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Elementi di linguistica sarda

Elementi di linguistica sarda. Giovanni Lupinu Facoltà di Lettere e Filosofia Università degli Studi di Sassari Lezione n. 19. Uso delle varietà locali al di fuori della sfera familiare. Proseguiamo l’esame dei dati offerti dalla ricerca Le lingue dei sardi.

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Elementi di linguistica sarda

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  1. Elementi di linguistica sarda Giovanni Lupinu Facoltà di Lettere e Filosofia Università degli Studi di Sassari Lezione n. 19

  2. Uso delle varietà locali al di fuoridella sfera familiare Proseguiamo l’esame dei dati offerti dalla ricerca Le lingue dei sardi. Si è già visto che l’uso delle varietà locali in famiglia è limitato e in calo; non sorprende, perciò, che con altri interlocutori, in situazioni meno informali, la prevalenza dell’italiano sia ancora più netta. Per es.: con gli amici dichiara di impiegare l’italiano il 41,5% degli intervistati, il dialetto il 23,8%, entrambi il 34,7%; con le amiche, l’italiano il 51,3%, il dialetto il 19%, entrambi il 29,7%; col ragazza/la ragazza, l’italiano il 74,1%, il dialetto il 3,8%, entrambi il 22,1%; coi vicini di casa, l’italiano il 54,9%, il dialetto il 25,2%, entrambi il 19,9%; con gli estranei, l’italiano il 69,9%, il dialetto l’8,5%, entrambi il 21,6%; col medico di famiglia, l’italiano l’81,6%, il dialetto il 9%, entrambi il 9,4%.

  3. Uso delle varietà locali in alcune situazioni comunicative Se consideriamo alcune situazioni comunicative, abbiamo i seguenti risultati:

  4. Un breve commento Riguardo ai dati presentati per ultimi, si può osservare: • è prevedibile il dominio dell’italiano (espresso da valori percentuali oltre la soglia dell’80%) in ambienti tradizionalmente ostili al dialetto, quali gli uffici comunali, la scuola e i luoghi di culto; • sorprende un po’ di più lo scarso uso esclusivo o preferenziale del dialetto che si rileva persino per uno spazio di informalità quale è il bar; • non è trascurabile il dato numerico relativo all’impiego compresente di entrambe le varietà nei luoghi di lavoro, nei negozi e al mercato (oltre il 20%; così pure al bar) e anche nella scuola e in chiesa (13,6 e 13,3%).

  5. Lingua e identità (1) Il 53,4% di coloro che hanno dichiarato di conoscere e saper parlare una varietà locale afferma di sentirsi maggiormente legato a quest’ultima rispetto all’italiano (indicato invece dal 35,7%; il 10% non ha saputo rispondere). Anche questo dato non sorprende: infatti, succede spesso che, in condizioni di compresenza di due varietà, una delle quali forte (“lingua”), l’altra debole (“dialetto”), il parlante si senta più legato alla seconda, proprio perché è meno prestigiosa, più “povera”.

  6. Lingua e identità (2) La tendenza a identificarsi col dialetto, in ogni caso, cala vistosamente presso i più giovani (anche per il fatto che, per essi, la varietà di prima socializzazione è sempre più spesso l’italiano): gli appartenenti alla classe di età 15-24 anni, infatti, hanno indicato di sentirsi maggiormente legati all’italiano nel 55,7% dei casi, alle varietà locali nel 37%; gli intervistati della classe di età 25‑44 anni, poi, hanno risposto di sentirsi più legati all’italiano nel 45,6% dei casi, alle parlate locali nel 42,2%. Solo con le successive fasce generazionali l’opzione per il dialetto diventa netta.

  7. Opinioni sul dialetto Circa il 90% degli intervistati (compresi non pochi di quanti si sono detti italofoni esclusivi) si è detto molto d’accordo con l’affermazione che la parlata locale «deve essere promossa e sostenuta perché è parte della nostra identità»; il 78,5%, poi, si è dichiarato molto d’accordo con l’affermazione che la parlata locale «deve essere promossa e sostenuta perché è bella». Pochissimi, invece, si sono dichiarati molto d’accordo con asserzioni per le quali la varietà locale «è una lingua povera, inutile per la vita di oggi» (2,7%), oppure «sta scomparendo e non vale la pena di rivitalizzarla» (2,3%).

  8. Opinioni sull’apprendimento delle parlate locali da parte dei bambini L’opportunità che i bambini apprendano le parlate locali è stata valutata molto positivamente dagli intervistati: l’81,8% del campione si è detto molto d’accordo sul fatto che i bambini possano imparare, oltre all’italiano e a una lingua straniera, anche il dialetto; questa opzione è di gran lunga preferita rispetto alle altre che prevedono l’apprendimento del solo italiano (2,5%), dell’italiano col dialetto (21%), o dell’italiano con una lingua straniera (41,3%).

