1 / 50

Gli studi demologici italiani e il “patrimonio demoetnoantropologico”

Gli studi demologici italiani e il “patrimonio demoetnoantropologico”.

ciqala
Download Presentation

Gli studi demologici italiani e il “patrimonio demoetnoantropologico”

An Image/Link below is provided (as is) to download presentation Download Policy: Content on the Website is provided to you AS IS for your information and personal use and may not be sold / licensed / shared on other websites without getting consent from its author. Content is provided to you AS IS for your information and personal use only. Download presentation by click this link. While downloading, if for some reason you are not able to download a presentation, the publisher may have deleted the file from their server. During download, if you can't get a presentation, the file might be deleted by the publisher.

E N D

Presentation Transcript


  1. Gli studi demologici italiani e il “patrimonio demoetnoantropologico”

  2. L’Italia ha una grande e complessa tradizione di studi demo-etnologici, studi territoriali, rivolti alle differenze culturali locali, quelli che Alberto Cirese chiamava i ”dislivelli interni di cultura”. Più ridotta è stata invece una tradizione etnologica di studi extraeuropei.

  3. Gli studi folklorici (e poi demologici) hanno dato l’avvio ad un processo di patrimonializzazione, inizialmente erudito e accademico (folkloristi, Pitré, Loria, etc.) • Anni ’70 – Folk Revival: movimento dal basso di rivitalizzazione, ripresa, riproposta e studio della cultura popolare. Patrimonializzazione dal basso. - Nascita di Musei etnografici locali - Nascita di Centri di Documentazione della cultura popolare - Attenzione per le Fonti Orali

  4. Che la cultura folklorica, popolare fosse qualcosa dotata di un valore più ampio (come testimonianza di civiltà) non è un’idea che è sempre esistita.

  5. L’interesse per l’antropologia in Italia nasce soprattutto come studio del folklore, cioè come studio della cultura popolare, in particolare della cultura dei ceti rurali, quindi nasce con un interesse per il proprio territorio nazionale.

  6. Al contrario della Francia, dove il termine folklore è sempre stato dispregiativo (indicava un dilettantismo provinciale), in Italia gli studi folklorici hanno avuto una dignità forte dal punto di vista, sia della qualità dei documenti prodotti, come anche dei presupposti teorici che li muovevano, anche se da un punto di vista accademico sono studi che hanno sofferto molto prima di avere un riconoscimento.

  7. Una proliferazione di terminologie: • Folklore/Studi folklorici • Etnografia italiana (1911) • Demologia • Storia delle tradizioni popolari • Etnologia dell’Italia/Etnografia regionale • Antropologia del patrimonio

  8. Un tentativo di periodizzazione • Folkore – Etnografia italiana (Metà Ottocento/1911 – Interessi antiquari – Popolarismo romantico) • Demologia – Studi demologici (demos = popolo) – Anni 50 - Gramsci/De Martino/Cirese • Tradizioni popolari – Studi post-demartiniani sulla cultura popolare (Secondo dopoguerra – Anni ’60-70) • Antropologia del patrimonio (Clemente/Padiglione - Anni ’90/Oggi)

  9. Ottocento: Gli interessi antiquari Approccio che riteneva che nei cosiddetti “volghi”, cioè nel “popolo”, fossero conservati i “resti”, intesi come sopravvivenze, dell’antichità. Sopravvivenze che iniziano ad essere viste come documenti, testimonianze, e non solo ad essere bollate come “paganesimo”, come era l’atteggiamento della chiesa.

  10. Approccio antiquario • Influenza francese esercitata dall’Accademia Celtica • Inchieste napoleoniche (1811) • Inchiesta condotta da Alberto La Marmora nel 1839 sui costumi sardi (stabilire dei rapporti tra i costumi sardi e i documenti dell’antichità classica)

  11. Ottocento: Popolarismo romantico Il popolarismo romantico esalta i prodotti della cultura popolare, soprattutto la poesia, i canti, le favole, quindi la tradizione orale intesa come deposito di autenticità per la nazione. Il popolo era considerato l’anima della nazione, luogo spontaneo e autentico della nazione contro le presenze straniere. Mentre l’indirizzo antiquario privilegiò lo studio di usi e costumi, cioè di pratiche (matrimonio, lavoro, riti, etc.), il popolarismo romantico ebbe una impronta più nazionalista, infatti è chiamato anche “popolarismo risorgimentale”, e si lega alle vicende che hanno preceduto l’unificazione italiana. E’ un filone che si è interessato soprattutto di canti popolari e di poesia popolare (es. G. Leopardi, Giuseppe Giusti, Niccolò Tommaseo, Alessandro D’Ancona, Vincenzo Padula e la “questione sociale”, Costantino Nigra e la teoria del “sostrato etnico”).

