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Gestione integrata del paziente con lesioni cutanee croniche

Gestione integrata del paziente con lesioni cutanee croniche. Dott.ssa Anna Varano.

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Gestione integrata del paziente con lesioni cutanee croniche

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Presentation Transcript


  1. Gestione integrata del paziente con lesioni cutanee croniche Dott.ssa Anna Varano

  2. La mobilità, capacità di muoversi liberamente nell’ambiente: fondamentale per vivere una vita normaleIn una società in continuo movimento, i fattori che compromettono la mobilità assumo particolare importanza

  3. LA CAPACITA’ DI UN INDIVIDUO DI SVOLGERE :attivita’ di vita quotidiana l’attivita’ lavorativale mansioni legate al proprio ruolo AUTONOMIA Eventuali limitazioni delle capacità di muoversi normalmente e spontaneamente possono influire su tutte queste aree di attività

  4. La mobilita’ dei pazienti puo’ variare in seguito a : trattamenti terapeutici (trazioni in caso di frattura) alcune patologie (la distrofia muscolare) sisfunzioni e patologie che interferiscono con il movimento del corpo (piede diabetico)

  5. La riabilitazione e’ uno strumento fondamentale per riportare nel paziente invalido uno stato di salute ottimale L’infermiere e’ una delle figure che contribuisce attivamente in questo processo

  6. RIABILITAZIONE Secondo la definizione dell’organizzazione mondiale della sanità (OMS) per "riabilitazione" si intende : “l’ insieme di interventi che mirano allo sviluppo di una persona al suo più alto potenziale sotto il profilo fisico, psicologico, sociale, occupazionale ed educativo, in relazione al suo deficit fisiologico o anatomico e all’ambiente"

  7. LE TERAPIE RIABILITATIVE SONO UN INSIEME DI PROGETTI E DI AZIONI CHE SI PREFIGGONO L'OBIETTIVO DI RESTITUIRE ALLA PERSONA LA MIGLIORE QUALITÀ DI VITA POSSIBILE, TENENDO CONTO DELLE MENOMAZIONI PROCURATE DALLA MALATTIA

  8. LESIONI VASCOLARI EPROCESSO RIABILITATIVO La riabilitazione del paziente allettato, affetto da particolari patologie vascolari e non (lesioni cutanee, arteriopatie, piede diabetico, amputazioni di arti, gestione delle ulcere da decubito) ha come scopo la riduzione del rischio di progressione della malattia, delle sue complicanze e il miglioramento della qualita’ della vita

  9. Tutto questo processo coinvolge più figure professionali, la sfera familiare, che interagiscono tra loro nella gestione di questo tipo di paziente

  10. L'insieme di tutte le figure interessate costituisce il “team riabilitativo”

  11. I costituenti del team riabilitativo elaborano un progetto riabilitativo unitario e, ciascuno per le proprie competenze, provvedono alla stesura e alla realizzazione dei singoli programmi riabilitativi. Deve essere stilata una cartella clinica dove vanno annotati tutti gli interventi effettuati sul paziente e  l’ eventuale utilizzo di presidi (calze a compressione), ausili (carrozzina) e ortesi (scarpa ortopedica)

  12. Fasi fondamentali del progetto riabilitativo: INTERVENTO DIRETTO INTERVENTO INDIRETTO

  13. INTERVENTO DIRETTO STIMOLAZIONE SENSORIALE: viene attuata attraverso stimoli ambientali (visivi, uditivi, tattili etc.): devono essere utilizzati precocemente TERAPIA OCCUPAZIONALE: utilizza degli esercizi tesi a rendere più facili l'esecuzione di normali atti della vita quotidiana TERAPIA MANUALE: KINESI TERAPIA MASSOTERAPIA ESERCIZI MUSCOLARI ATTIVI CONDIZIONAMENTO MUSCOLARE E STATICA PASSIVA ESERCIZI RESPIRATORI E TOSSE ASSISTITA In presenza di una sintomatologia Algica possono essere utilmente impiegate apparecchiature portatili che consentono di effettuare le più comuni terapie fisiche (elettroterapia antalgica e/o eccitomotoria, laserterapia, ultrasuoni, magnetoterapia)

  14. Intervento indiretto INDICAZIONI PER LA FAMIGLIA: I familiari devono rivolgersi al paziente senza spostarsi frequentemente e/o velocemente per facilitare la comprensione e la trasmissione del messaggio verbale integrandolo con la mimica e la gestualita'.Stimolare la sensibilita' propriocettiva del paziente attraverso il riconoscimento del proprio corpo e stimolandolo ad identificare  sensazioni come:  caldo,  freddo, umido,  liscio,  gonfio etc.

