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Progetto Rete Natura-Cultura

Progetto Rete Natura-Cultura. «  ...E che pensieri immensi, che dolci sogni mi ispirò la vista di quel lontano mar, quei monti azzurri, che di qua scopro, e che varcare un giorno io mi pensava, arcani mondi, arcana felicità fingendo al viver mio!  »

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Progetto Rete Natura-Cultura

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Presentation Transcript


  1. Progetto Rete Natura-Cultura « ...E che pensieri immensi, che dolci sogni mi ispirò la vista di quel lontano mar, quei monti azzurri, che di qua scopro, e che varcare un giornoio mi pensava, arcani mondi, arcanafelicità fingendo al viver mio! » (Giacomo Leopardi ”Le ricordanze” vv.19-24, 1831) Istituto Istruzione Superiore “G.Garibaldi” Macerata

  2. Percorso natura: Arquata del Tronto - Castelluccio di NorciaAppennino Umbro-Marchigiano • Percorso natura - mappa • Aspetti vegetazionali • Aspetti faunistici • Aspetti geologici – geomorfologici • Aspetti storico culturali • Altri percorsi interessanti in zona • Prodotti tipici • Ospitalità

  3. Percorso natura • Per il percorso natura proposto è necessario pernottare almeno due notti sul posto, poiché il tragitto viene effettuato a tappe: • Primo giorno da Arquata del Tronto a Forca di Presta (percorrendo il sentiero CAI n.103) a piedi (trekking), tempo di percorrenza circa 3-3.30 ore (percorso escursionistico) e ritorno alla struttura ricettiva (eventualmente in pullman); • Secondo giorno da Forca di Presta al Pian Grande ed al centro abitato di Castelluccio di Norcia percorrendo strade e sentieri con la mountain bike; nel pomeriggio nord walking lungo il Pian Grande di Castelluccio (percorsi che si possono scegliere con diversi gradi di difficoltà) alternando le attività a gruppi; • Terzo giorno escursione a cavallo lungo i sentieri del Pian Grande di Castelluccio e lezione teorica di mascalcia a gruppi alterni.

  4. Il percorso natura proposto può essere definito di ecoturismo o turismo responsabile poichè: • rispetta e salvaguardia l'ambiente e in particolare l'ecosistema e la biodiversità, con minimizzazione dell'impatto ambientale delle strutture e delle attività legate al turismo; • rispetta e salvaguardia la cultura tradizionale delle popolazioni locali; • ha il consenso informato da parte di tali popolazioni sulle attività intraprese a scopo turistico; • coinvolge e comporta la partecipazione attiva delle popolazioni locali nella gestione della impresa ecoturistica; • in ogni caso, condivide con le popolazioni locali i benefici socio-economici derivanti dal turismo.

  5. Da Arquata del Tronto (1.777m s.l.m.) fino a circa 1000 m di quota, la vegetazione naturale è costituita da querceti dominati dalla roverella, che cresce soprattutto negli affioramenti rocciosi di arenarie, marne e argille. Queste condizioni ambientali sono ideali anche per la crescita del castagno, ora meno diffuso di un tempo, in quanto i frutti non sono più una risorsa primaria per le popolazioni locali. Il suolo calcareo favorisce la crescita di boschi formati in prevalenza dall’orniello e dal carpino nero. Nei versanti più ripidi e assolati e dunque più aridi la vegetazione si compone anche di essenze tipiche degli ambienti mediterranei, quali la fillirea e il leccio. In alcuni ambienti rupestri vegeta anche l’efedra dei nebrodi, una pianta arcaica simile alla ginestra, che in Italia è stata rinvenuta solo in pochissimi siti dell’Appennino centro-meridionale e della Sicilia. Aspetti vegetazionali

