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A rchivio S torico A ntroponimico della V alle D’A osta

A rchivio S torico A ntroponimico della V alle D’A osta. Il progetto

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A rchivio S torico A ntroponimico della V alle D’A osta

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Presentation Transcript


  1. Archivio Storico Antroponimico della Valle D’Aosta Il progetto Il progetto ASAVDA è finalizzato alla realizzazione di una banca-dati elettronica sull’antroponimia personale (nomi di battesimo) e familiare (denominazioni aggiunte e cognomi) valdostana, che prevede lo spoglio della documentazione archivistica (edita e inedita) relativa all’area, a partire dall’epigrafia latina fino alla documentazione anagrafica moderna. La banca-dati consente la creazione di repertori alfabetici, in cui le attestazioni (che possono venir tipizzate attraverso procedure apposite di lemmatizzazione) vengono corredate dal contesto completo di occorrenza, dalla datazione cronica e da quella topica. In prospettiva questa struttura consentirà la cartografazione del repertorio, permettendo così una vasta gamma di ricerche su base regionale, ad esempio relativamente alla diffusione e distribuzione antica e recente dei nomi di famiglia, oppure alla frequenza comune per comune di particolari nomi di battesimo. La struttura del data-base consentirà anche di poter risalire in ogni momento alla trascrizione della documentazione autentica, accedendo così in forma tabellare all’elenco completo delle attestazioni, ovvero agli individui che hanno portato quel nome o quel cognome, che potranno anche essere collegati fra loro in “alberi genealogici” familiari. Il progetto, nel quadro di una politica di disseminazione delle conoscenze, prevede la consultabilità in rete del materiale, attraverso la creazione di un link apposito sul sito dell’Università della Valle d’Aosta che metterà progressivamente a disposizione il materiale caricato nonché una serie di risorse di ambito antroponimico (bibliografia, articoli, altri links). La storia del progetto Il programma di ricerca muove originariamente da un progetto finanziato dal CNR (Agenzia 2000) cui hanno partecipato (oltre all’unità valdostana, che si è occupata della realizzazione del software per il caricamento dei dati, nelle persone di Gianmario Raimondi, per la parte progettuale, e Pieraldo Rolfo, per la realizzazione informatica) le università di Torino, Pisa e Bari. In seguito, l’unità valdostana ha proseguito autonomamente il programma di ricerca, rendendone conto ad esempio alla Conférence annuelle du Centre d’Etudes francoprovençales (G. Raimondi, Tracce francoprovenzali nell’antroponimia valdostana a cavallo dei secoli XV e XVI, in Aux racines du francoprovençal, Aoste, 2004, pp. 191-211). Le fasi e lo sviluppo del progetto

  2. Archivio Storico Antroponimico della Valle D’Aosta Il programma NOMI Il programma permette l’acquisizione di dati antroponimici a partire dalle fonti archivistiche, edite o inedite. Con ‘fonti edite’ ci si riferisce alle raccolte di cartari, di documentazione fiscale o anagrafica, di monumenti documentari o epigrafici, ecc., da spogliare attraverso le edizioni a stampa; le ‘fonti inedite’ sono costituite da analoga documentazione archivistica non ancora edita La struttura dell’archivio L’archivio è basato su una struttura ‘a cascata’ che parte dall’unità Fonte (il singolo documento spogliato). Ogni Fonte può contenere molti Contesti antroponimici (denominazioni complesse di uno o più individui); ogni Contesto contiene uno o più Individui e una o più Attestazioni di unità antroponimiche (singole parti della denominazione complessa). La struttura relazionale dell’archivio permette di mantenere in relazione continua questi diversi livelli di informazione e le informazioni aggiuntive che sono a ciascuno di essi collegate (ad es. la località di riferimento e la datazione). La presenza di due archivi separati per gli Individui e per le Attestazioni, inoltre, permette la creazione di una sorta di “anagrafe” degli individui censiti e quindi un miglior controllo degli aspetti statistici relativi alla effettiva frequenza delle forme onomastiche, nonché la possibilità di studiare in modo appropriato gli aspetti evolutivi del sistema antroponimico, come il grado di persistenza in diacronia delle denominazioni aggiuntive (i futuri cognomi) e la loro trasmissibilità di generazione in generazione.