  12. Giuseppe Pitrè e la Biblioteca di Tradizioni Popolari Siciliane: 1870-1913 Alla fine dell’800 gli studi folklorici italiani si aprono anche ad altri ambiti di studio come le fiabe e gli usi e costumi. In questo periodo l’autore più rappresentativo fu Giuseppe Pitré, medico siciliano che fece dello studio del folklore la sua principale attività. Una attività che lo ha portato a produrre una vera e propria Biblioteca di tradizioni popolari siciliane tra il 1870 e il 1913. Una biblioteca che ha documentato tutti gli aspetti della vita popolare siciliana, non solo la poesia e i canti, ma feste, i giochi, credenze, pregiudizi, medicina popolare, indovinelli, favole, etc. Un ambito che Pitrè chiamava “demopsicologia”.

  13. Giuseppe Pitré • Medico siciliano. 1841-1916 • Iniziatore degli studi demologici in Italia • Lunga opera di raccolta etnografica di tradizioni popolari siciliane • Biblioteca di tradizioni popolari siciliane (1870-1913) – Opera monumentale composta da 25 volumi • Fondatore di un Museo Etnografico a Palermo (Museo Pitré) • Apertura degli studi folklorici a feste, giochi, credenze, medicina popolare, etc.

  14. Lamberto Loria e l’Etnografia Italiana del 1911 Lamberto Loria era un esploratore ed un viaggiatore. Nato in Egitto da genitori italiani nel 1855, viaggiò moltissimo (Nuova Guinea, Lapponia, Trobriand ), tutti viaggi dai quali riportò molte testimonianze materiali che oggi sono conservate al Museo Pigorini di Roma e al Museo Antropologico di Firenze. Ad un certo momento della sua vita però Loria scoprì le culture locali dell’Italia, quella che lui chiamava la “nostra gente” e nel 1905 ormai anziano decise di dedicarsi allo studio dell’Italia iniziando (lui e alcuni suoi collaboratori) a raccogliere testimonianze della vita dei popoli italici, delle culture regionali, contadine, pastorali, etc.

  15. Lamberto Loria e l’Etnografia Italiana del 1911 • Nel 1906 Loria, insieme ad Aldobrandino Mochi (allievo di Paolo Mantegazza, il medico fiorentino fondatore del Museo Antropologico a Firenze e della prima cattedra di Antropologia a Firenze nel 1871), fondò il nucleo del Museo di Etnografia Italiana, che più tardi sarebbe diventato negli anni ’50 Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari di Roma, diretto da Tullio Tentori.

  16. Lamberto Loria e l’Etnografia Italiana del 1911 • Più tardi nel 1910 Loria fondò la Società di Etnografia Italiana e nel 1911 organizzò il primo Congresso di Etnografia Italiana a Roma. • Sempre nel 1911 organizzò nel quadro delle celebrazioni per il cinquantenario dell’Unità italiana una Mostra di Etnografia Italiana che raccoglieva i diversi costumi regionali, oggetti, abiti, etc., i quali però sono stati rifatti ad hoc per la mostra poiché gli originali essendo rovinati perché ormai in disuso, erano lontani da un’idea di autenticità che si voleva veicolare. • La Mostra segnò un momento di costruzione identitaria per L’Italia, sia regionale che nazionale, che mostra bene tutta la sua natura negoziale e costruita.

  17. Antropologia ItalianaLamberto Loria (1855-1913) • Viaggiatore – esploratore (Nuova Guinea, Lapponia, Isole Trobriand, etc.) • 1910 – Società di Etnografia Italiana • 1911 - Congresso di Etnografia Italiana • 1911 Mostra di Etnografia Italiana - Nucleo dell’attuale Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari (aperto sotto la direzione di Tullio Tentori negli anni ’50) • Mostra di Etnografia Italiana = organizzata nel quadro del Cinquantenario dell’Unità d’Italia • L’esposizione era organizzata su base regionale - manipolazione delle testimonianze originali che furono ricostruite e riprodotte in base ad un’ideale di autenticità che si voleva comunicare • Fondazione nel 1912 della rivista di tradizioni popolari Lares

  18. La Mostra di Etnografia Italiana del 1911 Un momento importante per la patrimonializzazione nazionale delle culture e delle differenze culturali territoriali….