  6. Orchis Sambucina - Varietà gialla Dai 1000 m fino ad oltre 1800 m di quota erano presenti estese foreste di faggio, sostituite in vaste zone da  praterie utilizzate dall’uomo come pascoli e caratterizzate da una straordinaria diversità floristica: eliantemi, il narciso dei poeti, il giglio martagone, la peonia officinale, la fritillaria dell’Orsini, la genziana maggiore, la viola d’Eugenia, il tulipano montano e numerose specie di orchidee selvatiche, tra cui l’orchidea sambucina. Pulsatilla Alpina Galanthus Nivalis - Bucaneve Leontopodium Rivale - Stella Alpina Appenninica Peonia Officinalis

  7. Sui piani di Castelluccio sono presenti inoltre le cosiddette piante infestanti, come il papavero, il fiordaliso e il leucantemo, che crescono nei campi della pregiata lenticchia coltivata (Lenticchia di Castelluccio). In primavera, tra fine maggio e fine giugno, avviene il famoso spettacolo della fioritura(delle specie infestanti), che dipinge il piano di Castelluccio con diversi colori.

  8. Aspetti faunistici Microtus nivalis - arvicola delle nevi Hystrix cristata - Istrice Capreolus capreolus - Capriolo Canis lupus - Lupo La fauna dei Monti Sibillini è molto interessante, poiché varia in relazione al mutare dell’ambiente che la ospita. Per quanto riguarda i mammiferi, sono da ricordare il lupo, il timido ed elusivo gatto selvatico, la martora, l’arvicola delle nevi, il capriolo (che ora prospera in seguito ad una fruttuosa reintroduzione risalente agli anni ’50) e l’istrice (che ha avuto una grande proliferazione negli ultimi decenni); nel parco sono state tuttavia censite oltre 50 specie selvatiche di mammiferi. Purtroppo risulta ormai irrimediabilmente estinta la lontra, mentre l’orso marsicano spesso visita i boschi del Parco. Rupicapra pyrenaica ornata - camoscio Ursus arctos marsicanus – Orso Marsicano Martes martes - Martora Felis silvestris – Gatto Selvatico

  9. Pyrrhocorax pyrrhocorax– Gracchio corallino Dopo l’istituzione del parco l’aquila reale è tornata a nidificare stabilmente in zone che prima aveva abbandonato, insieme all’astore e allo sparviero, che vivono principalmente nei boschi. Tra i rapaci notturni si ricorda il gufo reale, tra i galliformi la coturnice meridionale; nelle alture prosperano il gracchio alpino e quello corallino. L’avifauna annovera inoltre il picchio muraiolo, il sordone, il codirossone e il fringuello alpino; in tutto sono state contate circa 150 specie di uccelli. Aquila chrysaetos– Aquila reale Bubo bubo – Gufo reale Tichodroma muraria – Picchio muraiolo Montifringilla nivalis – Fringuello alpino Falco peregrinus – Falco pellegrino

  10. Vipera ursinii– Vipera dell’Orsini Lago di Pilato Nell’area sono presenti oltre 20 specie di rettili e invertebrati tra le quali ricordiamo la vipera dell'Orsini e il Chirocefalo del Marchesoni, il piccolo crostaceo che vive esclusivamente (endemismo) nel lago di Pilato (1940 m s.l.m.). Chirocephalus marchesonii– Chirocefalo del Marchesoni

  11. Aspettigeologici La catena dei M. Sibillini si estende per circa una trentina di chilometri nel tratto umbro-marchigiano dell’Appennino Centrale e funge con le sue alte vette da spartiacque tra il versante tirrenico e quello adriatico. La storia geologica dell’area inizia circa 250 milioni di anni fa. Nel corso del Mesozoico, sul fondo di un caldo mare tropicale, si accumulano grandi spessori di sedimenti calcarei e marnosi, ben stratificati, destinati a formare l’ossatura delle future montagne. Circa 15 milioni di anni fa, nel Miocene, iniziano vasti fenomeni di compressione ed i sedimenti, ormai divenuti roccia, emergono dal fondo marino. L’orogenesi raggiunge il suo acme nel Pliocene (da 5 a 2 milioni di anni fa), con piegamenti, sovrascorrimenti e fratture (faglie) delle masse rocciose. Con l’inizio del Quaternario, alle forze tettoniche si aggiunge l’azione modellatrice degli agenti atmosferici e delle glaciazioni. L’ultima di queste ha termine circa 20.000 anni fa all’inizio dell’Olocene. Circhi glaciali, detriti morenici, valli glaciali dall’inconfondibile profilo a “U” si possono oggi osservare nelle valli dei Sibillini. Il fenomeno più spettacolare è sicuramente la Valle del Lago Pilato, dove il lago occupa il fondo di un circo glaciale, sbarrato da una soglia formata da rocce e detriti. Nella porzione più elevata la valle mostra il tipico profilo a “U” Lago di Pilato

