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Elementi di linguistica sarda

Elementi di linguistica sarda. Giovanni Lupinu Facoltà di Lettere e Filosofia Università degli Studi di Sassari Lezione n. 13. Trattamento di l in campidanese. In campidanese l intervocalica subisce una serie di modificazioni.

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Elementi di linguistica sarda

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  1. Elementi di linguistica sarda Giovanni Lupinu Facoltà di Lettere e Filosofia Università degli Studi di Sassari Lezione n. 13

  2. Trattamento di l in campidanese In campidanese l intervocalica subisce una serie di modificazioni. Semplificando un po’ le cose, abbiamo una zona ampia (linguisticamente etichettabile come campidanese centro-occidentale) che, subito dopo Cagliari, si estende in direzione nord-ovest sino a Oristano (si passa dunque per Decimomannu, Monastir, Villacidro, Senorbì, Guspini, Sanluri, Mogoro, Terralba): qui si ha il passaggio di L latina a ƀ o w. Ad es., SOLE > sòƀi / sòwi “sole”; SALE > sáƀi / sáwi “sale”.

  3. La zona delimitata in precedenza corrisponde bene a quella in cui si hanno vocali nasali: si veda la carta linguistica di M. L. Wagner alla diapositiva 6. A Cagliari e nelle immediate vicinanze l permane e tende anzi ad assumere un’articolazione intensa: sálli “sale”, mellòni “melone” etc. Questo tipo di pronuncia, che è presente anche in zone come l’Ogliastra, tende già da tempo a diffondersi dato il prestigio di cui gode il dialetto cagliaritano.

  4. Si ha poi una zona in cui avviene il passaggio di L a una specie di ṛ uvulare (alla francese). Questa zona, che possiamo definire campidanese centrale, comprende alcuni centri che si trovano subito a est di Cagliari (come Quartu S. Elena, Selargius, Monserrato), il Gerrei (S. Nicolò Gerrei, Villasalto) e il Sarcidano (Isili, Nuragus, Genoni) e, isolatamente più a nord, Milis. Ad es., sòṛi “sole”, sáṛi “sale”.

  5. Infine va segnalato quanto avviene nel Sàrrabus, ove L latina passa a colpo di glottide: sáçi “sale”, máçu “cattivo”. Si ricordi che nel Sàrrabus si ha anche la caduta di N fra vocali, con la nasalizzazione delle vocali vicine e comparsa di un colpo di glottide: ad es. kã́çĩ “cane”.

  6. Trattamento di LL latina Caratteristico del sardo è lo sviluppo di LL del latino, che produce una consonante retroflessa doppia ḍḍ: VILLA > bíḍḍa “villaggio, paese”; PULLA > púḍḍa “gallina”; CABALLU > nuor. kaƀáḍḍu, log. káḍḍu, camp. kwáḍḍu.

  7. Le labiovelari latine Le labiovelari sono i suoni che abbiamo in parole latine tipo aqua “acqua” (labiovelare sorda) e lingua “lingua” (labiovelare sonora). In logudorese le labiovelari latine hanno come esito regolare b o bb (consonante occlusiva bilabiale sonora, semplice o doppia): ad es. QUATT(U)OR > báttoro “quattro”; AQUA > ábba “acqua”; LINGUA > límba “lingua”; ANGUILLA > ambíḍḍa “anguilla”.

  8. Diversa è la situazione del campidanese, varietà che, almeno all’apparenza, sembrerebbe essere rimasta più vicina all’originaria situazione latina: in campidanese abbiamo infatti kwátturu, kwáttru “quattro”, ákwa “acqua”, língwa “lingua”, angwíḍḍa “anguilla”. Nonostante la prima impressione, si può però dimostrare che anche in questo caso il logudorese è più conservativo del campidanese (almeno, se accogliamo l’opinione tradizionale).

