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La cucina calabrese tra storia e cultura

La cucina calabrese tra storia e cultura.

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Presentation Transcript


  1. La cucina calabrese tra storia e cultura

  2. La cucina calabrese è strettamente collegata alla storia e al territorio ma soprattutto alla vita religiosa e spirituale che ha portato regole e abitudini spesso legate alle ricorrenze che risalgono ai tempi antichi dalla Magna Grecia all'Unità d'Italia.

  3. Per esempio a Natale e all'Epifaniaè usanza mettere in tavola tredici portate, mentre a Carnevale si mangiano maccheroni, polpette e carne di maiale. La Pasqua si festeggia con l'arrosto d'agnello, i cudduraci e i pani spirituali e così per le altre feste. Ogni evento della vita familiare (nozze, battesimi etc.) si festeggia sempre conuna cena particolare.

  4. la cucina della regione è caratterizzata da essenzialità, semplicità e povertà, ma che nel tempo ha sempre conservato sapori ed aromi forti e unici.

  5. CON I GRECI • A Sybaris bisogna darle la paternità dell'utilizzo comune della pasta alimentare.  • Sorprendente è la sopravvivenza ancora oggi degli strangugliaprieviti o strozzapreti, e la sua variante  " laganon" (una specie di larga tagliatella) che in Grecia era utilizzata solo nelle veglie funebri, facendovi scorrere sopra un legno cilindrico (il primo mattarello della storia!).

  6. La sardella calabrese si snoda lungo un unico filo conduttore che unisce la Calabria alla Spagna per giungere alla civiltà greco-romana e per tale ragione si può definire una commistione di diverse culture: greca, romana, araba, normanna, bizantina, saracena, aragonese

  7. CON I LATINI E BIZANTINI • Un posto di primo piano occupava il miele. La sua prelibatezza era eccelsa. • Fra i dolci più usuali vi erano i "frutti di pasta di mandorle" (al Museo di Reggio sono esposti gli stampi), i "crastuli", rombi di farina impastata, fritti in olio e conditi con miele o vin cotto, ed i "mustacea" (mostaccioli o 'nzuddhi), prodotti impastando farina, miele, olio ed essenze..

  8. CON GLI ARABI • Una svolta decisiva si ebbe con gli Arabi nella storia della Calabria. • Costori, nel X secolo crearono parecchi emirati in Calabria . Furono cosi introdotti nella penisola bruzia le coltivazioni del gelso bianco, del riso, del cotone, dell'agrume e della canna da zucchero (cannameli) che doveva sostituire a tutti gli effetti il miele nella dolcificazione degli alimenti.

  9. Si rafforzò l'uso del peperoncino rosso e del pepe nero. Si affermò il principio arabo del giusto incontro fra sapori contrapposti (lo zucchero e l'aceto, il cappero ed il pinolo): ne sono caratteristiche le salse agrodolci e la , "gghiotta".

  10. Gli Arabi portano in Calabria le melanzane e la pasta bucata, chiamata maccaruni, serviti ancora oggi con le purpetteo con gli iaccatieddri (rispettivamente polpette e zucchine fritte aromatizzate alla menta); anche la gastronomia albanese ha lasciato la sua impronta: cipolline selvatiche con il pangrattato e il peperoncino, pasta e fave, il succo di miele e limone.

  11. La polenta è oggi piatto tradizionale del Nord: ebbene la polenta nacque nel Sud. Furono gli Spagnoli a introdurla: se ne facevano, "tortillas" (pizzateddi), e minestre. Il clima ne sconsigliò però l'uso costante per evitare la pellagra e così la polenta risalì la penisola per attestarsi al Nord. • Testimonianze di questo passaggio in Calabria rimangono i piatti di polenta con broccoli e curcuci, la polenta fritta, la polenta con salsiccia e la "curcudìa" (polenta cotta nel latte, caratteristica dei paesi grecanici).

  12. Era anche abitudine che ogni famiglia allevasse almeno un maiale, che consentiva una scorta di cibo per l’inverno e la sua macellazione, di solito in occasione del Carnevale: era pretesto per cenare in compagnia di amici e parenti, tradizione tutt’oggi praticata.

  13. Circa la tradizione vinicola, la coltivazione della vite è di origine molto antica, tanto che la Calabria era chiamata Enotria, terra del vino: tra i più importanti il Cirò, il Bivongi, il Savuto e il Pollino, senza dimenticare i vigneti innestati da uve francesi e spagnoli per l’Alicante e il Bordeaux.

  14. L’Italia, grande produttrice di arance, non conobbe questo albero fino alla metà del Quattrocento. I crociati avevano importato in Europa l’arancia agra; ma si deve aspettare Vasco de Gama, che al rientro da uno dei suoi viaggi in Oriente, portò, tra le altre ricchezze, un albero di arance dolci, dal quale, sembra, ebbero origine tutti gli aranci europei. E forse a testimonianza di questa origine, una qualità di arancia è chiamata appunto “portogallo“.

  15. FINE CLASSE I D A.S. 2011/12

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