  12. Oggi i Monti Sibillini offrono al naturalista il tipico ambiente dell’alto Appennino calcareo, plasmato dal carsismo, che alterna altopiani, pareti rocciose, doline, inghiottitoi, crinali erbosi e ghiaiosi. La catena è caratterizzata da una cospicua varietà geologica e morfologica con la presenza di formazioni di rocce calcare, calcareo silicee (diatomite e diaspro), calcareo-marnose e marnose molto ricche di fossili (come Ammoniti o Nautiloidi). A queste formazioni si sovrappongono detriti di falda, depositi morenici ed alluvionali. Si rinvengono tracce dell’azione dei ghiacciai del periodo Quaternario riconoscibili nei circhi del Monte Vettore (dal latino Victor, che supera tutti, 2476 m), Monte Bove, e nelle alte valli dell’Ambro e del Tenna, modellate dalle lingue glaciali e dai depositi di morene mescolati a detriti di falda. Pian Grande di Castelluccio Forme di erosione idrica sui versanti calcarei Forme del rilievo

  13. inghiottitoio– Fosso dei Mergani Pian Grandedi Castelluccio Il fenomeno carsico è stato ed è tuttora intensissimo nelle masse rocciose più calcaree. Gli altipiani di Castelluccio e Norcia sono il risultato del carsismo superficiale originato dalle depressioni tettoniche primarie, modellate dalle acque superficiali ricche di anidride carbonica, come le doline da neve dei depositi morenici e detritici della Val di Panico, Val d’Ambro e della Sibilla. I solchi e le cavità incise nelle pareti rocciose delle valli principali, dove affiora il calcare massiccio, sono anch’esse opera del carsismo ipogeo (sotterraneo). Tra i molti altipiani carsici del Parco spiccano i tre Piani di Castelluccio: il Pian Grande (lungo 6 Km e largo 3), il Pian Piccolo e il Pian Perduto (il cui nome è legato alla sua perdita da parte di Castelluccio ad opera degli abitanti di Visso dopo lunghe e sanguinose battaglie diversi secoli fa, quando il possesso dei piani significava ricchezza per l’agricoltura e la pastorizia). Il Pian Grande è il residuo di un antico lago che per la natura carsica del terreno si è “svuotato”. Ancora oggi le acque piovane finiscono per raccogliersi in un fosso (Fosso dei Mergani) e da qui, tramite l’Inghiottitoio, spariscono nel terreno riemergendo 900 metri più in basso nelle vicinanze di Norcia. Sul limite nord del piano (il cui perimetro è di 22 km) emerge su una collinetta Castelluccio (m 1452) famosissimo per la qualità delle sue lenticchie. Non potevano mancare i canyon come quelli dell’Infernaccio, dell’Ambro, del Rio Sacro e dell’Acquasanta. Poche e piccole sono invece le grotte, tra cui ricordiamo quella della Sibilla, che si apre a poche decine di metri dalla vetta dell’omonima montagna.

