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Gianfranco Antonucci, psichiatra Responsabile CEPSIA ASL Lecce, gruppoanalista de “Il Cerchio”.

IL CERCHIO A s s o c i a z i o n e I t al i a n a d i G r u p p o a n a l i s i Sede Sociale: via Enrico Dandolo 24 00153 Roma. Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Psicoanalitica in ambito Individuale, di Gruppo e Istituzionale. Sfide e risorse in adolescenza

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Gianfranco Antonucci, psichiatra Responsabile CEPSIA ASL Lecce, gruppoanalista de “Il Cerchio”.

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  1. IL CERCHIO • A s s o c i a z i o n e I t al i a n a d i G r u p p o a n a l i s i • Sede Sociale: via Enrico Dandolo 24 • 00153 Roma Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Psicoanalitica in ambito Individuale, di Gruppo e Istituzionale Sfide e risorse in adolescenza Contributi dalla formazione e dalla clinica R O M A 15 Febbraio 2014 Sede Scuola COIRAG Viale Libia, 5 “Costruzione di un gruppo per adolescenti nel servizio pubblico: indicazioni e controindicazioni al trattamento” Gianfranco Antonucci, psichiatra Responsabile CEPSIA ASL Lecce, gruppoanalista de “Il Cerchio”.

  2. Un po’ di storie … istituzionali “Quando il personale beve, i malati si sbronzano”. Helene Chaigneau “L’imposizione di un cambiamento nella struttura o cultura manifeste allo scopo di risolvere un problema, più spesso lascia insoluto il problema, perché i rapporti inconsci restano invariati”. Jaques E. 1955

  3. ISTITUZIONE E SETTING • “Una relazione che si prolunghi per anni conservando una serie di norme e di attitudini si configura quasi come la definizione stessa di istituzione”. Bleger J. (1967) • I miti di fondazione (creazione di norme, regole, modalità di funzionamento che formano, gradualmente, una cornice che da spazio alla non pensabilità e alla immodificabilità della struttura). • Genius loci o “laurieddhru”. • La difficoltà di pensare ad un progetto di cambiamento nell’istituzione(“effetto alone”, Correale).

  4. Originalità dei gruppi istituzionali(a) • Il gruppo è la realizzazione dinamica del Campo Istituzionale (Correale, 1991); • Le caratteristiche del campo istituzionale sono gli elementi utili con cui organizzare il setting (funzione del limite); • La nascita di un gruppo terapeutico dovrebbe essere nella linea di emancipazione del campo istituzionale.

  5. Originalità dei gruppi istituzionali(b) • Caratteristiche originali del contesto istituzionale • Non selettività dell’utenza in base alla gravità; • Permeabilità degli spazi terapeutici; • Coesistenza di gravità e di terapie; • Permeabilità dei terapeuti ai vari pazienti; • Precarietà delle risorse concrete: • Operatori competenti, ma non sempre specialisti

  6. Originalità dei gruppi istituzionali(c) • Forme di onorario “deresponsabilizzanti” • Tolleranza alle assenze/ritardi/ritiri dei pazienti; • Accentuate caratteristiche di “sostegno” del servizio (prevalente funzione del setting sulla frustrazione della relazione terapeutica); • Servizio “pubblico” e “territoriale” • Ampia varietà di modelli terapeutici

  7. Il contesto di cura tra pubblico, privato e attività libero-professionale intramoenia • Nell’istituzione di cura si lavora attualmente su una particolare tipologia di pazienti ? • Attività effettuate esclusivamente nel pubblico e assimilati (gestione dei casi acuti, attività riabilitative); • Attività esercitate soprattutto nel pubblico (psicoterapie delle psicosi, dei gravi disturbi del Tono dell’Umore e dei disturbi da uso di sostanze); • Attività esercitate soprattutto nel privato (psicoterapia delle nevrosi e dei disturbi di personalità); • La cosiddetta libera professione intramurale rappresenta, in psichiatria, un interessante osservatorio posto tra pubblico e privato.

