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Imola, 16 febbraio 2012

Imola, 16 febbraio 2012. la famiglia il lavoro la festa. Famiglia e lavoro: una relazione difficile. In molte famiglie si vive un conflitto tra uso del tempo per il lavoro e uso del tempo per la famiglia. Famiglia e lavoro: una relazione difficile.

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Imola, 16 febbraio 2012

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Presentation Transcript


  1. Imola, 16 febbraio 2012 la famiglia il lavoro la festa

  2. Famiglia e lavoro: una relazione difficile In molte famiglie si vive un conflitto tra uso del tempo per il lavoro e uso del tempo per la famiglia

  3. Famiglia e lavoro: una relazione difficile “Il rischio che il lavoro divenga un idolo vale anche per la famiglia. Ciò accade quando l’attività lavorativa detiene il primato assoluto rispetto alle relazioni familiari, quando entrambi i coniugi vengono abbagliati dal profitto economico e ripongono la loro felicità nel solo benessere materiale. Il rischio dei lavoratori, in ogni epoca, è di dimenticarsi di Dio, lasciandosi completamente assorbire dalle occupazioni mondane, nella convinzione che in esse si trovi l’appagamento di ogni desiderio”. (dalle catechesi preparatorie al VII incontro mondiale delle famiglie, n.7)

  4. Famiglia e lavoro: una relazione difficile Nel passato, spesso non c’era separazione tra casa e azienda e i membri della famiglia partecipavano in maggior o minor misura all’attività produttiva (anche i bimbi). Oggi famiglia e lavoro sono vissuti in posti diversi, in tempi diversi, con diverse serie di persone e con diverse norme di comportamento e diverse emozioni.

  5. Famiglia e lavoro: una relazione difficile Un conflitto che si crea è quello della estraneità del lavoro rispetto alla vita della famiglia per come viene percepito dagli altri componenti del nucleo non direttamente coinvolti. Spesso il nucleo familiare che resta a casa non ha materialmente la possibilità di rendersi conto dell’esperienza che si compie al di fuori delle pareti domestiche

  6. Famiglia e lavoro: una relazione difficile Oltre la fatica fisica del lavoro (per alcuni), sono aumentati stanchezza, nervosismo, inquietudini che derivano dalla fatica mentale del lavoro … elementi che spesso vanno a disturbare il desiderio di dialogo a vantaggio di voglia di svago personale, evasione, non coinvolgimento nelle problematiche familiari

  7. Famiglia e lavoro: una relazione difficile Il lavoro è concepito come spazio non familiare e la famiglia come spazio del non lavoro

  8. Famiglia e lavoro: una relazione difficile Difficoltà a parlare in casa del lavoro e a educare al lavoro Direttorio Pastorale familiare, 185: “I genitori offrano una corretta visione del lavoro, compreso quello manuale. La famiglia porterà il proprio contributo per superare la mentalità che vede il lavoro come realtà puramente accidentale e strumentale, estranea alla vita e alla costruzione della maturità della persona”

  9. Famiglia e lavoro: una relazione difficile Esiste una relazione diretta tra qualità delle relazioni e dei meccanismi decisionali della famiglia, scelte occupazionali dei singoli e benessere individuale e familiare

  10. Famiglia e lavoro: una relazione difficile Debolezza delle reti di vicinato e di prossimità, che potrebbero invece contribuire a rispondere ai bisogni e alle piccole emergenze quotidiane delle famiglie

  11. Il servizio educativo del preteQuando “paterno” fa rima con “eterno” “… e or m'accora, la cara e buona imagine paterna di voi quando nel mondo ad ora ad ora m'insegnavate come l'uom s'etterna”. (Dante a Brunetto Latini, Divina Commedia, Inferno XV)

  12. Tre indicazioni educative per aiutare a conciliare lavoro e famiglia… tratte dal discorso di Sua Santità Benedetto XVI alla 61° Assemblea generale della CEI (27 maggio 2010) e riportate negli Orientamenti CEI 2010-2020 “Educare alla vita buona del Vangelo”

  13. 1. Uno sguardo buono sulla realtà per imparare a riconoscere la presenza di Gesù dentro il quotidiano «La natura viene considerata oggi come una cosa puramente meccanica… e quindi non viene alcun orientamento dall’essere stesso. La Rivelazione viene considerata o come un momento dello sviluppo storico, quindi relativo come tutto lo sviluppo storico e culturale, o – si dice – forse c’è rivelazione, ma non comprende contenuti, solo motivazioni. E se tacciono queste due fonti, la natura e la Rivelazione, anche la terza fonte, la storia, non parla più, perché anche la storia diventa solo un agglomerato di decisioni culturali, occasionali, arbitrarie, che non valgono per il presente e per il futuro» (Benedetto XVI alla 61 Ass. Gen. CEI, 27.05.2010)

  14. 1. Uno sguardo buono sulla realtà per imparare a riconoscere la presenza di Gesù dentro il quotidiano “L’unico rapporto etico che si può avere con la grandezza (così anche con Cristo) è la contemporaneità. Rapportarsi a un defunto è un rapporto estetico: la sua vita ha perduto il pungolo, non giudica la mia vita, mi permette di ammirarlo…e mi lascia anche vivere in tutt’altre categorie: non mi costringe a giudicare in senso definitivo” (Soren Kierkegaard, Diario)

  15. 1. Uno sguardo buono sulla realtà per imparare a riconoscere la presenza di Gesù dentro il quotidiano Quando non si riconosce la presenza di Gesù nella quotidianità… si cade • in una visione ideologica della realtà • nella lamentala • nella fuga • non ci si coinvolge mai personalmente (e si fanno solo discorsi) • non si è capaci di dare senso alla fatica e al dolore Quando invece si ha l’umiltà di riconoscere la presenza di Gesù nella quotidianità… * posso dire : “Io sono Tu che mi fai” (L.Giussani, Il senso religioso) * faccio mio l’atteggiamento di Maria che di fronte all’annuncio non progetta, ma segue! * … e mi chiedo: “come posso/cosa debbo….cambiare” per seguire Gesù?