  14. ASPETTI STORICO CULTURALI Arquata del Tronto e la sua storia Arquata del Tronto sorge a 777 m.l.m. e conta poco più di 1400 abitanti. Il toponimo deriva dal latino arx (ossia rocca) e si riferisce alla fortezza duecentesca del paese, posta a controllo dell’antica via Salaria, che collegava l’Adriatico al Tirreno. Probabilmente fondata dai Sabini tra il X ed il VI sec. a.C., fu poi conquistata dai Romani. Gli imperatori Flavii posero nelle vicinanze la loro residenza estiva. Successivamente invasa dai Longobardi, nell’800 venne anche attraversata dal re dei Franchi Carlo Magno, mentre si recava a Roma per essere incoronato imperatore dal papa Leone III. Arquata fu Comune autonomo dall’XI al XV secolo ed in seguito contesa a lungo tra ascolani e norcini, per poi diventare possesso dello Stato Pontificio. Conquistata quindi da Napoleone, dopo la caduta dell’imperatore francese entrò, nella prima metà dell’800, a far parte della giurisdizione di Ascoli Piceno. Arquata del Tronto è l’unico Comune europeo ad esser compreso tra due Parchi nazionali: quello del Gran Sasso a sud-est e dei Monti Sibillini a nord-ovest. Sempre a nord del territorio troviamo il monte Vettore (2478 m.) e a pochi chilometri dal paese la Piana di Castelluccio, famosa per la coloratissima fioritura primaverile. Oggi il luogo è un’apprezzata meta turistica estiva ed invernale, per le bellezze naturali, la tranquillità montana e la storicità che lo caratterizzano.

  15. Castelluccio e la sua storia I resti più antichi dell’abitato sulle alture di Castelluccio risalgono all’età romana. Sono stati rinvenuti, infatti, frammenti di terracotta, monete di bronzo e la tomba di un soldato d’età imperiale. La zona in altura, fin dall’antichità, era adibita alla pastorizia. Il borgo di Castelluccio, invece, non venne edificato prima del Duecento, con le sue strette stradine che salgono e scendono e le case addossate le une alle altre. Nel Cinquecento, poi, furono costruite le mura cittadine difensive, di cui oggi rimangono alcune tracce. Allo stesso secolo, infine, risale la chiesa di S. Maria Assunta, massimo monumento storico-artistico di Castelluccio. Chiuso tra elevazioni morbide, coperte di prati e a tratti di faggete, si stende, a sud-ovest del Monte Vettore, il più vasto bacino chiuso d’Italia (Kmq 80) , dominato a nord dal piccolo paese di Castelluccio di Norcia che rappresenta con i suoi 1452 m di altezza una delle più alte sedi abitate permanenti nel nostro paese.

  16. La leggenda della quercia miracolosa Nel 1680 gli abitanti di Arquata e quelli di Ascoli Piceno erano da lungo tempo in lotta tra loro. I primi, durante un assalto all’altra città, ne prelevarono come trofeo un prezioso crocifisso ligneo del SS. Salvatore. Subito inseguiti dagli ascolani, furono raggiunti nella zona tra Favalanciata e Trisungo. Qui gli arquatani avevano appoggiato sotto una grande quercia il sacro legno. I rami della pianta allora si sarebbero, dice la leggenda, piegati come a proteggere il crocifisso, quasi Dio non volesse più restituirlo agli antichi proprietari. Gli ascolani abbandonarono il campo di battaglia. Il popolo di Arquata incominciò da allora a venerare il crocifisso, al quale fu dedicata una chiesa nel paese ed una solenne processione annuale, che si svolge tuttora.

  17. La leggenda della regina nella torre • La regina Giovanna II d’Angiò fece ricostruire la Rocca di Arquata e vi soggiornò dal 1420 al 1435, per vigilare meglio su questo estremo baluardo di confine del Regno di Napoli. La leggenda, invece, vuole che Giovanna fosse stata rinchiusa nella torre più alta della fortezza proprio dal marito. Egli, infatti, aveva scoperto che la moglie attirava ogni notte, nella sua stanza, un pastore della zona e con lui si macchiava del peccato di lussuria. Gli amanti della regina, inoltre, se non graditi a lei, finivano in pasto ai lupi. Ancora oggi qualcuno dice di poter ascoltare di notte, avvicinandosi alla Rocca, i lamenti del fantasma della sovrana.