  9. Opinioni sul dialetto a scuola (1) Nella domanda appena esaminata la scuola (con quanto consegue in termini di modalità dell’apprendimento) non è chiamata in causa espressamente. Ciò avviene in una domanda successiva, in cui si è chiesto agli intervistati se sarebbero favorevoli a che nella scuola, accanto all’italiano, fosse impiegata anche la varietà locale: si è dichiarato totalmente a favore il 57,3% del campione, con un 27,4% che è invece solo parzialmente favorevole e un 14,4% in disaccordo.

  10. Opinioni sul dialetto a scuola (2) Per approfondire il problema, è importante esaminare cosa queste persone (d’accordo sull’introduzione del dialetto a scuola) hanno risposto a una domanda sulle modalità con le quali ciò dovrebbe avvenire in pratica: la stragrande maggioranza (80,1%) si è dichiarata del tutto favorevole a dedicare una parte dell’orario settimanale all’insegnamento della varietà locale (in pratica, come avviene per le lingue straniere); una percentuale del 40,7% si è detta invece del tutto favorevole all’utilizzo di essa, al posto dell’italiano, per approfondire la conoscenza della storia e della cultura locale (dunque utilizzo del dialetto come lingua veicolare, ma solo per trattare temi che a esso appaiono più connaturati); pochi (percentuali abbondantemente sotto il 10%) si sono detti invece del tutto favorevoli a impiegare la parlata locale e non l’italiano come lingua veicolare per lo studio di alcune o di molte materie curricolari.

  11. Opinioni sul dialetto a scuola (3) Come si vede molto chiaramente, gli intervistati sono sì favorevoli all’impiego del dialetto a scuola, ma solo se mantiene una rassicurante posizione di secondo piano nei confronti della lingua nazionale. Ciò rivela, indirettamente, un’accettazione degli attuali rapporti di forza fra i codici: rispetto alle numerose opinioni positive raccolte sulla necessità di una valorizzazione e una promozione adeguate delle parlate locali, e rispetto anche alle generiche e velleitarie affermazioni per le quali tali parlate non sono povere e inutili per la vita di oggi, emerge un atteggiamento di fondo di segno opposto.

  12. Opinioni sul dialettonegli uffici pubblici Rispetto alle percentuali che registrano pareri positivi riguardo a un eventuale utilizzo a scuola, sono inferiori le percentuali di quanti si dicono del tutto favorevoli all’uso delle varietà locali, insieme all’italiano, negli uffici pubblici: si arriva infatti al 40,2%, cui si affianca un 26,5% di parzialmente favorevoli, con però un 31,9% di contrari, che non si sente evidentemente rassicurato dalla presenza garantita della lingua nazionale.

  13. Opinioni sul sardo nei documentidella Regione (1) Alla domanda: «fermo restando l’impegno per la valorizzazione di tutte le parlate locali utilizzate in Sardegna, sarebbe favorevole all’ipotesi che la Regione, per la pubblicazione di propri documenti, usasse una forma scritta unica del sardo, anche in applicazione delle leggi sulla tutela delle minoranze linguistiche?» il 37,8% degli intervistati ha risposto in modo del tutto favorevole, il 19,9% in modo parzialmente favorevole (ma il 31,4% in modo del tutto contrario e il 7,8% in modo parzialmente contrario).

  14. Opinioni sul sardo nei documentidella Regione (2) Per i favorevoli, in larga misura (59,5%), lo standard da individuare dovrebbe corrispondere a una delle parlate esistenti, non a una forma in qualche modo di compromesso (33,9%): una domanda così complessa era stata a suo tempo inserita nel questionario dietro esplicita richiesta della Regione Autonoma della Sardegna; questa amministrazione, tuttavia, nell’aprile 2006, prima ancora di conoscere la risposta al quesito, varava la cosiddetta Limba Sarda Comuna, che non corrisponde ad alcuna varietà parlata nell’isola ma è piuttosto un idioma artificiale.

  15. La crisi delle varietà locali Il quadro che emerge dalla ricerca sociolinguistica Le lingue dei sardi certifica una condizione di grande e preoccupante debolezza delle parlate locali, a ogni livello: l’unica eccezione significativa è costituita dal tabarchino, che si mostra ben più vivace e in salute rispetto ai restanti dialetti usati in Sardegna. In particolare, il dato con il quale le politiche linguistiche dovranno fare i conti è quello per il quale le famiglie, soprattutto le giovani famiglie e ancor di più le giovani madri, preferiscono rivolgersi ai figli in italiano.

  16. Breve bibliografia G. Lupinu, Lingue, culture, identità in Sardegna: a proposito di una recente indagine sociolinguistica, in Atti dell’VIII Congresso Internazionale dell’Associazione Italiana di Linguistica applicata, Perugia 2008. A. Oppo (a cura di), Le lingue dei sardi. Una ricerca sociolinguistica, Cagliari 2007, in http://www.regione.sardegna.it/documenti/1_4_20070510134456.pdf (14/01/2009).

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