  8. La psicoterapia nelle istituzioni pubbliche di cura • Cosa è cambiato negli ultimi 20 anni ? (il successo della psichiatria neo-kraepeliniana; il rapporto con le tecniche riabilitative; la visibilità massmediatica maggiore di altri tipi di interventi; la scarsa attenzione alla prevenzione; la calibratura dei CSM sulle urgenze-emergenze); • Ci sono delle peculiarità (solo) pugliesi ? (Il blocco del turn-over nelle assunzioni e l’invecchiamento degli operatori, assenza di ogni attività di supervisione nelle pratiche istituzionali, l’anomalia dei Servizi di psicologia clinica); • La psicoterapia come pratica privilegiata in alcuni servizi e settori specifici(infanzia e adolescenza, disturbi del comportamento alimentare, servizi dedicati ai disturbi di personalità).

  9. Vi sono tecniche di intervento più adatte al contesto istituzionale? • La difficoltà di integrare gli interventi psicofarmacologici con quelli psicoterapici; • Psicoterapia di sostegno vs. intervento psicoeducazionale; • La psicoterapia breve focale; • La “psicoterapia di individuazione” (Senise) con gli adolescenti e il “rifornimento in volo”; • La psicoterapia di gruppo.

  10. Sulle psicoterapie ad orientamento psicoanalitico nel contesto istituzionale Possono essere effettuate nei servizi pubblici solo a condizione che tutto il servizio nel quale vengono svolte aderisca, nel suo complesso, ad una concezione del disagio psichico come derivato da difficoltà relazionali complesse, avendo superato la tradizionale cultura sostanzialmente organicista della malattia mentale.

  11. Sulle psicoterapie ad orientamento psicoanalitico nel contesto istituzionale • Tale orientamento culturale favorisce una strutturazione psicoterapica del servizio nel suo complesso che rende possibile, di fatto, lo svolgimento di psicoterapie formalizzate non importa secondo quale indirizzo. • Per quanto riguarda le psicoterapie ad orientamento psicoanalitico, esso consente una salvaguardia istituzionale del setting e fa sì che tali trattamenti possano esistere all’interno del servizio non come attività separata e disarticolate dei restanti interventi, ma come uno degli strumenti terapeutici a disposizione che devono essere articolati in un unico progetto.

  12. Alcune peculiarità del lavoro psicoterapico nelle istituzioni • Il setting e il contratto(responsabilità relativa alla gestione dell’ora a disposizione rispetto agli obblighi del servizio nei confronti dell’utenza, come sostituto parziale del pagamento); • Gli spostamenti di orario per motivi di servizio(segreteria come call center); • La segretezza professionale(la cartella clinica e la perdita di un rassicurante anonimato nelle sale d’attesa); • Il filtro alle telefonate.

  13. Alcune peculiarità del lavoro psicoterapico nelle istituzioni • Fantasie del paziente rispetto all’istituzione: • Squalificazione; • Possibile manipolazione del terapeuta; • Rivendicatività; • Fame di assistenzialismo; • Gelosia nei confronti dei pazienti più gravi e bisognosi di maggiori “attenzioni”.

  14. Alcune peculiarità del lavoro psicoterapico nelle istituzioni • Fantasie del terapeuta rispetto all’istituzione: • Fantasie di protezione sollecitate dall’istituzione > prese in carico eccessivamente gravose; • Indebite deresponsabilizzazioni a partire dalla consapevolezza di “lavorare per conto terzi”; • Sentimenti di vergogna per le condizioni dei servizi: scomodi se non fatiscenti > sentimenti di perdita di identità > disimpegno colpevole > vergogna; • Influenza di eventuali conflitti con i colleghi e/o precedente fallimento di altri tipi di intervento.

  15. Alcune peculiarità del lavoro psicoterapico nelle istituzioni • Il problema della doppia identità di psichiatra e psicoterapeuta. Differenze di assetto interno intrinseche ai due ruoli: • Relativamente alla presa in carico: se lo psichiatra non può esimersi dal curare chiunque gli si presenti, il lavoro psicoterapeutico non può essere effettuato se non vi è stata una libera scelta da parte dei due membri della coppia; • Differenza nel vissuto del tempo: lo psichiatra assillato da carichi di lavoro clinico, organizzativo e burocratico sempre più gravosi diventa (spesso suo malgrado) ostaggio della fretta. Lo psicoterapeuta non può che metterla tra parentesi.