  18. La leggenda della Sibilla appenninica Le Sibille nell’antica cultura pagana erano sacerdotesse in grado di prevedere il futuro. Una di esse avrebbe dimorato nelle viscere dei nostri Appennini. L’autore latino Svetonio, infatti, narra che nel 69 a.C. il console Vitellio, di ritorno da una battaglia, prima di dirigersi a Roma sostò presso una grotta dei Sibillini, per interpellarne l’oracolo. La leggenda popolare sorta in seguito fu ampiamente descritta nel 1420 dallo scrittore francese A. de La Salle, che nell’opera “Il paradiso della regina Sibilla” racconta di una vergine profetessa, confinata in eterno da Dio nelle viscere della montagna, in quanto sdegnatasi di non esser stata scelta come madre del bambino Gesù. A guardia dell’ingresso del Regno sotterraneo vi sarebbero stati draghi fiammeggianti. Oro e pietre preziose, sale riccamente ornate, verdi giardini e bellissime fate attiravano, sempre secondo la voce popolare, i cavalieri più coraggiosi ad entrare nella grotta. Pochi, però, riuscivano ad uscirne vivi. Ingresso grotta della Sibilla

  19. La Leggenda delle Fate di Castelluccio Narra la leggenda che bellissime fate si radunassero di notte nella piana di Castelluccio, per organizzare feste e balli con gli umani. Accadde però una volta che, colte inaspettatamente dal sorgere dell’alba, dopo ore di divertimento, esse dovessero fuggire all’improvviso, segnando per sempre con i loro piedi caprini il percorso di ritorno. Tutt’oggi, infatti, a circa 2000 m. d’altezza sul monte Vettore è visibile una faglia, denominata per l’appunto “strada delle fate”.

  20. Altri percorsi interessanti in zona Grande Anello dei Sibillini “GAS” Il Grande Anello dei Sibillini è un percorso escursionistico di 120 Km completamente segnalato e realizzato dall'Ente Parco Nazionale Monti Sibillini. In nove giorni di cammino, abbraccia l'intera catena montuosa. L'escursionista può dormire e mangiare su tutti i rifugi del Grande Anello (e sulle altre strutture aderenti). Di seguito vengono indicate le nove tappe del percorso che inizia da Visso, in cui si trova la sede del Parco; possono essere percorse singole tappe in un giorno o due tappe. Le tappe del Grande Anello: 1°tappa: Visso - Cupi 2° tappa: Cupi - Fiastra 3° tappa: Fiastra - San Liberato 4° tappa: San Liberato - Garulla 5° tappa: Garulla - Rubbiano 6° tappa: Rubbiano - Colle di Montegallo 7° tappa: Colle di Montegallo - Colle Le Cese 8° tappa: Colle Le Cese - Campi Vecchio 9° tappa: Campi Vecchio - Visso Per ulteriori informazioni, visitare il sito: http://www.sibillini.net

  21. Le Lame rosse Una straordinaria bellezza dei Monti Sibillini che tutti, ma proprio tutti possono ammirare. Le Lame Rosse sono raggiungibili in modo semplicissimo dalla strada sulla diga del lago di Fiastra. Circa un'oretta di rilassante passeggiata per assaporare in tutto il suo splendore un fenomeno di una erosione idrica su depositi di brecce di versante (piramidi di erosione) di color rossastro, da cui deriva l’appellativo di “Lame rosse” . Si inizia in leggera discesa; il tracciato è evidentissimo (è quasi una carreggiata!) e l'unica vostra preoccupazione sarà quella di non inciampare su qualche sasso di troppo che potreste incontrare nel cammino; a destra si erge la maestosa diga da una prospettiva che evidenzia la sua particolare forma ad arco. Il percorso è quasi tutto ombreggiato e privo di significative. Alle vostre spalle, man mano che proseguite, riapparirà il lago di Fiastra.  Il sentiero sfocia all'interno del canalone che vi condurrà a destinazione. Le Lame Rosse sono indicate in almeno tre punti. Un centinaio di metri in salita e comincerete ad ammirare lo spettacolo naturale. Durante il tragitto non ci sono sorgenti d'acqua. Piramidi d’erosione