  19. Tra le due guerre: Benedetto Croce e il ritardo degli studi folklorici • Il fermento di attività dei nascenti studi folklorici per le specificità culturali interne al paese, fu interrotto nei primi decenni del Novecento perché in quegli anni, oltre al fascismo, che monopolizzò molto il folklore a fini politici e di consenso (pur nell’esaltazione del folklore in termini patriottici), ci fu una corrente filosofica che dominò la cultura e che si opponeva fortemente a tutte le scienze sociali, sociologia, antropologia, etnologia, etc. • E’ lo storicismo idealistico di Benedetto Croce, il cui pensiero, che fu molto forte e dominante non solo in Italia, si opponeva a tutte le scienze della società che avevano una base empirica e comparativa.

  20. Benedetto Croce • La sua fu una critica a tutte le scienze sociali che si basavano sulla generalizzazione o che erano caratterizzate da aspirazioni nomotetiche, che volessero giungere a formulare leggi o trovare regolarità nel comportamento umano. • Croce esclude la possibilità di una base scientifica di tutte le scienze sociali, svaluta le metodologie empiriche che riduce a pratiche minori, che Croce definisce “naturalismo”, laddove l’unica vera conoscenza è la storia dello Spirito in senso hegeliano (estetica, concettuale, economica ed etica).

  21. Antropologia ItalianaL’opposizione di Benedetto Croce • 1938 – La storia come pensiero e come azione • Opposizione del filosofo Benedetto Croce alle scienze sociali in Italia (critica agli approcci “naturalistici”) • Croce riteneva che l’unica scienza dell’uomo capace di un respiro scientifico fosse la Storia intesa Idealisticamente, cioè come Storia dello Spirito • Secondo Croce le categorie dello Spirito sono 4: estetica, concettuale, economica ed etica. All’interno di queste 4 categorie si sviluppa l’attività dello Spirito. La religione (e quindi la magia) secondo Croce non fa parte delle categorie dello Spirito e quindi non può essere oggetto di vera conoscenza.

  22. Antropologia ItalianaL’opposizione di Benedetto Croce • Sociologia, antropologia, psicologia e tutte le altre scienze (empiriche) dell’uomo e della società sono secondo Croce pratiche classificatorie, ordinative, che non possono aspirare alla vera comprensione. • Opposizione dell’idealismo crociano alle scienze sociali come causa del ritardo delle discipline antropologiche in Italia.

  23. Antropologia ItalianaErnesto De Martino (1908-1965) • L’opera di De Martino si inserisce nel clima intellettuale segnato dall’egemonia di Croce 1941 “Naturalismo e storicismo in etnologia” • Influenza di Benedetto Croce • Critica degli approcci “naturalistici” in etnologia e negli studi folklorici • Secondo De Martino l’esperienza dei “primitivi” va inquadrata all’interno della filosofia dello Spirito. Non è possibile ridurre l’esperienza umana ad indagini scientifiche. • Le scienze sono “pseudo-conoscenze” che possono avere solo applicazioni pratiche.

  24. Antropologia ItalianaErnesto De Martino (1908-1965) 1941 “Naturalismo e storicismo in etnologia” • La vera conoscenza è solo storica, dove per storia si deve intendere la storia dello Spirito, conquista di livelli di autoconsapevolezza sempre maggiori. • Lo storicismo negava alle plebi e ai primitivi qualunque ruolo attivo nella Storia (dello spirito). • De Martino tenta invece di estendere la filosofia crociana oltre il suo ambito tradizionale, includendo anche quelle forme di esperienza storica che erano state escluse da Croce dalla storia dello spirito (le plebi del Mezzogiorno italiano)

  25. Antropologia Italiana Ernesto De Martino (1908-1965) 1948 – Il Mondo Magico (studio del magismo - pensiero magico) • Ribaltamento della prospettiva crociana. • Tentativo di ricostruire la struttura del mondo magico per recuperarlo alla storia (dello Spirito) • Tentativo di comprendere il pensiero magico non dall’esterno di una visione ispirata dalle categorie dello Spirito, ma dall’interno, analizzare la costruzione della realtà magica • Concetto di “presenza” (costituzione della presenza). La presenza è uno stato che l’uomo si sforza di costruire per sfuggire all’idea di non-esserci, un movimento naturale dell’uomo nel suo sforzo di esserci nel mondo. • La magia è interpretata come un primo tentativo coerente dell’uomo di affermare la propria presenza nel mondo.