  16. Alcune peculiarità del lavoro psicoterapico nelle istituzioni • L’assetto interno rispetto al fareè profondamente diverso: mentre lo psichiatra è chiamato ad intervenire sul piano di realtà con le più svariate modalità (dall’incidere direttamente sul corpo – misurazione della pressione, somministrazione di farmaci, ecc,- , al prescrivere analisi, stilare piani terapeutici, al suggerire scelte e comportamenti – soprattutto nelle situazioni di crisi su sollecitazione dell’ambiente familiare -), lo psicoterapeuta per poter “curare” deve astenersi nella maniera più completa da ogni azione. E’ particolarmente stressante, per lo psichiatra, “fermarsi” sospendendo l’azione per poter passare all’atteggiamento mentale richiesto dalla tecnica psicoanalitica.

  17. Alcune peculiarità del lavoro psicoterapico nelle istituzioni • Dal punto di vista organizzativo, per lo psichiatra-psicoterapeuta, può essere particolarmente utile favorire una “dissociazione funzionale” (D. Bolelli, 1991) che porti allo svolgimento delle psicoterapie in giorni diversi da quelli dedicati all’esercizio dell’attività psichiatrica, in modo che una seppur breve soluzione di continuità favorisca i necessari cambiamenti di assetto interno.

  18. Sulla costruzione di una modalità di lavoro organizzata nei servizi • Le istituzioni e i gruppi di lavoro hanno esplicitato o forse più spesso hanno implicitamente prodotto regole dell’incontro o dell’espulsione dei pazienti. • L’ipotesi del nostro lavoro è che nei servizi pubblici non si sia ancora giunti alla costituzione di un assetto di incontro, con pz. affetti da gravi patologie, definito e condiviso.

  19. Sulla costruzione di una modalità di lavoro organizzata nei servizi • La difficoltà di trovare una lettura comune e condivisa dell’assetto del lavoro, può indurre negli operatori del servizio sentimenti di disorientamento e sollecitarli a contestare la validità e la necessità di un setting: “è solo un lavoro di trincea … si fa quel che si può … se ci fossero altre condizioni !”.

  20. Sulla costruzione di una modalità di lavoro organizzata nei servizi RIGIDITA’ DEL MANDATO ISTITUZIONALE ARBITRARIA “ELASTICIZZAZIONE” DEL SETTING MANCATA CONDIVISIONE DEGLI OBIETTIVI TERAPEUTICI CON L’EQUIPE DI LAVORO E ASSENZA DI CONFRONTO CON LA CORNICE TEORICO-CULTURALE DELL’ISTITUZIONE

  21. RISCHI DERIVANTI DALLA MANCATA CONDIVISIONE La mancata condivisione degli obiettivi terapeutici con l’équipe di lavoro e l’assenza di confronto con la cornice teorico-culturale dell’istituzione, rende ardua ogni verifica sull’affidabilità della nuova esperienza e isola l’istituzione da una parte, il paziente con i suoi problemi dall’altra, e l’operatore in mezzo, in uno spazio sempre più ristretto e soffocante (Bacigalupi, Bucci, 1992). Ciò espone a due situazioni di rischio contrapposte:

  22. RISCHI DERIVANTI DALLA MANCATA CONDIVISIONE • Eccessiva burocratizzazione delle risposte che si riducono alla mera applicazione di modalità stereotipate di intervento (Olivetti Manoukian, 1988)

  23. RISCHI DERIVANTI DALLA MANCATA CONDIVISIONE • Letture eccessivamente rigorose del mandato, servizi che non sostengono adeguatamente l’uso delle capacità empatiche e creative del terapeuta, operatori eccessivamente bisognosi di “regole di comportamento”, portano ad interventi tesi a “silenziare” i problemi e a soffocare sul nascere ogni potenzialità di relazione.