  22. Escursione al lago di Pilato Partendo dai piedi del Colle di Castelluccio, all'inizio del rettilineo del Pian Grande a sinistra si accede al sentiero; percorrendolo, girando sempre a sinistra ad ogni bivio, si giunge a Capanna Ghezzi. Continuando nel sentiero si giunge a Forca Viola; alcuni bivi possono trarvi in inganno, ma basta orientarsi guardando ad est Forca Viola. Superata Forca Viola girando a destra, sud-est, si taglia a metà costa l'intero Monte Vettore, sotto Cima del Redentore, sino a giungere al Lago di Pilato. Esso è l’unico lago naturale delle Marche e si trova all’interno dell’anfiteatro creato dall’erosione glaciale del Monte Vettore. Lunghezza:Km. 16 circa Percorrenza:7 ore circa Dislivello massimo:636 m Difficoltà: media Castelluccio: 1313 m. slm Rifugio Ghezzi :1570 m. slm Forca Viola: 1936 m. slm Lago di Pilato: 1949 m. slm

  23. Prodotti tipici A cavallo tra Marche e Umbria, il parco dei Sibillini è crocevia di antichissime tradizioni gastronomiche: la civiltà pastorale si unisce alla norcineria (di cui l'Umbria è capitale indiscussa) e l'agricoltura resiste, con alcune produzioni simbolo, come la lenticchia di Castelluccio. Sui Monti Sibillini si producono salumi straordinari - coppe di testa, lonze e capocolli, salami lardellati, prosciutti - ma la storia di questo territorio è prima di tutto quella della transumanza: il formaggio più importante è il pecorino, ma si trovano anche le ricotte (fresche o stagionate) e, in misura minore, caprini o misti. L'elenco delle ricchezze gastronomiche del parco non finisce qui: questo territorio incontaminato offre antiche varietà di mele, eccellenti produzioni di miele, tartufi, funghi (russole, boleti, amanite, finferli), castagne, ceci, cicerchie, trote (allevate nel torrente Nera), farine (di grano, di granoturco e di roveia), pane cotto nel forno a legna, biscotti e, per finire, i due tradizionali fine pasto della zona: il Mistrà e il Vin cotto. La selezione delle "produzioni eccellenti" è stata effettuata da una apposita commissione di Slow Food che ha degustato e valutato i prodotti del Parco.

  24. Pecorino dei Monti Sibillini L'habitat del Parco è ideale per la produzione dei formaggi di pecora. In particolare qui si alleva la pecora appenninica, una meticcia robusta e rustica (derivata dal ceppo della sopravvissana) che dà un ottimo latte. La tecnica di caseificazione è quella classica del pecorino di montagna: al latte appena munto si aggiunge caglio di agnello o capretto. Una pratica antichissima e quasi scomparsa prevede inoltre l'aromatizzazione del latte prima della cagliatura con un mazzetto di erbe (timo serpillo). Dopo la rottura della cagliata in grani molto fini, si procede ad una cottura ed alla pressatura a mano della pasta nelle fascere. Quindi inizia la stagionatura: in un primo periodo il pecorino è frequentemente lavato con siero tiepido. Poi deve essere collocato in cantine fresche dove può affinare anche fino a due anni. Ben stagionato ha una fragranza ed un'aromaticità straordinarie. Mela Rosa dei Monti Sibillini La mela Rosa è un'antica varietà da sempre coltivata sui Monti Sibillini. Sono mele piccoline, irregolari, leggermente schiacciate e con un peduncolo cortissimo. Il colore è verdognolo con sfumature che vanno dal dal rosa al rosso violaceo, la polpa è acidula e zuccherina, il profumo intenso e aromatico. La loro coltivazione è stata quasi completamente abbandonata: è sopravvissuto qualche vecchissimo albero sparso e soltanto da qualche anno sono tornate in coltura, ma le quantità prodotte sono sempre irrisorie. Un tempo erano preziose e ricercate per la loro serbevolezza: raccolte nella prima decade di ottobre, infatti, si conservano perfettamente fino ad aprile: Anzi diventano più buone, perché la polpa soda e compatta, con il tempo si ammorbidisce. Cacioni, piegoni o piegati Si possono trovare sia dolci sia salati. Assomigliano a un grosso tortello dalla forma a mezzaluna. L'involucro è una sfoglia croccante gialla e lucida (grazie al tuorlo d'uovo spennellato) e il ripieno varia: può essere a base di ricotta, uova, zucchero, pecorino oppure arricchito con il cacao (non si tratta di un'invenzione recente: i cacioni al cioccolato si fanno da almeno cinquant'anni).