  26. Antropologia Italiana Ernesto De Martino (1908-1965) 1958 – Morte e Pianto Rituale nel mondo antico • Analisi del lamento funebre nel mondo antico e nella Basilicata contemporanea come forme culturali il cui scopo è quello di far fronte alla crisi della presenza che minaccia la comunità e le soggettività che ne fanno parte.

  27. Antonio GramsciOsservazioni sul folclore (1950) • La pubblicazione nel 1950 delle “Osservazioni sul folclore”, all’interno dei “Quaderni dal carcere” rivoluziona il modo di intendere gli studi folklorici e la cultura popolare in Italia • Per la prima volta il folclore viene considerato come ambito di manifestazioni culturali di una determinata “classe sociale” in relazione a precisi rapporti di subalternità rispetto alla classe/cultura egemone. • Gramsci sottrae il folclore all’idea che fosse una “stranezza”, una bizzarria, un elemento pittoresco. Sottrae il concetto di folclore all’idea di una sua irrilevanza

  28. Gramsci “Il complesso dei fatti folclorici contiene o esprime una concezione del mondo e della vita”, una concezione propria “di certi strati della società, determinati nel tempo e nello spazio e cioè del popolo inteso come l’insieme delle classi subalterne e strumentali di ogni forma di società finora esistita”. Una concezione “in contrapposizione”, “in contrasto” con le concezioni del mondo ufficiali (del mondo colto o degli strati dirigenti)”. • Occorre per Gramsci mutare lo spirito delle ricerche folcloristiche, superando il livello della semplice erudizione, Il popolo non è una collettività omogenea di cultura, ma un insieme di stratificazioni culturali variamente combinate. • Per Gramsci il folklore è però solo oggetto di ricerca. • Necessità di determinare una nuova cultura nelle grandi masse, e cioè di cancellare il distacco tra cultura moderna e cultura popolare.

  29. Antropologia Italiana Ernesto De Martino (1908-1965) • 1949 – Intorno a una storia del mondo popolare subalterno • 1959 – Sud e Magia • 1961 – La terra del Rimorso • 1961 – Furore, simbolo, valore • Avvicinamento di De Martino e degli studi demologici italiani alle tesi del marxismo di Antonio Gramsci • Da Gramsci De Martino assume i concetti di egemonia-subalternità per interpretare non solo i rapporti di classe, ma anche i rapporti tra culture. • Apertura di De Martino alle problematiche meridionalistiche

  30. Antropologia Italiana Ernesto De Martino (1908-1965) • 1961 – La terra del rimorso. • Ricerca sul tarantismo in Puglia. Il tema della crisi individuale (crisi della presenza ne Il Mondo Magico) ora diventa dramma di un’umanità estromessa, crisi–riscatto di umanità non presenti (subalterne) che hanno percorso la storia ma non l’hanno mai posseduta o fatta. • Il comportamento delle tarantate viene letto in termini di “crisi della presenza”, una crisi che non è solo esistenziale, ma è anche legata alla condizione di subalternità delle classi contadine nel Mezzogiorno italiano.

  31. Antropologia Italiana Ernesto De Martino (1908-1965) ETNOCENTRISMO CRITICO • Riflessione sui rapporti tra chi conosce (soggetto conoscente) e l’oggetto della conoscenza (i soggetti studiati, le comunità) • Il rapporto tra osservatore e osservato non è neutrale = lo sguardo dell’etnologo si avvicina alla cultura altra attraverso le proprie categorie concettuali, i propri parametri, i propri pregiudizi culturali che si cristallizzano in atteggiamenti etnocentrici. • Necessità di sfuggire agli atteggiamenti etnocentrici e acritici – ma anche impossibilità di cancellare del tutto il proprio background culturale e concettuale, in quanto ciò porterebbe l’etnologo a diventare muto e cieco di fronte ai fatti etnografici.

  32. Antropologia Italiana Ernesto De Martino (1908-1965) ETNOCENTRISMO CRITICO • La soluzione sta in un continuo confronto tra la nostra storia, le nostre categorie analitiche, i nostri pregiudizi e le storie di altri, i modi altri di dare senso all’esperienza umana, • Questo continuo confronto per De Martino deve portare ad un radicale esame di coscienza per l’uomo occidentale • Etnocentrismo critico come frutto di un continuo lavoro critico dell’antropologia sulle proprie categorie interpretative, di una continua ridiscussione delle proprie categorie analitiche.