  24. RISCHI DERIVANTI DALLA MANCATA CONDIVISIONE 2.All’opposto, la prevalenza e l’amplificazione degli aspetti soggettivi del terapeuta nella relazione, predispone al suo isolamento e all’isolamento della problematicità della situazione con cui si confronta. Il paziente finisce per essere “sequestrato” e il servizio nel suo insieme non può partecipare con le sue potenzialità di sostegno e di controllo.

  25. E’ possibile riprodurre nel contesto istituzionale il setting nato e pensato per il “privato”? Renè Magritte – La reproduction interdicte, 1937

  26. Gruppo di pazienti e gruppo di terapeuti. La costruzione di una reale condivisione nel gruppo di lavoro.

  27. VANTAGGI DEL GRUPPO L’economicità della psicoterapia di gruppo nelle istituzioni: • Favorisce la condivisione di uno stile di lavoro; • Evita l’isolamento nel lavoro e il sequestro dei casi; • Implica maggiori possibilità di affiatamento nell’equipe e diminuisce il rischio di burn-out; • Consente maggiore facilità nel training e nella formazione degli operatori.

  28. La nostra esperienza con gruppi di adolescenti e giovani adulti nell’istituzione • 1991 – Il primo gruppo di adolescenti all’interno del CSM di Lecce; • La scelta del modello: • Foulkes o Bion > preferenza per la psicoanalisi di gruppo; • Conseguente opzione per l’inserimento in gruppo dopo una fase di psicoterapia individuale; • Il vantaggio di partire con un nucleo “forte”, di ragazzi ad alto funzionamento; • Opzione per un gruppo eterogeneo e misto;

  29. La nostra esperienza con gruppi di adolescenti e giovani adulti nell’istituzione • Opportunità del gruppo aperto. • Pensare il gruppo e immaginarsi il funzionamento prima del suo inizio. • Scelta di una coppia terapeutica (maschile/femminile) > la proiezione della coppia genitoriale. • La funzione dell’osservatore non partecipe e la tecnica di recording;

  30. IL SETTING • Il luogo > scelta della sala riunioni; • Il tempo > spazio pomeridiano in assenza di attività clinica routinaria (plus-orario); • La durata: 2 sessioni di 1 ora, con intervallo di 20 minuti; • Nel corso dell’intervallo “full briefing” tra coppia terapeutica e osservatore; • I rituali del cibo tra i membri del gruppo durante l’intervallo; • Sospensione nel corso delle vacanze.

  31. Il setting • L’integrazione con il setting individuale e le necessità del trattamento psicofarmacologico; • La frequenza in gruppo durante le fasi di acuzie e di scompenso; • LE REGOLE DEL GRUPPO E IL BISOGNO DI SOCIALIZZAZIONE: • Il divieto di formare sottogruppi; • Il segreto; • La regola di riportare, comunque, in gruppo i contatti esterni.

  32. L’adolescenza come snodo critico

  33. Age of onset of disabling mental illnesses

  34. Temi essenziali • La maggior parte dei disturbi mentali trova il suo esordio in età evolutiva; • La maggior parte dei Disturbi ad esordio nell’infanzia e nell’adolescenza persistono nell’età adulta. • Sappiamo ancora molto poco sull’origine dei Disturbi Mentali e gran parte dei progressi, attualmente, provengono dalla Psicopatologia dello sviluppo. • I Disturbi Mentali, specie all’interno della popolazione giovanile, sono ancora oggi caratterizzati dallo stigma.

  35. Temi essenziali • E’ ormai unanime, in letteratura, la convinzione che un intervento precoce integrato (psicoterapico e psicofarmacologico) possa impedire lo strutturarsi di impairment conclamato ( a livello biologico, cognitivo e socio-relazionale); • Un adeguato intervento precoce è in grado di preservare le specificità cronobiologiche dello sviluppo e di ridurre i costi economici e sociali della malattia.

