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Provincia di Piacenza. LA PROGRAMMAZIONE NELLA LEGGE N. 328/2000: PIANI SOCIALI E PIANI DI ZONA Emanuele Ranci Ortigosa Piacenza - 24 maggio 2001. TEMI DELL’INTERVENTO. Il sistema programmatorio previsto dalla 328

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  1. Provincia di Piacenza LA PROGRAMMAZIONE NELLA LEGGE N. 328/2000: PIANI SOCIALI E PIANI DI ZONA Emanuele Ranci Ortigosa Piacenza - 24 maggio 2001

  2. TEMI DELL’INTERVENTO • Il sistema programmatorio previsto dalla 328 • Il Piano nazionale: come doveva essere, come è, a che cosa potrà servire? • I Piani regionali: che cosa dovrebbero essere e che cosa sta accadendo? • I Piani di zona: come dovrebbero essere (e come si dovrebbero fare) in relazione anche ai loro “pionieri” piani territoriali ex l. 285? • Potenzialità e rischi del sistema proposto

  3. IL SISTEMA PROGRAMMATORIO PREVISTO DALLA 328 • Piano nazionale degli interventi e servizi sociali (art.18) • Piano regionale degli interventi e dei servizi sociali (art.18) • Piano di zona (art.19) • Fondo nazionale dei servizi sociali (art. 20) • Sistema informativo dei servizi sociali (art.21)

  4. Piano nazionale Piano regionale Piano regionale Piano regionale Piano di zona Piano di zona Piano di zona Progetto esecutivo Progetto esecutivo Progetto esecutivo IL SISTEMA PROGRAMMATORIO PREVISTO DALLA 328

  5. IL SISTEMA PROGRAMMATORIO PREVISTO DALLA 328

  6. Grande novità della l.328 è che per la prima volta viene stabilito da una norma statale l’obbligo di predisporre un pianonazionale degli interventi e dei servizi sociali, analogamente a quanto previsto in campo sanitario. Il Piano nazionale è adottato ogni tre anni dal governo dopo parere di: enti e associazioni nazionali di promozione sociale associazioni di settore organizzazioni sindacali associazioni di tutela commissioni parlamentari. IL PIANO NAZIONALE Il Piano nazionale

  7. Le caratteristiche e i requisiti delle prestazioni sociali comprese nei livelli essenziali (art.22) priorità di intervento, soprattutto per persone in condizione di povertà e difficoltà psico-fisica attraverso: programmi obiettivo e azioni programmate. Modalità di attuazione del sistema e integrazione con le politiche sanitarie, dell’istruzione, della formazione e del lavoro indirizzi per diffondere informazioni ai cittadini e alla famiglie indirizzi per sperimentazioni innovative, per la promozione della concertazione delle risorse e per la costruzione di reti. IL PIANO NAZIONALE Il Piano nazionale indica(art.18):

  8. indicatori per la verifica dei livelli di integrazione sociale criteri per la partecipazione al costo dei servizi da parte degli utenti criteri per determinare le priorità di accesso al sistema criteri per la concessione dei prestiti di onore indirizzi per servizi ed interventi a favore di disabili ed anziani non autosufficienti indirizzi per la formazione di base e l’aggiornamento del personale finanziamenti per ogni anno indirizzi per programmi integrati IL PIANO NAZIONALE Il Piano nazionale indica(art.18):

  9. IL PIANO NAZIONALE Il Ministro per la solidarietà sociale predispone annualmente una relazione al parlamento sui risultati conseguiti rispetto agli obiettivi prefissati dal Piano nazionale, con particolare riferimento ai costi e all’efficacia degli interventi e fornisce indicazioni per l’ulteriore programmazione

