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Comportamento predatorio

Comportamento predatorio. Giocoli, Cap.3, §2. Comportamento predatorio.

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Comportamento predatorio

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Presentation Transcript


  1. Comportamento predatorio Giocoli, Cap.3, §2

  2. Comportamento predatorio • Con il termine comportamento predatorio si intende un’azione da parte di un’impresa dominante – in genere una riduzione del prezzo – effettuata con l’unico scopo di escludere dal mercato una rivale esistente o impedire l’entrata di una nuova rivale. • Una definizione alternativa definisce la predazione di prezzo (PP) come la fissazione del prezzo al di sotto del costo di produzione da parte dell’impresa leader al fine di eliminare le rivali ed ottenere il profitto di monopolio. • La seconda definizione è più tradizionale, ma anche più limitata: si parla solo di prezzo predatorio, non si considera il caso dell’ostacolo all’entrata e si fa riferimento all’esito di monopolio. • Useremo questa seconda definizione, anche per sottolineare la differenza con il modello di Bain (predazione vs. esclusione), ma la prima è più moderna e più generale.

  3. Le tre domande cruciali • PP è profittevole per l’impresa leader, cioè le conviene davvero vendere sottocosto per eliminare le rivali? • PP è la strategia più profittevole per l’impresa leader, cioè siamo certi che non esista una strategia migliore? • Perché le politiche della concorrenza dovrebbero occuparsi di PP, posto che la strategia si attua mediante una riduzione del prezzo di sicuro beneficio per i consumatori? • PP è proibita in tutti gli ordinamenti antitrust, ma cosa vogliamo davvero tutelare con questo divieto, la concorrenza o i concorrenti? • Come deve comportarsi il policy-maker di fronte all’osservazione empirica di un prezzo di mercato così basso da non poter essere sostenuto dai rivali? • Il problema del chilling competitive behavior: proibire la riduzione dei prezzi rischia di minare l’essenza stessa della sana competizione tra imprese. • La terza domanda spiega quindi perché nel dibattito della teoria, della dottrina e della giurisprudenza antitrust, sia in USA che in Europa, il comportamento predatorio abbia sempre occupato un ruolo centrale.

  4. La storia base • Esiste un’impresa leader (predatore) che opera su più mercati, in senso geografico e/o merceologico. • In uno di questi mercati, il leader ha una rivale (preda) che invece opera solo su quel mercato. Negli altri mercati il leader ha un certo potere di mercato e quindi ottiene extraprofitti. • Fase di predazione: per “uccidere” la preda, il leader potrebbe vendere sottocosto (P < CMeT) in quel particolare mercato. • Sia il leader che la preda perdono denaro vendendo ad un prezzo così basso. Ma mentre il leader può sopportare le perdite grazie agli extraprofitti che già ottiene sugli altri mercati, la preda non può farlo. • La preda si arrende ed esce dal mercato. • Fase di recupero: il leader, divenuto monopolista anche in quel mercato, può aumentare il prezzo, ottenendo profitti di monopolio e quindi recuperando quanto perso durante la fase di predazione.

  5. Senza predazione: al prezzo Pc, preda vende qc, leader vende Qc- qc. Entrambi ottengono solo profitto normale. Con predazione: al prezzo Ppred, preda vende qpred, leader vende Qpred-qpred. Entrambi perdono denaro.

  6. Osservazioni sulla storia base • Il leader deve essere multi-prodotto o multi-mercato. La preda è invece mono-prodotto e mono-mercato. • Il leader deve avere potere di mercato sugli altri mercati. Ciò gli garantisce extra-profitti. • La predazione avviene vendendo sottocosto. • Il leader deve essere pronto (cioè deve avere la capacità produttiva necessaria) a soddisfare la maggiore domanda derivante dal vendere sottocosto. • Le perdite della predazione sono compensate dai profitti nella fase di recupero (c.d. recoupment). • La predazione è un “investimento in creazione di potere di mercato”: come in qualsiasi investimento, il leader sostiene un costo oggi (la vendita sottocosto) per avere un maggior beneficio domani (il profitto di monopolio). Quindi PP è un fenomeno necessariamente intertemporale.

  7. La predazione è profittevole? • La strategia PP è profittevole se e solo se il valore attuale netto dell’intera strategia è positivo, cioè se e solo se PDVpred > 0. • PDVpred è costituito dalla somma algebrica tra il valore scontato dei costi nella fase di predazione ed il valore scontato dei profitti monopolistici nella fase di recupero. • Quindi PDVpred sarà tanto più elevato … • … quanto minori sono le perdite subite dal leader durante la fase di predazione; • … quanto minore è la resistenza della preda (= durata T della fase di predazione, a sua volta dipendente dalla struttura dei costi della preda); • N.b.: esiste un trade-off tra questi due elementi, perché per sconfiggere più rapidamente la preda il leader deve essere pronto ad abbassare il prezzo molto sotto il costo medio, ma così facendo le perdite crescono. • … quanto minore è il tasso di sconto, cioè quanto più peso il leader assegna ai profitti futuri rispetto alle perdite presenti; • … quanto maggiori sono i profitti nella fase di recupero, cioè tanto più a lungo il leader può rimanere monopolista dopo aver “eliminato” la preda. • Se PDVpred < 0, la strategia di predazione NON è profittevole. • Prima osservazione antitrust: se le condizioni di mercato sono sfavorevoli ad avere PDVpred > 0, osservare un prezzo “basso” dovrebbe far pensare ad una normale – e lecita – concorrenza, non ad una illecita predazione.