  36. Si può evitare? STORIA NATURALE DELLA SCHIZOFRENIA: Stadio di malattia Esordio/ deterioramento Fase residua/stabile Premorboso Prodromico Recidive Benessere Peggioramento Deterioramento clinico Disfunzione cognitiva Declino sociale Inabilità professionale Perdita della risposta al trattamento Gravidanza/Nascita 30 40 50 10 20 Anni Lieberman JA

  37. Le difficoltà nel lavoro con gli adolescenti • Sono note le difficoltà che si incontrano per la costituzione ed il mantenimento dell’ alleanza terapeutica con il paziente adolescente, nonché le difficoltà di calibrare la tecnica per la riuscita di un trattamento specificamente mirato. • Fare bene e fare in fretta. • I 3 fondamentali processi del lutto per l’adolescente (Selener, 1991): • Lutto dei genitori idealizzati nell’infanzia; • Lutto del corpo infantile; • Lutto della propria identità e del proprio ruolo nel mondo infantile.

  38. La richiesta di psicoterapia nell’adolescenza • La richiesta di aiuto in questa fase evolutiva non viene quasi mai dall’adolescente stesso ma, di frequente, ci si trova di fronte all’invio da parte dei genitori, della scuola, etc. • Possiamo imbatterci in 4 categorie di adolescenti (D. Meltzer, 1993): • L’adolescente che tende a rimanere nella famiglia; • L’adolescente che tenta di entrare il più velocemente possibile nel mondo adulto; • L’adolescente isolato; • L’adolescente che ha problemi nel gruppo dei pari.

  39. L’adolescente che tende a rimanere nella famiglia • Viene molto spesso spesso favorito, in questa sua scelta difensiva, dalla famiglia stessa, il che comporta una fissazione al periodo di latenza. Il perdurare di una visione del mondo ovattata ed irreale porta questi individui a condurre una vita protetta, riducendo al minimo le esperienze stressanti. Vanno incontro frequentemente, in età successiva, ad un grave crollo psicologico, per lo più in occasione della nascita di un figlio o della morte dei genitori. > assetto dinamico in cui prevale la posizione schizoparanoide e l’assunto di base di attacco-fuga

  40. L’adolescente che tenta di entrare il più velocemente possibile nel mondo adulto • Adolescenti che hanno deciso di andare avanti “senza pietà”, raggiungendo al più presto possibile il successo e l’indipendenza. Questi individui utilizzano fortemente le difese maniacali per liberarsi dall’ansia e da ogni sofferenza, trovando un potente rinforzo narcisistico nel rendere gli altri invidiosi. > Comincia a prevalere la posizione depressiva e l’assunto di base di accoppiamento.

  41. L’adolescente isolato • Sono gli individui in cui si manifesta la situazione psicopatologica più grave, che ha quasi sempre origine da un crollo catastrofico di una intensa idealizzazione dei genitori. • Questi ragazzi possono tendere ad isolarsi restando in famiglia; oppure possono tendere a vivere ai margini di ogni spazio istituzionale regolamentato convinti di bastare a se stessi, sviluppando spesso comportamenti devianti o francamente psicopatici. Nel primo caso è più spesso la famiglia a richiedere aiuto; nel secondo la scuola o il Tribunale dei Minori.

  42. L’adolescente che ha problemi nel gruppo dei pari • Ragazzi che, pur essendo usciti dal periodo di latenza ed essendo entrati a far parte del gruppo di coetanei, vivono con difficoltà gli intensi processi di identificazione su cui si base la coesione e l’organizzazione di questi gruppi, fino a manifestare la presenza di problemi nella maturazione psicosessuale.

  43. Modelli di intervento psicoterapeuticocon gli adolescenti • La grande maggioranza degli autori (tra i quali Loewenstein, 1988, Giaconia, 1989), concorda sul fatto che la psicoterapia dell’adolescente richiede un atteggiamento sufficientemente attivo del terapeuta. • Nella terapia analitica dell’adolescente è importante non tanto analizzare il transfert, quanto accogliere ed accompagnare il ragazzo o la ragazza nel difficile percorso trasformativo della sua mente e del suo corpo, facilitando la mobilità del pensiero e fluidificando la tendenza alla rigidità rappresentazionale: “sentivo che ero l’unico ad avere questi problemi”.