  3. Archivio Storico Antroponimico della Valle D’Aosta SPUNTI - I cognomi valdostani (tratto da G. Raimondi, I nomi di persona, fra sistemi linguistici e sistemi antropologici) Specificità francoprovenzale, dal punto di vista linguistico, alpina, dal punto di vista culturale, e “sabauda”, dal punto di vista politico; rapporto diglottico con codici linguistici differenziati, il latino e il francese; influenza culturale francese: questi paiono essere, riassumendo, gli ingredienti caratterizzanti dell’antroponimia valdostana. Francoprovenzale e alpina al tempo stesso, dal punto di vista sia linguistico che culturale, è ad esempio la presenza costante, che si manifesta al livello dei cognomi valdostani, di una relittualità lessicale che rimonta allo strato prelatino dell’area alpina e che mostra in nomi di famiglia come Barmaz, Barmasse, Barmey; Clapey; Grappein, o come Dalle; Gorraz, Gorrex; Cheney l’emergere di termini di lontano etimo celtico o celto-ligure come *BALMA ‘grotta, cavità naturale’, *KLAPPA ‘pietra, roccia piatta’, *KRAPPA ‘roccia’, *DALJA ‘abete’, *GORRA ‘salice’, *CASSENA ‘quercia’ che indicano particolari conformazioni del territorio o nomi delle piante ancora vivi nelle parlate alpine, e qui utilizzati per la formazione di soprannomi familiari indicanti il luogo di abitazione. L’esistenza di alcuni di questi cognomi anche nell’area propriamente francese non attesta qui un’influenza diretta della lingua d’oil, ma piuttosto la sopravvivenza nei due domini linguistici (quello oitanico e quello francoprovenzale) di continuatori del medesimo etimo: chêne francese e tséno valdostano ad indicare la quercia, non sono madre e figlio, ma figli entrambi dello stesso *CASSENA gallico. La sovrapposizione di un’influenza francese, che agisce anche prima dell’adozione ufficiale di questa lingua (percepita comunque come codice linguistico scritto di riferimento per la parlata locale) nei documenti, si avverte invece quando nelle forme attuali dei cognomi traspare l’adattamento delle forme originali dei cognomi secondo la fonetica francese. Laddove infatti il corrispondente francese alla voce patois era immediatamente percepibile, l’azione dei parroci (nei registri battesimali), dei notai (negli atti) e degli ufficiali pubblici livella le specificità locali sulla norma della lingua di maggior prestigio, soprattutto nei casi in cui l’alfabeto a disposizione (quello a base latina) creava difficoltà nella resa di certi suoni. Questo spiega come mai nei cognomi valdostani non vi sia generalmente traccia del particolare esito in affricata dentale di K+A etimologico: fin dall’epoca medievale, insomma, tutti gli Tsenéy sono stati convertiti in Cheney, tutti gli Tsenail, dall’omonima voce derivata dal lat. CANALIS che indica i canaloni di montagna, passano a Chenal, tutti gli Tsevré, da CAPRARIUS, a Chevrier. Ma sono anche altre le particolarità fonologiche che subiscono questo livellamento, come è il caso dei suffissi agentivi -ARIU e -ATOR: ai tipi cognominali come il già citato Chevrier, come Ouvrier o Barbier dobbiamo infatti sottindendere originali soprannomi di mestiere che suonano invece tsevré (con un esito in -e molto chiusa, e non in -ié), ouvré < operarius e barbé < barbarius; e allo stesso modo, all’origine del cognome Chasseur possiamo senz’altro arrivare a porre la forma Tsachàou, con l’esito più antico e originale dell’altro suffisso in questione, -ATOR.

  4. Archivio Storico Antroponimico della Valle D’Aosta SPUNTI - I nomi personali valdostani (tratto da G. Raimondi, I nomi di persona, fra sistemi linguistici e sistemi antropologici) Il nome più diffuso nel XV e XVI secolo è ovunque Johannes, che da solo registra fra il 22 ed il 30% delle occorrenze nelle diverse località (il che equivale a dire che; in sostanza, un individuo su tre si chiama Jean). È altresì significativo che bastino poi solo altri due nomi (a seconda delle località Petrus, Jacobus, Anthonius e Bonifacius) per superare il 50% delle attestazioni complessive (per un confronto si tenga presente che in Toscana nel secolo precedente si superano di frequente i 100 nomi personali diversi e che nell’onomastica contemporanea, i valori oscillano generalmente fra 20-30 nomi). All’interno di questo quadro generale e condiviso, tuttavia, esistono anche specificità locali, che spesso si manifestano ancora nella documentazione più moderna, come nel Catasto Sardo di metà Settecento, relative a nomi altrove rarissimi. Oltre al caso di Aymon (nome germanico, dal radicale *HAIMI ‘casa’), piuttosto diffuso (come peraltro nel Piemonte coevo) in relazione ai legami con l’onomastica nobiliare di casa Savoia, a fare gruppo ai ranghi medi del repertorio sono soprattutto nomi legati a determinate tradizioni agiografiche e devozionali. A tradizioni e culti di ambito francese è infatti ascrivibile la presenza di nomi come Sulpice e Panthaleon: il primo è St-Sulpice le Debonnaire, vescovo di origine aquitana cui sono dedicati in Francia (a Parigi e a Bourges) due monasteri certosini; le reliquie del secondo, santo di tradizione bizantina, protettore dei medici, cui è dedicata ancora oggi la chiesa parrochiale di Valpelline, erano invece venerate a Lione fin dal Medioevo. A devozioni regionali vanno ricondotte le frequenze significative di nomi come Eustace e Gras, in riferimento al primo e al secondo (e più famoso, San Grato) vescovo della diocesi aostana; o come Cassiano, frutto della devozione a S. Cassiano da Imola patrono di La Salle, dove nel 1750 è addirittura il 3° nome per frequenza, dopo Jean e Pierre; o, infine, come Ours, santo eponimo della collegiale di Aosta, che registra ad esempio ancora 18 occorrenze a Cogne nel 1750.

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