  15. Intervento indiretto Mobilizzare le varie parti del corpo. Cercare di ripristinare precocemente le abitudini igieniche ed alimentari anche attraverso accorgimenti ed ausili. Fare utilizzare la protesi dentaria non usata a causa dell'evento patologico. Cercare di eliminare precocemente il catetere ed i presidi ad assorbenza

  16. MODIFICHE DELL’AMBIENTE L’ambiente dove avviene la riabilitazione del paziente deve essere pensato in modo tale che non corra alcun pericolo di cadere e di infortunarsi (cadute accidentali) L’ambiente deve essere privo di barriere architettoniche, di attrezzi appuntiti per ridurre infortuni legati alla poca o limitata agilità

  17. NURSING E LCC APPROCCIO OLISTICO ALLA PERSONA MALATA INFERMIERE Nella cura di un paziente con LCC l’infermiere ha un ruolo molto importante, spesso è l’operatore che ha il rapporto più stretto e comunicativo con il paziente, può avere un peso decisivo sul modo di vivere la malattia e può individuare con il paziente quali adattamenti è possibile fare per continuare a gestire la propria vita “nonostante” la malattia

  18. Diagnosi infermieristiche - north american nursing diagnosis association (nanda, 2005): Compromissione della mobilità Compromissione della deambulazione Compromissione della mobilità con la sedia a rotelle Compromessa capacità di trasferimento Compromissione della mobilità nel letto Intolleranza all’attività Rischio di sindrome da immobilizzazione

  19. Diagnosi infermieristiche correlate La mancanza di un movimento normale influisce su tutte le aree funzionali quindi il paziente con diagnosi infermieristica di compromissione della mobilità è solitamente a rischio di sviluppare molti altri problemi: Deficit della cura di se (bagno/igiene personale/ alimentazione/ vestirsi/ curare il proprio corpo) - Compromissione dell’integrità cutanea - Rischio di infezioni - Stipsi - Malnutrizione - Ansia e senso di impotenza

  20. Identificazione degli obiettivi e pianificazione Dopo l’identificazione delle diagnosi infermieristiche e dei fattori correlati, l’infermiere, il paziente e i familiari definiscono gli obiettivi e pianificano gli interventi. Gli obiettivi generali per le persone con compromissione della mobilità sono : L’assistito aumenterà la propria resistenza e tolleranza all’attività fisica; L’assistito parteciperà attivamente alle terapie prescritte per favorire una guarigione ottimale e la ripresa della mobilità; L’assistito adotterà misure per evitare le potenziali complicanze derivanti dall’immobilità; L’assistito manterrà una funzionalità ottimale malgrado le restrizioni motorie

  21. ATTUAZIONE L’infermiere riveste il ruolo di promotore della forma fisica. Facendo notare quanto l’esercizio fisico si importante per la salute fisica ed emozionale, egli contribuisce alla prevenzione dei problemi legati alla immobilità. I programmi di esercizio fisico sono una parte integrante del processo di riabilitazione di molti pazienti, ( molti pazienti diabetici seguono specifici programmi di attività fisica per migliorare il controllo della glicemia. Ai pazienti sottoposti a chirurgia ortopedica si consiglia di svolgere esercizi specifici per i muscoli e le articolazioni interessate)

  22. MANTENIMENTO DELLA MOBILITA’ ARTICOLARE Quando un paziente può effettuare senza resistenza la serie completa dei movimenti fisiologici per una certa articolazione, si dice che ha un’escursione articolareattiva Se il paziente necessita di un infermiere per effettuare tali movimenti, si dice che ha un’escursione articolare passiva Si parla di un’escursione articolareassistitaquando il paziente è in grado di effettuare gli esercizi di escursione articolare solo se aiutato