  44. Modelli di intervento psicoterapeuticocon gli adolescenti • Secondo Senise (1981) un rapporto fondato sul transfert va evitato perché “ogni movimento di traslazione da parte dell’adolescente impedisce la corretta controidentificazione necessaria alle modificazioni indispensabili dei processi di individuazione”. • Sia Senise che Novelletto suggeriscono di “porsi rispetto al paziente in una posizione identificativa ed empatica, così da favorire un rapporto speculare che consenta all’adolescente di contro-identificarsi al terapeuta, usandone le capacità come uno strumento per definire meglio l’immagine del Sé” (Novelletto, 1986).

  45. Modelli di intervento psicoterapeuticocon gli adolescenti • L’adolescente ha bisogno di essere aiutato soprattutto ad accettare la presenza del dubbio e dell’ambivalenza nel pensiero > la necessità di immergersi completamente insieme a lui nelle aree più confuse della sua mente, tollerando insieme a lui la sofferenza profonda e affiancandolo nella sua ricerca di una personale via di uscita.

  46. Funzioni che il gruppo dei pari assolve per l’adolescente dal punto di vista psicodinamico. • Lo spostamento dei conflitti che l’adolescente non può risolvere con i suoi genitori sugli altri membri del gruppo; • L’elaborazione delle relazioni oggettuali omo ed eterosessuali al di fuori degli oggetti parentali che rimandano ad una problematica edipica troppo scottante; • Aiuta a far passare il senso di identità dalla famiglia al gruppo (e più tardi dal gruppo all’oggetto d’amore); • La relazione con un gruppo di pari assume una funzione transitoria del narcisismo e delle identificazioni (Marcelli, 1991). Il gruppo diventa il luogo che consente di “mettere in comune” una parte dell’Ideale dell’Io.

  47. Funzioni che il gruppo dei pari assolve per l’adolescente dal punto di vista psicodinamico • Nell’ambiente “sufficientemente buono del gruppo” l’adolescente può lasciarsi andare all’esperienza regressiva in maniera meno angosciante rispetto al setting individuale > regressione condivisa; • L’esperienza di regressione condivisa gli permette di comprendere che le esperienze dell’infanzia, anche quelle più arcaiche, restano comunque una risorsa alla quale egli potrà attingere nella sua vita e non qualcosa a cui deve rinunciare in maniera definitiva.

  48. Funzioni che il gruppo dei pari assolve per l’adolescente dal punto di vista psicodinamico • MIRRORING E RESONANCE : Il gruppo terapeutico assolve ad una funzione di “rispecchiamento” nei confronti dei singoli membri > valida alternativa al mancato rispecchiamento parentale. “Il gruppo come oggetto-sé fa emergere e mantiene il sé di ogni componente e gli da significato. Il gruppo può fungere quindi sia da oggetto-sé rispecchiante, sia da oggetto-sé ideale ed onnipotente … sia da oggetto-sé gemellare” (Corbella, 2002)

  49. Recenti sviluppi del modello gruppoanalitico nel lavoro con gli adolescenti • L’approccio attivo di J. Evans (“Psicoterapia analitica di gruppo con adolescenti” – Borla Ed. 2001): “Il conduttore di un gruppo di adolescenti si rende conto della necessità di essere attivo e di intervenire. Ciò può avvenire sotto forma di commento o di interpretazione dell’attività di gruppo. Altre volte, il conduttore deve orientare la discussione su un certo percorso, in modo da evitare che il gruppo si disperda in mille rivoli o cada in preda alla confusione”. • Il gioco di ruolo > l’obiettivo del terapeuta nel gruppo è quello di facilitare il gioco, l’esperienza e la crescita.

  50. Indicazioni e controindicazioni al trattamento • Nella nostra esperienza risulta fondamentale il riferimento al tipo di gruppo che abbiamo in mente: gruppo eterogeneo vs. gruppo omogeneo. Nella seconda categoria (parliamo di gruppi speciali) il raggruppamento per problematiche e patologie (alcolismo, T.D., DCA, DAP etc) induce il gruppo a lavorare sulla patologia e sui relativi vissuti. Il ruolo del terapeuta si sposta, il più delle volte, su un piano psicoeducazionale. Tali gruppi sono frequentemente ispirati dal modello della psicoterapia cognitiva.

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