  9. Ciò è provato da un fatto: alcuni termini del linguaggio rustico mostrano, anche nel campidanese moderno, lo stesso esito delle labiovelari che abbiamo in logudorese; in pratica, cioè, hanno b(b) anziché kw. Per es., dal lat. QUACTILE si ha in campidanese báttili (e non kwáttili) “panno che si mette sotto la sella”, con lo stesso esito che ritroviamo nel logudorese báttile.

  10. La testimonianza di questa e altre voci campidanesi moderne è chiara: un tempo anche in campidanese si avevano esiti del tipo logudorese (si diceva cioè ábba, límba etc.); in séguito, per imitazione della pronuncia toscana, si prese a pronunciare ákwa, língwa etc. Le voci del lessico rustico tipo báttili, prive di corrispondenze in toscano, hanno però conservato la vecchia pronuncia e rappresentano come dei relitti di una situazione precedente.

  11. I nessi consonantici t e c con j Prendiamo come esempi la continuazione delle parole latine PETTIA “carne” e ACIA “filo del coltello”, “crinale di una montagna”, “spigolo”. La situazione dialettale sarda è grosso modo la seguente: nel nuorese si ha ϑϑ, dunque pèϑϑa, áϑϑa; in logudorese si ha tt, dunque pètta, átta; in ogliastrino si ha ss, dunque pèssa, ássa; in sulcitano e nel dialetto di Desulo si ha čč, dunque pèčča, áčča; nel resto del campidanese si ha tts, dunque pèttsa, áttsa. A tutto questo occorre aggiungere che l’articolazione interdentale ϑ è in regresso: a Nuoro, per es., non è più presente (si veda la lezione 11, carta linguistica alla diapositiva 15, isoglosse 3, 4, 4a, 5, 6).

  12. Il nesso n con j Prendiamo come esempi le parole latine VINEA / VINIA “vigna” e MANEANU / MANIANU “mattino”. I due esiti più diffusi sono quello che possiamo definire di tipo logudorese, con ndz, e di tipo campidanese, con nğ: dunque, in log. bíndza, mandzánu; in camp. abbiamo invece bínğa, manğánu. Sono pure presenti altri esiti: per es., a Tonara e Desulo víña, meñánu.

  13. Il nesso l con j Possiamo prendere come esempi le parole latine FILIU “figlio” e MULIERE “moglie”. Anche in questo caso cominciamo con gli esiti più diffusi, che indichiamo come logudorese e campidanese: il primo ha dz, il secondo ha ll. Le parole considerate hanno dunque come continuazione in log. fídzu, mudzère, in camp. fíllu, mullèri. Non mancano altri esiti: per es., in alcune zone dell’Ogliastra (Seui e Perdasdefogu, ad es.) si ha fíl’u, mul’ère.

  14. Sempre in Ogliastra sono presenti esiti del tipo fíğu, muğère (nella parte settentrionale), o fílğu, mulğère (Ierzu, Ulassai), o ancora esiti di tipo cagliaritano (specie nei centri lungo la costa). Il tipo fíğu, muğère si ritrova anche in alcuni paesi del Nuorese, nella Barbagia meridionale e nell’Arborea orientale. Si veda la lezione 11, carta linguistica alla diapositiva 15, isoglosse 10, 11, 12.

  15. Il nesso r con j Prendiamo come esempi le parole CORIU “cuoio” e SUBEREU “sughera”. Segnaliamo intanto la pronuncia kórju, suƀérju (o anche suérju) a Nuoro, in Baronia e in alcuni paesi della Barbagia. Fra gli altri esiti ricordiamo quello più diffuso in logudorese, ossia il tipo kórdzu, suérdzu o simili. In campidanese, invece, abbiamo kórğu, suérğu.

  16. Breve bibliografia M. Contini, Étude de géographie phonétique et de phonétique instrumentale du sarde, Alessandria 1987. M. Virdis, Aree linguistiche, in G. Holtus, M. Metzeltin, Ch. Schmitt (a cura di), Lexikon der Romanistischen Linguistik, Tübingen 1988, pp. 897-913. M. L. Wagner, Fonetica storica del sardo, Cagliari 1984.

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