  10. Il Piano nazionale 2001-2003 è stato realizzato “a tempo di record” dal Governo “la scelta a favore della tempestività impone una metodologia e uno stile programmatorio essenziale e selettivo, che rinuncia (in parte) alle analisi e alle argomentazioni, per concentrarsi sugli orientamenti e gli indirizzi di carattere generale” (piano naz. Premessa) La “fretta” ha pertanto fatto sì che alcuni aspetti siano risultati più approfonditi di altri e che, complessivamente (e forse anche ragionevolmente) il Piano rappresenti un documento di indirizzo generale che non entra nel merito di aspetti che invece, secondo una analisi attenta della legge, avrebbe dovuto in qualche modo trattare. IL PIANO NAZIONALE Il I°Piano nazionale c’è già

  11. le radici e gli elementi fondanti per le “nuove” politiche sociali (parte I) Gli obiettivi di priorità sociale (parte II) responsabilità familiari diritti dei minori contrasto alla povertà servizi domiciliari per non autosufficienti Indicazioni per lo sviluppo del sistema integrato (parte III) (livelli essenziali, programmazione partecipata, finanziamento, qualità, rapporti con i terzo settore, carta dei servizi e sistema informativo) IL PIANO NAZIONALE Come è articolato Il I°Piano nazionale

  12. Le regioni, in relazione alle indicazioni del Piano nazionale e attraverso forme di intesa con i comuni, adottano nell’ambito delle risorse disponibili, entro 120 gg, il Piano regionale degli interventi e dei servizi sociali, provvedendo in particolare all’integrazione socio sanitaria in coerenza con gli obiettivi del Piano sanitario regionale, nonché al coordinamento con le politiche dell’istruzione, della formazione professionale e del lavoro I PIANI REGIONALI Il Piano regionale

  13. L.328 e piano nazionale dicono poco rispetto ai Piani regionali, in particolare non appare chiaro che cosa succederà nelle regioni che hanno già in vigore piani regionali (se decadono, se vengono integrati, se rimangono in vigore ecc.) I PIANI REGIONALI Il Piano regionale

  14. Sulla base delle indicazioni i comuni provvedono, a loro volta, a definire il piano di zona Viene adottata attraverso Accordo di programma (l. 142\90 art.27) al quale partecipano soggetti pubblici e privati, in particolare quelli che concorrono, anche con proprie risorse, alla realizzazione del sistema integrato è approvato dai comuni associati che fanno parte di un determinato “ambito territoriale per la gestione unitaria del sistema locale dei servizi sociali a rete” l’ambito è determinato dalla Regione e dovrebbe essere coincidente con il distretto sanitario IL PIANO DI ZONA Il Piano di zona

  15. Favorire la creazione di una rete di servizi e interventi flessibili, stimolando le risorse della comunità locale qualificare la spesa attivando anche risorse locali ripartire la spesa tra i soggetti firmatari prevedere formazione, aggiornamento e progetti di sviluppo dei servizi IL PIANO DI ZONA Il Piano di zona è volto a:

  16. Obiettivi, priorità, strumenti e mezzi organizzazione dei servizi, risorse e requisiti di qualità rilevazione dei dati nell’ambito del sistema informativo modalità per garantire integrazione fra servizi e prestazioni coordinamento con organi statali periferici (amministrazione penitenziaria e della giustizia) collaborazione fra servizi territoriali, soggetti che operano nell’ambito della solidarietà sociale e comunità locale; forme di concertazione con l’Asl e con gli enti non profit erogatori di servizi ed interventi sociali IL PIANO DI ZONA Il Piano di zona individua:

  17. La predisposizione del PDZ può essere articolata secondo le seguenti fasi metodologiche attivazione della procedura, prevedendo il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati alla definizione dei singoli ruoli ricostruzione della “base conoscitiva”, ai fini dell’analisi dei bisogni e delle conoscenze dell’esistente individuazione degli obiettivi strategici precisazione dei contenuti, con riferimento all’art. 19 della 328 approvazione del Pdz e sottoscrizione di un accordo di programma IL PIANO DI ZONA Il Piano di zona secondo il Piano naz.