  23. La sollecita ripresa della deambulazione riduce considerevolmente le complicanze dell’immobilità Camminando si tiene in esercizio la maggior parte della muscolatura, favorendo la mobilità articolare La pronta ripresa della deambulazione riduce la formazione di coaguli venosi,diminuendo il rischio di complicanze circolatorie Poiché anche un breve periodo di immobilità può diminuire la tolleranza all’esercizio fisico, in genere il paziente che riprende a camminare necessita di assistenza DEAMBULAZIONE

  24. ASSISTENZA AL PAZIENTE NELLA DEAMBULAZIONE L’assistenza al paziente per una deambulazione sicura incomincia d’accertamento della forza muscolare e della coordinazione. Prima di tutto si aiuta il paziente a sedere sul bordo del letto. Se il paziente ha capogiri o ha problemi di ipotensione posturale (confermata dalla misura della PA) occorre rinviare la ripresa della deambulazione. Se il paziente non avverte tale sintomatologia si può procedere alla deambulazione. Tutti i presidi (deflussori per flebo, cateri, drenaggi) devono essere fissati in modo che l’infermiere abbia le mani libere per poter intervenire qualora il paziente rischi di cadere

  25. AUSILI MECCANICI Esistono strumenti meccanici che permettono al paziente con mobilità limitata di camminare in condizioni di sicurezza. Durante la deambulazione, le stampelle, un bastone, un trepiedi, un deambulatore aiutano a sostenere una parte del peso del paziente, favorendo la stabilità e mantenendo l’equilibrio

  26. AUSILI MECCANICI BASTONE: è utile nel sostegno del peso dei paziente al fine di mantenerne un adeguato equilibrio; funge da arto supplementare favorendo un punto d’appoggio durante la deambulazione STAMPELLE: permettono all’assistito di camminare senza un eccessivo carico del proprio peso sugli arti inferiori ( fratture, distorsioni etc. ) DEAMBULATORE: sono strutture metalliche tubolari che forniscono un sostegno superiore rispetto ai bastoni, muniti di ruote e sedile in modo tale che il pz. possa sedersi e riposare CARROZZINE: sono fondamentali per sopperire all’incapacità del pz di spostarsi in modo autonomo; vi sono diversi tipi di carrozzine da adattare alle diverse esigenze del paziente

  27. Le corrette procedure nella movimentazione dei paziente ed ausili occorrenti La correttezza del posizionamento della persona allettata è fondamentale per garantire alla stessa, oltre che un indiscutibile benessere, un adeguato allineamento corporeo, indispensabile alla comparsa di schemi posturali patologici

  28. RUOLO DELL’OPERATORE NELLA DEAMBULAZIONE DIFFICOLTOSA Assistere una persona che ha una deambulazione difficoltosa ha un duplice significato: Garantire la sicurezza, e questo si realizza con un attività di controllo sull’abbigliamento e sull’ambiente Il secondo è quello di contribuire al successo riabilitativo garantendone la continuità, cioè aiutare la persona a deambulare sempre secondo le modalità definite dal fisiatra e dal fisioterapista

  29. MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI PAZIENTI Si puo distinguere il paziente in tre diverse tipologie: Totalmente non collaborante si intende il paziente non in grado di utilizzare gli arti superiori ed inferiori e che per tanto nelle operazioni di trasferimennto deve essere completamente sollevato. Parzialmente collaborante si in intende il paziente che ha residue capacità motorie e che viene per tanto solo parzialmente sollevato Autosufficiente

  30. MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI PAZIENTI Alla posizione di presa Alla forza esercitata Alla velocità dei movimenti Alla durata dello spostamento Va considerato, inoltre, che la movimentazione manuale del paziente non deve arrecare danno al paziente stesso, pertanto deve essere prestata particolare attenzione

  31. MOBILIZZAZIONE DELLA PERSONA ALLETTATA La persona che, per motivi diversi è dipendente dalle condizioni di malattia, non riesce a muoversi autonomamente nel letto necessità di un intervento di carattere sostitutivo da parte di uno o più operatori, finalizzato ad assicurare la soddisfazione di questo bisogno. La corretta mobilizzazione è determinata dalla coesistenza di due importanti variabili: Modalità Frequenza

