervenire prima che assumano rilevanza preoccupante. In quest'opera di screening devono essere coinvolti i familiari e tutte le figure professionali in contatto con il mondo giovanile. L'aspetto fondamentale è rappresentato dal colloquio con l'adolescente, cercando di stabilire una relazione nella quale si realizzi la comunicazione delle esperienze del giovane.

  24. L'atteggiamento di comprensione e di disponibilità può favorire l'instaurarsi di un rapporto di fiducia. Quando sono individuati uno o più fattori di rischio è necessario esercitare un'azione di controllo su di loro stabilendo contatti con le persone disponibili nella comunità, in modo da seguire il giovane, non solo a livello individuale, ma anche nel suo contesto familiare e sociale. In ogni caso bisogna prestare attenzione a segnali comportamentali d'allarme.

  25. SEGNALI COMPORTAMENTALI D'ALLARME CHE PRECEDONO GLI ATTI AUTOLESIVI NEGLI ADOLESCENTI 1) tristezza, pianto, depressione dell'umore 2) astenia, abulia, affievolimento delle energie 3) aumento o diminuzione improvvisa del sonno 4) aumento o diminuzione improvvisa dell'appetito 5) aumento della svogliatezza, della noia e calo dell'attenzione 6) diminuzione della capacità di concentrarsi, di prendere decisioni

  26. SEGNALI COMPORTAMENTALI D'ALLARME CHE PRECEDONO GLI ATTI AUTOLESIVI NEGLI ADOLESCENTI • 7) disforia, aggressività, cambiamenti repentini del tono dell'umore • 8) tendenza ad arrabbiarsi e a litigare, seguito da lunghi periodi di silenzio • 9) abbandono delle attività sociali, tendenza alla solitudine • 10) perdita degli interessi sociali e sportivi • 11) peggioramento del rendimento scolastico • 12) continue disattenzioni in classe e facile distraibilità • 13) abbandono senza ragione di cose precedentemente possedute

  27. SEGNALI COMPORTAMENTALI D'ALLARME CHE PRECEDONO GLI ATTI AUTOLESIVI NEGLI ADOLESCENTI • 14) comportamenti a rischio (correre in moto, in macchina, etc.) • 15) crescita dei sensi di colpa, riduzione dell'autostima • 16) perdita delle speranze per il futuro, assenza di progettualità • 17) uso d’alcol, psicofarmaci e droghe • 18) negligenza nella cura dell'aspetto personale e dell'igiene • 19) allusioni alla morte nei temi, nelle poesie e in altri scritti • 20) improvviso disinteresse per la vita di relazione • 21) cambiamenti degli interessi e dei comportamenti sessuali

  28. Quali gli strumenti per l’insegnante? Al di là delle immagini retoriche la posizione dell’insegnante è sicuramente di grande vantaggio, se si pensa alla “relazione privilegiata” che deriva dalla possibilità di osservazione attiva nel corso degli anni curriculari. L’elemento che ritengo essenziale è quello della partecipazione alle relazioni familiari e dell’ascolto.

  29. Quali gli strumenti per l’insegnante? Il confronto all’interno della comunità stimola il confronto con la famiglia che dovrebbe trovare nella scuola l’aiuto e la collaborazione per portare avanti insieme il progetto educativo di crescita. MA: Chi deve assumersi la Responsabilità della crescita-educazione dei figli? La famiglia o la scuola? Quali sono gli ambiti di competenza? Viene riconosciuto, come e quanto, il ruolo di educatore-insegnante da parte della famiglia? Che tipo di formazione ha per questo ruolo?

  30. Quali gli strumenti per l’insegnante? Ecco che alcuni segnali già dai primi anni di vita possono indirizzare l’insegnante ad incoraggiare atteggiamenti diversi dei genitori nei confronti del bambino o, addirittura, consigliare interventi più specialistici sul bambino e/o sulla famiglia stessa. Come si può arguire la posizione e gli interventi che l’insegnante può mettere in atto, a scopo preventivo, cambiano con il passare degli anni, fino alla adolescenza stessa.

  31. Quali gli strumenti per l’insegnante? • In particolare se è fondamentale, nei primi anni di vita, il coinvolgimento attivo della famiglia successivamente diventa sempre più importante la partecipazione del bambino/a. Da un punto di vista molto pratico la osservazione anche solo di come si relazionano la madre, il padre (quando c’è) ed eventualmente un nonno/a, possono suggerire tante cose.

  32. Quali gli strumenti per l’insegnante? Altro elemento da tenere presente nell’intervento riguarda la consapevolezza della maggiore necessità che, oggi, abbiamo di un intervento integrato dove le diverse professionalità si parlino ed operino appunto in maniera integrata, multidisciplinare.

  33. Quali gli strumenti per l’insegnante? • Ancora e non certo ultimo il tema dell’ AUTOSTIMA. Esso rappresenta un aspetto cruciale della nostra esistenza e l’insegnante deve cercare di aiutare i genitori ed incoraggiarli in questo difficile aspetto educativo. E’ fondamentale quindi formare questo insegnante che dovrà sviluppare tali sensibilità, ma che dovrà egli stesso essere in grado di produrre.

  34. Quali gli strumenti per l’insegnante? Infine alcune annotazioni e una riflessione che non vale solo per gli insegnanti, ma per tutta la comunità educativa: La prima si riferisce ad una frase che, sembra vecchia, ma che ha ancora tutta la carica e la forza necessarie per essere invece ancora attualissima

  35. Dare l’esempio Frase di altri tempi? Ovvero: Capacità di essere coerenti con ciò che si pensa e si dice

  36. Importanza dei primi anni di vita (Ruolo della famiglia) Le regole: non molte, ma chiare La certezza della “pena”!!!!!! I figli si devono proteggere, ma devono imparare a difendersi da soli

  37. Imparare a conoscere i figli Imparare a conoscere gli alunni Anche i figli imparano a conoscere genitori e insegnanti La fatica di ascoltare (non solo le parole)

  38. In pratica ci sono consigli utili? • Ascolto • Autostima • Rispetto per la Persona(da sottolineare che non esistono le categorie di persone, ma la Persona)

  39. Grazie per l’attenzione

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