  8. Critiche della scuola di Chicago #1 • PP non è mai profittevole… • … perché la fase di predazione non avrà mai termine (T  ). • … e perché la (eventuale) fase di recupero durerà poco o nulla. • La fase di predazione non finisce mai se la preda può trovare altrove le risorse finanziarie per resistere. • Sia il mercato finanziario che i clienti possono avere interesse a finanziare la preda: il mercato perché si tratta di un’impresa profittevole (altrimenti non avrebbe senso resistere neppure un istante!), i clienti per evitare di trovarsi in seguito con un unico venditore monopolista. • Obiezioni: il mercato dei capitali può essere imperfetto e quindi non sa valutare bene il valore dell’impresa preda; ciascun cliente può agire da free rider e quindi compra a basso prezzo dal leader sperando che siano gli altri clienti a “mantenere viva” la preda comprando a prezzo alto. • La fase di recupero dura poco o nulla se un’altra impresa può entrare nel mercato al posto della preda (al limite rilevandone gli impianti): in assenza di barriere all’entrata, il leader non godrà mai dei profitti di monopolio. • Questo vuol dire che la storia base deve esplicitamente prevedere la presenza di barriere all’entrata per poter funzionare. • Seconda osservazione antitrust: se ha ragione la scuola di Chicago, non è necessario proibire la predazione perché si tratta di una strategia non profittevole, mentre il divieto rischierebbe di colpire casi di legittima competizione di prezzo.

  9. PP è la strategia più profittevole? • Ipotizziamo che PP sia profittevole. Questo però non basta per affermare che tale strategia verrà effettivamente realizzata dal leader. • Potrebbe infatti esistere una strategia più profittevole di PP (tale cioè che PDV > PDVpred)per conquistare potere di mercato. • Critiche della scuola di Chicago #2: esiste una strategia che è sempre più profittevole di PP.Se il leader acquista l’impresa rivale (c.d. takeover), può iniziare ad ottenere immediatamente i profitti di monopolio, senza subire le perdite della fase di predazione (T = 0). • Il takeover avverrà ad un prezzo pari, al massimo, al valore di mercato della preda. Ma questo è proprio quanto la preda sarebbe disposta al massimo a perdere durante la fase di predazione. • Quindi al leader basta pagare molto meno, perché la preda razionale, conscia che prima o poi dovrà comunque “arrendersi”, preferisce non resistere. Non è infatti razionale subire delle perdite X per poi incassare Y se si può incassare subito una somma di denaro S > Y  X • Obiezione: i takeovers che conducono al monopolio (mergers to monopoly) sono vietati in tutti gli ordinamenti antitrust, quindi tale strategia non è disponibile.

  10. Antitrust e PP: una lunga e travagliata storia • Il divieto di PP ha sempre creato problemi alla disciplina antitrust, sin dal caso Standard Oil del 1911. • Sanzionare per legge la riduzione del prezzo va contro il più semplice ed importante meccanismo concorrenziale: rischio di effetto chilling sulla concorrenza. • Tradizionalmente le autorità antitrust cercavano di dimostrare l’intento predatorio di una data riduzione del prezzo, ma si trattava di una prova quasi impossibile (o troppo facile!) da ottenere. • Un’impresa può divenire monopolista perché è più efficiente delle rivali (p.e. produce ad un costo minore e quindi vende ad un prezzo più basso): si parla in questi casi di concorrenza basata sul merito. • Cosa vogliamo davvero tutelare proibendo prezzi “troppo” bassi? La concorrenza o i concorrenti (spesso inefficienti)? • Secondo la scuola di Chicago, PP “is rarely tried and even more rarely successful”. Eppure PP continua ad essere espressamente proibita in tutte le legislazioni antitrust (p.e. come fattispecie di abuso di posizione dominante in UE).

  11. Come identificare PP? • Areeda & Turner rule (1975): l’idea è di fissare un criterio oggettivo per identificare un prezzo come predatorio. • La c.d. ATR considera predatorio solo un prezzo inferiore a CM. In mancanza di dati su CM, si può utilizzare CMeV. • Recoupment test (caso Brooke 1993): per identificare il comportamento predatorio non basta accertare la fase di predazione, ma si deve dimostrare anche la concreta possibilità del leader di recuperare le perdite (fase di recupero). • ATR + recoupment test rendono di fatto impossibile dimostrare PP • In USA si segue la c.d. dottrina Brooke; in UE no. • Strategie escludenti: l’idea è che PP sia solo un caso particolare di un insieme di comportamenti strategici che il leader può mettere in atto sia per eliminare che per impedire l’entrata di imprese rivali. • Anche se la predazione fallisce, essa può servire per costruire la reputazione del leader come impresa disposta a “fare di tutto” pur di difendere il proprio mercato. L’efficacia della predazione va quindi valutata in base agli effetti dinamici sulla concorrenza.

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