  32. MOBILIZZAZIONE DELLA PERSONA ALLETTATA La MODALITA’: Il modo scelto ed impiegato per muovere un paziente deve essere tale da garantire, oltre la risposta “bisogno di movimento”, anche che la stessa sia di qualità

  33. MOBILIZZAZIONE DELLA PERSONA ALLETTATA La MODALITA’: Questo significa mobilizzare il paziente evitandogli la comparsa di: lesioni cutanee (abrasioni ) da sfregamento sulla biancheria lesioni articolari ( lussazioni o sub lussazioni, soprattutto delle spalle), conseguenti all’esecuzione di manovre scorrette da parte dell’operatore

  34. MOBILIZZAZIONE DELLA PERSONA ALLETTATA La modalità individuata deve essere consona alla “situazione individuale” del paziente da mobilizzare e rispettare eventuali limitazioni al movimento e al posizionamento disposte da altri operatori ( medico o fisioterapista )

  35. MOBILIZZAZIONE DELLA PERSONA ALLETTATA La FREQUENZA: La posizione del paziente allettato va modificata con una frequenza che dipende: Dalle condizioni generali; Dalle motivazione dell’allettamento; Dalle condizioni della cute;

  36. MOBILIZZAZIONE DELLA PERSONA ALLETTATA I movimenti che più frequentemente vengono compiuti dagli operatori sul paziente per mobilizzarlo e posizionarlo sono : Sollevamento di testa e spalle; Spostamento del paziente verso la testata del letto; Sostamento del paziente verso un lato letto

  37. CRITERI GENERALI PER I TRASFERIMENTI DEL PAZIENTI A LETTO Conoscere le abilità motorie residue del paziente Dotare il letto degli eventuali ausili necessari (trapezio, traversa, cinghia piedi del letto, telo di scorrimento etc.) Informare il paziente del trasferimento che si intende effettuare Regolare l’altezza del letto, frenarlo e togliere le sponde Nella maggioranza dei casi gli operatori si pongono dal lato corporeo deficitario dei pazienti Richiedere verbalmente la collaborazione del paziente

  38. CRITERI GENERALI PER I TRASFERIMENTI DEL PAZIENTI A LETTOSOLLEVATORE I sollevatori mobili solo l’ausilio fondamentale per la mobilitazione dei pazienti gravi o pesanti

  39. PIANIFICAZIONE DELL’ASSSISTENZA La pianificazione dell’assistenza viene effettuata dall’infermiere in collaborazione con altre figure professionali, conivolgendo il malato e la sua famiglia. La pianificazione è una strategia di gestione dei problemi che parte dal principio di “ AIUTARE LE PERSONE AD AIUTARSI” È un processo di supporto al paziente che si divide in tre fasi

  40. PIANIFICAZIONE DELL’ASSSISTENZA PRIMA FASE: INDIVIDUAZIONE DEL PROBLEMA In questa prima fase importante è l’esplorazione non solo di quanto percepito dall’infermiere, ma anche di quanto rilevabile dal punto di vista del paziente Il punto principale su cui concentrarsi è il singolo individuo con i suoi problemi ed è molto importante spingere il paziente a “raccontare la propria storia” Per arrivare all’individuazione del problema è necessario che l’infermiere sia in grado di creare un clima di fiducia e di sostegno, di instaurare cioè col paziente una relazione d’aiuto, importante risorsa per l’efficacia dell’intervento infermieristico

  41. PIANIFICAZIONE DELL’ASSSISTENZA PRIMA FASE: INDIVIDUAZIONE DEL PROBLEMA Per instaurare una buona relazione d’aiuto è fondamentale l’uso di alcune capacità di base : ASCOLTO E OSSERVAZIONE: Ascoltare il nostro paziente ci consente di stabilire dei rapporti costruttivi. Attraverso l’ascolto comunichiamo al paziente che non vogliamo esprimere giudizi su ciò che egli dice o egli è; ma che ci stiamo impegnando per capirlo. Altrettanto importante è la capacità di osservazione (postura, gesti etc.)