  33. Antropologia storicista e demartiniana (anni 60-80) Vittorio Lanternari • Studi storico-religiosi in ambito etnologico extraeuropeo e in ambito demologico. • Studio dei movimenti millenaristici – Millenarismo e popoli oppressi – Colonialismo Diego Carpitella • Ricerche etnomusicologiche nel Meridione italiano – Studi sulla cinesica Alfonso di Nola • Studio dei fenomeni religiosi popolari meridionali in una prospettiva marxista e gramsciana (Riti di guarigione – antropologia medica)

  34. Antropologia storicista e demartiniana (anni 60-80) Annabella Rossi • Studio dei fenomeni di religiosità popolare nel meridione – comportamenti devozionali / culti liturgici ed extraliturgici (Le feste dei poveri) Luigi Lombardi Satriani • Folklore come “cultura di contestazione”

  35. Alberto Mario Cirese (1921) • Demologo italiano studioso di letteratura popolare e di storia delle tradizioni popolari. • “Cultura Egemonica e culture subalterne” (1973). Riflessioni teoriche sulla circolazione sociale dei fatti culturali, sui dislivelli di cultura, sulle relazioni tra cultura egemone e culture subalterne condotte in rapporto allo studio dei testi di tradizione orale, scritta o mista diffusi in ambito popolare. • Ha introdotto in Italia negli anni ‘80 l‘Antropologia dei patrimoni culturali: il censimento, la catalogazione, la classificazione, la conservazione e la valorizzazione dei beni culturali demo-etno-antropologici (denominazione da lui stesso coniata). • Ha introdotto in Italia la museografia antropologica (contadina e di arte popolare), discutendo per la prima volta la nozione di beni “volatili” o “inoggettuali” («patrimonio immateriale»)

  36. L’antropologia demologica italiana tra gli anni ’50 e ‘80 1) Matrice positivista Studi folklorici legati alla raccolta di documenti. Studi settoriali su singoli tratti culturali (fiabe, canti, giochi, etc.) 2) Matrice storicista Studio della cultura popolare secondo una prospettiva gramsciana e demartiniana

  37. Antropologia demologica italiana Cultura popolare e concetto di cultura Due concezioni di cultura si alternano e si incontrano tra ‘800 e ‘900 nello studio della cultura popolare : 1) Concezione ottocentesca = folklore come “manners” – usi e costumi. • Folklore come sopravvivenza residuale nel popolo Differenze culturali disposte verticalmente (di classe e cronologiche) Metodologia del folklorista: il folklorista classico è un collezionista, filologo, classifica. Produce raccolte documentarie. • Comparazione tra tratti culturali (fiabe, canti, etc.) 2) Concezione Novecentesca di cultura- concezione pluralista e relativista di cultura Le differenze si dispongono in ordine orizzontale Si parla di “culture” e non di “cultura” Metodologia dell’antropologo: studia culture in senso “olistico”. Studio di insiemi culturali. Monografia etnografica (Trobriandesi e pastori sardi come “unità culturali)

  38. Antropologia demologica italiana Definizione e delimitazione della cultura popolare • Il “popolare” è definito in termini gramsciani (subalterno alla cultura egemone) • Il “popolare” è definito in opposizione alla cultura di massa • Centralità assegnata alla produzione culturale (è popolare ciò che è prodotto dal popolo e non per il popolo) • Concezione residuale della cultura popolare = popolare come contrapposto alla modernità • Cirese: la cultura popolare (dislivelli interni di cultura) è legata a ritardo socio-culturale • De Martino: la modernizzazione e l’emancipazione politica equivalevano all’uscita dal folklore, all’abbandono della cultura tradizionale

  39. Antropologia demologica italiana Cultura popolare vs cultura di massa • A partire dalla fine degli anni ’60 gli studi demologici iniziano ad avere una visione critica della cultura di massa • Il moderno non interessa gli studi folklorici tradizionali (anni ’60-80) • Gli studi folklorici ignorano gli ambiti della modernità legati alla subalternità (cultura operaia, sottoproletariato urbano) • Cultura di massa = inautenticità, omologazione, alienazione, politicamente regressiva e repressiva, oppio dei popoli • Cultura popolare = genuinità, coscienza di classe, politicamente progressiva, liberazione