  16. L’educazione non può risolversi in una didattica, in un insieme di tecniche e nemmeno nella trasmissione di principi; il suo scopo è, piuttosto, quello di «formare le nuove generazioni, perché sappiano entrare in rapporto con il mondo, forti di una memoriasignificativa che non è solo occasionale, ma accresciuta dal linguaggio di Dio che troviamo nella natura e nella Rivelazione, di un patrimonio interiore condiviso, della vera sapienza che, mentre riconosce il fine trascendente della vita, orienta il pensiero, gli affetti e il giudizio». (Benedetto XVI) 2. una sapienza che orienta il pensiero, gli affetti e il giudizio

  17. Il lavoro è l’aspetto più concreto, arido e faticoso del proprio amore a Cristo (Don Giussani) Il lavoro richiede di evitare due tipi di errori: • Errore da “idealismo”: avere un progetto in mente e cercare di applicarlo a prescindere dalle condizioni, scambiando il desiderio con la pretesa, saltando il paragone del desiderio con la realtà (soprattutto quando è sgradita o richiede tempo per svilupparsi). • Errore da “relativismo pragmatico”: rinunciare a giocare i propri desideri e idee (anche la propria esperienza cristiana), dando solo spazio alle necessità oggettive. 2. una sapienza che orienta il pensiero, gli affetti e il giudizio

  18. Orienta il pensiero… • la conoscenza del patrimonio sul lavoro che viene dalla Dottrina Sociale e dalla spiritualità del lavoro (cfr proposta dell’Azione Cattolica e del MLAC) * la conoscenza delle caratteristiche del mercato del lavoro. 2. una sapienza che orienta il pensiero, gli affetti e il giudizio

  19. Un esempio Alcuni spunti di metodo utili per affrontare il mercato del lavoro • non si è mai veramente precari • è meglio un lavoro qualunque che nessun lavoro • qualunque lavoro ha una dignità • È necessaria la presenza di maestri disposti a insegnare • gli errori che si fanno sono una delle occasioni più importanti per imparare. • come valutare il tema contratto-stipendio (G. Vittadini, Tracce, gennaio 2012) 2. una sapienza che orienta il pensiero, gli affetti e il giudizio

  20. «E’ essenziale per la persona umana il fatto che diventa se stessa solo dall’altro, l’‘io’ diventa se stesso solo dal ‘tu’ e dal ‘noi’, è creato per il dialogo, per la comunione sincronica e diacronica. E solo l’incontro con il ‘tu’ e con il ‘noi’ apre l’‘io’ a se stesso. Perciò la cosiddetta educazione antiautoritaria non è educazione, ma rinuncia all’educazione: così non viene dato quanto noi siamo debitori di dare agli altri, cioè questo ‘tu’ e ‘noi’ nel quale si apre l’‘io’ a se stesso». (Benedetto XVI) 3. Solo l’incontro con il ‘tu’ e con il ‘noi’ apre l’ ‘io’ a se stesso

  21. L’unità nella coppia e l’unità nella comunità cristiana… …sono i luoghi educativi capaci di educarci a riconoscere e aderire alla presenza di Gesù che ci chiama 3. Solo l’incontro con il ‘tu’ e con il ‘noi’ apre l’ ‘io’ a se stesso

  22. Per concludere Tre immagini - per riassumere - per dire il significato della festa • per mostrare che la festa aiuta la conciliazione tra lavoro e famiglia

  23. Prima immagine “Dio ha fatto gli occhi dei gufi e delle civette così enormi affinché fossero occhi che vedono nella notte. Per scrutare nelle tenebre bisogna avere occhi smisurati, gli occhi di Dio stesso. Allora la notte diventa luce.” (Louis Albert Lassus)

  24. Seconda immagine “ Sì, il lavoro è un problema, perché si fa fatica, perché a volte si ha la testa giù e non si sa cosa si sta facendo”. “Infatti il problema del lavoro, spesso più ancora che lo stipendio, il problema del lavoro è la visione” (K. Wojtyla)

  25. Terza immagine “Ciò che occorre è un uomo un passo sicuro, e tanto salda la mano che porge che tutti possano afferrarla, e camminare liberi, e salvarsi” C.Betocchi, “Ciò che occorre è un uomo”

  26. Chiamati a un “compito” “L’amore in astratto non avrà mai forza nel mondo, se non affonda le sue radici in comunità concrete, costruite sull’amore fraterno.(…) Si deve cominciare dal particolare per arrivare all’universale. La costruzione di spazi di fraternità è oggi non meno importante che nei tempi di san Giovanni o di san Benedetto, che con la fondazione della fraternità dei monaci fu il vero architetto dell’Europa cristiana, costruendo i modelli della nuova città nella fraternità della fede” J. Ratzinger, Il cammino pasquale

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