  18. Il Piano nazionale, il Piano regionale e, soprattutto il Piano di zona, sono strumenti strategici per governare le politiche sociali: In particolare compito del Piano di zona è, a livello territoriale di organizzare soggetti diversi, con interessi specifici rispetto alla posta in gioco, che intervengono sui bisogni e sulla domanda sociale per la costruzione di una politica organica “di comunità” LE POTENZIALITA’ INNOVATIVE DEL SISTEMA PROPOSTO Elementi di innovazione

  19. il Piano di zona è pertanto strumento di programmazione forte, che se ben applicato dovrebbe superare l’impasse storica del frazionamento comunale, consolidando una prassi programma-toria a livello di ambito e costituendo, tra l’altro, un interlocutore negoziale “alla pari” con il distretto sanitario. LE POTENZIALITA’ INNOVATIVE DEL SISTEMA PROPOSTO Elementi di innovazione

  20. A livello territoriale è richiesta una rilevante capacità progettuale e strategica, in termini di indirizzo e di orientamento, ma anche di costruzione del consenso fra i molti attori locali coinvolti. E’ richiesta, in altre parole, il passaggio da una prospettiva di government (funzione esclusiva del soggetto pubblico, ad una prospettiva di governance (attività di governo svolta attraverso la mobilitazione effettiva di una serie di soggetti). LE POTENZIALITA’ INNOVATIVE DEL SISTEMA PROPOSTO Elementi di innovazione

  21. Nella 328 e nel Piano nazionale è data forte enfasi alla introduzione, a livello di PDZ di una prassi di progettazione partecipata, coinvolgendo: attori istituzionali (Comuni, Asl, Scuola, ecc.); attori della società civile (terzo settore, volontariato, associazioni di tutela). L’assunzione di tale metodologia è posta come una condizione di efficacia della politica. GLI ATTORI COINVOLTI ATTORI

  22. LA 285 COME PIONIERE DI QUESTO PROCESSO PROGRAMMATORIO Si tratta di un percorso già sperimentato con la 285, con luci ed ombre, infatti le aggregazioni di soggetti che, in particolare per progettare il II triennio, si sono costituite, prefigurano in molte parti di Italia le aggregazioni che dovranno realizzare i PDZ.

  23. Piano territoriale 285 Si progettano politiche solo per una parte definita di cittadini Si progettano interventi nuovi, in integrazione con quanto già esiste sui territori Si pianifica in relazione ad una quota limitata di risorse per lo più extracomunali In molte regioni ci si è potuti avvalere di una significativa azione di coordinamento e valutazione provinciale PDZ 328 Si progettano le politiche sociali per tutta la cittadinanza Si determinano i livelli essenziali Si pianificano tutte le risorse comunali in materia di politica sociale e si negozia sul piano economico anche con l’Asl Eventuali forme di coordinamento provinciale sono ancora da prevedere ELEMENTI CHE RENDONO LA PIANIFICAZIONE 328 PIU’ COMPLESSA DI QUELLA 285

  24. il mandato legislativo potrebbe essere interpretato in modo rigido e il Piano divenire strumento statico, di illusoria razionalizzazione di un sistema per sua natura dinamico. Vi è una dinamica fra ruoli e funzioni politiche e tecniche che presenta rischi di sovrapposizioni e confusioni POSSIBILI OSTACOLI ALLA COSTRUZIONE DEL PIANO L’esperienza 285 segnala dei rischi

  25. La 328 spinge ad avviare processi complessi di progettazione partecipata che richiederanno l’assunzione di una funzione di “regia” nella costruzione dei Piani. Tale funzione, pur affascinante e potenzial-mente efficace, richiede abilità e compe-tenze oggi poco presenti negli enti locali. il mandato legislativo potrebbe essere interpretato in modo rigido e il Piano divenire strumento statico, di illusoria razionalizzazione di un sistema per sua natura dinamico. RISCHI ALLA COSTRUZIONE DEL PIANO DI ZONA L’esperienza 285 segnala dei rischi

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