  40. Antropologia demologica italiana e Folk Revival Anni ‘60-70 Ricadute degli studi folklorici nella cultura italiana • “Folk revival” nella cultura italiana • Movimento di riscoperta della cultura popolare. Fioritura di iniziative locali per la valorizzazione della cultura popolare (teatro popolare, musei contadini, cultura materiale, etc.) Motivazioni del folk revival • Domanda di radici – opposizione all’omologazione • Valorizzazione della cultura popolare come educazione delle masse contro il pericolo omologazione della cultura di massa Coinvolgimento degli Enti Locali

  41. Antropologia demologica italiana (anni ’80-90) Gli studi sulla cultura popolare negli anni ’80: • Gli anni ‘80 segnano una crisi degli studi demologici classici • La cultura di massa produce la scomparsa di un ambito di produzione della cultura popolare legato alla sfera economica e alla subalternità politica (scomparsa della cultura contadina) • La valorizzazione della cultura popolare a livello locale si lega a volte a politiche reazionarie (cultura e identità legittimano posizioni xenofobe verso l’immigrazione)

  42. Antropologia demologica italiana (anni ’80-90) Anni ’90: sindrome delle “Piccole patrie” • Mercificazione del popolare – popolare come turismo e sviluppo economico • La cultura popolare è intesa dagli Enti Locali come “patrimonio” (economico-turistico) e subordinata al patrimonio storico-artistico • Mancano serie politiche di valorizzazione della cultura popolare (patrimonio etnografico) nei termini di una “educazione al territorio”

  43. Antropologia demologica italiana (anni ‘90) Quale cultura popolare negli anni Novanta ? Non esiste più un ambito autonomo di produzione culturale subalterno -L’opposizione tradizione-modernità non contrappone più due culture in senso antropologico -I criteri tradizionali di identificazione delle classi non coincidono più (liv. economico, istruzione, etc.) -Cultura popolare come ambito di consumo e non di produzione ? Cultural Studies

  44. Antropologia demologica italiana (anni ‘90) • Studio dei processi di definizione delle identità locali – politiche dell’identità • Studio delle forme del popolare entro la cultura di massa (es. fiabistica e leggende metropolitane). Rapporto globale/locale (per es. rapporti tra le feste tradizionali e le feste globali – culto dei santi e culto per Lady D / culto dei morti e Halloween) • Cultura popolare come studio antropologico intorno al “patrimonio” etnografico. Studio dei processi di patrimonializzazione (del patrimonio culturale locale ed etnografico). Valorizzazione del patrimonio etnografico

  45. Gli studi culturali (Cultural Studies) Cultural Studies = questa espressione si deve a Herbert Hoggart, sociologo inglese studioso della cultura popolare che negli anni ‘60 ha fondato a Birmingham il: Centre for Contemporary Cultural Studies • Grande popolarità dell’antropologia nel secondo dopoguerra • Grande diffusione del concetto di cultura in discipline limitrofe all’antropologia e nel linguaggio dei media. • Anni ‘60 = fine dell’impero coloniale britannico • Necessità di ripensare la società e la cultura britannica alla luce dell’immigrazione e delle nuove identità di genere, religiose, di classe, etc.

  46. Gli studi culturali (Cultural Studies) Il Centre di Birmingham non nacque nell’accademia (Oxford, Cambridge), ma in ambienti dei quali facevano parte anche operatori del sociale. Necessità di studiare con prospettiva critica le differenze etniche, la discriminazione razziale, la crisi del movimento operaio. Viene ripensato il concetto di cultura in relazione alla società britannica degli anni ‘70. Cultura non più come una caratteristica tipica di un determinato gruppo o come una capacità del genere umano, ma come un’arena di incontro-scontro tra gruppi per il riconoscimento di diritti e per l’affermazione di idee.

  47. Gli studi culturali (Cultural Studies) Cultura non come: … cultura dei neri, delle donne, etc. etc. ma cultura come …discorso che si costruisce intorno alle donne, ai neri, come rappresentazione e come autorappresentazione. Influenza di Gramsci = cultura come “campo” in cui si determinano rapporti di egemonia e di subalternità.

  48. Gli studi culturali (Cultural Studies) Stuart Hall e la nozione di “agency”. Agency = capacità degli individui di dare senso e significato ad eventi e rappresentazioni, accogliendole o rifiutandole per adattarsi o resistere. Nel fare ciò promuovono una propria forma di soggettività. Resistenza e agency del soggetto di fronte al dominio, all’emarginazione, allo sfruttamento. Questo concetto di cultura è stato usato da diverse discipline: sociologia, estetica, letteratura, media, pedagogia.

More Related