  25. Mistrà Miele Nelle campagne marchigiane il Mistrà è un ammazzacaffè tradizionale, prodotto per distillazione alcolica e aromatizzazione, oltreché con l'anice verde - diffuso sui Sibillini, con finocchio selvatico e con frutta (mele, arance). Il miele, "cibo degli dei", è forse l'alimento più naturale che esista in quanto prodotto interamente dalle api a partire dal nettare dei fiori. A seconda del fiore da cui il nettare proviene, il miele assume colorazione, caratteristiche, sapore e nomi diversi; per questo troviamo, nel Parco, miele di acacia, di castagno e di millefiori. Per ottenere un miele di qualità sono elementi necessari un ambiente incontaminato ed abbondanti fioriture spontanee. Il miele è un po' lo specchio di questo territorio, di cui rappresenta i vasti altipiani ricchi di leguminose foraggere e il clima dolce, nel periodo primavera-estate, che consente fioriture prolungate. Pizza al formaggio E' la classica preparazione pasquale diffusa un po' in tutte le Marche. La forma è rotonda e ricorda quella del panettone. L'altezza varia, a seconda delle ricette. L'impasto è a base di farina di grano tenero, uova. pecorino locale (c'è chi aggiunge un po' di Parmigiano per addolcire il gusto), sale, pepe, olio extravergine di oliva, latte.

  26. Lenticchia Lungo 7 chilometri e largo 3, l'altipiano di Castelluccio è un’immensa distesa di erba e fiori a 1400 metri di altitudine. Una parte del territorio, che si divide in Pian Grande, Pian Piccolo e Pian perduto, è coltivato da pochi contadini, in genere anziani, specializzati nella produzione delle lenticchie (un legume antico che cresce senza difficoltà anche a quote elevate e non deve essere trattato chimicamente). Quelle di Castelluccio sono piccole, di un colore variegato che va dal verde screziato al marroncino chiaro, molto tenere, saporite e non hanno bisogno di essere tenute in acqua ad ammorbidire prima della cottura. Ingredienti di svariate ricette locali, sono molto apprezzate perché non perdono la buccia e tengono straordinariamente la cottura. La lenticchia di Castelluccio ha ottenuto la denominazione IGP. Roveia Si chiama Pisum Arvense e assomiglia al pisello (il seme è soltanto un po' più piccolo e di colore verde scuro). Coltivata da sempre solo a Castelluccio di Norcia, la roveia si semina a marzo e si raccoglie tra la fine di luglio e l'inizio di agosto (come le lenticchie). Quasi scomparso, questo antico legume si trova ancora negli orti delle famiglie del posto. Si mangia con la pasta oppure si macina a pietra e si trasforma in una particolarissima farina nota come farecchiata. che dà anche nome ad una polenta dal gusto intenso e vagamente amarognolo. Una polenta che tradizionalmente è condita con un battuto di acciughe, aglio e olio extravergine di oliva e che è ottima anche il giorno dopo, affettata e abbrustolita in padella.