  42. PIANIFICAZIONE DELL’ASSSISTENZA PRIMA FASE: INDIVIDUAZIONE DEL PROBLEMA Per instaurare una buona relazione d’aiuto è fondamentale l’uso di alcune capacità di base : ATTEGGIAMENTO DI INTERESSE E RISPETTO: i pazienti quando raccontano di se ci permettono di entrare in contatto con aspetti intimi, privati, dolorosi della loro vita, per questo dobbiamo gestire con sensibilità e rispetto la fiducia che ripongono in noi

  43. PIANIFICAZIONE DELL’ASSSISTENZA PRIMA FASE: INDIVIDUAZIONE DEL PROBLEMA Per instaurare una buona relazione d’aiuto è fondamentale l’uso di alcune capacità di base: SOSPENSIONE DEL GIUDIZIO CRITICO E MORALE: l’atteggiamento dell’infermiere deve essere di accoglimento, comprensione e trasformazione; dovrà sentire che ci occuperemo di lui indipendentemente dal suo stato patologico, di bisogno di disponibilità

  44. PIANIFICAZIONE DELL’ASSSISTENZA PRIMA FASE: INDIVIDUAZIONE DEL PROBLEMA Per instaurare una buona relazione d’aiuto è fondamentale l’uso di alcune capacità di base: SPERIMENTARE LE EMOZIONI DEL PAZIENTE: È un incontro con lo stato mentale dell’altro, e un pò come mettersi nei panni del paziente Approccio EMPATICO

  45. PIANIFICAZIONE DELL’ASSSISTENZA SECONDA FASE: INDIVIDUAZIONE DEGLI OBIETTIVI In questa fase l’infermiere, avendo chiari problemi da affrontare, individua insieme al paziente gli obiettivi da raggiungere. Questi obiettivi dovranno essere più possibile realistici, chiari, raggiungibili e decisi insieme al paziente. E’ importante stipulare con il paziente un contratto per identificare le regole basilari e negoziare i ruoli avendo ben chiare quali siano le aspettative. L’infermiere e il paziente diventano quindi “collaboratori”

  46. PIANIFICAZIONE DELL’ASSSISTENZA TERZA FASE: FACILITAZIONE DELL’AZIONE In questa fase l’infermiere da al paziente ed alla sua famiglia il supporto necessario per la realizzazione del piano assistenziale. Non si sostituisce al paziente eseguendo semplicemente delle tecniche, ma coinvolge il paziente e la sua famiglia aiutandoli ad acquisire le abilità e le informazioni necessarie anticipando le probabili difficoltà che possono presentarsi

  47. PIANIFICAZIONE DELL’ASSSISTENZA TERZA FASE: FACILITAZIONE DELL’AZIONE L’infermiere quindi non è un esperto insostituibile, ma è un facilitatore, una risorsa a cui attingere nelle difficoltà. Si deve evitare che si sviluppino atteggiamenti di sudditanza e/o dipendenza, bisogna trovare un giusto equilibrio tra il bisogno di protezione del paziente e quello di autodeterminazione e indipendenza Gli interventi facilitativi mirano a rendere autonomo il paziente e la sua famiglia

  48. L’EDUCAZIONE Nella moderna accezione di assistenza infermieristica, la funzione assistenziale e la funzione educativa sono strettamente colleganti e dipendenti l’una dall’altro, in quanto il paziente ha diritto a ricevere, accanto alle prestazioni assistenziali, anche un’educazione alla conoscenza e alla modalità di soluzione dei problemi di salute, in modo da arrivare quanto prima ad una autonoma gestione degli stessi

  49. L’EDUCAZIONE Educare il paziente quindi vuol dire renderlo autonomo, vuol dire aiutarlo a trasformare la realtà in cui vive, aiutarlo ad adattarsi ad un nuovo stile di vita necessario per convivere con la malattia che spesso come nel caso delle lesioni cutanee ha un andamento cronico. “lo scopo di un educatore non è quello di insegnare qualcosa a chi sta di fronte, bensì è quello di ricercare con lui i modi per trasformare la realtà in cui entrambi credono” Paulo Freire

  50. L’INDIVIDUAZIONE E L’ATTIVAZIONE DELLE RISORSE L’infermiere deve avere una conoscenza accurata ed aggiornata della rete dei servizi presente sul territorio e della loro modalità di attivazione in modo da poter indirizzare al paziente le forme di aiuto più appropriate (es. servizi sociali, UVG, invalidità etc.)

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