  27. Ciauscolo Questo singolare "salame da spalmare" (detto anche ciavuscolo e ciabuscolo) è il salume più tipico delle Marche. La ricetta tradizionale prevede di confezionarlo con carni tratte dalla pancetta, dalle costate e dalla spalla e di aggiungere una consistente percentuale di lardo (circa il 50% del totale, ma ci sono varianti molto più magre). Gli ingredienti conditi con sale, pepe, aglio finocchio, buccia di arancia grattugiata, vanno sminuzzati finemente e tritati, in modo da ottenere una pasta molto fine e omogenea. Il ciavuscolo asciuga appeso e si affumica leggermente, per passare poi in un luogo fresco e asciutto. Si consuma entro i 15, 20 giorni successivi alla preparazione, spalmato su fette di pane toscano. Ne esistono più versioni: in particolare il ciavuscolodell'Ascolano è un po' più magro e compatto, mentre quello del Maceratese è un po' più morbido e grasso. Fegatino Cugino stretto del ciavuscolo, è una sorta di paté de foie dei poveri: le ricette sono svariate, ma grosso modo l'impasto è costituito da fegato di maiale, carne e poco grasso; è condito con sale e pepe, aromatizzato con buccia d'arancia grattugiata, poco aglio e noce moscata e infine insaccato nel budello naturale. Ha un particolarissimo sapore dolce-salato e viene spalmato - dopo una brevissima stagionatura - su fette di pane tostato. Con il fegato si fa anche una salciccia: gli ingredienti sono gli stessi ma la pezzatura è più corta.

  28. Razze tipiche Pecora Sopravissana Nata nel XIII secolo dall'incrocio tra arieti spagnoli di razza Merinos e pecore Vissane, dal territorio laziale la Sopravvissana si è diffusa in Umbria, nelle Marche, in Toscana e in Abruzzo. Di taglia media (60,70 chili nei maschi e 40, 50 nelle femmine), ha il vello bianco e la testa dal profilo leggermente montonino nei maschi e rettilineo nelle femmine.Gli arieti hanno corna a spirale robuste, mentre le pecore sono acorni. Un tempo apprezzata per la finezza della lana, oggi la Sopravvissana rischia l'estinzione. Attualmente i capi sono circa tremila e un buon numero (un migliaio circa) si trova nel Parco dei Sibillini). Qui le Sopravvissane sono allevate per la carne: gli agnelli si vendono al peso di 10, 12 chili (all'età di due o tre mesi). Vacca Marchigiana La storia della razza Marchigiana inizia alla metà XIX secolo: da un incrocio tra il bovino Podolico e tori Chianini si ottiene una razza con una migliore attitudine al lavoro e alla produzione di carne, ideale per il pascolo nelle aree marginali e difficili. Rispetto alla Podolica autoctona, ha un maggiore sviluppo muscolare, un mantello più chiaro, corna più corte e testa più leggera. Un ulteriore incrocio con la razza Romagnola ne abbassa l'altezza e si arriva così alla razza Marchigiana attuale. Il mantello è a pelo corto, bianco e liscio, con sfumature grigie sulle spalle e sulle zampe anteriori; il collo è corto e gibboso nei maschi. E' un ottima produttrice di carne di qualità, rosata e a grana fine.

  29. Country house "Centro dei Due Parchi" Arquata del Tronto (AP) Fraz. Borgo Tel. 0736 803915 Fax 0736 809758  Web:www.centrodueparchi.it E-mail: info@centrodueparchi.it • “Rifugio di Colle le Cese" - Rifugio Escursionistico del Grande Anello dei Sibillini Loc. Colle Le Cese Tel. 0736 808198 o 339 4513189 E-mail:info@rifugiocollelecese.it • B&B Rifugio Jangala" - Loc. Forca Canapine,Via Nursina, 2 - tel. 339 1131771 o 331 7758228 Web:www.rifugiojangala.it E-mail: tizianadavello@yahoo.it • “Il Guerrin Meschino” - Loc. Castelluccio, Via Monte Veletta, 22tel. 0743/821125o 347/5304354Web: www.guerrinmeschino.it E-mail: guerrinmeschino@virgilio.it • “Locanda dei Senari “ – Loc. Castelluccio, Via della Bufera, tel. 0743/821205 Web: www.agriturismosenari.it E-mail: info@agriturismosenari.it • Hotel Ristorante “Camartina” Arquata del Tronto (AP) loc. Camartina tel. 0736 809261 - cell. 338 9897531 • Maneggio “Sibillini’s Ranch” – Loc. Pian Grande di Castelluccio, tel: 0743/817022 o 3389986579 Web: www.valnerinaonline.it/maneggio E-mail : horse@tuttoufficio.net Ospitalità Country house “Centro dei due parchi”

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